Fanfic su artisti musicali > Beatles
Ricorda la storia  |      
Autore: alyeskaa    29/10/2020    1 recensioni
Il primo e l'ultimo incontro tra John Lennon e Paul McCartney.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimers: non scrivo a scopro di lucro, non intendo offendere nessuno. Gli avvenimenti narrati sono frutto di fantasia. I Beatles non mi appartengono, non me li porto a letto- purtroppo- e insomma tutte queste cose. Tutti i brani citati appartengono a chi ne detiene i diritti. 




In spite of all the danger. 


6 Luglio 1957.


Non capitavano spesso a Liverpool giornate soleggiate come quella. Il sole che filtrava piano i suoi raggi dava l'impressione di essere in qualsiasi luogo tropicale, distante chilometri o anni luce dal piccolo centro abitato.
L'asfalto su cui Paul muoveva i suoi passi, leggero, sembrava riflettere questa luce, sembrava bruciare piano. E convinceva Paul, sempre più, che quella giornata aveva in serbo qualcosa di speciale per lui, qualcosa fuori dal comune, ma che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
Nell'aria calda di quel luglio, Paul veniva involontariamente trasportato da note.  Note che sembravano viaggiare ad una velocità diversa da quella del suono, note che erano calibrate sul battito del suo cuore. Come se qualcuno, in qualche angolo del mondo, avesse composto una canzone per lui, e gli stesse tendendo la mano, incitandolo a seguirla. Paul si abbandonava completamente a quella melodia che pensava esistesse solo nella sua immaginazione, finché non la udì, forte e chiara.
Chiara come la voce che intonava le parole che lo stavano colpendo in quel punto indefinito dove la musica riesce a raggiungerci, ed emozionarci, e che comunemente identifichiamo con cuore. Ma era qualcosa in più: quella musica toccava qualcosa di profondissimo, nella sua anima, nel suo stesso essere, persona e artista, poeta e animale, in un movimento ipnotico di spirito.
Ne era attratto, e non poteva farne a meno. Era esattamente questa la sensazione che percepiva su ogni centimetro della sua pelle: non poterne fare a meno. Di quella musica, di quella voce, di quelle parole...
Si era trovato nel quartiere di Woolton per puro caso, ma in certe situazioni, come si può parlare di casualità? Paul non riusciva proprio a banalizzare un evento del genere, a credere che non fosse stato scritto- dalle Parche, da qualche divinità- un destino in cui lui capitava esattamente lì, in quel luogo e in quell'istante, con quella musica di sottofondo per i suoi pensieri, che piano piano, piano piano, prendeva il sopravvento su qualsiasi cosa. Quella musica che era diventata un tutto per Paul , l'unica cosa udibile, l'unica cosa percepibile, una parvenza di verità in questa caotica esistenza.
E quella voce, indefinibile, concreta, vicina. Mai udita, eppure nota a qualche parte di sè.

In spite of all the danger
In spite of all that may be
I'll do anything for you
Anything you want me to

La camicia a quadri, il pantalone scuro, e la chitarra stretta in mano, come un'arma, l'arma della sua rivoluzione, della sua rivolta, sempre cauta, sempre posata, calcolata, musicata. E mentre intonava queste parole, per un attimo, a Paul sembrava che il ragazzo lo fissasse negli occhi intensamente, e lo invitasse a seguirlo in qualche avventura, di cui lui aveva paura e dalla quale, allo stesso tempo, era terribilmente attratto.
Il piccolo palco allestito in occasione della raccolta fondi era in realtà gremito di gente. In quel momento la piccola band studentesca si stava esibendo, c'erano ragazzi e ragazzini, e ancor di più c'erano adulti e passanti e persone che sembravano provenire da ogni dove. Ma per Paul in realtà non c'era nessuno, non propriamente; nessuno oltre quel cantante, che lo fissava negli occhi con aria di sfida e gli rivelava che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui. E Paul, senza conoscere il suo nome, senza conoscere la sua identità, iniziava già a chiedersi se per lui fosse lo stesso. E soprattutto, quando sarebbe arrivata questa risposta.
Restò quasi immobile ad ascoltare il breve repertorio dei Quarrymen. Ogni canzone aveva la sua bellezza, anche se non era pensata, anche se era improvvisata da giovani ragazzi che avevano solo voglia di mangiare il mondo. Non poteva farne a meno, era quello il posto in cui avvertiva la necessità di essere.
Il cantante scendeva dal palco, barcollando, visibilmente ubriaco. L'incantesimo stava per spezzarsi. Cos'era stato tutto quello? Un attimo di pura follia di Paul? Un momento di disperata ricerca? La fine, o solo l'inizio di qualcosa?
Doveva necessariamente aprire quella porta della sua esistenza, ovunque l'avrebbe condotto il sentiero. Come diceva la canzone, nonostante tutti i terremoti.
Gli andò incontro, accelerando il passo man mano che avanzava, fino ad essergli abbastanza vicino da urlargli: "Ehi tu!"
Quello si girava, confuso. "Ce l'hai con me?"
Paul aveva quasi il fiatone quando si fermò. Sentì tutti i muscoli del suo corpo rilassarsi, quasi come se avesse raggiunto un punto fisso, quel punto di non ritorno, tanto agognato, dal quale si diramavano un'infinità di strade, tutte percorribili. Lo fissava con quei suoi occhi quasi da bambino, come si erano fissati prima, uno sul palco e l'altro giù, con la musica a connetterli. "Ho adorato la canzone."
"La canzone?" tra l'ubriachezza e l'iniziale diffidenza, era impossibile capire quale fosse il vero tono usato dal cantante in quel momento di sconcerto.
"Anything you want me to... If you'll be true to me" canticchiava Paul, con la sua voce angelica.
L'altro sorrise. Afferrò una birra, vi tolse il tappo con una naturalezza impressionate e sempre sorridendo si voltò, sorseggiando e camminando, piano. Paul per un attimo ebbe il terrore che se ne stesse andando, per piantarlo lì in asso, per lasciarlo solo con tutte le emozioni che gli stavano esplodendo in petto. Ma era un attimo, nulla più. Poco dopo, arrivò la consapevolezza- forte, radicata in ogni fibra del suo cuore- che doveva seguirlo, senza bisogno di parole- non quelle umane, per lo meno.
"Così, ti è piaciuta la mia canzone". Paul già adorava il modo in cui pronunciava le parole, quel mia, come se fosse più di qualcosa che lui aveva scritto, e cantato: come se fosse una parte di sè.
"Di più."
"Di più? L'hai amata? L'hai lasciata entrare dentro di te?" Poi ridacchiava. Prendeva un altro sorso dalla sua bottiglia, e si stropicciava gli occhi. "Perdonami, sono perso. "
Passeggiavano attorno la cattedrale, con il sottofondo di una musica sconosciuta, del chiacchiericcio della gente, dei loro passi e dei loro cuori che si sintonizzavano.
"Lo siamo tutti, no?"
Alzava lo sguardo per scrutare i suoi occhi angelici. Quel ragazzino che gli si presentava così, con piccole pretese e grandi parole, che era lì a ricordargli la condizione umana.
"Cazzo." E ridacchiava ancora. "Io sono John."
"Paul."
"Paul. Significa allo stesso tempo piccolo e raro. Ti rappresenta. "
"Non lo sapevo."
"Che ti rappresentasse?"
"Tutto." E dopo una piccola pausa: "Cosa significa John?"
"Grazia. O cose del genere. Roba biblica, sai."
Camminando erano tornati dietro il palco. John si sedeva a terra, e Paul lo seguiva, incrociando le gambe.
"Quindi, " esordiva il cantante, sfilando un pacchetto di sigarette dalla tasca e porgendone una all'altro. "ti piace la mia canzone, e ti piace la musica?"
Mentre si accendeva la sigaretta, Paul rispondeva: "Ti piace respirare?"
John si affogò con il fumo, per ridere. Ci furono attimi di silenzio, che pensò bene di riempire raccogliendo da terra la chitarra e strimpellando accordi senza alcun fine.
E poi, all'improvviso, posava di nuovo gli occhi sull'altro, e con la sua sincerità disarmante, gli chiedeva:" Cantami qualcosa."
"Come?"
"Cantami qualcosa. Qualcosa che ti piace. Qualcosa che ami." Ancora lì, quel suo modo di pronunciare le parole.
Paul afferrava la chitarra, incerto. "OOh, well, I got a girl with a record machine, when it comes to rockin' she's the queen..."
Quella canzone lo stava trasportando, e per un attimo dimenticò tutto. Sentiva solo la musica, musica che veniva da lui, ma contemporaneamente da qualche grado superiore dell'esistenza. E ancor di più udiva la voce di John, che si stava sovrapponendo alla sua, accompagnandola, accarezzandola. Quella voce che lo aveva attratto così tanto, che lo aveva portato in quel luogo, quell'attimo incantato, inspiegabile.

I said, baby you might sweet
But I'm in bed with the achin' feet
This went on for a couple of days
But I couldn't stay away

C'era qualcosa di terribilmente giusto in tutto quello, qualcosa che funzionava alla perfezione, un dualismo così forte che li univa. Concludevano quasi urlando, all'unisono, I'm too tired to rock, mentre Paul continuava a muovere veloce le dita sulle corde della chitarra.
C'era qualcosa di magico in quel momento, tra i loro sorrisi, i loro sguardi. Si sentivano legati, l'uno all'altro, di quei legami che riescono a travalicare tempo e spazio, ed il modo in cui guardiamo al mondo.
"Sei mancino". Asseriva.
"Terribilmente"
Ancora risate.
John lo fissava negli occhi con un'intensità che metteva quasi i brividi. "Di cosa hai bisogno?"
C'era qualcosa in quella domanda- qualcosa di etereo, inafferrabile, ineluttabile. Andava oltre.  Paul si trovava senza parole, senza voce, senza appigli. Restarono in quell'attimo  per un tempo che gli parve infinito.
E poi, come se nulla fosse, John allungò le mani per riprendersi la chitarra, dicendo:" Hai bisogno di una band, piccolo raro Paul. E io ne ho una. E tu ci sei. "
Paul sorrideva. Aveva bisogno di così tante cose, ma soprattutto, aveva bisogno di questo. Non sapeva ancora cosa fosse, non esistevano ancora parole per descriverlo, ma ne aveva bisogno. Non poteva farne a meno.
Vedeva il sole calare lento, all'orizzonte. Il fumo si alzava dall'ennesima sigaretta che John si era accesso. Il chiacchiericcio e la musica si facevano sempre più fievoli, lontani. Paul aveva quasi paura, e si voltava verso John. Guardava la sua sagoma, in controluce, contornata dai colori del tramonto, e sapeva che qualcosa era terminato in quel momento, ma che allo stesso tempo stava iniziando, stava iniziando e non sarebbe mai finita.
 
 


 
 
 
9 dicembre 1980.

Paul metteva giù la cornetta, cauto. In quel momento, non era neppure certo di esistere. Trovava una grandissima difficoltà a respirare. Non riusciva a smettere di sentire quelle parole, in loop nella sua mente, e allo stesso modo non poteva capacitarsene. In quella mattina nuvolosa di dicembre, il sole basso all'orizzonte nascosto dalla nebbia, che non era in grado di illuminare una singola cosa.
Non era quello il modo per iniziare quella giornata. Non lo era per iniziarne nessuna, in verità. Non poteva essere, semplicemente. Si sentiva così pieno e così vuoto in quel momento, le informazioni che si sovrapponevano senza un senso nei suoi pensieri.

New York
Pistola
Ieri
Morto

Non poteva accettarlo. Non poteva credere che John avesse smesso di esistere, da un momento all'altro. Era uno shock troppo grande: lo aveva portato in un punto, un punto di non ritorno. Da quel momento in poi buio, da quel momento in poi rabbia, e frustrazione.
Sentiva le gambe deboli, tremanti, che non rispondevano ai suoi comandi. Fece appena in tempo ad afferrare una matita e un pezzo di carta, prima di crollare a terra. La schiena poggiata contro il muro, gli occhi umidi di lacrime, le gambe incrociate- si mise a scrivere.

Caro John,
sono seduto sul pavimento freddo della mia casa, che mi sembra vuota e solitaria in questo preciso momento. Sono seduto qui a gambe incrociate come lo sono stato con te, tante volte e su tanti altri pavimenti, sempre con un foglio e una matita in mano, sempre a scrivere qualcosa, con te, a te.

Il foglio si riempiva di sentimenti, di lacrime, e scarabocchi. Ma non gli importava; non poteva fare a meno di continuare.

Più di tutto, mi viene in mente quel giorno soleggiato di luglio in cui eravamo seduti esattamente così, nelle luci del tramonto, a cantare' Twenty Flight Clock', e a creare qualcosa. Abbiamo creato qualcosa quel giorno, John, qualcosa di immenso. Qualcosa che non sento finire oggi, anzi, oggi ancor di più sento che non finirà mai.

Eppure, quanto darei per tornare a quel momento. Attimi di assoluta spensieratezza, eppure pieni di musica, di poesia, di quelle sincronicità meravigliose del fato che ci hanno portato esattamente dove dovevamo essere. Ci siamo resi gli uomini che siamo, uno con l'altro. E fa rabbia pensare che oggi le cose non sono come lo erano quel luglio, ossia che semplicemente non sono come dovrebbero essere.

Non doveva andare così. Non riesco a smettere di dirmelo. E non riesco a concepire che esista una versione della vita in cui le cose sono esattamente così, e io non posso cambiarle. Posso solo rifugiarmi in quel ricordo di noi, così vivido in me, che non svanirà mai.

Ti ho amato tanto John, nonostante tutti i pericoli, nonostante tutti i terremoti. Hai aperto una porta nella mia anima. Da quel giorno, c'è sempre stato qualcosa di tremendamente differente nella mia vita. Non sto parlando "solo" dei Beatles, di quello che abbiamo creato, di ciò che siamo diventati. Sto parlando di tutto ciò che va oltre l'umana esperienza, l'umana comprensione. E oggi, forse, per la prima volta, riesco a metterlo a parole.

Non so perché non lo abbia mai fatto, o per lo meno non ci abbia neppure provato. Forse era la consapevolezza di qualcosa di troppo- indefinitamente troppo, non solo troppo grande, o troppo bello. Quel troppo che scuote, spaventa, meraviglia... tocca il sublime. Penso a tutte le canzoni che ho, ma soprattutto che abbiamo- le nostre quattro mani, quanto lavoravano terribilmente bene insieme- scritto nel corso della nostra esistenza. E mai una volta che io abbia provato a scrivere di questo.

Penso a quel tramonto, in un giorno come questo, in cui il sole non riesce neppure  a fare capolino tra le nuvole, e perfino il cielo sta per piangere una perdita così grande. Penso a quel tramonto e a tutto ciò che vi era al suo interno. Penso, ancor di più- ma la verità è che lo faccio spesso-, a quella domanda che mi porgesti. "Di cosa hai bisogno?"

Lo hai detto con una profondità nella voce, e nello sguardo, che mi ha lasciato senza fiato, senza parole. Per tanti anni mi sono sforzato di credere che, forse, volevi semplicemente invitarmi a far parte della tua band- volevi spingermi in quel processo creativo che siamo diventati. Ma oggi so per certo che non è così. Stavi porgendo quella domanda a qualche parte profonda della mia anima. L'ho raccolta, e finalmente, posso darti una risposta: ho bisogno di te. Di tutte quelle parti che ti compongono, che nessuno vede, che ti hanno reso te, e mi hanno reso me. Non credo di poter esistere senza di te, e per questo non sono sicuro di starlo facendo adesso.

Mi sono sentito bloccato in quel momento, un attimo di tempo che mi è parso infinto. Credo di essere ancora lì- non so se sarò mai in grado di andarmene. Ma forse, va bene così.

Adesso chiudo gli occhi e ti vedo, la tua sagoma da ragazzino, mentre fumavi in quel tramonto, contornato dai suoi colori. Ho paura di toccare questa immagine, di sgualcirla, nella mia stessa mente. Preferisco averti così, come qualcosa che nessuno può togliermi, nessuno potrà mai. Sono il solo a possedere questa immagine, a possederla per sempre. Mi ci specchio e vedo riflesso me stesso, vedo quel tramonto che si prolunga oltre il tempo accanto a te. Ci vedo riflesso tutto il mio tempo da vivere, anni passati, anni futuri, quei pochi che ho vissuto perfino prima di conoscerti.  Credo di aver capito in quell'istante quanto ti amavo, come una parte di me. Quando mi sono voltato verso di te, ho compreso: saremmo stati sempre come in quel momento, uniti da qualcosa che è più forte del tempo, della vita, della morte, e della musica stessa.

Ci siamo incontrati- letteralmente, ci siamo trovati davanti-  in occasioni intellettualmente stimolanti per entrambi. Spero, con tutto il cuore, che potremmo incontrarci ancora.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Beatles / Vai alla pagina dell'autore: alyeskaa