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Autore: _Blumenonfire_    29/10/2020    3 recensioni
"You're facin' down a dark hall
I'll grab my light
And go with you"
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[E’ difficile quando il resto del mondo è oltre un vetro, non è vero?
E’ una domanda da cui entrambi gli Holmes cercherebbero di evadere.
Tu, indugiando troppo in quella carezza, diresti che è ancora più difficile quando anche il tuo unico simile passa dall’altra parte.]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mr Holmes, Mrs. Holmes, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"You're facin' down a dark hall
I'll grab my light
And go with you" *


 

 

Ricordi la prima volta in cui hai visto quei riccioli ribelli?
Avevi sette anni e sorvegliavi con circospezione il fagotto fra le braccia di Mamma, incerto su come comportarti ma attento a non lasciar trasparire i tuoi dubbi.
“Questo è Sherlock, tesoro” aveva detto lei accarezzando la guancia rosea del neonato con la punta del naso.
Papà era dietro, una mano solida poggiata sulla tua spalla. Si era chinato all’altezza del tuo viso e ti aveva chiesto se volessi tenerlo in braccio.
Avevi annuito senza staccare gli occhi da quelli cerulei di fronte a te, spalancati e curiosi, come se già volessero divorare ogni informazione del mondo.
L’avevi afferrato accertandoti di sostenerlo nel modo corretto, così come avevi imparato dai libri letti negli ultimi nove mesi, da quando Mamma e Papà avevano annunciato l’arrivo di un altro Holmes.
Sapevi che ci si aspettava collaborazione da parte tua, il tuo ruolo in famiglia era inevitabilmente cambiato e la cosa più logica da fare era calcolare la strategia migliore per minimizzare i rischi di questa novità.
Un compito che ti era risultato difficile, perché per quanto ti impegnassi non riuscivi a smettere di associare l’evento ad un fastidioso imprevisto.
Non avevi mai desiderato un fratello, eri a tuo agio nella solitudine, immerso nei tuoi studi e nella costruzione di un futuro glorioso.
Quale vantaggio avrebbe mai potuto portarti quel bambino, se non uno spreco di tempo e di risorse cognitive?
E poi c’erano preoccupazioni più nascoste, che non ti disturbavi di decodificare del tutto perché fuori dalla sfera della logica.
Cos’era quella sensazione pungente alla bocca dello stomaco che non ti lasciava dormire da giorni?
Ti ritrovavi a pensare a che tipo di persona sarebbe stato questo Sherlock, una volta cresciuto abbastanza.
Un blando idiota, come tutti.
O forse no?
E qui lo stomaco si aggrovigliava ancora di più, impedendoti di darti una risposta.
Eri già troppo intelligente per la tua età, ma ne eri talmente geloso da non poter nemmeno contemplare l’esistenza di una mente potenzialmente geniale quanto la tua.
In quel freddo mattino di gennaio, là dove i tuoi genitori vedevano un altro in cui riporre il loro amore, tu vedevi un rivale.

Eppure in quell’attimo, contro ogni aspettativa, quel dolce peso fra le braccia non aveva scatenato nausea e pensieri morbosi.
Sherlock, che non aveva smesso per un secondo di fissarti, si era messo ad agitare per aria la manina, a mo’ di saluto, per poi aggrapparsi con forza alla tua camicia.
Ti eri accorto di star tremando e, cercando la causa di quella reazione fuori contesto, ti eri reso conto che avevi paura di farlo cadere.
Per la prima volta nella tua vita ti preoccupavi di un altro essere umano.
Questa scoperta ti aveva emozionato più di qualunque altro esperimento scientifico mai condotto.
All’improvviso sapevi di voler essere la sua guida e che gli avresti insegnato a vedere il mondo come lo vedevi tu, svelandone i misteri e ripercorrendone le trame, così che nulla sarebbe mai stato frutto del caso, ma della vostra volontà.
Soprattutto sapevi che quella preoccupazione che avevi appena assaporato non ti avrebbe mai abbandonato, anzi sarebbe stata il combustibile per spingerti a fare di tutto per proteggerlo, impedirgli di provare dolore.
Avreste potuto conquistare il mondo, insieme.
Con lo sguardo gli sussurravi le tue promesse, sicuro che le stesse già comprendendo in qualche modo, e un sorriso non smetteva più di illuminarti.
Ci saresti sempre stato per Sherlock Holmes.

 

 

E così è stato.

Per ogni ferita, per ogni caduta, per ogni delusione, per ogni scatto d’ira, per ogni silenzio ermetico, tu eri lì.
L’hai preso per mano e l’hai accompagnato per tutti questi anni, senza mai pensare neppure per un attimo di andare via, nemmeno quando era lui stesso ad urlarti di farlo.
Sei sempre stato l’ombra che rimetteva insieme i pezzi quando Sherlock crollava, compiendo il tuo dovere in silenzio senza aspettarti niente in cambio.
Anche adesso sei qui, in una stanza d’ospedale anonima, dove quei capelli corvini non ornano più un viso rotondo di bambino, ma i tratti spigolosi di un giovane adulto, e dove gli stessi occhi che ti avevano fatto trattenere il fiato la prima volta che si erano posati su di te ora sono sofferenti e offuscati, seminascosti dalle palpebre livide.
Anche in questo stato terribile riesci a riconoscere il bambino allegro che scappava dalle tue lezioni per andare a giocare ai pirati.
Da quanto tempo non rievochi quei momenti?
Sherlock sta scivolando nel sonno e una smorfia amara si dipinge sul tuo volto.
In un gesto puerile, che assolutamente non ti caratterizza, gli sfiori con la punta delle dita la guancia ispida.
Un banale gesto d’affetto fraterno, ma è così raro che ci sia questo fra di voi.
Funzionano meglio le battutine taglienti e i silenzi ostinati, o forse questa è semplicemente l’unica forma di comunicazione che siete in grado di usare.
E’ difficile quando il resto del mondo è oltre un vetro, non è vero?
E’ una domanda da cui entrambi gli Holmes cercherebbero di evadere.
Tu, indugiando troppo in quella carezza, diresti che è ancora più difficile quando anche il tuo unico simile passa dall’altra parte.

Non sono un tossicodipendente, Mycroft. Sono un consumatore. Impara la differenza.

Eppure eccoci qui ancora una volta, pensi con un sospiro.
L’ennesima volta in cui nemmeno il tuo potere sconfinato ha potuto rompere le pareti per intervenire in tempo.
Può essere che il potere non basti, ma un pensiero del genere metterebbe in crisi tutto il tuo io, allora ritorni ai calcoli e pianifichi interventi, sorveglianze, valutazioni, e stavolta sei convinto che nulla possa andare storto.
Ma le promesse silenziose di trent’anni fa ti rimbombano nella testa con lo stesso rumore di chiodi in una scatola di latta ed è impossibile ascoltare a pieno la voce della ragione.
Quando ha iniziato ad allontanarsi da te?
Soprattutto, perché tu non l'hai impedito?
Avresti dovuto proteggerlo, Mycroft, e invece l’hai lasciato scappare via.
Hai fallito nel tuo compito e adesso è inevitabilmente ferito.
Vorresti poter entrare di nuovo nella sua mente e rimuovere il tessuto malato che lo sta mangiando vivo, ma hai ormai perso questo privilegio.
Vorresti riportarlo al sicuro accanto a te, ma più passa il tempo e più il vetro diventa un muro di cemento.
C’è davvero qualcosa che puoi fare a questo punto?

Sherlock trema leggermente e man mano che i minuti passano diventa sempre meno cosciente.
E’ già completamente addormentato quando decidi di andar via.
Sulla soglia getti un ultimo sguardo al corpo consumato sul letto.

“A domani, fratellino” e prima che le emozioni prendano del tutto il controllo sei già fuori.

 

 

 

 

Note

*da "My blood" dei Twenty One Pilots

Sono del tutto insicura di questa storia, ma ho deciso comunque di darle una possibiltà.

Dedicata a tutti quelli che hanno sussurrato promesse ai nuovi arrivati.

   
 
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