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Autore: Abby_da_Edoras    26/10/2020    14 recensioni
Nella quinta OS ispirata alla quinta stagione di "Vikings" mi sono dedicata ai pensieri e alle preoccupazioni di Aethelred. Pur essendo convinto di accompagnare Hvitserk e i vichinghi a Kattegat e aiutarli a riconquistarla con un esercito di Sassoni, è molto turbato all'idea di rimanere a vivere là, in mezzo a un popolo che, tutto sommato, non conosce. I suoi timori vengono compresi da Hvitserk che cerca di tranquillizzarlo... a modo suo!
Quinta OS della mia serie di storie AU intitolata "L'amore non ha fine".
Pairing: Hvitserk/Aethelred
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, produttori e autori della serie TV "Vikings".
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Hvitserk
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'L'amore non ha fine '
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My Walden

 

Sain y niwl,
Gaunt y goydwig fwsog,
Gwenithfaen, cen y coed, a'r lleuad,
Un gway f'adenydd i dapestri bywyd

Light shines bright beyond all the cities of gold
On a road of birdsong and chocolate shops
Of buskers, jugglers, innkeeper's welcoming call
The sound of mist, smell of moss-grown woods

Weaving my wings from many-colored yarns
Flying higher, higher, higher
Into the wild
Weaving my world into tapestry of life
Its fire golden
In my Walden…

(“My Walden” – Nightwish)

 

L’esercito di Re Harald era stato sconfitto e così l’uomo si era rifugiato a York con coloro che erano sopravvissuti alla battaglia, ma Bjorn aveva deciso di andare a parlargli per trovare un accordo con lui. Se ci fosse riuscito, oltre a un contingente di Sassoni ci sarebbero stati anche Harald e i suoi ad appoggiarlo nella sua rivendicazione di Kattegat. Ivar non avrebbe avuto speranze contro una simile armata.

Aethelred, intanto, si era accasato in pianta stabile nella dimora dei vichinghi e osservava con un vago senso di perplessità i preparativi che fervevano attorno a lui. Tutti sembravano così soddisfatti all’idea di far ritorno a Kattegat con buone probabilità di vittoria e di riconquista, lui però iniziava a sentirsi sempre più a disagio. Non che avesse cambiato idea sulla sua alleanza con i vichinghi, anzi era contento di poterli aiutare dopo quanto avevano fatto loro per proteggere il Wessex, tuttavia il pensiero del futuro che lo attendeva lo turbava. Non era spaventato all’idea di affrontare l’esercito di Ivar e nemmeno al pensiero di morire in battaglia in quei luoghi lontani, no. In fondo non aveva niente e nessuno che lo trattenesse nel Wessex, eccetto suo fratello Alfred che, però, aveva una moglie e un Regno di cui occuparsi. Non lo preoccupava l’eventuale prospettiva di morire da solo in terra straniera, lui era solo anche nel Wessex e, anzi, i vichinghi avevano iniziato a trattarlo con affetto e cameratismo come se fosse uno di loro: si sarebbe sentito maggiormente confortato nel morire tra le braccia di Hvitserk, tanto per fare un esempio a caso, che nella sua reggia fredda e opprimente, davanti agli occhi insensibili e aridi di sua madre.

Quello che davvero impensieriva il Principe Aethelred era il pensiero del dopo. Cosa avrebbe fatto se i vichinghi fossero davvero riusciti a riconquistare Kattegat? Ovviamente quelli che erano diventati ormai i suoi amici e la sua famiglia, Hvitserk, Bjorn, Lagertha, Ubbe e Torvi, avrebbero desiderato rimanere a vivere nella loro terra… e lui? Sarebbe tornato in Wessex? Ma a fare che cosa? Se fosse tornato c’era perfino il rischio che la Regina Judith potesse insospettirsi nuovamente, credere che volesse rivendicare il trono e, quindi, cercare un sistema per eliminarlo una volta per tutte. Era impensabile.

Ma, a pensarci bene, che cosa ci sarebbe stato a fare lui a Kattegat?

Finché fossero stati in guerra contro le truppe di Ivar non sarebbe stato un problema, lui e i suoi uomini avrebbero combattuto al fianco dei vichinghi ed elaborato strategie con loro. Ma dopo? Se avessero vinto? Sicuramente i soldati sassoni avrebbero fatto ritorno a casa e lui sarebbe rimasto… beh, praticamente da solo in mezzo ai vichinghi, nella loro terra. Certo, si trovava bene con i nuovi amici (e soprattutto con Hvitserk), ma era una situazione ben diversa: i vichinghi erano nel Wessex, erano loro gli stranieri e, volenti o nolenti, dovevano accettare e seguire le regole e le tradizioni dei Sassoni. Una volta a Kattegat sarebbe accaduto tutto il contrario. Lui sarebbe stato ospite in terra straniera e avrebbe dovuto adattarsi al modo di vivere e agli usi dei vichinghi.

In tutta onestà Aethelred era turbato proprio da questa prospettiva.

Non temeva che i vichinghi lo avrebbero obbligato a rinunciare alla propria fede e ad adorare i loro dei e, comunque, Dio era dentro il suo cuore, non aveva bisogno di manifestazioni esteriori per mantenere la sua fede e iniziava anche a pensare (in segreto, senza dire niente a nessuno per non finire tacciato di eresia…) che, in fondo, gli dei norreni e il Dio dei cristiani non fossero in opposizione. Dio era ovunque, cosa importava se i vichinghi lo chiamavano Odino e gli attribuivano certe caratteristiche legate ai loro miti e alle loro tradizioni? Era il loro modo di avvicinarsi al divino e Aethelred lo rispettava e, anzi, spesso lo ammirava per la coerenza e il coraggio che richiedeva. Era più frequente che un vichingo accettasse di morire per i valori in cui credeva piuttosto che lo facesse un cristiano, come Aethelred aveva avuto tristemente modo di verificare nella sua esperienza. Alla resa dei conti solo il vescovo Heahmund, nonostante i tanti errori commessi in vita, aveva avuto la forza di combattere e morire per la sua fede e aveva riscattato con quella morte gloriosa e valorosa una vita non sempre coerente. E Aethelred era convinto che anche suo padre e suo fratello Alfred avrebbero fatto lo stesso, se si fossero trovati in quelle circostanze. Ma gli altri? La maggior parte dei nobili e degli appartenenti al clero che aveva conosciuto erano degli ipocriti, capaci solo di condannare e giudicare chi non la pensava come loro. Per non parlare di suo nonno e di sua madre, che si proclamavano cristiani a parole, ma poi avevano commesso incesto, omicidio e quant’altro per tutta la loro vita…

Ciò che spaventava Aethelred era l’idea di trovarsi a vivere a Kattegat in mezzo ai vichinghi e dover seguire usi e costumi che lo mettevano a disagio al solo pensarci.

Aveva visto come Hvitserk e i suoi fratelli fossero disinibiti e scafati in tutto, sembrava non avessero pudore, che non si vergognassero di niente. Aethelred non li giudicava certo per questo, al contrario ammirava la loro libertà, la loro apertura mentale e quel senso di innocenza e freschezza che li contraddistingueva e che li rendeva spesso dei ragazzoni mai cresciuti.

Ma lui non avrebbe mai potuto comportarsi come loro, non sarebbe mai riuscito ad essere così spregiudicato e disinvolto!

Che diamine, Hvitserk gli aveva raccontato di come, circa tre anni prima, lui e Ubbe avessero condiviso una donna, Margrethe: la ragazza era diventata la moglie di Ubbe in quanto fratello maggiore, ma lui sapeva che Hvitserk ne era stato sempre innamorato e, così, aveva accettato tranquillamente un ménage à trois (o in qualsiasi altro modo lo chiamassero i vichinghi)! Da quello che era riuscito a capire, quei tre se ne andavano a letto tutti insieme o chissà cosa, di sicuro Aethelred non voleva conoscere i dettagli, sebbene Hvitserk non avesse alcun problema a raccontarglieli!

E poi… come si sarebbero comportati i suoi amici una volta rientrati in possesso delle loro terre, a casa loro? Si sarebbero lasciati andare a festeggiamenti, ubriacature, orge e chissà cos’altro… bene, padronissimi di farlo, ma avrebbero costretto anche lui a prendervi parte? Aethelred, sinceramente, non se la sentiva proprio! Ma come avrebbe potuto rifiutare senza offenderli?

Insomma, più ci pensava e più il Principe si rendeva conto di quanto questa commistione di popoli, usi, costumi e tradizioni fosse tanto bella e positiva in teoria, ma maledettamente imbarazzante e disagevole se messa in pratica. Cosa doveva fare?

Mentre era profondamente immerso in tali riflessioni Hvitserk lo raggiunse.

“Aethelred, sono giunte voci secondo cui alcune flotte danesi si stanno avvicinando alle coste del Wessex e… Ma che ti prende? Sembri così preoccupato, hai ricevuto qualche brutta notizia?” gli chiese il giovane vichingo.

Aethelred trasalì, preso alla sprovvista, poi tentò di recuperare un certo contegno.

“No, stavo solo pensando a certe cose… ma di che cosa stavi parlando, Hvitserk? Flotte danesi che si avvicinano alle coste del Wessex?” replicò il Principe, cercando di spostare l’attenzione del giovane sul possibile pericolo che li minacciava.

“Al momento non sappiamo niente di sicuro e nemmeno quanti siano né se siano veramente invasori” disse Hvitserk. “Però la possibilità di doverli affrontare esiste ed è per questo che tuo fratello Alfred vuole parlare con noi. Non potremo partire per Kattegat finché il Wessex non sarà al sicuro e, quindi, dovremo aspettare di saperne di più su queste flotte danesi e, nel caso, organizzare di nuovo l’esercito per combatterli. Spero che Bjorn torni presto da York e che abbia anche l’appoggio di Harald e… ma insomma, Aethelred, mi vuoi spiegare che ti prende?”

Il Principe non se ne era accorto, ma a quanto pareva sul suo volto si leggeva il sollievo al pensiero di non doversi trovare ad affrontare una vita a Kattegat tanto presto. A quanto pareva, preferiva addirittura prepararsi per un nuovo combattimento contro gli eserciti danesi piuttosto che doversi assoggettare a modi di vivere che lo stravolgevano al solo immaginarli!

“Niente, non ho niente” mentì, risultando ben poco convincente. “Quando vuole vederci mio fratello?”

Hvitserk gli si sedette di fronte e lo prese per le braccia, obbligandolo a guardarlo bene in faccia.

“Non nell’immediato, per cui abbiamo tutto il tempo per spiegarci, noi due” disse. “Sono giorni che ti comporti stranamente, che sembri quasi evitarmi. Cos’è, hai cambiato idea, non vuoi più aiutarci a riconquistare Kattegat? Ti dispiace lasciare il tuo Paese e tuo fratello? Perché non vuoi parlarne con me? Lo sai che ti ascolto, l’ho sempre fatto. Posso capirti se sei preoccupato e so cosa vuol dire essere lontani dalla propria casa… e dal proprio fratello.”

Hvitserk non si era mai perdonato fino in fondo per essersi lasciato tentare dalle parole di Ivar e aver abbandonato Ubbe, ricordava fin troppo bene quando si erano affrontati in battaglia e Ubbe avrebbe tranquillamente potuto ucciderlo ma non lo aveva fatto.

“Non ho cambiato idea e sono pronto a combattere al vostro fianco quando arriverà quel momento. Però prima vorrei essere sicuro che il Wessex non corra altri pericoli, stavi parlando di flotte danesi…”

“Non cambiare argomento, Aethelred” lo interruppe Hvitserk, in tono pacato ma deciso. Non si sarebbe lasciato sviare in altre discussioni. “Non sapevi niente delle flotte danesi finché non te l’ho detto io e tu sei strano da giorni. Quindi, cosa c’è che non va?”

“Io… è vero, sono preoccupato” ammise il Principe, rendendosi conto che non sarebbe sfuggito all’interrogatorio del vichingo. “I miei dubbi, però, non riguardano la guerra contro Ivar quanto… quello che succederà dopo. Ecco, io… stavo pensando che forse dovrei ritornare in Wessex con il mio esercito dopo che vi avrò aiutato a riconquistare Kattegat…”

Un’espressione a metà tra la sorpresa e la delusione si dipinse sul volto di Hvitserk.

“E’ questo, allora? Non vuoi nemmeno prendere in considerazione la possibilità di rimanere a Kattegat… con me? Pensi di non volerci nemmeno provare?” domandò il giovane, improvvisamente rabbuiato.

Aethelred si sentì lacerare il cuore nel vedere Hvitserk incupirsi. Ma che cosa stava facendo? Hvitserk era sempre stato dolce, gentile e allegro, lo aveva accolto con tanta tenerezza e lui, adesso, lo ripagava così?

“Ma no, non è questo!” protestò, improvvisamente pentito per aver dubitato di lui. “Cercavo solo di immaginare come potrebbe essere la mia vita a Kattegat, in una terra straniera, con usi e costumi tanto diversi e… pensavo che, forse, non sarei capace di adattarmi, che non riuscirei a sentirmi davvero a mio agio. Potremmo… beh, potremmo anche ritornare in Wessex insieme, no? In fondo, quando avrete riconquistato Kattegat, sarà Bjorn a governare, è suo diritto.”

“Ma è quella la mia casa, Aethelred” ribatté Hvitserk, rattristato. “Io non voglio riconquistare Kattegat perché spero di diventare Re o chissà cosa, non ho mai avuto ambizioni del genere. Voglio solo tornare a casa mia, nei luoghi dove sono nato e cresciuto.”

Il Principe si sentiva sempre più in colpa, si rendeva conto di aver deluso Hvitserk e di averlo fatto soffrire, e non sapeva più cosa dire e cosa fare per rimediare.

“Non immaginavo che tu avessi simili dubbi. Pensi davvero che ti troveresti male a Kattegat, che qualcuno di noi potrebbe trattarti in modo irrispettoso? Ma, in ogni caso, se avevi dei dubbi perché non ti sei confidato con me subito? Lo sai che ti avrei ascoltato. Non ti fidi di me oppure… oppure sono proprio io il vero problema? E’ questo, Aethelred?”

Ecco, un altro dei tanti pregi e difetti dei vichinghi era proprio questo: non te la mandavano a dire, erano fin troppo diretti e schietti quando c’era da affrontare un problema!

“Mi sono spaventato, va bene?” reagì Aethelred, mostrandosi aggressivo tanto più si sentiva in colpa. “Forse per te è più facile, tu sei abituato a viaggiare, a girare il mondo… ma io non sono mai uscito dal Wessex in tutta la mia vita! Sì, sono preoccupato e non so se sarò in grado di adattarmi al vostro tipo di vita. Non te ne ho parlato prima perché… perché non volevo deluderti o ferirti, ecco!”

“L’hai appena fatto, però” replicò Hvitserk, fissandolo negli occhi con sguardo malinconico.

Aethelred si sentì, letteralmente, un verme. Era indifendibile. Aveva ferito quel ragazzo che gli voleva bene, che era stato cordiale e amichevole con lui fin dal primo momento, quando ancora nemmeno lo conosceva. Aveva deluso Hvitserk, che gli aveva mostrato solo affetto incondizionato.

E lui si rendeva conto solo in quel momento che non gli importava affatto dove e come avrebbe vissuto: qualcosa di nuovo e sconosciuto si agitava dentro di lui e gli faceva sentire dolorosamente che qualsiasi posto al mondo sarebbe stato perfetto… se solo Hvitserk fosse stato accanto a lui.

Ma ora, forse, aveva rovinato tutto…

“Mi dispiace tanto, Hvitserk, io… sono un codardo!” esclamò, abbassando lo sguardo. Gli veniva da piangere e non capiva perché. “Ho pensato solo a me stesso e… è vero, non ho avuto fiducia in voi, non ho avuto fiducia in te. Avrei dovuto parlartene, avrei dovuto essere sincero, io… non sono abituato, sono sempre stato chiuso e riservato e…”

No, non era abbastanza. Aethelred temeva di aver distrutto tutto quello che di bello stava nascendo tra lui e Hvitserk e di non essere in grado di rimediare.

“Non hai pensato che io avrei fatto di tutto per metterti a tuo agio a Kattegat, che ti sarei stato sempre vicino, che ti avrei aiutato ad ambientarti?” riprese Hvitserk, tanto dolcemente da trafiggere il cuore di Aethelred con lame infuocate. Con quale coraggio aveva ferito e deluso una persona così paziente e gentile? Come avrebbe mai potuto farsi perdonare?

“Mi dispiace… scusami… lo so, sono imperdonabile, io…” mormorò il Principe, mentre quelle lacrime che aveva trattenuto iniziavano a scivolargli sulle guance.

“Ma dai, no, non volevo farti piangere, forse ho esagerato, non sono arrabbiato con te” esclamò subito Hvitserk vedendo che Aethelred piangeva, pentito. D’impulso lo abbracciò e lo strinse forte a sé. “Hai ragione tu, non ho capito che ti sentivi spaventato, non potevo capirlo, per me è sempre stato diverso. Non voglio che tu ti senta a disagio e farò tutto quello che posso per farti sentire a casa tua, sempre, dovunque saremo.”

Gli accarezzò le guance per asciugargli le lacrime, lo baciò teneramente sulla fronte e poi sulle labbra morbide, avvolgendolo in un abbraccio dolce e rassicurante e in un bacio languido e infinito.

E in quel momento Aethelred sentì, confusamente, che non avrebbe dovuto preoccuparsi tanto. Era quella la sua casa. In qualsiasi posto del mondo, tra le braccia di Hvitserk si sarebbe sentito, sempre e comunque, a casa.

 

 

FINE

 

   
 
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