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Autore: Evil_eyes    28/10/2020    1 recensioni
Sbarco su questo fandom con una semplice fanfiction angst McGee-Gibbs, la migliore coppia padre figlio che si sia mai vista in una serie tv. Spero che apprezziate!
p.s. adoro le recensioni, anche se negative, mi migliorano la giornata!
Genere: Angst, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs, Timothy McGee
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cold
 
Ci fu un lieve gemito dal corpo al centro della stanza. Gibbs si guardò preoccupato alle spalle, fermandosi nel tentativo di tirarli fuori da quel seminterrato. Un terremoto. Un dannatissimo terremoto gli aveva sepolti vivi in un seminterrato nel bel mezzo della campagna americana. Quanto potevano essere sfortunati? Almeno il tremito era cessato. Non era sicuro se questo significasse che era finita o se ci sarebbero state altre scosse di assestamento, ma stava approfittando del relativo silenzio, della calma, per cercare di spostare alcune macerie lontano dal luogo che, secondo lui, poteva essere una vaga via d’uscita.

“Papà?” La voce era confusa e quasi incomprensibile.

Gibbs si voltò e incontrò un paio di occhi lucidi di febbre. Sospirò. Questa era la terza volta che Tim si svegliava in questo stato confuso e delirante, pensando che il suo capo fosse qualcun altro. Come suo padre.

“No, McGee. Sono io, Gibbs, il tuo capo” Ormai era rassegnato, Tim si sarebbe addormentato ancora e poi si sarebbe risvegliato, facendogli la stessa domanda.

“Ho freddo.”

“Hai la febbre.” Tim lo guardò senza capire.

“No, ho freddo.”

“Sì, McGee. Hai la febbre e sei sdraiato su un pavimento di cemento.” Gibbs guardo di nuovo Tim.

“Torna a dormire, non è ancora ora di andare.”

“Non mi lascerai fare tardi, vero?” Chiese.

“No, certo che non lo farò.”

“Questo test è molto importante, papà.”

“Lo so, McGee. Per questo devi andare a dormire, altrimenti non sarai pronto.”

Le palpebre di Tim si abbassarono e fu di nuovo fuori. In realtà non può essere chiamato sonno. Era più altro attacco di incoscienza. Gibbs aveva fatto il meglio che poteva, ma con una sola coperta mangiata dalle tarme per tenere lontano il freddo dal pavimento, non c’era molto altro che potesse fare per mettere Tim a suo agio oltre a farlo uscire da lì. Ancora una volta, si maledisse per aver fatto sì che il suo agente più giovane fosse lì.
Quando erano entrati due giorni prima, Tim era già pallido e tremante, ma tutto quello che gli disse fu di stringere i denti e fare l’uomo. Fare l’uomo.

“Capo, davvero non mi sento bene.”

“Non mi importa se stai morendo, McGee. Abbiamo del lavoro da fare, Tony e Ziva stanno arrivando con tutto il necessario. Dobbiamo elaborare la scena prima che arrivino.”


E Tim, da bravo agente quale era, venne. Il terremoto li aveva colti completamente di sorpresa. Al primo tremito, Gibbs lo aveva spinto di corsa verso il seminterrato dove c’erano, fortunatamente, solide fondamenta. Quando il tetto era crollato, erano quasi scesi dalle scale. Entrambi erano stati abbattuti dalla caduta di detriti, ma il vero danno era stato fatto quando l’intero secondo piano era crollato sulle loro teste, chiudendo l’unica via di scampo e spellando Tim tra le macerie.
Ora, aveva la febbre alte per qualsiasi malattia avesse contratto prima e gravi lacerazione alle gambe e alla schiena. Presi separatamente, nessuno dei due era pericoloso per la vita, ma considerando lo stato generale del suo ragazzo, era preoccupato.

Tim gemette di nuovo mentre cercava di cambiare posizione. Gibbs di voltò di nuovo verso di lui e si accovacciò per esaminare il suo agente. Una mano sulla fronte del ragazzo confermò la continua febbre, ma almeno l’emorragia si era fermata.

McGee rabbrividì e aprì gli occhi.

“Capo?” Beh, almeno era un miglioramento.

“Sì, McGee.”

“Cos’è successo?”

“Un terremoto.”

“Ow, veramente?” Sembrava vagamente seccato.

“Perché siamo qui?”

“A causa del terremoto.”

“Sì e-?” Chiese, guardandosi attorno con sguardo vacuo.

“Torna a dormire, McGee.”

“Va bene.” I suoi occhi si chiusero prontamente. Il più vecchio sospirò e tornò alle macerie. Potrebbe essere una causa senza speranza, ma aveva sempre creduto che ci fosse stata un minima percentuale di vittoria in ogni sconfitta. Ci lavorò per un’altra ora prima che Tim si svegliasse di nuovo.

“No!” Scattò a sedere, la fronte coperta di sudore.

“No cosa, McGee?”

“No, signore!” Gridò e salutò saltando in piedi, dimenticandosi delle ferite.

“McGee, perché non ti rilassi un po’? Ehm?” Prese con calma le spalle del ragazzo, trascinandolo a terra quando il suo corpo cominciò ad ondeggiare e le sue gambe a cedere.

“Cosa devo fare signore?”

“Nulla McGee, e non chiamarmi signore.” Gli occhi di Tim erano a pezzi e Gibbs era sicuro che non riuscisse a vederlo, a capire che ci fosse anche lui sedutogli accanto.

“Si, signore! No, signore! Non lo dirò a nessuno, signore!”

“Dire cosa McGee?”

Spostò lo sguardo rovente sull’altro uomo, le pupille dilatate e iniettate di sangue.

Tremava incontrollabilmente.

“N-non ho visto nulla!” Distolse lo sguardo, fissandolo in uno degli angoli vuoti. “No… non lo dirò a nessuno… per favore… non devi farlo…” Ansimò. “Lo prometto! Non lo dirò a nessuno!”

Strinse forte le spalle del ragazzo e lo scosse gentilmente.

“Tim? Tim? Non è reale, Tim è solo un incubo.” Tim lo guardò di nuovo.

“Non ho visto niente. Lo prometto. Non ho visto nessuno. Per favore, non farmi ancora male!”

Ancora? “Non lo farò ragazzo, sono io, Gibbs.”

Lacrime scesero dagli occhi del giovane, che svenne prontamente in avanti, tra le braccia del suo capo, che lo prese e lo strinse a sé, conscio dei violenti tremori. Si tolse la giacca, attento a non ferire il ragazzo, e l’avvolse attorno al suo agente tremante, rimettendolo poi sulla coperta.

“Ti porterò fuori di qui, Tim.” Spazzolò le dita tra i suoi capelli umidi e pieni di polvere. Sorrise quando il viso dell’agente divenne più sereno. Tornò alle macerie, ma è stato in grado di lavorarci solo per pochi minuti quando una scosso di assestamento colpì la casa. Lo scuotimento fu forte quasi quanto il primo e Gibbs si precipitò da Tim, proteggendolo da altri possibili detriti.

Con suo enorme sollievo il soffitto resse la forza della scossa e le macerie al piano superiore.

Guardò in basso, Tim era più pallido di prima.

Doveva sbrigarsi.
 
-NCIS-

“Papà… mi dispiace…” La voce di Tim era gracchiante nel silenzio della stanza.

“Non sono tuo padre, McGee.”

“So che avrei dovuto reagire…”

Gibbs si girò verso il ragazzo; “reagire a che cosa, McGee?”

“Mi hanno fatto male…” Ovviamente stava riempiendo solo la sua parte di conversazione e ancora una volta la voce di Gibbs non lo raggiunse.

“Ti hanno fatto del male? Chi? Chi ti ha fatto del male, Tim?”

“Non è nulla, è solo una distorsione. L’hanno solo leggermente piegato… ma fa ancora così male…” Si cullo il braccio al petto, e sospiro addolorato, come se il dolore fosse ancora lì.

“Tim chi è stato?”

“Gli stupidi atleti… non mi vogliono lasciare in pace…”

“Hai ragione, non imparano mai.”

“Sono un metro e ottanta non ci dovrei più stare negli armadietti.”

“No, sei grande adesso.”

Le lacrime gli riempirono gli occhi e tremò di nuovo. “Sono un tale codardo, perché non posso fare nulla per proteggermi? Hai ragione papà, non so fare niente…”

“No Tim, sei un bravo ragazzo, non permettere mai a nessuno di dirti certe assurdità.”

Tim rabbrividì di nuovo e chiuse gli occhi.

Gibbs si sedette con lui e gli diede una leggere carezza sulla spalla.
 
-NCIS-

La prossima volta che Tim si svegliò non fu così gentile.

“Perché ho così freddo?” Chiese, cercando di alzarsi, gli occhi lucidi ma il suo dolore molto più acuto. Parlava a denti stretti ma la sua voce era molto più confusa. Gibbs fu al suo fianco in un istante.

“Hai la febbre, McGee. Sei stato ferito e questo probabilmente non aiuta.”

“Dove siamo, capo?”

“Nel seminterrato della scena del crimine.”

Tim chiuse gli occhi e cercò di pensare. “C’è stato un terremoto?”

“Sì.”

“Sono rimasto intrappolato… al primo piano? O qualcosa del genere?”

“Tra le fondamenta, sono riuscito a tirarti fuori.”

“Ci stanno cercando?”

“Non lo so.”

Tim annuì ed emise un sospirò tremante. “Quanto male… quanto male sono ridotto?”

“Piuttosto male, McGee.”

“Sto per morire?” Suonò pietosamente spaventato.

“No, staremo bene”

“Davvero?”

Gibbs guardò il suo agente, che per la prima volta sembrava così piccolo e giovane.

“Sì davvero Tim” Appoggiò una mano sulla fronte del ragazzo, sentendola troppo calda e secca. Tim annuì, gli occhi pieni di lacrime.

“Non morirai, McGee. Non pensarlo neanche un secondo, anzi nemmeno per un secondo, okay?”

“Va bene, capo.”

“Okay.”

“Sono stanco.”

“Allora torna a dormire.”

“Va bene, capo.” Tim chiuse obbediente gli occhi, ma questa volta ci volle più tempo per tornare alla sua febbrile incoscienza. Gibbs si sedette accanto a lui finché il suo respiro non si calmò.
 
-NCIS-

“NO! Non posso farlo! No!” Tim biascicò, agitandosi sul posto.

“Tim?”

“No papà, non posso farlo…”

“Non sono tuo padre, Tim” Cercò di calmarlo, ma non ebbe molta fortuna.

“Che sciocco che sono, non dovrei fidarmi di loro…”

“Fidarti di chi?” Gibbs lo guardò e vide i suoi occhi guizzare avanti e indietro, ma probabilmente non vedeva molto.
Il suo tremito era molto più pronunciato di prima.

“Papà… non avrei nemmeno dovuto dire di sì… non ho alcuna prova contro di loro…”

“Prova contro chi?”

“Non posso fare nulla senza prove! Nessuno mi crederebbe…”

“Tim, riesci a dirmi di cosa stai parlando?” McGee continuava ad ignorarlo, o forse proprio non lo sentiva, e questo fece preoccupare Gibbs.

“Parlare con l’NCIS? Sei pazzo? Ah, sì giusto, dovrei mettermi in ridicolo davanti alla mia futura squadra…” Gibbs si fece più vicino la mano appoggiata al collo del ragazzo.

“L’agente DiNozzo non è mio amico papà… e il mio capo non tollera i piagnucoloni.” Si ruppe in un attacco di tosse, facendolo tremare come una foglia. Le lacrime scesero dai suoi occhi e bagnarono la coperta, “sembro così patetico.”

“Tim…” Si allungò gentilmente, spostando la sua mano dal collo alla fronte, ma l’agente si scostò di scatto, gemendo di dolore.

“No, nulla avrebbe funzionato… né i raggi X né la cartella clinica…”

“Non lo avrei fatto, McGee” Disse Gibbs a bassa voce.

“Qualunque cose fosse, non lo avrei fatto. Ti sarei stato accanto.”

“Mi dispiace.” In un attimo gli occhi di Tim rotolarono all’interno del suo cranio, cominciando a tremare e ad ansimare.

“O mio Dio.” Gibbs lasciò andare il suo agente, il corpo del ragazzo che tremava violentemente, i suoi muscoli che si tendevano e flettevano senza il suo consenso.

“Andiamo McGee, dai…” Gli prese la mano e la tenne stretta tra le sue. Aspettò pochi istanti, il corpo di Tim finalmente si rilassò, liberando un sospiro debole.

“Andrà tutto bene, Tim.” Gli accarezzò i ciuffi spettinati e sudati, lasciando che la sua preoccupazione fluisse fuori dal suo corpo. “Andrà tutto bene.”
 
-NCIS-

“Asp…” Ansimò.

Gibbs si alzò a sedere di scatto, dormiva con un occhio aperto, preoccupato che il suo agente avesse un altro attacco.

“Aspetta…”

“Tim?”

“Papà?”

Non avrebbe più potuto dirgli di no.

“Sì, Timmy sono qui.”

“Papà…” piagnucolò, allungando una mano tremante, che venne subito presa in una stretta calda e rassicurante.

“Stai bene adesso Timmy.”

“Non volevano fermarsi…”

“Lo so.”

“Ma ho combattuto…”

“Lo so, ragazzo mio.”

“Fa male, papà…”

“Passerà, dormi ancora un po’.” 

“Sarai qui?” la voce più tremante del suo corpo.

“Sì, sarò proprio qui.”

 
-NCIS-

“No, sto bene papà…”

“Non ne dubito, Tim”

“Non chiamare la mamma.”

“No, non la chiamo.”

“Buono.”
 
-NCIS-

Gibbs quasi non ci credette. La fresca aria gli sfiatò in volto e la luce della luna illuminò la stanza.
Voleva piangere di gioia.

“Tim?” Corse al fianco dell’agente ma quello che trovò lo fece crollare come un castello di carte.
Il corpo di Timothy McGee era grigio, quasi trasparente, il volto rilassato e i capelli spettinati.
Ma non respirava.

“Tim?” Scosse il corpo del giovane, poggiando l’orecchio sul suo petto, sentendo il suo cuore battere lentamente e dolorosamente.

“No…” Prese il volto di Tim tra le suo mani, rabbrividendo alla freddezza della sua pelle, “no no no…”

Con ancora una mano appoggiata alla guancia di McGee prese il suo telefono, chiamando il 9-1-1. Cercò di trascinare il corpo, quasi morente, del suo agente verso l’apertura e quando una voce rispose alla sua chiamata pianse.

“9-1-1 qual’è l’emergenza?”

“S-siamo intrappolati nel seminterrato della casa all’indirizzo Bentley…” Asserì, tremando. “Il mio agente è a terra, è stato sotterrato sotto delle macerie, ma era già malato e ora non si sta svegliando…”

“Okay signor…”

“Gibbs… Leroy Jethro Gibbs, siamo agenti dell’NCIS lui…” fece un respiro profondo per riprendere il controllo di sé.

“Respira a fatica e la sua pelle è grigia, credo che stia morendo.”

“Okay signore, ora faccia tutto quello che le dico. Chiaro?”

“Sì.”

“Okay, lo faccia rotolare su un fianco, metta giù il telefono se serve, ma mantenga il viva voce, un’ambulanza sarà lì tra dieci minuti.”

“Va bene.” Con delicatezza fece scivolare l’agente sul fianco destro, proprio difronte a lui.

“Okay, ora?”

“Adesso mantenga una mano sul suo collo o sul suo polso, deve poter sentire chiaramente il battito cardiaco. Se si ferma deve cominciare le compressioni, sa come si fanno?”

“Sì.”

“Ottimo agente Gibbs, lei è ferito?”

“No, solo stanco.”

“Okay, l’ambulanza è quasi lì.”

“Sì…” il suono delle sirene riempì la stanza. “Riesco a sentirla.”

“Va bene.”

“Grazie…”

“Kelly, mi chiamo Kelly.”

“Grazie Kelly.”

E riattaccò.
 
-NCIS-

Il viaggio fino all’ospedale fu una delle corse peggiori della sua vita. Il cuore di McGee si fermò a cinque minuti dall’ospedale, facendo si che gli dessero il massaggio cardiaco, e mentre Gibbs li seguiva, le gambe tremanti e lo sguardo selvaggio nei suoi occhi, qualcuno lo fermò.

“Non può andare oltre signore.”

“No, lei non capisce lui… lui non ha nessun altro.” Cercò di superare l’infermiera ma una voce lo fermò.

“Capo?” Tony. Anthony DiNozzo era proprio davanti a lui, cerchi scuri sotto agli occhi, l’aria stanca e incredula.

“C-capo? È… è morto?” Tony tremò, le lacrime che minacciavano di scendere dai suoi occhi, le labbra tremanti.

“No, starà bene.” Gli prese le spalle, forse aveva stretto un po’ troppo, ma non gli importava davvero in quel momento.

“Davvero?”

E in attimo era di nuovo in quel seminterrato, la vita del suo agente che si deteriorava ad un ritmo ingiustamente veloce, la paura di non poter uscire per salvarlo.

“No…” Ammise e si sedette quando le sue gambe non ressero più il suo peso. Tony si accasciò accanto a lui, le gambe che ballavano del nervoso.

“Vieni qui.”

“Cosa?”

“Vieni qui Tony. Sei esausto e sembra che tu stia per crollare da un momento all’altro.” Mosse la mano per indicare la sedia affianco a lui vuota. Tony lo fissò per qualche secondo, gli occhi che non mantenevano il focus, ma alla fine cedette e si sgretolò sulla spalla del suo capo.

“Andrà tutto bene, Tony. Lo prometto.”
 
-fin- 


Angolo della mezza autrice.

Salve! Sono nuova da queste parte e ho deciso di pubblicare il mio primo (anche se non è davvero il primo) lavoro su questo fandom. Come tutte le psycho del genere ho un debole per McGee e credo che non ci siano abbastanza Hurt/Confort o Angst con lui da queste parti. Spero che vi sia piaciuto, se sì lasciate una recensione (sono aperta anche a spunti futuri o prompt se ne avete).

A presto,
Evil_eyes.
   
 
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