My Walden
Sain y niwl,
Gaunt y goydwig fwsog,
Gwenithfaen, cen y coed, a'r lleuad,
Un gway f'adenydd i dapestri bywyd
Light shines bright beyond all the cities of gold
On a road of birdsong and chocolate shops
Of buskers, jugglers, innkeeper's welcoming call
The sound of mist, smell of moss-grown woods
Weaving my wings from many-colored yarns
Flying higher, higher, higher
Into the wild
Weaving my world into tapestry of life
Its fire golden
In my Walden…
(“My Walden” – Nightwish)
L’esercito di Re
Harald era stato sconfitto e così l’uomo si era rifugiato a York con coloro che
erano sopravvissuti alla battaglia, ma Bjorn aveva deciso di andare a parlargli
per trovare un accordo con lui. Se ci fosse riuscito, oltre a un contingente di
Sassoni ci sarebbero stati anche Harald e i suoi ad appoggiarlo nella sua
rivendicazione di Kattegat. Ivar non avrebbe avuto speranze contro una simile
armata.
Aethelred, intanto,
si era accasato in pianta stabile nella dimora dei vichinghi e osservava con un
vago senso di perplessità i preparativi che fervevano attorno a lui. Tutti
sembravano così soddisfatti all’idea di far ritorno a Kattegat con buone
probabilità di vittoria e di riconquista, lui però iniziava a sentirsi sempre
più a disagio. Non che avesse cambiato idea sulla sua alleanza con i vichinghi,
anzi era contento di poterli aiutare dopo quanto avevano fatto loro per
proteggere il Wessex, tuttavia il pensiero del futuro che lo attendeva lo
turbava. Non era spaventato all’idea di affrontare l’esercito di Ivar e nemmeno
al pensiero di morire in battaglia in quei luoghi lontani, no. In fondo non
aveva niente e nessuno che lo trattenesse nel Wessex, eccetto suo fratello
Alfred che, però, aveva una moglie e un Regno di cui occuparsi. Non lo
preoccupava l’eventuale prospettiva di morire da solo in terra straniera, lui
era solo anche nel Wessex e, anzi, i vichinghi avevano iniziato a trattarlo con
affetto e cameratismo come se fosse uno di loro: si sarebbe sentito
maggiormente confortato nel morire tra le braccia di Hvitserk, tanto per fare
un esempio a caso, che nella sua
reggia fredda e opprimente, davanti agli occhi insensibili e aridi di sua
madre.
Quello che davvero
impensieriva il Principe Aethelred era il pensiero del dopo. Cosa avrebbe fatto se i vichinghi fossero davvero riusciti a
riconquistare Kattegat? Ovviamente quelli che erano diventati ormai i suoi
amici e la sua famiglia, Hvitserk, Bjorn, Lagertha, Ubbe e Torvi, avrebbero
desiderato rimanere a vivere nella loro terra… e lui? Sarebbe tornato in
Wessex? Ma a fare che cosa? Se fosse tornato c’era perfino il rischio che la
Regina Judith potesse insospettirsi nuovamente, credere che volesse rivendicare
il trono e, quindi, cercare un sistema per eliminarlo una volta per tutte. Era
impensabile.
Ma, a pensarci bene,
che cosa ci sarebbe stato a fare lui a
Kattegat?
Finché fossero stati
in guerra contro le truppe di Ivar non sarebbe stato un problema, lui e i suoi
uomini avrebbero combattuto al fianco dei vichinghi ed elaborato strategie con
loro. Ma dopo? Se avessero vinto? Sicuramente i soldati sassoni avrebbero fatto
ritorno a casa e lui sarebbe rimasto… beh, praticamente da solo in mezzo ai vichinghi, nella loro terra. Certo, si trovava
bene con i nuovi amici (e soprattutto con Hvitserk), ma era una situazione ben
diversa: i vichinghi erano nel Wessex, erano loro gli stranieri e, volenti o
nolenti, dovevano accettare e seguire le regole e le tradizioni dei Sassoni.
Una volta a Kattegat sarebbe accaduto tutto il contrario. Lui sarebbe stato ospite in terra straniera e avrebbe dovuto
adattarsi al modo di vivere e agli usi dei vichinghi.
In tutta onestà
Aethelred era turbato proprio da questa prospettiva.
Non temeva che i
vichinghi lo avrebbero obbligato a rinunciare alla propria fede e ad adorare i
loro dei e, comunque, Dio era dentro il suo cuore, non aveva bisogno di
manifestazioni esteriori per mantenere la sua fede e iniziava anche a pensare
(in segreto, senza dire niente a nessuno per non finire tacciato di eresia…)
che, in fondo, gli dei norreni e il Dio dei cristiani non fossero in
opposizione. Dio era ovunque, cosa importava se i vichinghi lo chiamavano Odino
e gli attribuivano certe caratteristiche legate ai loro miti e alle loro
tradizioni? Era il loro modo di avvicinarsi al divino e Aethelred lo rispettava
e, anzi, spesso lo ammirava per la coerenza e il coraggio che richiedeva. Era
più frequente che un vichingo accettasse di morire per i valori in cui credeva
piuttosto che lo facesse un cristiano, come Aethelred aveva avuto tristemente
modo di verificare nella sua esperienza. Alla resa dei conti solo il vescovo
Heahmund, nonostante i tanti errori commessi in vita, aveva avuto la forza di
combattere e morire per la sua fede e aveva riscattato con quella morte
gloriosa e valorosa una vita non sempre coerente. E Aethelred era convinto che
anche suo padre e suo fratello Alfred avrebbero fatto lo stesso, se si fossero
trovati in quelle circostanze. Ma gli altri? La maggior parte dei nobili e
degli appartenenti al clero che aveva conosciuto erano degli ipocriti, capaci
solo di condannare e giudicare chi non la pensava come loro. Per non parlare di
suo nonno e di sua madre, che si proclamavano cristiani a parole, ma poi
avevano commesso incesto, omicidio e quant’altro per tutta la loro vita…
Ciò che spaventava
Aethelred era l’idea di trovarsi a vivere a Kattegat in mezzo ai vichinghi e
dover seguire usi e costumi che lo mettevano a disagio al solo pensarci.
Aveva visto come
Hvitserk e i suoi fratelli fossero disinibiti e scafati in tutto, sembrava non
avessero pudore, che non si vergognassero di niente. Aethelred non li giudicava
certo per questo, al contrario ammirava la loro libertà, la loro apertura
mentale e quel senso di innocenza e freschezza che li contraddistingueva e che
li rendeva spesso dei ragazzoni mai cresciuti.
Ma lui non avrebbe
mai potuto comportarsi come loro, non sarebbe mai riuscito ad essere così
spregiudicato e disinvolto!
Che diamine, Hvitserk
gli aveva raccontato di come, circa tre anni prima, lui e Ubbe avessero condiviso una donna, Margrethe: la
ragazza era diventata la moglie di Ubbe in quanto fratello maggiore, ma lui
sapeva che Hvitserk ne era stato sempre innamorato e, così, aveva accettato
tranquillamente un ménage à trois (o
in qualsiasi altro modo lo chiamassero i vichinghi)! Da quello che era riuscito
a capire, quei tre se ne andavano a letto tutti insieme o chissà cosa, di
sicuro Aethelred non voleva conoscere i dettagli, sebbene Hvitserk non avesse
alcun problema a raccontarglieli!
E poi… come si sarebbero
comportati i suoi amici una volta rientrati in possesso delle loro terre, a
casa loro? Si sarebbero lasciati andare a festeggiamenti, ubriacature, orge e
chissà cos’altro… bene, padronissimi di farlo, ma avrebbero costretto anche lui
a prendervi parte? Aethelred, sinceramente, non se la sentiva proprio! Ma come
avrebbe potuto rifiutare senza offenderli?
Insomma, più ci
pensava e più il Principe si rendeva conto di quanto questa commistione di popoli, usi, costumi e
tradizioni fosse tanto bella e positiva in teoria, ma maledettamente
imbarazzante e disagevole se messa in pratica. Cosa doveva fare?
Mentre era
profondamente immerso in tali riflessioni Hvitserk lo raggiunse.
“Aethelred, sono
giunte voci secondo cui alcune flotte danesi si stanno avvicinando alle coste
del Wessex e… Ma che ti prende? Sembri così preoccupato, hai ricevuto qualche
brutta notizia?” gli chiese il giovane vichingo.
Aethelred trasalì,
preso alla sprovvista, poi tentò di recuperare un certo contegno.
“No, stavo solo
pensando a certe cose… ma di che cosa stavi parlando, Hvitserk? Flotte danesi
che si avvicinano alle coste del Wessex?” replicò il Principe, cercando di
spostare l’attenzione del giovane sul possibile pericolo che li minacciava.
“Al momento non
sappiamo niente di sicuro e nemmeno quanti siano né se siano veramente invasori”
disse Hvitserk. “Però la possibilità di doverli affrontare esiste ed è per
questo che tuo fratello Alfred vuole parlare con noi. Non potremo partire per
Kattegat finché il Wessex non sarà al sicuro e, quindi, dovremo aspettare di
saperne di più su queste flotte danesi e, nel caso, organizzare di nuovo l’esercito
per combatterli. Spero che Bjorn torni presto da York e che abbia anche l’appoggio
di Harald e… ma insomma, Aethelred, mi vuoi spiegare che ti prende?”
Il Principe non se ne
era accorto, ma a quanto pareva sul suo volto si leggeva il sollievo al
pensiero di non doversi trovare ad affrontare una vita a Kattegat tanto presto.
A quanto pareva, preferiva addirittura prepararsi per un nuovo combattimento
contro gli eserciti danesi piuttosto che doversi assoggettare a modi di vivere
che lo stravolgevano al solo immaginarli!
“Niente, non ho
niente” mentì, risultando ben poco convincente. “Quando vuole vederci mio
fratello?”
Hvitserk gli si
sedette di fronte e lo prese per le braccia, obbligandolo a guardarlo bene in
faccia.
“Non nell’immediato,
per cui abbiamo tutto il tempo per spiegarci, noi due” disse. “Sono giorni che
ti comporti stranamente, che sembri quasi evitarmi. Cos’è, hai cambiato idea,
non vuoi più aiutarci a riconquistare Kattegat? Ti dispiace lasciare il tuo
Paese e tuo fratello? Perché non vuoi parlarne con me? Lo sai che ti ascolto, l’ho
sempre fatto. Posso capirti se sei preoccupato e so cosa vuol dire essere
lontani dalla propria casa… e dal proprio fratello.”
Hvitserk non si era
mai perdonato fino in fondo per essersi lasciato tentare dalle parole di Ivar e
aver abbandonato Ubbe, ricordava fin troppo bene quando si erano affrontati in
battaglia e Ubbe avrebbe tranquillamente potuto ucciderlo ma non lo aveva
fatto.
“Non ho cambiato idea
e sono pronto a combattere al vostro fianco quando arriverà quel momento. Però
prima vorrei essere sicuro che il Wessex non corra altri pericoli, stavi
parlando di flotte danesi…”
“Non cambiare
argomento, Aethelred” lo interruppe Hvitserk, in tono pacato ma deciso. Non si
sarebbe lasciato sviare in altre discussioni. “Non sapevi niente delle flotte
danesi finché non te l’ho detto io e tu sei strano da giorni. Quindi, cosa c’è
che non va?”
“Io… è vero, sono
preoccupato” ammise il Principe, rendendosi conto che non sarebbe sfuggito all’interrogatorio
del vichingo. “I miei dubbi, però, non riguardano la guerra contro Ivar quanto…
quello che succederà dopo. Ecco, io… stavo pensando che forse dovrei ritornare
in Wessex con il mio esercito dopo che vi avrò aiutato a riconquistare Kattegat…”
Un’espressione a metà
tra la sorpresa e la delusione si dipinse sul volto di Hvitserk.
“E’ questo, allora?
Non vuoi nemmeno prendere in considerazione la possibilità di rimanere a
Kattegat… con me? Pensi di non volerci nemmeno provare?” domandò il giovane,
improvvisamente rabbuiato.
Aethelred si sentì
lacerare il cuore nel vedere Hvitserk incupirsi. Ma che cosa stava facendo?
Hvitserk era sempre stato dolce, gentile e allegro, lo aveva accolto con tanta
tenerezza e lui, adesso, lo ripagava così?
“Ma no, non è questo!”
protestò, improvvisamente pentito per aver dubitato di lui. “Cercavo solo di
immaginare come potrebbe essere la mia vita a Kattegat, in una terra straniera,
con usi e costumi tanto diversi e… pensavo che, forse, non sarei capace di
adattarmi, che non riuscirei a sentirmi davvero a mio agio. Potremmo… beh,
potremmo anche ritornare in Wessex insieme, no? In fondo, quando avrete
riconquistato Kattegat, sarà Bjorn a governare, è suo diritto.”
“Ma è quella la mia
casa, Aethelred” ribatté Hvitserk, rattristato. “Io non voglio riconquistare
Kattegat perché spero di diventare Re o chissà cosa, non ho mai avuto ambizioni
del genere. Voglio solo tornare a casa mia, nei luoghi dove sono nato e
cresciuto.”
Il Principe si
sentiva sempre più in colpa, si rendeva conto di aver deluso Hvitserk e di
averlo fatto soffrire, e non sapeva più cosa dire e cosa fare per rimediare.
“Non immaginavo che
tu avessi simili dubbi. Pensi davvero che ti troveresti male a Kattegat, che
qualcuno di noi potrebbe trattarti in modo irrispettoso? Ma, in ogni caso, se
avevi dei dubbi perché non ti sei confidato con me subito? Lo sai che ti avrei
ascoltato. Non ti fidi di me oppure… oppure sono proprio io il vero problema? E’
questo, Aethelred?”
Ecco, un altro dei
tanti pregi e difetti dei vichinghi era proprio questo: non te la mandavano a
dire, erano fin troppo diretti e schietti quando c’era da affrontare un
problema!
“Mi sono spaventato, va
bene?” reagì Aethelred, mostrandosi aggressivo tanto più si sentiva in colpa. “Forse
per te è più facile, tu sei abituato a viaggiare, a girare il mondo… ma io non
sono mai uscito dal Wessex in tutta la mia vita! Sì, sono preoccupato e non so
se sarò in grado di adattarmi al vostro tipo di vita. Non te ne ho parlato
prima perché… perché non volevo deluderti o ferirti, ecco!”
“L’hai appena fatto,
però” replicò Hvitserk, fissandolo negli occhi con sguardo malinconico.
Aethelred si sentì,
letteralmente, un verme. Era indifendibile. Aveva ferito quel ragazzo che gli
voleva bene, che era stato cordiale e amichevole con lui fin dal primo momento,
quando ancora nemmeno lo conosceva. Aveva deluso Hvitserk, che gli aveva
mostrato solo affetto incondizionato.
E lui si rendeva conto
solo in quel momento che non gli importava affatto dove e come avrebbe vissuto:
qualcosa di nuovo e sconosciuto si agitava dentro di lui e gli faceva sentire
dolorosamente che qualsiasi posto al mondo sarebbe stato perfetto… se solo
Hvitserk fosse stato accanto a lui.
Ma ora, forse, aveva
rovinato tutto…
“Mi dispiace tanto,
Hvitserk, io… sono un codardo!” esclamò, abbassando lo sguardo. Gli veniva da
piangere e non capiva perché. “Ho pensato solo a me stesso e… è vero, non ho
avuto fiducia in voi, non ho avuto fiducia in
te. Avrei dovuto parlartene, avrei dovuto essere sincero, io… non sono
abituato, sono sempre stato chiuso e riservato e…”
No, non era
abbastanza. Aethelred temeva di aver distrutto tutto quello che di bello stava
nascendo tra lui e Hvitserk e di non essere in grado di rimediare.
“Non hai pensato che
io avrei fatto di tutto per metterti a tuo agio a Kattegat, che ti sarei stato
sempre vicino, che ti avrei aiutato ad ambientarti?” riprese Hvitserk, tanto
dolcemente da trafiggere il cuore di Aethelred con lame infuocate. Con quale
coraggio aveva ferito e deluso una persona così paziente e gentile? Come
avrebbe mai potuto farsi perdonare?
“Mi dispiace… scusami…
lo so, sono imperdonabile, io…” mormorò il Principe, mentre quelle lacrime che
aveva trattenuto iniziavano a scivolargli sulle guance.
“Ma dai, no, non
volevo farti piangere, forse ho esagerato, non sono arrabbiato con te” esclamò
subito Hvitserk vedendo che Aethelred piangeva, pentito. D’impulso lo abbracciò
e lo strinse forte a sé. “Hai ragione tu, non ho capito che ti sentivi
spaventato, non potevo capirlo, per me è sempre stato diverso. Non voglio che
tu ti senta a disagio e farò tutto quello che posso per farti sentire a casa
tua, sempre, dovunque saremo.”
Gli accarezzò le
guance per asciugargli le lacrime, lo baciò teneramente sulla fronte e poi
sulle labbra morbide, avvolgendolo in un abbraccio dolce e rassicurante e in un
bacio languido e infinito.
E in quel momento
Aethelred sentì, confusamente, che non avrebbe dovuto preoccuparsi tanto. Era
quella la sua casa. In qualsiasi posto del mondo, tra le braccia di Hvitserk si
sarebbe sentito, sempre e comunque, a
casa.
FINE