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Autore: Cossiopea    26/10/2020    0 recensioni
Trovavo sempre strano come, su questo remoto pianeta dell'Orlo Esterno, le tempeste fossero rapide, variabili, quasi vive. Erano capaci di coglierti alla sprovvista, di investirti con una violenza implacabile nel bel mezzo del silenzio... per poi sparire e dileguarsi come spettri.
Avevo imparato ad accettare questi fenomeni fin da piccolo, ma a volte mi ritrovavo a domandarmi se così non fosse stato; se fossi nato su qualche pianeta meno desolato, se invece del caldo secco che genera piaghe sulla pelle avessi potuto ritrovarmi catapultato in qualche altro destino, magari più folle, ma non per questo sbagliato.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ahsoka Tano, Luke Skywalker, Obi-Wan Kenobi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
Passi nella sabbia
 
Un alito di vento rovente denso di sabbia mi investì in pieno viso, costringendomi a ridurre gli occhi in due sottili fessure.
I granelli dorati si mischiarono al sudore che mi solcava la fronte, impigliandosi tra i capelli mentre io mi coprivo la bocca con uno spesso drappo di stoffa, consunta negli anni.
Avanzavo a stento nella tormenta, i rimorsi che mi volteggiavano per la testa come uno sciame di fastidiosi insetti, dannandomi per essere stato così idiota da pensare di poter raggiungere Mos Eisley prima che l'orizzonte venisse inghiottito dalle nubi di polvere.
La voce di zio Owen mi giungeva ancora definita, accanto all'orecchio, quando, vedendomi prossimo a varcare la soglia di casa, aveva alzato distrattamente lo sguardo dal meccanismo per l'irrigazione che stava riparando, borbottando un “Sta attento alla tempesta”, mugugnato senza convinzione.
Mi ero limitato a una breve risata e la porta mi si era richiusa alle spalle con un sibilo.
Se non altro avrei potuto controllare, per lo meno, che il carburante nello speeder fosse sufficiente per arrivare in città, invece che ritrovarmi, meno di un'ora e mezza dopo, ricoperto di sabbia con il veicolo in panne.
Ottimo lavoro, Luke, mi complimentai con me stesso ostentando un altro passo controvento e tossendo dolorosamente per via dei polmoni pieni di sabbia.
Levai uno sguardo verso il cielo, ora oscurato da fitte nuvole color ocra, attraverso cui solo la flebile luce dei soli mi giungeva all'occhio come opache lucciole smorzate.
Un'altra folata mi costrinse a indietreggiare e coprirmi il viso con entrambe le mani, i vestiti che mi venivano strattonati dalla furia inarrestabile degli elementi.
Fu in quel momento che mi resi conto del fatto che non sarei potuto andare molto più lontano, continuando a vagare alla cieca nell'infinito deserto che ricopriva il desolato pianeta di Tatooine, almeno senza morire seppellito dalla polvere, una prospettiva non esattamente allettante...
Tossii ancora più violentemente, sputando un grumo di sangue nella sabbia e stringendomi ulteriormente nel leggero mantello che avevo avuto la decenza di portarmi dietro.
Deglutii, la gola arida, mentre le forze venivano meno e io mi sentivo mancare, preda degli eventi.
Improvvisamente le gambe cedettero sotto i tagli inferti dal vento ed io crollai sulle ginocchia, accecato e senza scampo.
Che modo stupido di morire... riflettei amaramente, abbassando la testa e rannicchiandomi nella mia prigione rovente, quella che sarebbe stata la mia tomba.
Fu forse in preda al delirio più totale, quando i vortici d'oro e fuoco che mi circondavano iniziarono a prendere forma in figure indistinte simili a uomini e il fischio costante che mi avvolgeva i pensieri si tramutò in un brusio di voci concitate – Obi-Wan... Ben... No, io sono... Luke, usa la... – che una parte di me che non credevo esistesse, un'energia che potrebbe essere paragonata a niente se non ad un sussurro assordante propagato dal nucleo del mio essere – Forza... solo... Forza... – mi costrinse a radunare tutto ciò che era rimasto della mia voglia di vivere.
I miei occhi si levarono verso un invisibile orizzonte e il mio corpo affranto iniziò ad arrancare, spinto dalla febbre che, lo sentivo, mi stava permeando la mente.
Jawa, fu l'unica parola che riuscì a farsi strada nella matassa di percezioni che era la mia testa, rendendosi nitida nella nebbia.
Un mezzo oscuro dalla forma terribilmente famigliare si delineò nella polvere e per un secondo credetti non fosse reale, che stessi solo ingannando me stesso.
Fu quando sentii piccole manine guantate palparmi gli arti, accompagnate da mormorii frenetici, che infine piombai nel buio.
 
Sbattei le palpebre e pungenti granelli di sabbia aggrappati alle ciglia mi caddero negli occhi.
Li sbattei in modo ancora più convulso, nella speranza di mettere a fuoco ciò che mi circondava, un ambiente che al momento sembrava solo popolato da penombra e dal suono costante di rottami che sferragliano.
La testa iniziò a pulsare dolorosamente quando, una mano alla fronte, mi misi seduto con il corpo che gemeva, rimasto troppo a lungo in una posizione innaturale.
Lucine intermittenti lampeggiavano nell'ombra e teste di vecchi droidi rottamati mi fissavano di sbieco, circondati da pezzi di ricambio per astronavi e mezzi di ogni genere e dimensione. Sapevo riconoscere al volo della merce rubata.
Feci una smorfia, spolverandomi i capelli dalla polvere, per quanto possibile, mentre i miei ricordi si soffermavano sulla mia figura morente, recuperata e salvata dal deserto. Come accidenti potevo essere vivo?
Dopo aver tentato invano di aggiustare la chioma insabbiata portai una mano al petto, rendendomi conto con noia del fatto che mi fosse stata sottratta la borsa con attrezzi e viveri che avevo a tracolla. Non che mi potessi aspettare niente di diverso... ero già abbastanza soddisfatto di essere riuscito a sopravvivere con nulla più che qualche graffio e un brandello di febbre.
Il pavimento fremeva e, con le gambe che sembravano composte da liquidi indefiniti, mettersi in piedi necessitò l'aiuto di alcuni appoggi e qualche sana imprecazione.
-Ashuna ashuna!
Un paio di vocette stridenti mi fecero voltare lo sguardo, fino ad intravedere quattro gemme color dei soli dimenarsi nelle tenebre.
Strinsi le labbra, dirigendomi con passo traballante verso quelle figurine incappucciate, che a malapena mi arrivavano alla vita.
Vedendomi biascicarono tra loro in un dialetto che non mi fu chiaro, per poi rivolgersi nuovamente a me e domandare qualcosa che si avvicinava pericolosamente ad un “Come pensi di pagare?”.
Sospirai piano, intimando a me stesso di mantenere la calma. Avevo già intrattenuto simili conversazioni con quelli della loro razza, no? I patteggiamenti erano il mio forte quando si parlava di trattare con i Jawa, sebbene in quel momento non si potesse certo dire che fossi io quello con il coltello dalla parte del manico.
Scacciai quel pensiero, sforzandomi di mettere insieme una frase di senso compiuto nella loro lingua.
-Nyeta toineeta- “Non ho crediti”, dissi loro, consapevole che la sincerità, in una simile situazione, poteva rivelarsi una esplicita condanna a morte.
I due si zittirono di colpo a quelle parole, per poi scambiarsi uno sguardo di profonda disapprovazione che non mancò di farmi correre un gelido brivido lungo la schiena, a dispetto del caldo asfissiante che regnava in quella strana penombra.
Deglutii a vuoto, pregando che mi permettessero, per lo meno, di raggiungere Mos Eisley senza avere la geniale intuizione di mollarmi nuovamente in mezzo al nulla.
Uno di loro squittì una frase che tradussi come “Allora non aspettarti un benvenuto”.
-Lasciatemi almeno arrivare in città- replicai, sperando di apparire abbastanza disperato da scalfire i loro cuoricini di pietra, cosa che ovviamente ritenevo probabile come che qualcuno saltasse fuori dal nulla regalandomi una spada laser... Decisamente improbabile.
I Jawa discussero per un altro paio di secondi per poi tornare a guardarmi attraverso lo strato di tenebre che ci separava.
-Quanti anni hai?- mi chiese quello più alto (cioè, non più di due centimetri), ruotando appena la testa.
Mi morsi un labbro.
-Quindici.
In seguito a quella risposta i due tacquero per qualche istante, come in pausa riflessiva, mentre i loro sguardi composti da scintille mi percorrevano il corpo, probabilmente analizzando le mie attuali condizioni fisiche.
I granelli di sabbia infiltrati tra le labbra mi punsero la lingua mentre la facevo passare distrattamente tra i denti, non sentendomi a mio agio in attesa del verdetto finale.
Da qualche parte, nel buio, un droide pigolò piano.
-Sapresti riparare il doppio cannone laser posteriore di una navetta T-4a classe Lambda?- ne venne fuori, infine, quello più basso, gesticolando convulsamente con le mani.
Di colpo aggrottai la fronte, immergendomi nei miei pensieri.
Il furto di un veicolo simile all'Impero (perché la produzione di quel modello era riservata solamente a quel fronte) non sarebbe certo potuto passare totalmente inosservato nei loro registri; sebbene avessi sentito dire che la Ribellione fosse riuscita a recuperare un paio di esemplari in varie occasioni e riutilizzarli per i loro scopi. Ma era sempre da tenere in considerazione il fatto che i Ribelli possedessero gli strumenti e le giuste strategie per sottrarre un Lambda da sotto il naso degli imperiali.
Trovavo improbabile che i Jawa, sebbene scaltri e dediti al contrabbando, fossero riusciti a entrare in possesso di una simile navetta; sempre ipotizzando che ne conservassero l'intero veicolo e non solo il cannone laser posteriore, ma in quel caso dubitavo che sarebbe stato poi così conveniente per loro riparare una tale arma in assenza del mezzo su cui montarla.
Mi morsi l'interno della guancia, le mani che tremavano leggermente.
-Ibana- “Sì, risposi, non senza una vena di dubbio, in seguito ad un rapido ragionamento.
I due squittirono un gridolino di entusiasmo per poi, subito dopo, inoltrarsi nelle ombre alle loro spalle.
Titubante, li seguii, il terreno ingombro di rottami che vibrava sotto i piedi.
Sbattei infaustamente il ginocchio contro un astromecca arrugginito, il quale si limitò a emettere un fischio offeso mentre io mi trattenevo per non imprecare.
Dopo una serie di spiacevoli infortuni offerti gentilmente dai miei occhi non adatti all'oscurità, riuscii a individuare i due Jawa che mi avevano preceduto, i quali mi attendevano in uno spiazzo miracolosamente sgombro da pezzi di droidi e astronavi.
Sembrava l'unico luogo nel caotico deposito ad essere decentemente illuminato, infatti un piccolo faretto fissato a terra spargeva per l'ambiente una lieve luce argentata, in contrasto con il nero circostante.
I sottili fasci luminosi si riflettevano su un Lambda deturpato e rigato dal deserto, che aveva l'aria di essere rimasto per fin troppo tempo seppellito sotto strati di sabbia cocente. Le sue dimensioni mi lasciarono per un attimo privo di fiato: in volo avrebbe raggiunto una lunghezza di almeno una ventina di metri.
Mi sistemai flemmaticamente le mani sui fianchi, concedendomi una manciata di secondi per analizzare il veicolo, nonostante tutto in buone condizioni, sotto lo sguardo impaziente dei due Jawa, frementi per l'attesa.
I palmi mi si inumidirono di sudore quando la mia mente analizzò razionalmente, per la prima volta, ciò che mi stavano chiedendo di fare.
Era una vita che aggiustavo macchine e meccanismi per l'irrigazione delle coltivazioni, che rimettevo in funzione porte mal messe e pulivo i circuiti di droidi protocollari; eppure mai avevo avuto l'occasione di mettere le mani su qualcosa proveniente dallo spazio, un mezzo studiato per raggiungere le stelle...
Mi inumidii le labbra screpolate, sentendomi percorrere da scariche di appiccicoso nervosismo, e mi rivolsi ai Jawa.
-Avrò bisogno dei miei attrezzi- dissi loro, intimandomi di mantenere il tono neutro e professionale.
-Mambay- acconsentì uno dei due con un rapido movimento del capo. Fece un cenno all'altro e questi, in tutta fretta, si allontanò nel buio, sparendo alla vista.
Dopo aver ottenuto il consenso del Jawa rimasto mi rimboccai le maniche per poi accingermi a studiare la navetta in modo più approfondito.
Ci girai intorno lentamente, sempre più sbalordito dalla tecnologia che, lassù, nel bel mezzo della guerra aperta, erano stati capaci di generare.
Generatori di potenza intatti, iperguida funzionante, scudi deflettori illesi...
Mi accorsi che una parte di me, nonostante l'evidente tensione, si stava emozionando all'idea di quella inaspettata esperienza, un'opportunità che di certo non avrebbe mai potuto presentarsi rimanendo chiuso in una fattoria persa in mezzo al niente.
Storsi la bocca alla vista del doppio cannone posteriore, staccatosi dalla struttura e ora a penzoloni tramite molteplici cavi scoperti. Doveva aver urtato contro qualcosa di duro durante il suo plausibile brusco atterraggio.
Era evidente che il lavoro da fare non mi sarebbe certo mancato, un modo per occupare il tempo necessario a raggiungere Mos Eisley.
Sempre meglio che chiacchierare con i Jawa, riflettei tendendo un angolo della bocca.
Aggrappandomi alle sporgenze del Lambda riuscii a issarmi qualche metro più su e osservare il danno da una prospettiva ravvicinata.
Gli interruttori del pannello centrale avevano perso il contatto diretto con l'alimentatore e ci sarebbe stato bisogno di una rapida sostituzione dei relativi cavi. Prima però mi sarebbe servita qualche ora per deviare o addirittura interrompere il flusso di energia, adesso instabile, dalle due canne e assicurarmi che durante la manutenzione non partisse qualche colpo involontario...
Più guardavo il cannone e maggiori problemi sembravano emergere sotto la flebile luce del faretto.
Sospirai, più avvilito che altro, e con un balzo atterrai sul pavimento tremante del mezzo Jawa.
Notai che l'incappucciato sparito nell'ombra poco prima era tornato, ed ora mi allungava la mia borsa, fortunatamente ancora piena di tutta la mia roba intatta.
Ciò bastò a far sfavillare una scintilla di speranza nel mio cuore amareggiato, e un sorriso abbozzato mi si dipinse sul viso graffiato dalla sabbia.
Immersi la mano nella borsa e ne feci emergere il generatore di fiamma ossidrica, un attrezzo che mi era stato fedele negli ultimi cinque anni. Lo strinsi con forza nel palmo della mano, come ad auto indurmi sicurezza, e levai lo sguardo verso la navetta.
Quanto poteva essere difficile aggiustare un cannone laser?

Fine capitolo I
   
 
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