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Autore: Master Chopper    27/10/2020    2 recensioni
[Shūmatsu no Valkyrie]
[Shūmatsu no Valkyrie]Per decidere le sorti dell'umanità, gli dèi di ogni pantheon si riuniscono e, disgraziatamente, la loro decisione è unanime: distruggere il genere umano. Una voce però si leva in opposizione, ed è quella di un dio misterioso di cui nessuno sa niente, ma che sfida dieci dèi ad affrontare dieci umani prima di poter accettare quel destino crudele.
Dieci esseri umani provenienti da qualsiasi epoca affronteranno dieci dèi provenienti da qualsiasi cultura: questo è il Ragnarok.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Angolo Autore (in cima al capitolo stavolta):

 Non vi rubo molto tempo prima della lettura, ma necessitavo dare la parola al nostro sponsor: Raid Shadow Legen- NO!

Scherzi a parte, se vi piace questa storia a base di torneo tra dèi ed umani, ed amate leggere di personaggi ben caratterizzati, combattimenti dinamici e descrizioni di uno che di scrittura se ne intende, allora date uno sguardo alla storia del mio amico Davide, qui ___bad_apple___: “Record of Ragnarok: Angel of the End”

(non per vantarmi, ma mi occupo della revisione dei capitoli e sono il primo consigliere del su citato scrittore, quindi permettetemi se ne vado fiero) Sul serio, leggetela!

Ok, now get back to action!



Chapter 38: The Beginning of The End (Of The World, As We Know It)

Dalla ferita, come per magia, il sangue si stava trasformando in bracieri fluttuanti verso l’alto. Era uno squarcio sulla pelle dove la spada di fuoco di Uriel aveva percorso una rozza linea, prima di perdere la stretta del suo portatore e ricadere al suolo assieme al suo cadavere.

Charlotte si sentì svanire, esattamente come la sua essenza stava bruciando via dal suo corpo. Faceva dannatamente più male della morte, ma non era per questo che piangeva.

La risata di Merlino la straziava più di tutto, e del colpo di spada dell’arcangelo che aveva appena ucciso.

“Tutto come i miei piani!” Aveva appena finito di gracchiare il mago, coprendosi la faccia con le mani.

“Non dovevi farlo… Charlotte.” Dante digrignò i denti, come se provasse la sofferenza della ragazza.

Lei non aveva fatto nient’altro che evitare che l’ultimo baluardo di speranza per l’umanità perdesse in battaglia, ma a quanto pare, persino quel gesto che aveva creduto così sincero non era nient’altro che la volontà del mago impiantata in lei. Voleva fare la cosa giusta, eppure ciò che desiderava Merlino non era affatto giusto.

“No.” Disse soltanto la figura ammantata, chiudendo le palpebre. “Doveva eccome. È grazie a questo piccolo sacrificio che ci muoveremo passo dopo passo verso il finale di questa storia.”

Il poeta non aveva idea di cosa stesse dicendo, né di cosa intendesse con “piccolo sacrificio”. Charlotte stava morendo davanti ai loro occhi, siccome Uriel, prima di spirare, l’aveva colpita con la sua spada.

Mordred corse a soccorrerla, nel mentre lanciando uno sguardo preoccupato anche a suo padre. Trovò Arthur pressappoco incolume, il quale gli fece gesto di non pensare a lui intanto che recuperava le forze.

“Volevo solo essere un’eroina… e almeno una volta vedere il risultato delle mie gesta.” Sussurravano le labbra della francese, stesa tra le braccia del Cavaliere in Nero e con uno sguardo assente, perso nell’immensità di un cielo tempestoso.

“Ma è difficile rimanere in vita e combattere per qualcosa di così grande come la pace… se poi, per ucciderci basta poco. Forse è per questo che noi umani, a differenza degli dèi…” Un tremulo sorriso si dipinse sul suo volto, non più immacolato a causa delle lacrime che scorrevano lungo le guance rosse.

“… quando compiamo qualcosa di grande, ci sentiamo così speciali ed importanti, e veniamo ricordati nella storia.”

Quando le divinità udirono queste parole, non poterono non rimanerne colpiti.

Nella loro assoluta onnipotenza, si erano sempre chiesti perché gli umani gioissero e ringraziassero così tanto piccole conquiste terrene, mentre invece avevano smesso di lodare le loro creazioni essenziali.

Il cielo, la terra, la vita: poteva tutto ciò passare in secondo piano, di fronte ad una semplice vittoria?


“Perché… perché stai ridendo?” Tutto venne interrotto da una voce, la quale rimbombò nell’aria quanto nelle fondamenta dell’arena, quando questa tremò.

Merlino era rimasto solo nella sua tribuna e così, guardando davanti a sé, dalla parte opposta dell’arena poté vedere materializzarsi da una pozza di fango e catrame la titanide Gaia.

“Non hai vinto tu, stavolta!” Gridò, mentre i suoi capelli sferzavano ovunque come tentacoli neri. L’ammasso di pericolosità che emanava era malsano, tanto quanto erano iniettati di sangue ed odio i suoi occhi.

“Per te avrebbe vinto Arthur, ed invece Charlotte ha interrotto lo scontro, uccidendo Uriel! Dimmi cosa c’è da ridere!!” Dopo aver aumentato ancora d’intensità il volume della sua voce, qualsiasi spettatore fu costretto a tapparsi le orecchie, mentre fremeva per la paura.

Infine, il terremoto si placò. Gaia posò le mani sulla balaustrata, chinando il capo per nasconderlo tra la matassa dei suoi capelli.

“Infatti…” E quando tirò su la testa, mostrò un volto contorto in un sorriso mostruoso: “Hai perso!”

I suoi occhi erano strizzati in alto dagli zigomi, i quali si erano allargati per far spazio all’apertura ai limiti del possibile della sua bocca ghignante, creando ombre e rughe lungo i lati del viso.

In quella maschera di orribile soddisfazione, la titanide gioiva come mai aveva fatto nella sua vita.

“Non hai vinto tu e non vincerai tu, perché dopo una simile scorrettezza il punto per questa battaglia non ti potrà mai e poi mai spettare di diritto! Piuttosto… ce lo aggiudicheremo noi dèi, arrivando ad un totale di cinque vittorie contro le vostre tre! Non c’è bisogno che ti spieghi io che ormai non hai più niente da ridere, siccome sei spacciato!”

Ed a quel punto scoppiò lei stessa in una stridula risata, pari allo stridio dell’acciaio o al fischio del vapore.

“M-Ma… che significa?!” Sussultò confuso Prometheus, tra i tanti confusi dopo quella dichiarazione. “Gaia e Merlino non erano alleati?”

Eppure adesso, davanti agli occhi di tutti, Gaia stava ridendo della disgrazia del suo precedente alleato, festeggiando allo stesso tempo per la vittoria che stringeva in pugno.

 

“Non ridevo per quello, sta tranquilla.” La spiazzò tuttavia il magus con un sorrisetto arrogante.

Dopodiché volse il suo sguardo verso il basso, tra le tribune dell’umanità, e più nello specifico tra quelle dei combattenti.

“E non mi importa nemmeno che tu mi abbia tradito. Questo perché i miei desideri si possono considerare avverati grazie… a lui!”

Venendo centrato dagli occhi di tutti i presenti in quell’arena, l’uomo ammantato si lasciò sfuggire uno sbuffo, segno di quanto poco fosse contento che la sua copertura fosse già andata a rotoli.

Merlino proseguì, senza più nemmeno guardare la titanide: “Sai Gaia, la vittoria di Arthur mi sarebbe servita per un motivo specifico: richiamare tutta la speranza dell’umanità! Nel momento dello spareggio e dello scontro finale, avrei usato la loro ambizione e volontà di sopravvivenza per sopperire all’unica evocazione che non ero mai stato in grado di compiere… ovvero l’ultimo combattente umano di questo torneo…!”

In contemporanea, il mantello cadde al suolo.

Zarathustra!

Venne rivelato un giovane uomo dai lineamenti armoniosi ed immacolati come quelli di un ragazzino, e che infatti corrucciava il suo volto molto espressivo per rivelare le sue più genuine emozioni.

Aveva due occhi che parevano perle, incorniciati da lunghi capelli, i quali proseguivano anche lungo la sua schiena, divisi in due code grazie a degli anelli dorati. La chioma era di un colore scuro indefinito, forse blu, viola, o così scuro da sembrare nero pece, tuttavia in questo colore indefinito si scorgevano bagliori lucidi, dando l’impressione di un cielo notturno puntellato di stelle.

Il tema stellato veniva ripreso anche sottoforma di tatuaggi sul suo corpo, coperto appena da una tunica porpora aperta sul davanti, e sulle gambe da pantaloni sirwal con un mantello arrotolato lungo la vita.

“Sai… è davvero scortese questa tua presentazione.” Anche se una frase del genere sembrava del tutto sconveniente, le iridi del profeta iraniano brillarono subdolamente quando parlò, serissimo.

“Come hai fatto?” Continuò imperterrito Merlino, squadrandolo come un ossesso “Come hai fatto ad arrivare fin qui prima che ti evocassi con tutto il potere dell’umanità?”

Zarathustra a quel punto fece spallucce, mostrando un’espressione del tutto inadatta all’importanza che stava assumendo in quel punto critico degli eventi.

“Semplice: siccome non ne potevo più di aspettare, mi sono evocato da solo!”

A quel punto persino il magus non seppe come proseguire, ed ammutolì per lo shock. Non fu sicuro nemmeno di aver sentito bene, fin quando l’altro non riprese a parlare:

“Merlino caro, tu credi di possedere grandi doti di predizione solo perché riesci a guardare avanti nel futuro di qualche millennio?” La sua bocca si spalancò in un sorriso sbarazzino, infantile.

“Bhe, sorpresa sorpresa: non è niente in confronto a quello che so fare io! Questo spiega come mai tu non sia riuscito a considerare la mia apparizione proprio adesso… quindi è inutile che ti dai tante arie.” Parlando come se stesse litigando con un suo amico, il nuovo arrivato stava lasciando di stucco tutti i presenti, i quali assistevano alla cosa più incredibile da quando era iniziato il torneo.

“Ho predetto questo momento prima ancora della mia nascita, e per tanto mi sono preparato…” Stavolta il bagliore nei suoi occhi divenne più malizioso. “Ho volto le Sefirot a mio comando proprio per scappare al tuo controllo, forgiandomi un “sistema di protezione” che solo io potessi sbloccare per portare la mia anima in questo torneo liberamente.”

Alla parola “Sefirot”, Merlino sgranò gli occhi. Il suo sorriso vittorioso era ormai un lontano ricordo.

“Sto parlando dell’Undicesima Sefirot: Dahat, la Sintesi di Tutte Le Sefirot!” Proclamò Zarathustra, distendendo le braccia: “Ovvero tutto ciò che mi serve per sabotare il tuo piano di distruzione del Creato… tu che sei il Male e la rovina sia degli umani, che dell’ordine tra il divino ed il mortale…”

Merlino era pietrificato dallo sgomento, tuttavia sul suo viso pulsavano venature nere per la rabbia che si contorceva al di sotto della pelle come un serpente affamato. Strinse i pugni e lasciò che la sua vera natura, ora che era stata svelata, confluisse in un’aura miasmatica di morte, infettando l’aria circostante.

“… Angra Mainyu!”

 

Quel nome giunse a molti come nuovo, tuttavia non furono in pochi a dover rimuginare e bisbigliare in un mormorio che crebbe sempre più agitato, ed infine in preda al panico.

Dèi e umani parevano pronunciarlo con paura, come se fosse un qualcosa di troppo pericoloso anche solo da rappresentare con la parola, pena la loro vita. Dopotutto, come era risaputo, non si poteva prendere con leggerezza il nome del Male incarnato.

“Come già detto…” Spiegò intanto Baal a Ptah, riprendendo un discorso che lo stesso Signore dei Demoni aveva anticipato ai tempi dell’ottavo scontro: “Alla sua nascita Merlino, o come è giusto chiamarlo, Angra Mainyu, era già destinato a distruggere il Concilio degli Dèi. Gli umani non vedevano in questa minaccia un pericolo alla loro esistenza, ed anzi vollero adorarlo proprio perché rappresentava una scappatoia dal timor di Dio che da sempre li rendeva impotenti…”

“E cosa centra quel Zarathustra con tutto ciò?” Domandò la dea della creazione egizia.

“Si dice che con le sue promesse Angra Mainyu abbia inseminato nell’uomo la vanagloria e la hybris che tanto hanno fatto infuriare gli dèi, costringendoli ad infierire tremende punizioni su di loro, senza mai però poter toccare il diretto responsabile. Per la prima volta il mondo stava raggiungendo il disastro per colpa di una ribellione degli umani contro gli dèi… quando infine arrivò lui.” Il demone rosso guardò Zarathustra, il quale era in piedi a schiena dritta e con gli occhi puntati sul suo nemico mortale.

“Zarathustra professò la pace e l’armonia tra gli umani, salvandoli da quella che sarebbe stata la prima distruzione totale della razza umana, e senza nemmeno bisogno di un torneo per averne la certezza.”

“Quindi ha salvato il culo ai mortali, sventando il piano di Merlino!”

“Esattamente, ed ora invece…” Baal assottigliò lo sguardo, preparandosi ad una qualsiasi reazione da parte del magus, o meglio, del principio del Male.

 

“Allora è così, lo hai ammesso.” Sibilò Angra Mainyu tra le labbra quasi serrate. La sua sagoma era diventata irriconoscibile, avvolta com’era da una coltre di oscurità densa ed oleosa, lasciando visibili solo due occhi rossi scarlatti.

“Sei qui per scontrarti con me e porre fine una volta per tutte a questo nostro conto in sospeso… bene! Perché il mio obbiettivo, una volta che fossi riuscito ad evocarti, sarebbe stato proprio vendicarmi di avermi messo i bastoni fra le ruote fino ad oggi!”

Mortali ed immortali rimasero sconvolti da quella dichiarazione, in primis Prometheus e Gaia, i quali per la prima volta scoprivano i veri intenti del magus.

“Quindi tu volevi solo riuscire ad evocare Zarathustra… per ucciderlo?” La titanide madre terra non sarebbe mai riuscita ad immaginare un piano così deviato e perverso, al costo di sacrificare l’intera umanità.

Anche Hel, la regina dei morti, comprese allora di quale potentissima anima persino lui facesse fatica ad evocare. E tutto questo solo per una risoluzione dei conti, ai confini del creato.

“Nah! Volevo solo darti fastidio una volta per tutte, niente combattimento tra me e te.”

Ciò che però Zarathustra disse, causò alla mascella di tutti i presenti un comico dislocamento fino al suolo, spiazzando in modo inimmaginabile l’atmosfera di cruda e fredda tensione creatasi.

“EH?!”

E più di tutti Angra Mainyu sussultò: “EEEH?! C-Ch-Che cosa significa, SCUSAMI?!” con gli occhi fuori dalle orbite.

Il profeta ridacchiò tra sé e sé, indifferente: “Ma sì, non bisogna arrivare a tanto! Il mio era un semplice scherzo, uno tra tanti in queste migliaia di anni. Piuttosto…”

E ritornò sul suo viso un’aria molto più curiosa, nel frattempo che si sgranchiva le braccia con dello stretching: “Io voglio il sacrosanto decimo scontro che era stato promesso!”

Quella affermazione, soprattutto in seguito a quanto era stato tirato in ballo in così poco tempo, fu a dir poco incredibile.

La personalità di Zarathustra era esplosiva ed imprevedibile, come un uragano che rovesciava qualsiasi aspettativa per proporre con drammaticità o pressappochismo qualcosa di importantissimo, dettato dalla sua mera emotività.

“C-Come… che vuol dire decimo scontro?” Gaia ripeté quelle ultime due parole come un mantra, cercando di carpirne il senso fino all’esasperazione.

“Questo non è possibile!” Strillò infine, con le mani tra i capelli “Che sia stata opera tua o di Merlino, l’intervento di Charlotte è stata comunque una scorrettezza! Il punto spetta a noi dèi!”

“No.” Disse soltanto il profeta, saltando giù nell’arena di peso.

Sotto gli sguardi confusi di tutto l’universo, avanzò verso Arthur e Mordred e guardò Charlotte. Frammenti del suo corpo svanivano di secondo in secondo, tramutandosi in luce tra le dita delle mani dei cavalieri che la reggevano. Erano entrambi in lacrime, entrambi troppo stanchi per soffrire ancora e per patire un’altra guerra del genere.

Di fronte a tutto ciò, il profeta non poté far altro che congedarli con le mani sulle loro spalle, ed una frase sussurrata: “Grazie.”

Il cadavere della quinta combattente del Ragnarok si era dissolto, quando ormai i due si trascinarono a fatica fuori dal campo di battaglia.

“Cosa diavolo intendi fare?! Non puoi combattere perché non vi meritate alcuno scontro!” Gridò Gaia, rivolgendosi di nuovo ad un qualcuno che non aveva orecchie per le sue proteste.

Si sedette per terra a gambe e braccia incrociate, assumendo un broncio capriccioso: “No, io sto qua.”

 

La titanide non era ancora sul punto di arrendersi, ma una voce dal cielo pose fine alla sua inutile battaglia:

“Tecnicamente…”

Gaia tremò: non c’era nessuno al di sopra di lei, siccome le tribune degli organizzatori del torneo erano poste più in alto di tutte le altre nel colosseo. Come era possibile allora che una presenza incombente sulla sua testa la schiacciasse come una pesante pressione atmosferica?

“Si potrebbero calcolare entrambi gli interventi di Charlotte Corday come infrazioni del regolamento… se solo nel regolamento di questo torneo fossero state previste delle sanzioni da applicare a simili casi. Questo non è stato fatto, e quindi lascia molto a desiderare la decisione di assegnare punti dopo delle conclusioni inaspettate degli scontri.”a

Quando le nuvole si spalancarono, formando come delle fauci che parevano pronte ad inghiottire il mondo sottostante, il sole perfettamente allo zenit squarciò l’oscurità. Eppure, al centro della sua luce proiettata sul campo di battaglia, un’ombra stava discendendo lentamente.

“A questo punto mi sento di contraddire certe decisioni di assegnare punti, in merito ad interventi al quanto inaspettati. Come ad esempio l’uccisione di Quetzalcoatl al seguito dell’assegnazione della vittoria degli dèi, il tentativo di assassinio di Dante Alighieri dopo la resa dichiarata di Hastur, ed ancora, la morte di Uriel previa alla conclusione del suo combattimento per mano di un intruso… per tanto sarebbero da annullare quei punti assegnati… quindi meno due per gli dei, e meno uno per gli umani.”

Quella figura si inforcò gli occhiali sul ponte del naso, facendone risplendere le lenti per la luce che lui stesso emanava. Fatto ciò, terminò la sua rassegna:

“Però io credo che così si perderebbe lo scopo originario di questo torneo, ovvero di far combattere fino alla morte umani contro divinità! Ma allora cosa rappresenta la resa di Charlotte Corday, se poi è riuscita nell’intento di eliminare uno degli déi più forti del creato?”

Atterrò infine al centro dell’arena.

“Per tanto, propongo di annullare qualsiasi squalifica, assegnando un punto all’umanità per l’uccisione messa a punto da Charlotte Corday, e rendendo non valido il risultato del nono scontro. Ciò porterebbe umani e dèi ad un pareggio di quattro vittorie, quindi.”

Ad un certo punto, superata la sorpresa iniziale, i presenti si resero conto di un dettaglio non indifferente:

-Ma questo qui, nel mentre ci riempie di paroloni, sta rigirando le regole a favore suo?!-

 

“Tu…” Balbettò la titanide, la quale non aveva scollato gli occhi di dosso da quella figura discesa dal cielo, e che proprio in quegli occhi anelava un viscerale panico.

“Tu… sei arrivato…?” Non riusciva a crederci.

Come era giù successo, furono in pochi a riconoscerlo, ma coloro che ci riuscirono rimasero senza fiato: si trattava di Zeus, Nix, Herebus, Odino, Ptah e Baal, ovvero tra le divinità più antiche che avessero presieduto in passato il Concilio degli Dèi.

“Ma chi è questo esibizionista qui?! E che vuole?!” Sbraitò una divinità, ignorando chi avesse davanti. Prontamente alle sue spalle si manifestarono due giovani, prendendolo sottobraccio e con le loro bocche praticamente attaccate alle sue orecchie.

“Oi, oi, bastardo…! Hai già un piede nella fossa!” Ringhiò il maschio, con un’acconciatura a pompadour e vestiti tipici del banchō, lo stereotipato teppista giapponese.

“Non osare parlare male di nostro padre, o ti gonfiamo di botte!” Terminò per lui la sua controparte femminile, con le labbra rigonfie a becco d’anatra ed una gonna scolastica allungata come una sukeban, anch’essa stereotipica teppista giapponese.

Per la salvezza del dio che era stato preso di mira, colui che aveva attirato tutte quelle attenzioni rivolse ai due un gesto liquidatorio con la mano, senza nemmeno guardarli.

“Izanagi, Izanami... comportatevi bene.” Disse, reciso.

Al che, i due dèi progenitori del Giappone si sedettero stravaccati, obbedendo ma pur sempre ridacchiando con aria di chi non riusciva a contenere la trepidazione.

“Dai paparino, falli tutti neri!”

“Sto solo facendo una proposta, abbiate pietà di me e statevi calmi.” Sbuffò lamentoso quell’altro, per poi portarsi una mano alla fronte, disperato: “Una volta tanto che esco con i miei figli e già hanno portato il mio stress a livelli inverosimili… ecco perché per miliardi di anni non ho sentito la loro mancanza.”

Le lenti illuminate dei suoi occhiali gli rendevano gli occhi imperscrutabili, e così l’unico dettaglio degno di nota sulla sua faccia erano i corti capelli bianchi e fumosi che gli discendevano lungo le tempie.

Indossava una giacca haori color acquamarina, in tinta con la gonna-pantalone verde scuro che gli copriva le gambe, fino ai sandali geta in legno. Ciò che però rendeva il suo aspetto senza dubbio stravagante era un agglomerato di vapore, luce ed energia sconosciuta che si attorcigliava dietro le sue spalle, formando un semicerchio che inscriveva la parte superiore del suo corpo.

Dopo essersi ripreso con un profondo sospiro liberatorio, volse lo sguardo verso colei che lo aveva interpellato.

“Gaia.” Disse soltanto, richiamandola all’attenzione.

“Cosa ci fai tu qui?” Ripeté lei, persa nei suoi pensieri e con lo sguardo fisso nel vuoto “E cosa stai cercando di fare? Tu non puoi… non hai più alcun diritto di prendere decisioni…”

“Tu dici?” Dopo essersi inforcato gli occhiali con il dito medio, il dio sollevò il capo verso di lei ed inglobò il suo riflesso in due occhi trasparenti come l’aria.

“Eppure, in quanto decimo sfidante, penso di essere in diritto di scegliere cosa fare del turno che mi è stato messo a disposizione.”

Il modo in cui parlava era distaccato e meccanico, come se fosse un attore tutto impostato che leggeva il suo copione, tuttavia lasciava sempre trasparire una fortissima convinzione in ciò che diceva.

“Quello è il decimo sfidante?!” La rivelazione colpì chi non l’avesse ancora capito come un fulmine a ciel sereno.

“Quindi è… Amenominakanushi!

 

“Oh oh oh!” Ridacchiò Zeus, ritornato nel suo atteggiamento da vecchietto placido. “Erano miliardi di anni che non si faceva vedere.”

Odino, al suo fianco, annuì: “Dalla creazione di tutto quanto, per esattezza… non ci sono dèi che possano testimoniare di esser nati prima di lui. Per questo è stato il primo presidente nella storia del Concilio degli Dèi.”

L’altro continuò a ridere, stavolta però facendosi più malevolo: “E fa sempre piacere rivederlo… questo però non vale per Gaia, che se non ricordo male proprio dall’origine dei tempi con lui ha un conto in sospeso.”

Intanto le altre divinità organizzatrici come Baal e Ptah si stavano guardando l’un l’altra, indecisi sul da farsi.

“Chaos.” Ameno si rivolse d’un tratto al vortice di confusione, anch’esso cardine degli dèi. “Tu che dici? Qual è il tuo parere?”

Ma come al solito non ci fu risposta, nell’eterna indeterminazione di Chaos.

“E certo, ti pareva. Sei proprio un bell’amico su cui contare…” Sospirò rassegnato l’altro, come se si conoscesse da una vita con l’origine stessa della creazione.

“Allora mi dovrò rivolgere a qualcun altro. Chi comanda qui, ormai?”

Il signore dei demoni e la dea che aveva creato l’Egitto si fecero avanti, cercando in tutti i modi di non palesare la loro titubanza.

“Ehm, sì… noi crediamo…” Ptah cercò il consenso dell’altro con una fugace occhiata “Che tu non sia costretto a farlo.”

“C’è anche questa volta qualcosa sotto.” La aiutò Baal “Se hai assistito al resto del torneo, saprai che Gaia e Merlin-ehm, Angra Mainyu, sono soliti a truffi ed ingann-…”

“Non ho idea di cosa stiate parlando, io sono appena arrivato e non so niente di ciò che avete fatto.” Lo interruppe il Dio Primo con indifferenza.

“So soltanto che sono stato chiamato in causa per battermi nell’ultimo scontro. Ho compreso appena che si tratti di decidere le sorti dell’umanità, giusto?” E percorse con lo sguardo tutte le tribune riempite da esseri umani che lo guardavano confusi.

“Quindi è questa l’umanità…” Mormorò a bassa voce, rimuginando.

“Non farlo, ti prego!” Tuonò la voce di Prometheus, il quale si era sporto sulla balaustra per richiamare l’attenzione del bizzarro, quanto eccentrico, dio.

“Non devi dare adito a questa inutile battaglia per portare la distruzione dell’umanità! Otterresti solo ciò che quei due vogliono!”

Amenominakanushi fu zittito per qualche secondo soltanto, per poi replicare storcendo la bocca:

“Ma a me non interessa distruggere l’umanità. Voglio solo fare ciò che io voglio, ovvero prendere parte al combattimento per il quale sono stato nominato. Ora scusami… ehm, qual è il tuo nome? Comunque, non hai idea della strada che mi sono fatto per arrivare fin qui! Dirmi di tornare indietro ora mi sembra inutile, non l’avete ancora compreso?”

Sempre dall’arena a quel punto scoppiò una fragorosa risata.

“Sei fantastico!” Piegandosi in avanti per le risate, Zarathustra sembrava molto divertito dall’apparizione di quel nuovo sfidante. Raddrizzandosi con uno scatto di reni, balzò in piedi ed atterrò sui talloni con una posa rilassata.

“Voglio proprio battermi con te!”

“E bhe…” Rispose l’altro, notandolo per la prima volta “… è il motivo per cui siamo qui, quindi mi pare ovvio.”

In quel così confuso momento della storia, sia umani che dèi, e generalmente tutti gli spettatori dell’universo, compresero quanto poco fossero importanti questioni come intrighi, destino e regole per quei due.

Sia Amenominakanushi che Zarathustra, per quanto si nascondessero dietro una coltre di buone intenzioni, o non lo ammettessero direttamente, in realtà volevano solo una cosa: soddisfare il loro bisogno di menare le mani nel final showdown per antonomasia.

 

“Quindi il decimo scontro si disputerà comunque!” Il dio del creato lanciò un fischio, e alle sue spalle i suoi figli scattarono sull’attenti.

“Prendi, padre!” E gli lanciarono qualcosa di enorme, grande il doppio di lui.

Ciò nonostante riuscì senza problemi ad afferrare al volo e successivamente a far mulinare quella gigantesca lancia. Aveva un’asta sottile e intrecciata da scanalature raffiguranti nuvole, carpe koi e macchie che sembravano isole. La lama a filo unico la rendeva a tutti gli effetti una naginata, ed al di sotto di essa era attorcigliata una collana con diademi di giada verde lucente.

“È la prima volta che vediamo papi con la Amenonuhoko (Lancia Gioiello del Cielo)!” Strepitarono dall’eccitazione Izanami ed Izanagi, proprio come due fan davanti al loro idolo.

Proprio quella lancia, utilizzata da loro per creare il Giappone dal mare amorfo del mondo all’inizio dei tempi, era stata donata da colui a cui adesso era ritornata. Eppure, per quanto non l’avessero mai visto utilizzarla, compresero all’istante che solo nelle sue mani poteva usufruire del pieno potenziale.

“Tu combatti disarmato, Zarathustra?” Domandò il dio, dopo aver saggiato peso e velocità dell’arma che gli era tornata tra le mani dopo tempi immemori.

Il suo avversario si stava ancora sgranchendo le articolazioni, distratto.

“Credo di sì, non vi viene in mente nulla, Amenominaka…” Si interruppe, corrucciato. “Senti, hai un nome troppo lungo: facciamo che ti chiamo Ameno e basta!”


“Ma questi due stanno facendo tutto da soli?!” Strillarono allora Adramelech e St.Peter, i due annunciatori che erano stati messi in secondo piano da tutto quel conseguirsi assurdo di eventi.

Qualcuno però scelse di intervenire, saltando nell’arena esattamente tra i due imminenti sfidanti.

Si trattava di sei figure, le quali a coppie di tre piombarono davanti a Zarathustra ed Amenominakanushi.

“Non farlo, o potresti portare all’estinzione dei tuoi simili!” Il titano Prometheus puntò il dito contro l’umano, ragguardandolo con tono categorico.

Fermarlo, per lui come per Sun Wukong, al suo fianco, era un bisogno impellente prima del collasso dell’armonia che tanto avevano cercato di preservare.

Hel, dalla distanza, guardò preoccupata suo fratello Fenrir unito a quei due per arrestare l’avanzata di Zarathustra. Il Lupo del Ragnarok era una delle creature più potenti e temute persino tra gli dèi, ciò nonostante era rimasto cieco e sordo dopo il settimo scontro.

“Vuoi capirlo o no che si può evitare tutto questo?! Non combattete, piuttosto alleiamoci per sconfiggere quei due!” Propose invece Dante al dio. Il poeta era ancora tremendamente scosso dalla morte di Charlotte, ed era prossimo ad esplodere dalla rabbia se tutto ciò per cui si era sacrificata la ragazza fosse stato reso vano.

I due decimi combattenti valutarono le proposte, dopodiché:

“Nah, non sono così stupido da correre questo rischio. Non perderò!” Sorrise Zarathustra, tirando dritto con le mani in tasca.

“Se pensi che qualcuno del genere mi impensierisca, allora hai sbagliato.” Rispose secco Ameno, scostando Dante e proseguendo per la sua strada.

In quel momento, i sei dèi e umani vennero così tanto oltraggiati da non riuscire più a contenere la loro rabbia.


Scorching Bright Light!” Il pugno di Prometheus si illuminò di luce propria e percorse un arco nell’aria, piantandosi nella faccia di Zarathustra con un gancio dalla potenza di una meteora.

O meglio, sarebbe successo questo se il più giovane non avesse assecondato il movimento del suo braccio, quindi piegando la testa per lasciarsi appena sfiorare dalle nocche incendiate. Dopodiché, sfruttando l’inerzia del movimento ondulare, poggiò una mano sulla spalla distesa del titano e con l’altra afferrò il braccio dal polso, che ormai stava perdendo inerzia.

“Sta calmo!” Gli disse, mentre piegava il braccio di Prometheus per continuare il suo stesso attacco e ridirigerlo contro di lui come se glielo avesse letteralmente lanciato contro.

Il titano venne travolto dall’esplosione dello Scorching Bright Light, il quale, come una cannonata, fu sufficientemente forte da sollevarlo da terra e scagliarlo all’indietro.

“Brutto bastardo! Non capisci proprio niente tu, eh?!” Zarathustra avvertì questa voce alle sue spalle appena una frazione di secondo dopo.

Sun Wukong si era materializzato dietro di lui grazie all’estrema velocità della sua nuvola dorata Kinton, pronto a falciargli la testa con un colpo di bastone. Il profeta però non si distrasse, e notò al contempo come attorno a sé si stesse serrando una gabbia formata dalle catene di Fenrir.

“Secondo me invece siete stati voi a non comprendere il sacrificio di Charlotte.” Al che saltò all’indietro, interrompendo lo Scimmiotto con una testata nel naso ed evitando di venir imprigionato.

Dopodiché prese Sun Wukong allungando una mano dietro la testa, mentre con l’altra afferrò un anello di catena. Facendo forza su entrambe le braccia, riuscì a tirare verso sé il Lupo, e quando fu a portata di tiro gli abbatté addosso lo Scimmiotto, facendo cozzare i rispettivi crani prima di incassarli nel pavimento.

 

In contemporanea, Dante si era scagliato su Amenominakanushi armato della sua falce.

Invocò: “Forma del Paradiso!” e ali da angelo gli spuntarono sulla schiena.

Grazie alla Previsione sapeva che sarebbe riuscito ad affondare il suo colpo più potente, ed anche se l’avversario fosse stato in grado di contrattaccare, con il Contrappasso gli avrebbe restituito ogni colpo.

“Candida Rosa della Fine del Mondo!”

Ma la falce impattò contro la fronte del dio scaturendo un fiume di energia, senza però riuscire a penetrargli la carne. Questo perché, come il poeta si accorse un secondo troppo tardi, la punta della lama era stata fermata dal ponte degli occhiali indossati dall’altro.

“Questo attacco serve per danneggiare il tuo nemico in base ai peccati da lui commessi, non è così?” Attraverso il suo stesso riflesso nelle lenti di Ameno, Dante vide il proprio volto impallidire. Gli era stato letto nel pensiero.

“Ma io non ti ho fatto nulla, sei tu che vuoi interrompermi.” 

E così il poeta si ritrovò nella traiettoria di qualcosa di enorme: una pressione mastodontica che oscurò il sole e lo inghiottì nella sua ombra. Era troppo tardi quando comprese di essere in rotta di collisione con un attacco mortale scagliato da Amenominakanushi, e che mai più avrebbe rivisto la sua amata Beatrice.

Ci fu uno scintillio sulla lama dell’Amenonuhoko, e poi il buio.

Vlad vide Dante stramazzare al suolo, e mantenendo il sangue freddo issò la sua grande lancia sul fianco, piegando le ginocchia per preparare la carica.

Il suo sguardo andò in contro a quello del suo bersaglio, il quale tuttavia non si sentì affatto minacciato.

“È una lancia molto bella.” Commentò senza doppi fini, nel momento in cui venne raggiunto e travolto dalla pressione generatasi all’urlo di Vlad:

“Kazıklı Voyvoda!”

“Ma per quanto tu sia forte, il suo peso la rende inadatta a sostenere a pieno l’affondo se posizionata attorno al tuo baricentro. Consiglierei una posizione sopraelevata, per esempio da quelli che voi chiamate cavalli… già sembrerebbe essere fatta apposta. Poi io non ne so nulla, eh, ho solo detto ciò che vedo.”

Tuttavia, per quanto lo scatto del combattente fosse stato travolgente nel suo impareggiabile affondo, la punta della sua lancia era rimasta in stallo, pietrificatasi a contatto con quella di Amenominakanusi. A dirla tutta, però, l’Amenonuhoko era sorretta parallela al terreno solo tra il dito indice e medio del suo utilizzatore.

Proprio quando Vlad si destabilizzò per lo shock, alla perdita di concentrazione si sommò quella dell’equilibrio: semplicemente ruotando il polso, Ameno aveva sottratto la sua lancia allo stallo per sbilanciarlo in avanti. Questo diede dimostrazione di quanta poca forza il dio avesse impiegato finora, e allo stesso tempo di quanto controllo muscolare possedesse.

Salvarsi era smisuratamente fuori portata per l’umano, il quale infatti venne raggiunto da un colpo alla nuca. Il sipario calò anche per lui, lasciando soltanto un ostacolo davanti al Dio Primo.

Masutatsu Oyama era immobile come una statua, assumendo una guardia frontale per poter piazzare i piedi ben saldi per terra, ed assicurarsi l’avversario davanti a sé. Insomma, si aggrappava a poche certezze per non perdere il controllo, e quindi anche se stesso.

Lui era stato il primo combattente di quel torneo, e a differenza degli altri aveva avuto più tempo per tornare in forze ed assimilare i rischi di un duello contro un dio. Ciò nonostante, colui che aveva davanti non emanava la stessa aura dei suoi nove predecessori.

Era diverso: in un denso liquido scuro di perversioni, sadismo e vanagloria, quella divinità in particolare spiccava all’attenzione come una goccia bianca, per niente diluita e imprescindibilmente costante.

-Forse proprio per questo mi terrorizza…- Doveva controllare la respirazione o sarebbe morto, pensò.

Ovviamente Ameno non poteva non averlo notato.

“Allora, non c’è bisogno di-!“

“Bodishattva Fist!”

Il pugno fulmineo del karateka squarciò l’aria, eseguendo un perfetto attacco da una posizione rigida: era come un vulcano che di colpo aveva spalancato il suo cratere per eruttare tutta la sua piena potenza.

Tuttavia il Dio Prima si mosse in contemporanea, estendendo un braccio in avanti e flettendo le dita della mano. Con esse, ferree ma al contempo così precise e delicate, intercettò il pugno di Masutatsu e ne afferrò il dito mignolo.

In questo modo l’inerzia del movimento si rivolse contro il karateka, costringendolo a torcere il proprio braccio e a nullificare completamente la propria potenza. La Mano Divina sudò freddo: la presa alle dita era stata eseguita così perfettamente, da eclissare qualsiasi altro artista marziale avesse incontrato ed affrontato nel corso della sua vita.

Eppure non era finita lì.

L’arto del dio si gonfiò di colpo come se qualcuno ci avesse soffiato dentro dell’aria, un palloncino di carne e muscoli che brillava dall’interno. Ciò che si espandeva all’interno del suo braccio, Ameno lo comprese all’istante, era stato causato dal contatto con Masutatsu.

Il karateka non aveva lo sguardo di qualcuno che si era arreso, ma anzi, al pieno delle sue rinnovate forze, ringraziò ancora una volta la Sefirot Gevurah per averlo salvato. Da lì in avanti il corso degli eventi si sarebbe potuto diramare in due opzioni: nel primo caso, se Ameno si fosse mosso per sciogliere la sua stessa presa, l’esplosione si sarebbe innescata nel suo braccio; nel secondo caso, se fossero rimasti in contatto, il potere della Sefirot avrebbe contagiato anche il resto del corpo del Dio Primo per poi farlo esplodere.

In entrambi i risultati, Amenominakanushi non sarebbe uscito illeso da quello scontro.

 

Eppure, al contrario di quelle previsioni, l’essere divino diede prova ancora una volta della sua nonchalance e prontezza di riflessi: semplicemente roteando il braccio e piegando il gomito ad angolo retto, fu capace di rovesciare il suo avversario, costringendolo in ginocchio con un movimento sinuoso senza nemmeno un briciolo di forza. Poggiando il palmo contro quello del suo avversario, scaricò tutta l’energia accumulata sotto pelle in Masutatsu, ridirigendo quindi il flusso dell’esplosione al suo utilizzatore.

“Sei stato il più forte di tutti…” Il Dio Primo aveva di nuovo le lenti degli occhiali illuminate “…perché mi hai obbligato a ferirti anche se non lo volevo.”

Il karateka si riprese dall’intorpidimento che aveva paralizzato il suo corpo, e con stupore cercò di decifrare le parole dell’avversario. Dopodiché, quando gli venne liberata, osservò la propria mano: sul palmo, dove era stata riflessa l’energia dell’esplosione di Ghevura, risaltava una piccola abrasione nera.

Ovviamente lui sapeva di essere immune alle esplosioni da lui stesso emanate, eppure nel momento in cui l’energia gli era stata ridiretta contro, la sua pelle si era leggermente ferita. E, per quella banalità, ora il Dio Primo che aveva dato sfoggio della sua supremazia assoluta, gli faceva i complimenti.

Masutatsu constatò anche come Dante e Vlad fossero semplicemente svenuti: Ameno doveva averli colpiti con il dorso della lama. Una mossa da maestro se eseguita contro un normale avversario, ma in quel caso inquantificabile dato il livello di potere dei due combattenti umani sconfitti.

“Quindi è così…” Disse abbattuto, poggiando il pugno per terra.

“Non c’è verso di farvi desistere.” Completò Prometheus, rialzandosi assieme a Sun Wukong e Fenrir.

Zarathustra si dondolò avanti e dietro, tra le punte dei piedi ed i talloni: “Mettiamola così: tutto ciò che vi resta da fare è avere fiducia, quindi… perché non fidarvi? È sempre meglio della disperazione!”

E con ciò, il profeta si diresse verso il portale destinato all’umanità per prepararsi in vista dello scontro. Sollevando lo sguardo incontrò quello di Merlino, o meglio Angra Mainyu, lassù in alto. Il Male incarnato era odio puro nei suoi confronti, e perciò sapevano entrambi che si sarebbero scontrati molto, ma molto presto.

Al contrario Amenominakanushi, quando si diresse verso il lato delle divinità, trovò Gaia intenta a guardarlo con una smorfia stizzita in volto, come di disprezzo. Ormai le titanide si era spinta a vedere persino il Dio Primo come l’ennesimo scarafaggio da schiacciare per poter completare il suo cammino.

 

In ogni caso, i due prossimi sfidanti passarono l’uno al fianco dell’altro, verso direzioni opposte.

“Ci vedremo al match. E stavolta non mi tratterrò come con quei bambini!” Sogghignò Zarathustra, provocatorio.

“Spero tu sappia fare di meglio che parlare e basta…” Amenominakanushi guardò dritto davanti a sé con sguardo torvo.

Il mondo non attendeva altro che quello scontro. Nessuno avrebbe potuto prevedere come sarebbe andata, ma una cosa era certa: da lì a poco si sarebbe conclusa un’era per dare il via a qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.

 

 

Angolo Autore:

Welcome back!

Perdonatemi per l’estremo ritardo. Blocchi dello scrittore a parte, come ho già comunicato sul gruppo Discord per i lettori inglesi, la mia linea telefonica ha deciso di abbandonare il mio computer.

Sinceramente, proprio in questo periodo dove conviene molto rimanere a casa il più possibile, non vorrei che si ripetesse la stessa situazione che c’era in casa mia durante il lock-down: due mesi senza wi-fi.

Vabbè, parlando di cose concrete e che sicuramente vi interessano di più… i combattenti finali sono stati rivelati! Yaaay!

Spero vi piacciano, anche se riconosco che sono decisamente fuori dal comune. Insomma, Zara è un ragazzino istintivo che ha voglia di menare le mani per seguire la sua incompressibile filosofia di vita, mentre Ameno è un testardo completamente incapace con le relazioni sociali e con la mania di apparire come il classico personaggio snob, figo ed intelligente.

Direi che se ne vedranno delle belle, non credete?

P.S: Vi lascio il link del gruppo Discord ufficiale della storia: (https://discord.gg/FHNr7A7) per chi volesse seguirla anche in inglese, o comunque vedere le cover art che realizzo per gli scontri. Ah, a proposito, ho completata quella del quinto scontro, al capitolo 17.

 

   
 
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