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Autore: ONLYKORINE    27/10/2020    4 recensioni
Victoire vuole entrare nella squadra di Quidditch per conquistare un ragazzo senza essere mai salita su una scopa. Teddy si offre di aiutarla: riuscirà a insegnarle e a rapirle il cuore? Forse, con l’aiuto dei biscotti, sì.
Storia vincitrice del concorso di Halloween di @hpitalia su Wattpad
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Una questione di capelli

 

“Solo perché tu possiedi la varietà di emozioni di un cucchiaino non significa che siamo tutti così, Troll che non sei altro!”Edward Ted Remus Lupin, Tassorosso del settimo anno, si fermò e si voltò verso la direzione di quella voce.“Un cucchiaino?” La voce di Darden Towler, il capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, era un misto fra il divertito e l’incredulo.Teddy fece un passo per entrare nel campo da Quidditch e capire cosa stesse succedendo, notando un nutrito gruppetto di Grifondoro, con scope e armamenti, popolare il prato sotto i pali.“Preferisci che usi una parola che puoi capire anche tu? Cos’è sei troppo stupido per capire che non è un complimento?” Teddy fece un altro passo avanti, notando, fra la gente a guardare, una lunga chioma bionda uscire da un berretto di lana dai colori della casata dei grifoni.“Ma dai! Ho solo detto che se non sa neanche stare sulla scopa non era il caso che faceva il provino!”“Andiamo via, per favore…” La voce di Victoire Weasley, bionda, eterea e bellissima studentessa del quinto anno, tremava e la ragazza, con la mano, cercava di tirare la manica dell’amica che stava discutendo con Towler. Teddy, quando la vide così in difficoltà, si avvicinò, dimenticandosi di chiedere qualsiasi cosa e di correggere la scarsa grammatica del Grifondoro.“Victoire, stai bene?” le chiese, quindi, avvicinandosi.La ragazza alzò uno sguardo liquido su di lui e mormorò qualcosa. Teddy sentì qualcosa incrinarsi dentro al petto: perché stava piangendo?

 

Quando Victoire vide Teddy Lupin avvicinarsi verso di loro sentì le guance arrossire e si sentì malissimo: non solo la vergogna, anche la beffa!Aveva provato a partecipare ai provini di Quidditch, ma era caduta dalla scopa appena c’era montata sopra e si era resa ridicola davanti a tutti. E ora lo sapeva anche lui, che conosceva la sua famiglia. Avrebbe voluto nascondersi sotto terra. Sospirò e si voltò di nuovo verso Diomira Kirke, tirandola per la manica della giacca. “Mira… andiamo via, dai…”Diomira, piccola, tornita, mora e con la bocca larga ma il sorriso più dolce del mondo, era incattivita come una mamma orsa a cui avessero sottratto i cuccioli. “Questo Troll ha detto una cattiveria e vuoi che…”
“Sì, voglio andarmene. Adesso! Per favore…” Victoire doveva essere stata convincente perché l’amica annuì e decise di limitarsi a lanciare al capitano un’occhiataccia e nessun altro insulto. Insieme si incamminarono verso il castello.
“Ma cosa è successo?” chiese Teddy, seguendo le due ragazze.
“Niente” rispose Victoire.
“Darden è un idiota, a volte” disse invece Mira.
“Solo a volte?” La voce ironica di Teddy fece ridere le due ragazze, così lui approfittò della situazione e, trasformando i lineamenti del suo viso in una sorta di caricatura del capitano di Quidditch, iniziò a fargli il verso.
“Oddio, sei impressionante!” esclamò Mira, quando riuscì a smettere di ridere.
“Lui è un tesoro, cerca sempre di far star meglio tutti” disse Vic, sorridendogli dolcemente.

 

Per fortuna stava indossando il berretto, pensò Teddy, quando Victoire gli sorrise in quel modo. Sentì i suoi capelli prendere vita e, anche se non poteva vederli, sapeva benissimo che avevano cambiato colore. Di solito erano turchesi, di un azzurro così limpido che Ginny diceva che si poteva vedere tutto l’universo, ma a volte, quando un’emozione forte lo colpiva all’improvviso, i suoi capelli si animavano e, senza che lui potesse deciderlo, cambiavano colore. Diventavano biondo platino quando la mattina di Natale, da bambino, vedeva l’albero con i regali e sua nonna si commuoveva abbracciandolo; viola intenso quando si arrabbiava perché non riusciva a far qualcosa, rosa cicca come quelli di sua madre, diceva nonna Meda, quando si eccitava per una corsa sulla scopa, oppure rossi, rossi di diverse tonalità quando si sentiva prendere il petto dalle ragazze.
Erano stati rosso sangria quando aveva, per la prima volta, preso per mano Melody Hopkins, a sette anni; avevano assunto il colore della marmellata di fragole quando non è ancora cotta, nei momenti in cui le ragazze grandi gli rivolgevano la parola quando ancora non aveva iniziato a frequentare Hogwarts si tingevano di amaranto come il cielo al tramonto quando baciava una ragazza per la prima volta.
Teddy era sicuro che in quel momento fossero rossi. Chissà qual era la sfumatura dei suoi capelli per il sorriso di Vic…
“Ci sei, Lupin?” La voce di Mira lo riportò alla realtà.
“Come? Oh, sì, sì, certo.”
“Bene, sembravi… Vabbè, Vic devo scappare, ci vediamo a cena?” L’amica annuì e Mira le diede un bacio sulla guancia prima di correre via.

 

Victoire si sentì toccare il gomito e sobbalzò. “Scusa” mormorò Teddy “sei sporca di fango e…”
La ragazza nascose il braccio alla sua vista e annuì. “Sì, sono caduta dalla scopa. Per quello Darden ha detto che non avrei dovuto fare il provino…” Vic si sentiva già abbastanza ridicola così, senza dover dare ulteriori spiegazioni a Lupin. Aveva fatto il provino per farsi ‘notare’ dal capitano di Quidditch e ora non poteva dire che lui non l’avesse notata. Solo che non era il modo in cui lei aveva sperato. Darden era il più bel Grifondoro del settimo anno, aveva dei bellissimi occhi scuri e un sorriso accattivante. Quello era l’ultimo anno che avrebbe passato a Hogwarts e Vic, timida e per niente coraggiosa, aveva sperato che lui finalmente si accorgesse di lei. Ma sicuramente non così.
“Ti sei fatta male?”
Vic scosse la testa. Non si era fatta male fisicamente, ma il fatto che lui glielo avesse chiesto era molto carino.

 

“Non è stata una bella cosa da dirti…” Teddy non sapeva cosa dire. Effettivamente perché partecipare ai provini di Quidditch se non si sapeva volare? Dirlo ad alta voce, però, era una cosa brutta da fare, soprattutto se lo usi per denigrare qualcuno.
“Oh, non è stato quello. Mi sono sentita… male quando ha detto che probabilmente ero l’unica Weasley a non saperlo fare.”
La voce di Vic si era fatta un po’ più nervosa, ma a Teddy piacque molto come lo disse, perché lei sembrava arrabbiata, vero, ma almeno non era più così triste.
“Che stronzo! E poi sono sicuro che…” cercò di rimediare lui, ma Victoire lo interruppe subito: “Guarda, il fatto è che è vero: perfino Lily Luna, che ha sette anni, riesce a tenere la scopa meglio di me. Sono un’imbranata…”
La voce della ragazza stava di nuovo prendendo la via della tristezza e Teddy non voleva assolutamente che il suo sorriso si adombrasse. E non voleva di certo che lei si sentisse un’imbranata!
“Posso insegnarti io a volare, se vuoi.”
“Davvero?” Lo sguardo della ragazza si fece intenso e lui dovette spostare altrove gli occhi. “Ma… tu sai volare?” A quella frase gli occhi di Teddy ripuntarono sul viso della Weasley come offesi.

 

“Certo che so volare! Solo perché non gioco nella squadra di Quidditch non vuol dire che io non lo sappia fare!” Vic scoppiò a ridere e il suo viso divenne di nuovo dolce.
“Scusami, hai ragione. Non dovrei fare supposizioni. Allora ci sto. Domani, qui, stessa ora?” La ragazza allungò la mano verso di lui e lo guardò in viso: Teddy era veramente un caro ragazzo carino e gentile. Perché non se n’era mai accorta? Lo aveva incontrato una o due volte alla Tana, dai suoi nonni, quando con la sua famiglia tornavano dall’Egitto e anche a scuola non si erano mai frequentati, giusto qualche saluto in corridoio.

 

Teddy si avvicinò a lei per stringerle la mano e nel frattempo si guardò intorno: erano nel cortile della scuola. “Qui?” chiese, quando non riuscì a dire niente di interessante.
Vic rise e scosse le spalle mentre le loro mani si toccarono. “Forse allo stadio è meglio!” Teddy pensò che fosse un suono meraviglioso e la sua risata gli rimase nel petto anche quando lei salutò e imboccò il portone della scuola.

 

***

 

Il campo da Quidditch era silenzioso, la sera dopo, per l’allenamento di Vic e Teddy, solo qualche gufo, posato sulla sommità dei pali, li osservava stancamente. Il freddo iniziava a farsi sentire: in Scozia la temperatura calava sempre prima che a Londra e quel settembre era già tinto d’autunno.

 

“Ok, iniziamo.”
Teddy mostrò le due scope che aveva recuperato dalla Brumly, l’insegnante di volo, e Vic annuì un po’ preoccupata. “Sicuro?”
“Certo!”

 

Vic prese la scopa fra le mani e ci salì a cavalcioni: non si sentì per niente sicura. Appoggiò uno dei piedi sulla staffa di supporto ma subito Teddy la fermò. “No, non usarli. Impara prima a stare in equilibrio. Ti verrà più facile”.
Lei annuì, ancora poco convinta di quello che dovesse fare. “Ora prendi il manico con tutte e due le mani, così” le spiegò, mostrandole dove appoggiare le dita. “Appena ti senti pronta, ti dai una spinta con i piedi e tieni la scopa dritta, ok?”
Vic annuì ancora: fece quanto detto e si diede una piccola spinta; effettivamente si alzò di poco da terra e sorrise, vittoriosa, girandosi verso di lui, ma appena fece quel gesto, la scopa seguì il suo sguardo e girò un po’. “Oddio, che succede?” Victoire iniziò ad andare nel panico: le mani iniziarono a tremarle e non riuscì più a tenere ferma la scopa che iniziò a vibrare e ad avanzare incontrollata.

 

Teddy sbarrò gli occhi quando la vide volare via in quel modo strano. Salì sulla sua scopa e la raggiunse subito, l’affiancò e posò una mano davanti a quelle della ragazza, quasi sulla punta del manico. “Prima regola: non ci si distrae, sulla scopa, finché non si ha preso la mano, ok?” tentò di scherzare lui, ma Vic doveva essersi spaventata davvero, perché aveva gli occhi enormi. Per fortuna annuì ancora.
Teddy la guidò per un po’ e volarono lentamente finché lei non si rilassò e sorrise. “Non è male, volare, Lupin” lo prese in giro.

 

Quando lui rise, Victoire pensò di aver ricevuto un regalo: era un suono meraviglioso. Sentì un brivido percorrerle tutta la schiena e farle vibrare la nuca. Quando capì che il brivido aveva raggiunto la sommità della testa, arrossì.
“Però devi imparare a farlo da sola”. Tornarono a terra e lei si sgranchì le gambe. “Riproviamo il decollo, ok? Per il resto ci sono io. Appena ti sei data la spinta, pensa che vuoi volare. La scopa lo sente se lo vuoi o no”.
Davvero? Vic sbarrò gli occhi mentre si sollevava e si voltò verso di lui, ancora agitata. “Come?”

 

Teddy si alzò in volo e l’affiancò, pronto ad aiutarla alla prima difficoltà. “Pensa che vuoi volare. Pensa a ciò che ti ha spinto a salire sulla scopa”.

 

Vic annuì senza voltarsi e tenne le mani salde sul manico. Cosa l’aveva spinta a salire sulla scopa? Perché voleva imparare a volare? Per Darden. Per farsi notare da lui. Pensò allo sguardo scuro del capitano, ma in quel momento non riusciva a concentrarsi e, senza volere, chiuse gli occhi. La scopa iniziò a sbandare e lei li riaprì di colpo, spaventata.

 

Teddy si sporse un po’ e quando notò che stava per perdere il controllo della scopa, impugnò il manico proprio dietro di lei: era molto più difficile tenerlo, in quel modo, ma lei avrebbe potuto provare a guidare. “Tranquilla. Ci sono io” la rassicurò. “No, non voltarti verso di me, tieni la scopa e guarda dritto” suggerì, quando lei stava per girare la testa. “Devia il peso quando vuoi girare e guida il manico verso la direzione da prendere. Ecco, così, lentamente per spostarti, brava”.

 

Vic obbedì al ragazzo e, sicura che lui la stesse tenendo dietro, si concentrò sulla guida. Voleva volare. Voleva farcela. Era in grado di alzarsi da terra, avrebbe anche potuto andare più in alto. Lo doveva a se stessa. All’unica Weasley che non era in grado di stare sulla scopa. Oh, no! Era sulla scopa! E ci stava riuscendo alla grande!
Piano piano, seguendo la voce di Teddy, accanto a lei, si lasciò cullare dal momento, dal vento che le scompigliava i capelli non trattenuti dal berretto, dalle nappe della sciarpa rosso e oro che le solleticavano il collo e dall’aria fresca sul viso che le faceva raffreddare le guance. E il mondo divenne colorato: il cielo, scuro già nel tardo pomeriggio, si riempì di luci e brillò di stelle vere e stelle sognate, l’aria l’avvolse come un mantello caldo e la guidò verso sentieri sconosciuti e Vic si sentì felice e serena. E tutto grazie a Teddy. Quando le venne in mente quel pensiero, si voltò verso di lui, ormai sicura, ma notò che lui era troppo lontano per reggerla ancora e in quel momento capì che stava guidando da sola.

 

“Teddy!” gridò Vic e Teddy vide l’espressione sul suo viso solo perché lei brillava come una stella. “Sto volando!” Il cuore del ragazzo fece una capriola e sorrise. Sì, stava volando! “Sto volando da sola!” Teddy rise: lei era fantastica.
Si affiancò a Vic e, sbuffando nuvolette opache, disse: “Sì, e non sei male per niente. Vieni, atterriamo, che sta diventando freddo”.

 

Vic si immobilizzò: atterrare? E come si faceva a rallentare? O a scendere dalla scopa? Non aveva parlato di atterraggio, non le aveva spiegato come farlo! Per fortuna Teddy non l’abbandonò neanche in quel momento e le spiegò come fermarsi. Ma Vic sbagliò e prese troppo di corsa la via del ritorno così, quando atterrò, rotolò sul prato del campo.

 

Teddy scese velocemente dalla scopa e si avvicinò per aiutarla. Aveva sbagliato a cercare di insegnarle? Si era fatta male? Fatta male per colpa sua? Il ragazzo si tranquillizzò quando la sentì ridere. “Lupin, è stato fantastico! So volare, so volare! Sono stata…” La sua voce si interruppe mentre rideva e sbatteva contenta le gambe contro il terreno: il respiro le si fermava in gola per la fretta di parlare nel freddo.
“Sei stata bravissima” concluse per lei Teddy, porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
“Vero? Mi merito un premio di sicuro!” Vic ancora rideva.
“Ho io un premio per te” disse Teddy, chinandosi a raccogliere entrambe le scope.
La ragazza si fece più attenta e il suo sguardo divenne curioso. “Davvero? E che premio è?”
Divertito, Teddy sorrise sornione. “Vieni, è un segreto”. E così dicendo si avviarono verso l’entrata del castello.

 

***

 

“Hai proprio ragione, Lupin, sono buonissimi!” La voce di Vic era impastata dai biscotti che Teddy le aveva appena offerto. Erano seduti per terra, sul mucchietto di mantelli, sciarpe e berretti, in un anfratto del castello, un passaggio di quelli nascosti alla vista dei corridoi principali, vicino alla sala grande. Davanti a loro una scatola per alimenti, con una decina di biscotti grandi quanto un pugno. “Scusa! Non dovrei parlare con la bocca piena… Ma non ho resistito!” La mano della ragazza corse a coprirle la bocca e si pulì le labbra con le dita.

 

“I tuoi capelli sono strani…” disse il ragazzo, guardandola in modo curioso. Era il modo più innocente per dirle che era bellissima.
Vic rise, passandosi la mano libera sulla testa e rispose divertita: “Ah, i miei sono strani?” A quelle parole Teddy sentì i capelli colorarsi e poteva immaginare benissimo che colore avessero assunto: ma perché non arrossiva discretamente come le persone normali?

 

Vic spalancò gli occhi nel momento in cui la testa del ragazzo dall’azzurro passò a un rosato ombrato. “Non avevo mai visto mentre cambiavi il colore dei capelli, è stupefacente!” Teddy alzò le spalle e, probabilmente imbarazzato, guardò da un’altra parte. Che ingrata che era! Lui l’aveva aiutata e lei lo stava prendendo in giro.
“Scusa. I miei capelli sono strani davvero: si illuminano quando qualcosa di molto bello mi emoziona. Mamma dice che può essere perché abbiamo sangue Veela. Succede anche a mia zia Gabrielle.”
“Davvero?” La voce di Teddy divenne incredula e soprattutto lui non doveva più sentirsi in imbarazzo. Vic annuì. “Anche i miei lo fanno da soli, a volte…”
Vic si avvicinò a lui e gli strinse una mano affettuosamente. “Penso che l’emozione di riuscire a volare mi sia rimasta addosso. E questi favolosi biscotti mi hanno fatto provare una sensazione molto simile”.
“I biscotti di mia madre ti fanno questo effetto?”
“I biscotti… di chi?” Vic pensava di aver capito male.
“Mia madre… Dora come ne parla nonna Meda o Tonks come quando Harry e Ginny mi raccontano qualcosa di lei. Mia nonna dice che quando era incinta mangiava praticamente solo questi…” La voce del ragazzo si fece malinconica mentre osservava un grosso biscotto rotondo ricoperto di gocce di cioccolato. “Quando mi sento triste li mangio per tirarmi su, quando sono malinconico e non ho voglia di stare con nessuno, li spezzo e li mangio lentamente e quando sono contento li sgranocchio come se fossi un criceto. Mia nonna me ne manda una scatola ogni settimana”.
Oh! Ma quello era il suo premio, allora! “Mi sa che anche tu li mangi spesso… E perché li hai divisi con me?” Il sorriso che Teddy le fece, alzando le spalle, le fece arrossire le guance. “Allora grazie, Lupin. Grazie per avermi insegnato a volare e per avermi fatto assaggiare i tuoi biscotti segreti. Sono molto soddisfatta”.

 

Teddy si sforzò di non pensare alle sue parole, o anche soltanto al tono della sua voce, altrimenti gli avrebbero preso fuoco i capelli di sicuro, così si alzò e raccolse le sue cose. “Mica sai volare perché lo hai fatto una volta. Dovrai continuare ad allenarti, se vuoi migliorare”.

 

Vic, quando lo vide alzarsi, lo copiò, preoccupata che se ne stesse andando. “Mi aiuterai anche domani, allora? Così non perdo l’allenamento…”
“Va bene. Ti aiuterò finché non sarai sicura di non averne più bisogno”. Vic, al suono di quella frase sperò che quel momento non venisse mai. “Ah, però: a una condizione”. Gli occhi della ragazza si chiusero un pochino, pronta alla fregatura: tutti volevano qualcosa indietro, nessuno che facesse qualcosa solo per gentilezza.
“E quale sarebbe?”
“Potrai mangiare ancora i miei biscotti premio solo se inizierai a chiamarmi per nome.”
Come? Come? Vic sospirò sollevata. “Ma ti chiamo già per nome!”

 

Ted raccolse la scatola da terra e la coprì, mentre faceva quell’assurda proposta. Ma quando lei gli diede quella risposta, voltò velocemente il viso verso la ragazza. “Mi chiami sempre Lupin. Solo quando ti sei resa conto di volare da sola mi hai chiamato Teddy… Io…” Teddy si passò una mano fra i capelli quando si rese conto che stavano cambiando sfumatura. Sperò che lei non lo notasse: il grigio della tristezza non stava bene a nessuno.
“Ok, scusami. È che qui a scuola tutti ti chiamano così… Ti chiamerò per nome, promesso!” Per fortuna lei non dovette accorgersi di niente, visto che sorrideva ancora e non sembrava per niente turbata dalla sua richiesta, mentre alzava le spalle con una faccia sorpresa.
Teddy annuì e si voltò per andarsene. “Allora a domani?” chiese Vic, prima che lui fosse fuori dalla portata d’orecchio.
“Sì, stesso posto, stessa ora?”
“Stessi biscotti?” chiese Vic e tutti e due scoppiarono a ridere.

 

***

 

“Se vuoi, domani, iniziamo ad allenarci con il Quidditch. In che ruolo vorresti giocare?” Teddy fece la domanda a Vic in uno dei loro momenti-biscotti, come li chiamava lei. Era una settimana che si trovavano tutti i pomeriggi dopo le lezioni e ormai Vic stava sulla scopa come una sirena dentro l’acqua. Secondo Teddy, ora, potevano allargarsi e dedicarsi al Quidditch.
“Ruolo?” balbettò lei.
“Sì, il ruolo dei giocatori. Hai presente? In ogni squadra ci sono un cercatore, un portiere, tre cacciatori e due battitori. Tu a quale ruolo pensavi?”
“Io?”
Teddy questa volta si voltò verso di lei, un po’ sorpreso. “Quando hai fatto il provino per la squadra di Quidditch non avevi in mente nessun ruolo?”

 

Vic mandò giù il pezzo del suo biscotto e prese tempo. Era difficile rispondere a una domanda così semplice. Era difficile perché sarebbe stata una domanda lecita se lei avesse voluto fare veramente il provino per la squadra. Ed era una risposta difficile perché si sentiva una stupida e ammetterlo con Teddy l’avrebbe fatta sentire ancora più stupida. Cercò ancora di non rispondere e pensò a come deviare la domanda: prima di cena avrebbe chiesto un consulto a Mira e il giorno dopo avrebbe detto a Teddy qual era il ruolo in cui volesse giocare: sicuramente quello meno difficile da imparare. Oppure poteva interessarsi a quello più impegnativo così avrebbero fatto più lezioni insieme? Mmm, poteva essere un’idea. Victoire adorava quelle ore che passava con Teddy. Lui era carino ed era sempre gentile, l’aiutava senza essere saccente e non si arrabbiava mai. Anche una cosa difficile come volare sulla scopa, riusciva a renderla semplice e divertente.

 

Teddy aprì la bocca per farle un’altra domanda quando tutti e due si girarono verso la voce lagnosa di qualcuno che si lamentava: Nick-quasi-senza-testa, il fantasma di Hogwarts rimasto quasi decapitato, ma non del tutto, al momento della morte, brontolava volteggiando lungo il corridoio.
“Ehi, Nick, che succede?” gli chiese, attirando la sua attenzione.
Il fantasma volò verso di lui e, ciondolando la testa cercando di staccarla dal corpo, spiegò: “Ho provato di nuovo a entrare nella ‘Caccia dei Senzatesta’, ma senza una testa da usare per giocare, non mi vogliono. Secondo voi, se provassi con qualcosa di grosso, tipo un acido o una fiamma magica, riuscirei a staccarla? Al giorno d’oggi ci sono dei metodi nuovi che non c’erano una volta…”
Teddy e Vic si guardarono un po’ straniti. “Nick, forse dovresti provare un metodo meno pericoloso” propose la ragazza.
Il fantasma, però, sbuffò, come se lei non capisse quanto grave fosse la situazione. “Cosa vuoi che mi succeda, ragazzina? Sono già morto!” Teddy si strozzò con il succo di zucca che Vic aveva inziato a portare ai loro incontri e tossì più volte, tanto che lei dovette dargli un colpo con la mano aperta sulla schiena. “Visto che hai fatto? A momenti il tuo ragazzo muore. Ehi, vado a prendere un’ascia e gli stacchiamo la testa? Così posso presentarlo a quelli della Caccia! Magari mi prendono lo stesso se porto qualcuno!”
Nick iniziò a volteggiare, in una tipica, secondo lui, danza di vittoria per l’idea che aveva appena avuto.

 

Victoire continuò a massaggiare, senza rendersene conto, la schiena di Teddy e rise quando vide il fantasma volare a destra e a sinistra.
“Invece di uccidere Teddy, perché non cerchi qualcuno che è già morto ed è stato decapitato? Potrebbe prestarti la sua testa!”
Nick sbuffò e si fermò davanti a loro. “Ma secondo te, non ho già fatto questo ragionamento? Chi vuoi che lasci a me la sua testa se può giocarci lui?”
“Qualcuno il cui corpo è immobilizzato da qualche parte, forse? Avevo letto di una signora decapitata in poltrona dal marito tanti anni fa e lei per fargli dispetto è rimasta seduta lì, nel soggiorno, per sempre. Forse c’è ancora adesso. La sua testa magari ha voglia di farsi un giro. Prova a cercarla. Non ricordo il nome, ma era del nord della Normandia, in Francia, magari se vai a dare un’occhiata, potresti trovarla.”
Nick spalancò gli occhi e annuì: la sua testa cadde più volte mentre lui la ritirava su. Disse che aveva da fare e sparì nel pavimento.
Quando Teddy rise, Victoire si girò verso di lui.

 

“Perché ridi?” gli chiese lei. Teddy non riusciva a crederci: era riuscita ad averla vinta con un fantasma. Con Nick-quasi-senza-testa.
“Sei stata forte.”
In quel momento la testa di Nick comparve dal pavimento, così come poco prima era sparita. “Nick!” gridò Vic, che si spaventò.
“Volevo ringraziarti per l’idea, ragazzina, e darti una notizia che non sa nessuno…” Tutti e due i ragazzi aspettarono che il fantasma si voltasse a destra e a sinistra, assicurandosi che non ci fosse nessuno e continuò a parlare. “ La preside McGranitt ha deciso di organizzare una festa per il mio complemorte. Beh, lei l’ha chiamato “Ballo di Halloween”, ma sappiamo tutti che alla fine è stata organizzata per me, quindi non so perché dargli un altro nome…”
“Un ballo di Halloween?” Gli occhi di Vic si illuminarono quasi quanto i suoi capelli una settimana prima.
La testa di Nick scomparve di nuovo e loro rimasero soli un’altra volta.

 

“Un ballo!” Vic sospirò estasiata. Ci sarebbe stato un ballo. Il ragazzo accanto a lei non disse niente e diede un morso a un altro biscotto. Chissà come sarebbe stato ballare con Teddy. Lui era più alto di lei e aveva le spalle larghe. Per un attimo desiderò appoggiare le mani sul suo petto e sentirsi stringere fra le sue braccia. Sarebbe stato bello come lo immaginava? Chissà se anche lui stava pensando che sarebbe stato bello ballare insieme. Chissà se per un attimo gli fosse passato per la testa di chiederle di andarci insieme…
“Allora? Per quale ruolo volevi fare il provino?” La sua voce, invece, la riportò al presente e anche nella più totale vergogna.
“Non mi interessa il Quiddicth” ammise, quando non seppe più che pesci prendere.
“Come? E perché volevi fare i provini, se non ti interessa il Quidditch?”
Victoire abbassò lo sguardo perché non riusciva più a reggere il confronto con i suoi occhi.

 

E lì Teddy capì. Merlino, che stupido che era! A lei piaceva quell’idiota di Towler! O forse no? “L’hai fatto per far colpo su Towler?” Incapace di non chiedere, Teddy mise un po’ troppo disgusto nella sua domanda. Ma perché? Perché lei voleva stare con uno come lui? Perché le belle stanno sempre con i belli, Teddy, ecco perché.
Victoire non rispose, ma la sua testa fece un lento su e giù di affermazione e poi si alzò e scappò via. Bravo, Teddy. L’hai anche fatta scappare. Ti sei giocato anche solo quella probabilità su un milione che avresti potuto avere di chiederle di andare al ballo insieme.

 

***

“Vic!”
Teddy non era riuscito a non chiamarla. Nonostante Towler, nonostante Harry, nonostante tutto. Voleva chiederle di andare al ballo di Halloween insieme. Da quando la McGranitt lo aveva ufficialmente annunciato, tutta la scuola aveva iniziato a bisbigliare su inviti e ragazze. Teddy non aveva invitato nessuno. Perché all’unica ragazza a cui avrebbe voluto chiederlo, piaceva un altro. E lui non era tanto sicuro di fare la cosa giusta. Ma quando l’aveva vista passare da sola per il corridoio che portava alla biblioteca non aveva resistito e l’aveva chiamata, per farla girare.

Dai, dai, Teddy Lupin, puoi farcela, puoi farcela. Andrà bene, andrà bene.
Teddy si ripeté quelle parole come un mantra, cercando di infondersi coraggio e di darsi un tono, poi, lentamente si avvicinò a Victoire.

 

Quando si era sentita chiamare, Vic si era girata velocemente, perché aveva riconosciuto la voce del ragazzo.
Lei e Teddy si erano visti altre due volte, dopo quella volta che lui l’aveva smascherata e, nonostante fosse sempre stato gentile, Vic aveva capito che le cose fra loro erano cambiate.
“Teddy!” Gli sorrise mentre lo guardava avvicinarsi e quando le fu davanti, non riuscì a non essere contenta: aveva la netta sensazione che lui le avrebbe chiesto di andare al ballo insieme.
“Sai, stavo pensando che volevo… dirti una cosa… chiederti una cosa…” La voce del ragazzo era a tratti balbettante e insicura e lui sembrava piuttosto agitato. Vic si meravigliò della cosa. Perché era nervoso? Non voleva allora invitarla? Cosa doveva dirle?

 

Teddy si intartagliò più volte, ma poi rimase zitto e sospirò. Quando si fece forza, pronto a invitarla al ballo, un gruppetto di ragazzine Grifondoro dei primi anni arrivò di corsa e circondò Victoire che le guardò un po’ stranita.
“Vic, Vic!” la chiamarono, da un lato all’altro del gruppetto. Una ragazzina con gli occhiali saltellava attaccata al suo braccio, mentre un’altra ragazzina, con i capelli rossi, che Teddy riconobbe vagamente come un’altra Weasley, non riusciva a non ridacchiare con la mano davanti alla bocca.

 

“Molly, che succede?” chiese Vic alla cugina, cercando di non perdere il controllo della situazione e che Teddy se ne andasse.
“Darden Towler vuole chiederti di andare al ballo con lui!” squittì lei, iniziando a saltellare sul posto, subito imitata dalle altre.
Come? A lei? Darden voleva chiederlo proprio a lei? Con tutte le ragazze che c’erano nella scuola, perché proprio a lei? Una settimana prima si era fermato a chiacchierare con lei in sala comune, ma Vic non era stata particolarmente colpita da lui. “Eccolo, eccolo, arriva!” Christina Smool, del secondo anno, indicò un lato del corridoio. Vic alzò lo sguardo e vide arrivare verso di lei il capitano del Grifondoro. No, no, cavolo, non in quel momento! Teddy stava per chiederglielo, ne era sicura!
“Cosa volevi chiedermi, Teddy?” gli chiese, ignorando il ragazzo che stava arrivando carico di sorrisi e del suo egocentrismo, un po’ nervosa per la situazione.

 

Teddy, che stava guardando il corridoio, tornò a guardare Victoire e si passò una mano fra i capelli. Perché rendersi ridicoli e sentirsi rifiutati? A lei piaceva quel troll che stava per invitarla al ballo, mentre lui, Teddy, era solo l’amico di famiglia, il ragazzino bruttino e sfigato che fa da sfondo. No, non si sarebbe fatto dire di no.
“Volevo farti sapere che Nick ha poi trovato una testa per partecipare alla Caccia dei senzatesta” disse, tutto di un fiato.

 

“Come?” chiese Vic, incredula, pensando di aver capito male. Doveva per forza aver capito male. Oppure era uno scherzo. Non poteva averla fermata per dirle quella cosa lì.
“Nick ha trovato…” Vic sbuffò.
“Sì, vabbè, ma volevi dirmi solo questo?” La ragazza era stranita e si stava innervosendo. Non voleva invitarla, allora?

 

Teddy si sentì di troppo. Aveva la sensazione che lei gli stesse mettendo fretta perché stava arrivando il coglione di Towler. Decise di accontentarla.
“Sì, pensavo volessi saperlo. Non dovevo dirti nient’altro” mentì con un orgoglio che gli avrebbe invidiato anche Godric Grifondoro in persona.

 

Vic annuì tristemente e poi abbassò lo sguardo perché lui non vedesse che aveva le lacrime agli occhi. Non voleva invitarla. Non voleva stare con lei. Voleva solo dirle di Nick.
Lentamente si girò verso Darden che ormai si era fatto più vicino. Aveva rifiutato due inviti perché pensava di andarci con Teddy, ma in quel momento aveva capito che, se non poteva andarci con lui, tanto valeva andarci con chiunque. Anche con Darden. Quando Teddy si allontanò di qualche passo lei lo osservò con la coda dell’occhio: avrebbe voluto fermarlo, prenderlo per le spalle e scrollarlo forte. Ma poi, avrebbe avuto senso? Era pieno di gente quel corridoio, davvero voleva fare la figura della povera ragazza che implorava il ragazzo di andare con lei al ballo? No. Non voleva. Non così. Allora lo guardò andare via e, quando svoltò verso un altro corridoio, sicura che lui non sarebbe tornato indietro, sorrise tristemente a Darden e aspettò di sentirlo fare la domanda.

 

***

 

“Harry! Harry, dove sei?” Ginny entrò nello studio del marito e lo vide, bello nel suo vestito elegante, leggere una pergamena, in piedi, vicino alla scrivania.
“Harry…” lo richiamò. Finalmente il marito alzò gli occhi su di lei: era pensieroso. “Harry, te lo dicevo che non dovevamo andare per forza… Non siamo obbligati, oggi per te…”

 

“Ginny, ho accettato io l’invito alla festa di Halloween del ministero, non preoccuparti”. Harry sorrise. Per lui il 31 di ottobre era una triste ricorrenza, infatti non avevano mai accettato l’invito del ministero. Fino a quell’anno. “E poi, Hermione aveva promesso ai bambini di portarli a fare dolcetto o scherzetto alla babbana, non potevamo dire di no…” Ginny si avvicinò a lui e sorrise. Sorrise di quel sorriso che aveva fatto innamorare Harry tanti anni prima e che gli faceva ancora battere il cuore.

 

“Possiamo stare a casa. Diremo che non mi sono sentita bene. Nessuno verrà a controllare se è vero o no. Non siamo obbligati…” Harry posò la pergamena sul tavolo e circondò la vita della moglie con le mani.
“Non te lo permetterò. Non usciamo mai da soli e stasera ne abbiamo l’occasione. E poi sei così bella…” La strinse e affondò il naso nei suoi capelli: adorava ancora il loro profumo, come a sedici anni.
“Mi sembravi pensieroso, però…”
“Mi ero scordato di leggere una lettera di Teddy. Ti ricordi la famosa ragazza dei biscotti? Quella che voleva invitare al ballo? Ecco, io gli ho detto di non farlo e…”
“Harry James Potter! Cosa hai detto a Teddy?”
Harry si passò una mano fra i capelli, nervoso. Stava iniziando a pensare di aver fatto una sciocchezza.
“È che quando ha detto che non era sicuro di volerlo fare io ho pensato che sarebbe stato meglio che lo fosse, prima di invitarla…”
“Ma Harry! Non è che non era sicuro di volerla invitare! Era insicuro sul fatto che lei avrebbe accettato o meno!”
Harry inclinò la testa di lato. “Dici?”

 

“Sì!” Ginny sospirò forte. Com’è che Harry sapeva immobilizzare i criminali prima che potessero smaterializzarsi, poteva fiutare pozioni illegali a miglia di distanza, riusciva a duellare e vincere con pochi colpi di bacchetta e poi quando si trattava di incoraggiare un diciassettenne a invitare una ragazza a un ballo, andava in confusione? Non si ricordava il panico che aveva preso lui e Ron per il ballo del ceppo? “Prendi il mantello, Harry, sbrigati. E la firebolt!”

 

Ginny aveva iniziato a girare per la casa radunando mantelli e bacchette. Harry la seguiva: non aveva ancora capito cosa stesse facendo. “La firebolt? Per cosa, Ginny?”
La moglie si voltò verso di lui giusto un secondo, prima di aprire lo sgabuzzino e infilarsi due bellissime scarpe con il tacco alto.

 

“Andiamo a Hogwarts. Dobbiamo parlare con Teddy.”
“Ah. E vuoi andarci con la Firebolt?” La fronte di Harry era curiosamente aggrottata.
Ginny rise. “No, tesoro. Ci materializziamo da Hannah, al pub a Hogsmeade, poi con la scopa raggiungiamo la scuola”.
“Ah. Stasera?”
“Sì. Non puoi dare consigli a casaccio a quel povero ragazzo. Deve ballare con la ragazza dei biscotti. Deve dirle quello che prova.”
“E se lei ci fosse andata con un altro?”
“Non sono di sicuro sposati, Harry. Deve provarci comunque. E se Teddy ha bisogno di sostegno per questo, noi andremo a darglielo” disse, porgendogli il mantello.

 

Harry guardò Ginny, carica e combattiva. Ma loro dovevano andare al ballo del ministero! Però, che Ginny volesse stare vicino a Teddy, gli ricordò perché fosse innamorato di lei.
“Va bene. Andiamo. Ma dopo, signora Potter, ballerà con me?”
Ginny sorrise e il mondo si fece un po’ meno buio. “Ballerò sempre con te, Harry”.

 

***

La sala grande, addobbata per Halloween, era bellissima. La penombra, data da un migliaio di candele magiche fluttuanti, era incantevole e le ragnatele che dondolavano come lenzuola stese al vento creavano un ambiente suggestivo. Al posto del tavolo da pranzo degli insegnanti c’era un piccolo palco e, su di esso, un’orchestra formata da scheletri magici riempiva l’aria di note struggenti e malinconiche, come il cigolio di vecchi cancelli e la riproduzione di urla di paura.
Vic rabbrividì nel suo abito sottile color carta da zucchero. Prese il braccio del suo accompagnatore e affrontò la sala gremita di gente. Darden aveva insistito per arrivare un po’ dopo gli altri, per fare un’entrata trionfale. Aveva usato proprio quelle parole.
Ma lei non era dell'umore adatto così, quando lui si unì ai suoi amici, lei si dileguò pensando di andare verso il tavolo dei beveraggi.b
“Amata sembrava più felice di te.”
Vic si voltò verso Mira che, ironicamente, la stava prendendo in giro, riferendosi a quando Amata, della famosa fiaba di Beda il Bardo, infelice per amore, aveva intrapreso il cammino verso la Fonte della Buona sorte.
“Spiritosa…”
“E il tuo cavaliere? Ti sembra più interessante in abito elegante? O è sempre lo stesso Troll? Non è che rimpiangi qualcun altro?” Mira aveva la vista lunga. Lo sapeva. Aveva capito dei suoi sentimenti per Teddy fin da subito. Vic Sospirò.
“Mira… Lo sai che…”
“E tu sai quello che penso io. Ma non voglio tediarti proprio stasera. Anzi, guarda, Micheal mi sta chiamando, vado a ballare. Ne parliamo dopo.”
Vic la salutò e Mira la guardò con compassione, prima di darle un bacio sulla guancia e andarsene. Rimasta sola, con un sospiro, Vic si voltò verso la fonte della sua, di cattiva sorte in amore: Darden. Il capitano stava scherzando con gli altri giocatori di Quidditch, che stavano schiamazzando ad alta voce, mentre una ragazza di Serpeverde, con un vestito che non lasciava niente all’immaginazione, passava loro davanti. Ma davvero era andata a quel ballo con uno che tentava di guardare nella scollatura di un’altra? Vic avrebbe voluto piangere.
Quando poi la ragazza si fermò al tavolo del buffet proprio vicino a Teddy Lupin a Vic si fermò il respiro. Lui era elegantissimo in un abito semplice e scuro. Sembrava più grande e la giacca gli faceva risaltare le spalle: era bellissimo. Quando la ragazza gli sorrise Vic pensò veramente che il suo cuore si spezzasse.

 

“Non voltarti, Lupin, c’è una ragazza che ti sta mangiando con gli occhi.”
Teddy si voltò verso la voce della Valsey, una ragazza del suo anno di Serpeverde. Aveva indosso un vestito con una scollatura così profonda che Teddy sentì freddo.
“Davvero? Ma non lo fanno tutte?” Lei rise e scosse la testa con malizia. “Perché ridi? Era una battuta stupida” le chiese.
La ragazza si avvicinò a lui e, con fare civettuolo, gli appoggiò la mano sul braccio. “Ci scommetti che se mi sorridi anche tu, riesco a rimediarti ben più di un ballo, stasera?” Teddy alzò un sopracciglio. Cosa stava dicendo? La Valsey indicò appena con la testa alla sua sinistra e il ragazzo voltò lo sguardo: vide Vic, nei panni di una bellissima sirena bionda in un abito azzurro intonato ai suoi occhi, osservarli con la bocca aperta.
Poi la ragazza verdeargento prese dalle mani di Teddy il bicchiere e si rivolse direttamente a Vic prima di andarsene: “Non consumarmelo, Weasley, se a fine serata sarà ancora libero, tornerò a riprenderlo”.

 

Vic si riscosse e guardò la ragazza andarsene sorridendo. Cosa aveva detto?
“Ciao” la salutò Teddy.
“Ciao…”
“Vuoi?” Il ragazzo le porse un bicchiere di punch e lei lo prese, ringraziandolo.
“Così, sei venuto con la Valsey? Sembra una ragazza molto…” Vic si interruppe quando non seppe trovare una parola gentile nei confronti di quella che stava considerando una rivale a tutti gli effetti e bevve un sorso di punch. “…Interessante. Una ragazza interessante. Sì…”

 

Teddy alzò un sopracciglio esattamente come un attimo prima, ma non disse a Victoire di non essere venuto con la Serpeverde. “E invece te? Sei riuscita a farti notare da Towler, a quanto pare. Gli hai fatto vedere come voli sulla scopa? O è più interessato ad altro?” La voce di Teddy trasudava molto fastidio e parecchia insoddisfazione, per non parlare di una buona dose di gelosia.

 

“Eh? Come?” Vic pensava di non aver sentito bene. “Darden è…” Si fermò di nuovo, ancora incapace di esprimere un pensiero positivo verso una persona che non le piaceva del tutto.
“Sai cosa penso io, del tuo ‘Darden’, Victoire? Penso che sia un coglione galattico. E anche tutto il suo clan. Non riesco proprio a capire come fai stare con un tipo così.”
Vic sentì una pugnalata al petto. Il disprezzo di Teddy era una doccia ghiacciata che fermava il sangue e impediva al cuore di battere. La risata di Darden, seguita da quella dei suoi amici fece voltare i due ragazzi: il gruppetto stava prendendo in giro un ragazzo del quinto anno che aveva un vestito troppo stretto.

 

“Troll.”
Teddy si allontanò velocemente da quella scena, troppo infastidito da tutto: era stata una cattiva idea andare a quel ballo. Proprio una cattiva idea. Uscì dalla sala grande, diretto verso le cucine, ma poi cambiò idea e si nascose in un anfratto quando vide altri ragazzi in vestito elegante tentare di raggiungere la sala grande.

 

***

 

“Buonasera, Minerva.”
Ginny entrò, insieme a Harry, nella sala grande e si affiancò alla preside. “Ginevra! Harry!” L’espressione della McGranitt era sorpresa, ma solo loro che la conoscevano da tanto, poterono cogliere la sua sfumatura. “È successo qualcosa? Perché siete qui?”
“Volevamo farvi una sorpresa” disse Harry, stringendole la mano per salutarla.
“E dobbiamo parlare con Teddy urgentemente” precisò Ginny, guardando la sala e scrutando fra i volti degli studenti.
“Teddy?” chiese la McGranitt guardando Harry. Lui alzò impercettibilmente le spalle, lasciando alla moglie quel compito.
La preside indicò una delle porte di uscita e disse: “È andato in quella direzione non molto tempo fa. Dovresti riuscire a raggiungerlo prima che arrivi alla sala comune dei Tassorosso”.
Ginny non se lo fece ripetere e velocemente prese la direzione indicata da Minerva.

 

Quando furono soli lei disse, sempre controllando gli studenti: “Ancora consigli amorosi, Harry?”
“Già, Minerva. Sembra che io sbagli sempre su questo argomento.”
Stranamente, ma forse perché era la notte di Halloween, la McGranitt rise. “Mi ricordo di quando Ronald Weasley ha quasi divorziato, l’altr’anno”.
“Non ho detto io a Ron dove portare Hermione per festeggiare l’anniversario!” La preside rivolse a Harry un’occhiata e lui, nonostante l’età, arrossì. “Vabbè, sì, l’ho fatto, e gli ho detto che sarebbe stato un po’ azzardato… ma ho anche precisato che se avesse fatto fare ai giocatori…” Minerva si voltò verso di lui alzando un sopraccigio e Harry dovette abbassare lo sguardo e ammettere: “Ok: sono un guaio a dare consigli amorosi…”
“Mr. Towler! Lasci stare immediatamente lo scheletro del signor Paganini!” La McGranitt si rivolse a uno studente e corse a sgridarlo, lasciando Harry solo.
Lui sospirò sollevato e si avvicinò al buffet.
“Harry Potter alla mia festa di complemorte!”
Harry si girò con un bicchiere in mano e vide Nick quasi-senza-testa andargli incontro con una testa fra le mani.
“Nick! Che piacere vederti!” esclamò Harry, sincero.
“Anche per me, Harry. Conosci Geraldine Moreau?” Nick allungò le mani per mostrargli un viso femminile e Harry si ritrovò un po’ impacciato. Come ci si rivolgeva solo a una testa?
“Piacere di fare la sua conoscenza, signor…a Moreau…”
“Oh, Harry Potter! Il piacere è mio, caro ragazzo”. Almeno la testa della signora sembrava contenta.
“Geraldine ha deciso di aiutarmi per entrare a far parte dei ‘Caccia senza testa’! Pensa che lei, poverina, ha solo la testa, il suo corpo non si muove dalla Francia e non vedeva l’ora di farsi un giro” spiegò, eccitato, Nick. “Anzi, cercavo la ragazza che mi ha consigliato di andare a cercarla, perché volevo ringraziarla. Tu l’hai vista?”
Harry alzò le spalle, sapeva che i fantasmi ragionavano un po’ strano, ma così era proprio difficile. “Non saprei: come si chiama?”
Nick volteggiò intorno e sbuffò, lanciando per aria la testa di Geraldine, che rise contenta. “Magari le porgerò i miei ringraziamenti domani” disse quando un gruppetto di ragazze passò loro accanto.
“Ottima idea, Nick.”
Harry alzò il bicchiere senza scomporsi e osservò la moglie uscire dalla sale grande e girare in uno dei corridoi.

 

Ginny aveva il passo veloce di chi non vuole perdere tempo e, appena uscita dalla sala grande inciampò in una ragazza seduta su un panchetto in corridoio. Si fermò quando la riconobbe.
“Vic! Tesoro, che è successo?” le chiese quando vide che stava piangendo.
“Zia Ginny! Oh, niente, niente…” rispose lei, asciugandosi gli occhi ma senza smettere di lacrimare. Ginny si sedette vicino a lei e le accarezzò la testa: i suoi bellissimi capelli biondi sembravano spenti, forse per via del buio del corridoio, ma a Ginny sembrarono quasi grigi.
“Sono sicura che non stai piangendo per niente. Ti va di raccontarmi cosa è successo?”
La ragazza scosse la testa. “Sono una stupida…”
“Sappiamo tutte e due che non è vero. Se stai piangendo per questo puoi smettere subito.” Le accarezzò ancora i capelli e la ragazza fece un sorriso triste.
“Sono venuta al ballo con uno che guarda un’altra ragazza.”
“Lo stupido è lui allora.”
“Io volevo venire con un altro…” Vic si soffiò il naso. Ginny le sorrise e le accarezzò una guancia.
“E perché non lo hai fatto?”
“Non me lo ha chiesto…” La ragazza alzò le spalle e sua zia sospirò.
“Dovevi chiederglielo tu.”
“Io?” Vic spalancò i suoi occhioni.
“Certo. Chi ha detto che non si può fare? Se vuoi qualcosa fai di tutto per averla. Oppure non lamentarti se non ce l’hai.”
“Dici?” Lo sguardo della ragazza si fece attento. Possibile che nessuno glielo avesse mai detto? Ginny sospirò.

 

Vic tirò su il collo e si mise dritta. Perché non aveva pensato a invitare lei Teddy? Perché? Perché aveva paura che le dicesse di no.
Zia Ginny si alzò e si scusò: “Devo andare a cercare Teddy, sembra che sia scappato fuori dalla sala grande e che abbia anche lui bisogno di qualche consiglio…”
Teddy? Teddy era scappato via? Quando? “Teddy?” riuscì a sussurrare.

 

“Sì… Teddy. Ti ricordi di Teddy, vero? Devi averlo incontrato almeno una volta alla Tana… Anche lui doveva invitare una ragazza ma…” Ginny si fermò quando vide i capelli di Victoire brillare.
“Teddy voleva invitare una ragazza?”
“Sì, una ragazza con cui ha passato del tempo, con cui mangiava…”
“I biscotti!” gridò Victoire, alzandosi in piedi e scappando via.
Ginny la guardò correre lungo il corridoio ed ebbe la sensazione di non dover più fare niente. Sorrise quando vide Harry raggiungerla in corridoio.

 

“Signora Potter! Ha risolto i problemi che il signor Potter ha combinato?” la salutò lui quando la raggiunse.
“Penso di sì… Le andrebbe di invitarmi a ballare signor Potter?”
“Non aspettavo altro, Ginny” disse lui avvicinandosi e stringendola a sé.

 

Vic non dovette correre a lungo per raggiungere il posto dove sapeva di trovare Teddy, era convinta che lui fosse lì, lì dove loro avevano mangiato biscotti dopo i loro allenamenti.
“Teddy!” gridò, trafelata, quando entrò nel nascondiglio.

 

Teddy si voltò, sorpreso, e vide la ragazza di cui era innamorato, con i capelli spettinati e il fiatone, che si appoggiava al muro con la mano e gli sorrideva.

“Vic… È successo qualcosa? Cosa…”
“Dimmi che volevi venire al ballo con me!” Come? I capelli di Teddy si tinsero del colore del cuore quando la sua mente dovette ammettere di essere stata scoperta.
“Io…”
“Io volevo che mi invitassi! Volevo ballare con te, volevo che…” Le parole di Vic si persero nell’aria mentre lui si avvicinava, sempre più sorpreso.
“Davvero?”
“Sì. Ti prego, adesso dimmi che lo volevi anche tu e che non sto facendo la figura della stupida…” La sua voce balbettò un pochino e a Teddy sembrò la cosa più tenera del mondo.
Si avvicinò a lei e le prese il volto fra le mani. Quando gli occhi di Vic brillarono e lei schiuse le labbra in un invito, Teddy non si fece pregare e si chinò su di lei.

 

Il bacio che si posò su di lei fece volare Vic per mondi e mondi, facendole vedere un arcobaleno di luci e colori mai visti prima. Quando Teddy aprì le labbra per assaggiarla lei non fece resistenza e lasciò che lui potesse fare del suo cuore quello che voleva, fidandosi completamente. Il suo petto si colmò di luce e lei seppe di non aver mai provato niente di simile.

 

Quando Vic si sciolse fra le sue braccia, Teddy pensò che il paradiso fosse una sensazione più che un luogo e si sentì in bilico fra l’essere emozionato e l’essere felicissimo.  Sentì il calore salirgli al viso e poi più su, ma questa volta si sentì completo, in pace e profondamente amato.

 

Ginny ballava stretta a Harry quando la luce rossa illuminò tutto il corridoio del pian terreno.
“Ma cosa sta succedendo?” chiese Harry, stranito.
Sua moglie sorrise. “Penso che sia tutta una questione di capelli!”


***La FanArt in alto non so di chi sia, a parte la firma, e mi dispiace perchè la trovo bellissima. L'ho trovata su pinterest.

***Storia vincitrice del contest di Harry Potter indetto su Wattpad e Ig da HPItalia.

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