Anime & Manga > Violet Evergarden
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Autore: LatazzadiTea    28/10/2020    8 recensioni
Dal testo: Violet era la persona più sola che avesse mai conosciuto, per questo andava protetta. Invece, accecato dalla propria arroganza Dietfried l'aveva presa e strappata alla sua terra, pagando quella scelta disumana con la vita dei suoi uomini. Così, comprendendo solo troppo tardi la gravità di quell'errore, al fratello non era rimasto altro che sbarazzarsene.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claudia Hodgins, Dietfried Bougainvillea, Gilbert Bougainvillea, Violet Evergarden
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Cap, 8
 

La tempesta - seconda parte.




Violet si svegliò di soprassalto a causa di un tuono: fuori, nubi scure e basse si muovevano velocemente nel cielo del tardo pomeriggio. Era affranta. Persino il tempo non era dell'umore giusto, si disse, alzandosi frettolosamente dal letto per chiudere le imposte prima che il vento le facesse sbattere.

Si era nuovamente addormentata per la stanchezza e la Signora Bougainvillea non l'aveva voluta disturbare? Era sicuramente così, pensò, indugiando alla finestra mentre un fulmine saettava poco lontano illuminando il panorama agreste. Quel lampo di luce e il potente fragore che ne seguì - così simile a un'esplosione - la fecero sussultare, facendo riemergere in lei il ricordo improvviso di Gilbert. Era come se il volto del Maggiore le fosse apparso in un sogno, visualizzandone l'espressione amareggiata come se c'è l'avesse proprio davanti agli occhi. Violet sentì la pioggia iniziare a battere insistentemente sui vetri mentre calde lacrime tornavano a rigarle il viso: avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo veramente rivedere in quel momento, allungando la mano verso quella figura sfuocata per poterla toccare.

"Maggiore...", mormorò, sfiorando il petto dell'uomo di fronte a lei.

La visione aveva le fattezze di Gilbert, ma non parlava. Solo avvicinandosi Violet intuì la verità, quel profumo era unico e inconfondibile. Abbracciare Dietfried durante il temporale fu' come respirare la brezza marina che soffiava dalla spiaggia in un giorno piovoso: la sua pelle era liscia e fresca adesso, ed aveva lo stesso odore dell'acqua che schiumando s'infrangeva sugli scogli. Aveva deciso di raggiungerla tenendosi in piedi a mala pena, col viso smunto e i lunghissimi capelli neri sciolti sulle spalle. Doveva aver pianto parecchio nella solitudine della sua camera da letto, concluse Violet, sostenendone il peso, ben sapendo che nessun'altra persona al mondo avrebbe potuto comprendere quello stato d'animo meglio di lei.

"Non sono lui, e non lo sarò mai!", gli sentì dire nel buio.

"Lo so questo...", rispose Violet, zittendolo con un bacio.

Sentirsi nuovamente posseduta da quelle labbra fu eccitante e terribile al tempo stesso, soprattutto quando la mano dell'uomo le risalì dai fianchi a lambirle prima la vita e poi la schiena. Una lunga e lenta carezza che ebbe sul suo corpo lo stesso effetto del vento su un incendio, pensò la ragazza. Non era stata solo disperazione, concluse: Dietfried era per lei ciò che lei era per Diefried, la sua unica e vera debolezza. Violet chiuse gli occhi e tutti quei desideri proibiti divennero realtà, mentre quella bocca così calda e assetata ricambiava la sua.

La verità era che aveva ritrovato la forza di reagire ai crudeli raggiri del destino solo grazie a lui; per merito di Dietfried era tornata a lottare, ma ancor di più, era tornata a sperare ancora.

D'altro canto, Dietfried era cambiato al punto da essere irriconoscibile, da sapere che un fiore non andava colto prima del tempo, ne estirpato. Bisognava prendersene cura per aiutarlo a sbocciare, conscio che quel compito non sarebbe dovuto toccare a lui ne a nessun altro che a Gilbert. Perché anche se l'aveva lasciata era stato lui a crescerla, proteggerla ed amarla durante la guerra. E non solo, persino dopo, osservandola da lontano giorno dopo giorno anche grazie a Hodgins e alla sua improbabile combriccola di postini, portapacchi e Bambole di scrittura automatica. Ma pur sapendolo, in quell'attimo Dietfried non riuscì a fermarsi, sperando che fosse lei a mettere fine a quella pazzia.

Per un momento si sentirono solo i loro respiri affannati nella stanza, poi, lo scricchiolio prodotto dalla porta che si apriva li fece trasalire entrambi, riportandoli alla realtà. Violet si staccò da Dietfried, irrigidendosi solo quando lui - giratosi verso quel rumore - alzò le braccia in segno di resa, proprio come si faceva quando qualcuno ti puntava addosso un'arma.

"Crepa, maledetto traditore!", aveva sibilato dopo una voce, prima che il click del cane di una pistola pronta a sparare la facesse scattare come automa verso l'aggressore, facendolo volare contro il muro della stanza.

Quando il suono di un colpo partito per sbaglio rimbombò tra le pareti, spezzando l'irreale silenzio che si era venuto a creare, Dietfried vide la sagoma del misterioso attentatore finire per terra dopo aver violentemente sbattuto contro la parete e una parte del mobilio. Temendo per l'incolumità di Violet si era lanciato verso il caminetto per afferrare l'attizzatoio e poterla difendere, cosa che si rivelò inutile dal momento che la ragazza aveva già pensato ad immobilizzare l'uomo spezzandogli un braccio. L'agghiacciante grido di dolore dell'attentatore doveva aver spaventato un secondo assalitore, perché Dietfried vide qualcuno correre attraverso il corridoio fin giù per le scale.

"Violet, c'è una pistola nel cassetto della mia scrivania! Va' a prenderla, corri!", le ordinò l'ufficiale, alzandosi a fatica dal pavimento dov'era crollato ferito.

La ragazza esitò per un secondo, la luce era tornata dopo un breve blackout della rete elettrica e quando la stanza s'illuminò di nuovo poté finalmente verificare quali fossero le reali condizioni di Dietfried. Il proiettile l'aveva preso solo di striscio, realizzò con un moto di sollievo, concentrandosi sul compito più importante che aveva in quel momento: arrivare allo studio e recuperare l'arma d'ordinanza del Capitano.

Una volta presa la pistola dal cassetto dov'era custodita Violet si fiondò al piano inferiore, dove nel più totale sgomento urtò il Sig.Hodgins che al contrario saliva. Scoprendo così come l'ex tenente colonnello dell'esercito era intervenuto mettendo in fuga tutti gli aggressori, allarmandosi dopo essersi imbattuto in un paio di loro proprio fuori dalla casa. Anche il secondo uomo entrato nella Villa col primo attentatore era riuscito a scappare, abbandonando il compagno durante la concitata fuga da Hodgins che nel frattempo gli aveva sparato, riuscendo probabilmente a colpirlo.

"Chi è? L'avete interrogato?", chiese Violet, incapace di calmarsi.

"Un rivoluzionario Gardarik suppongo, visto che da quando gli hai spezzato il braccio non fa altro che imprecare in quella stramaledetta lingua!", le rispose contrariato Claudia.

"Un rivoluzionario? E perché una persona del genere dovrebbe avercela col Capitano?", obbiettò Violet profondamente turbata.

Hodgins sembrò sul punto di arrendersi, quando ad un passo dal rivelarle tutta la verità Dietfried lo fulminò con lo sguardo.

"Credo sia a causa delle mie ricerche perché vedi, devo aver alzato parecchia polvere durante le mie ricerche sul loro territorio...", s'inventò Dietfried, improvvisando.

"Quell'uomo l'ha chiamata traditore, non sono stupida! La smetta di mentirmi, la prego...", lo supplicò Violet, ormai al culmine della sopportazione.

Avrebbe tanto voluto insistere, ma di fronte a quell'espressione così profondamente colpevole, lei si sentì morire. Che stava succedendo? Perché sia il Capitano che il Sig.Hodgins le stavano mentendo? E quanto era implicato Dietfried in quelle bugie?

"Vieni cara, sei troppo sconvolta adesso... Accompagnami alle cucine a prendere qualcosa di caldo, vuoi?", intervenne appena in tempo la Signora Bougainvillea, portandosi via Violet prima che potesse anche solo pensare di fare altre domande scomode al figlio.

"Vai! Io e il Sig.Hodgins abbiamo ancora qualcosa d'importante da discutere adesso...", le consigliò di fare Dietfried quasi si trattasse di un ordine.

Era accaduto sul serio, Dietfried Bougainvillea era nuovamente cambiato? C'era sempre una luce a illuminargli lo sguardo quando accadeva, qualcosa di molto simile a un lampo che gli balenava negli occhi finendo per incendiarli, aveva notato Violet. Un temporale poteva essere distruttivo, ma quasi sempre lavava via la polvere dalle cose, pensava Violet. Ed era quello che stava succedendo? Sentì la pioggia ricominciare a battere insistentemente sui vetri: avrebbe potuto dire qualsiasi cosa in quel momento, ma quegli occhi non mentivano. I dubbi che l'avevano assalita solo poche ore prima erano tornati a tormentarla non appena aveva udito quelle parole, sebbene il cuore avesse continuato a dirle di non ascoltarli. Restò in piedi a guardarlo con le mani in grembo per qualche istante, poi si decise a scendere con la Signora fino alle cucine: una buona tazza di tè caldo l'avrebbe senz'altro aiutata a schiarirsi le idee prima di affrontarlo.




"Cercavano Gilbert, non è così?", chiese Dietfried subito dopo, stringendosi il fianco con una smorfia di dolore.

"Sì, e sono preoccupato! Era così ansioso di rivederti e rincontrare Violet, mi aveva addirittura chiesto di mandarvi da lui...", ammise Hodgins, togliendosi il soprabito di dosso.

"Ansioso di rivederci, ma scherzi? Ci ha mentito per quattro anni!", sbottò innervosito Dietfried.

"E cos'altro avrebbe dovuto fare? Sappiamo tutti che gli avresti impedito di collaborare col governo solo per salvare Violet...", gli rispose Claudia, avvicinandosi a lui per controllargli la ferita.

"Cos'altro, dici? Chiedermi aiuto, forse? ", continuò Dietfried, digrignando i denti per la rabbia al pensiero di quanto Hodgins avesse ragione.

Gilbert non si era rivolto a lui sapendo che non lo avrebbe mai ascoltato? L'amore supponeva veramente questo, si domandò l'uomo, il completo sacrificio verso la persona amata? Un concetto a lui sconosciuto, qualcosa che non avrebbe mai potuto comprendere all'epoca, ammise. Dunque, Claudia aveva ragione: era veramente solo sua la colpa?

"Chiederti aiuto? Credi davvero che Gilbert pensasse di trovare un minimo di comprensione in te, in uno che è stato capace di strappare una bambina alla sua terra per fare di lei un'arma?", gli ricordò Hodgins, cercando di tamponare il sangue che dalla ferita gli colava sul pavimento attraverso i pantaloni.

"Quella bambina, come dici tu, al tempo uccise due dei miei uomini! Che altro avrei dovuto fare, eh? Violet era un'arma ancor prima di incontrarmi: la sua vita non ha mai contato nulla per nessuno, e tu lo sai benissimo questo!", rimbrottò Dietfried.

"Stai dicendo che era tutto calcolato, allora? Che sapevi cosa stavi facendo, quando decidesti di liberarti di lei per affidarla a Gilbet?", chiese Hodgins, ancor più sconvolto di quanto avrebbe dovuto essere.

"E vuoi condannarmi anche per questo? Per aver sempre e solo pensato al benessere di quello stupido idealista di mio fratello?", tuonò l'ufficiale, sul punto di esplodere.

Dietfried era ancora profondamente arrabbiato con Gilbert, era evidente. Aveva sempre e solo cercato di difenderlo, anche se nel modo più sbagliato possibile e questo Claudia lo sapeva. Infatti, non osò replicare a quelle parole, limitandosi a chiarire un particolare che probabilmente all'altro era sfuggito.

"Gilbert non ha salvato Violet in nome dei suoi ideali, l'ha fatto per amore. Lo stesso amore che anche tu nutrivi per lui, sebbene tu abbia finito per agire con una bassezza tale da risultare del tutto ingiustificabile!", asserì Hodgins.

Dietfried rimase un attimo in silenzio, questa volta Claudia aveva colpito nel segno. Non aveva mai provato vergogna per ciò che aveva fatto in passato mentre ora, non solo il petto gli bruciava, ma al solo pensiero aveva la nausea.

"Qualunque cosa si pensasse di me o delle mie deprecabili azioni, era e resta irrilevante. L'unica cosa che volevo era salvare mio fratello, non importava come o chi dovessi calpestare per questo...", ammise tristemente Dietfried.

"In particolare Violet, vero? Non posso credere che la odiassi al punto da volerla vedere morta... Era solo una bimba sperduta, avresti dovuto aiutarla invece di trascinarla all'inferno!", replicò disgustato Hodgins.

"È vero, l'ho usata! E con ciò? Dopo l'assassinio dei miei marinai pensai anche di eliminarla, ma dopo averla vista in azione scelsi di non farlo, affiaccandola a Gilbert per proteggerlo... Lo ripeto, avrei fatto qualsiasi cosa per lui, è così difficile da comprendere?", ribadì l'ufficiale ancora una volta.

Dopo quella terrificante conversazione Dietfried si alzò dalla poltrona dov'era sprofondato, aggrappandosi con forza alla propria scrivania per non cadere. Anche se lo ripugnava, pensava sul serio ciò che aveva detto. Era consapevole di aver permesso alla guerra di strappargli via il cuore, anche se temeva di averne ancora un pezzettino a languirgli da qualche parte nel petto. Lo stesso pezzetto che avrebbe voluto avvizzisse piuttosto che sentirlo battere ancora, crescendogli dentro come un cancro giorno dopo giorno, a tormentarlo col suo rumore forte e regolare. Di nuovo e poi ancora, sempre di più, fino a dolere e riempirgli gli occhi di tutte le lacrime che non era mai riuscito a versare. Ed era Violet la sola e unica responsabile di tutto questo. Sempre lei, che malgrado tutto ancora sorrideva. Che aveva deciso di vivere e per questo ancora respirava quando tutti i suoi detrattori, ormai morti e sepolti, pagavano lo scotto delle loro azioni marcendo sotto terra. Era sempre stata questa la sua forza: la sua ferrea volontà. Quella di una bambina abbandonata, rapita e gettata nel fango dall'arroganza da gente come lui, che a dispetto di tutto aveva trovato nell'affetto sincero di un estraneo la voglia di rinascere e cambiare ancora.

Vedendolo così pentito e oppresso, Hodgins evitò di saltargli al collo malgrado sentisse il sangue ribollirgli nelle vene. Per quanto terribile fosse, la visione di Dietfried aveva perfettamente senso anche per lui, che aveva ucciso in guerra senza mai farsi domande sull'identità del nemico a cui aveva appena tolto la vita. Perciò, sebbene avesse imparato ad amare Violet come una figlia, chi era lui per giudicare? Poteva disprezzarlo per ciò che aveva fatto in passato, ma allora anche lui, alla stregua di tutti gli altri avrebbe potuto fare lo stesso, arrivò a concludere Hodgins.

"Dove si nascondeva Gilbert, lo sai?", volle sapere poi Dietfried, cambiando discorso.

"Sull'isola delle rose di vostro padre... ", gli rivelò Claudia, vedendolo improvvisamente sbiancare.

"Chiamo l'Ammiragliato! Tu avverti Violet e mia madre: dobbiamo muoverci...", lo incoraggiò a fare l'ufficiale, rabbuiandosi all'improvviso.

Dietfried si apprestava a telefonare e Hodgins a lasciare lo studio quando vennero nuovamente spaventati da un rumore fortissimo proveniente dall'esterno della stanza, era stato un fracasso pauroso, tanto da spingerli ad armarsi di nuovo. Solo dopo essersi preparati a sparare ancora spalancarono la porta con un calcio, rendendosi conto di ciò che era veramente accaduto fuori dello studio. Infatti, seppur allarmati, fu solo Violet che videro in piedi di fronte a loro. La ragazza doveva averli sentiti parlare, e in preda alla confusione doveva aver lasciato cadere il vassoio che generalmente teneva saldamente in mano, a terra.

La giovane Bambola di scrittura automatica che tutti stimavano e conoscevano si era tramutata in un essere sgomento e tremante dinnanzi a loro. Violet era rimasta pietrificata dopo aver ascoltato quella conversazione, al punto da sembrare irriconoscibile ai due uomini che la fissavano non sapendo che fare. C'era voluto un attimo per distruggere completamente il suo mondo, lo stesso ch'era bastato a mandare in frantumi la preziosa teiera che aveva lasciato cadere sul pavimento del corridoio, con tutto il resto del raffinato servizio di porcellana che si portava appresso.

"Violet, che stai facendo? Da quanto sei qui?" le domandò mortificato Hodgins.

Quando la ragazza non rispose e furono i suoi occhi a farlo per lei, Dietfried si sentì sprofondare. L'uomo e Hodgins non avevano potuto far altro che inseguirla giù per le scale, chiamandola più volte dopo averla vista scomparire definitivamente all'esterno del portico ancora battuto e inondato di pioggia. Solo a quel punto erano precipitati nell'angoscia più totale, anche se a passarsela peggio in quel momento sembrava essere proprio il navigato Capitano. Per una ragione che Claudia non riusciva a spiegarsi Dietfried pareva sinceramente addolorato per Violet, e questo malgrado le atrocità che gli aveva appena sentito uscire dalla bocca. Com'era possibile che ora se ne stesse sotto quel nubifragio a disperarsi e preoccuparsi per lei? La lacerazione provocata dal colpo di pistola non era grave, ma avrebbe dovuto fargli ancora un male insopportabile. Possibile che non sentisse più niente? Doveva essere stata una massiccia scarica di adrenalina a permettergli di stare ancora in piedi, si disse Claudia. Un meccanismo che Hodgins conosceva molto bene visto quello che aveva passato in guerra, e a guardarlo, era probabile che Dietfried si trovasse proprio in quella condizione adesso. E questo solo perché temeva per Violet, pensando che fosse realmente in pericolo?

"Tu cercala sul retro e nei giardini, io vado al lago!" gli aveva perentoriamente ordinato l'uomo, probabilmente intuendo dove si potesse trovare la giovane in quel momento.

A quel punto Hodgins non aveva recriminato, soffermandosi su quel bizzarro comportamento che niente aveva di logico a parer suo. Per fortuna non dovette attendere molto per avere un chiarimento, perché fu proprio la Signora Bougainvillea a fornirgli involontariamente le risposte che cercava.

"È inutile andarla a cercare: Violet è corsa verso il lago, e con mio figlio alle calcagna non potrebbe essere più al sicuro, mi creda...", tentò di tranquillizzarlo la donna.

"Al sicuro, con Dietfried?", obbiettò Claudia.

Fu lo spiazzante sorriso apparso improvvisamente sul volto dell'anziana a farlo ricredere. Dunque, ci aveva visto giusto, fra quell'uomo spaventoso e la piccola Violet stava realmente accadendo qualcosa. Ma cosa? Non poté fare a meno di chiedersi Claudia, rientrando in casa al seguito della Signora Bougainvillea. Dopo di che le sedette accanto, proprio sotto suo invito, domandandosi il perché della strana calma mostrata dalla donna vista la situazione.

"Prenda, immagino che ne avrà bisogno visto quello che sto' per dirle...", aggiunse l'anziana madre di Dietfried e Gilbert.

Hodgins accettò di buon grado il bicchiere colmo di liquore all'arancia e caramello offertogli dalla donna, con la netta sensazione che qualcos'altro stesse per accadere, e che, per quella serata, le sorprese non fossero finite.

 
   
 
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