Anime & Manga > Yuri on Ice
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Autore: syila    31/10/2020    2 recensioni
“Che cosa vuoi Yuuri?” sibilò il russo stringendo i pugni “L'anno scorso ti avevo proposto di lavorare in società e tu hai rifiutato!”
“La tua offerta era inaccettabile.” rispose l'altro risentito “Trenta e Settanta non è una divisione equa, è un disonorevole ricatto!”
“Sono stato realista; la vostra fetta di mercato è piccola, limitata perlopiù ad asiatici e italiani, i Black Russian gestiscono i locali frequentati dagli americani.”
“Quindi pensavi che regalarmi le briciole dopo avermi portato a letto sarebbe bastato!”
Il sussurro era appena percettibile, ma tagliente come una lama e Victor si irrigidì.
“Quello non c'entrava niente con gli affari. E ti ricordo che sei stato tu a sparire il mattino dopo.”
“È stata la scelta giusta, a quanto pare preferisci la carne giovane...”
“Yura è un fatto personale allora! Una vendetta nei miei confronti!” a quel punto si girò a fronteggiarlo e incontrò il sorriso sornione del giapponese.
“È capitato al momento giusto, noi orientali lo definiamo Karma.”
|Seconda classificata al contest “Overly Specific Writing Prompts” indetto da fantaysytrash sul forum di EFP.|
Genere: Azione, Drammatico, Noir | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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"Scelgo gli amici per la loro bellezza,
i conoscenti per il loro buon carattere,
i nemici per la loro intelligenza".

Oscar Wilde


CAPITOLO I°

Sui marciapiedi di Adam Street i cumuli di neve resistevano tenaci addossati alle scale dei palazzi.
Era neve di città: pesante, bagnata e annerita dai fumi dello smog, ma a suo modo ingentiliva la durezza dell'asfalto e insieme alle prime luminarie, affacciate timidamente dalle vetrine dei negozi, suggeriva ai cittadini di Detroit l’approssimarsi del Natale.
L'ora tarda, il freddo e i piovaschi gelidi, che il vento rovesciava a suo capriccio sull'ampia arteria cittadina, l'avevano svuotata di traffico e pedoni, eppure una presenza procedeva spedita con l'aria di sapere bene dove andare, pur senza la necessità di arrivarvi troppo in fretta.
La visiera del cappello lasciava in ombra il suo volto e rendeva difficile determinarne l'età; la fluida sicurezza della camminata apparteneva ad un uomo, mentre il vistoso giubbotto da aviatore, lasciava supporre un ragazzo, affascinato, come tanti coetanei, dai reperti militari della Grande Guerra, specie se potevano essere indossati.
Giunta all'altezza di un garage-officina la figura rallentò il passo e parve esitare guardandosi attorno, poi scantonò decisa rasente muro e s'immerse nelle ombre dell'angusto vicolo che conduceva al retro dell'edifico.
L'unico lampione ancora funzionante rischiarava la facciata anteriore dell'officina senza illuminarla davvero, lasciando nell'oscurità il cortile e gli alti palazzi che lo delimitavano.
Era uno di quei posti da evitare di giorno, figurarsi in una sera da lupi come quella, a meno di avere degli affari loschi da concludere lontano da occhi indiscreti o non sapere a priori dove cercare.
Serviva infatti una vista acuta per individuare, tra le carcasse di auto arrugginite, una ripida scala che conduceva al seminterrato.
La figura iniziò a scenderla facendo gemere i gradini di ferro e una volta giunta davanti una porticina da cui sarebbe passata a malapena bussò sulla lamiera: tre colpi leggeri e ravvicinati, uno più pesante.
Lo spioncino si aprì e si chiuse quasi subito, seguito dal clangore metallico di un meccanismo sbloccato.
Qualcuno aveva lavorato molto per rendere sicuro il piccolo ingresso e il gorilla in giacca e cravatta che lo ostruiva con la sua mole stava lì a dimostrarlo.
“Sei in ritardo, lo Zar ha già chiesto di te.” grugnì in russo, incombendo sul nuovo arrivato come una montagna.
L’interpellato annuì tranquillo e rispose sollevando il pollice in su prima di proseguire lungo un corridoio di mattoni, illuminato da una fila di lampadine allacciate alla meno peggio all’impianto elettrico.
Il tragitto terminava davanti ad un altro portoncino rivestito di legno, dall'aspetto robusto, che lasciava trapelare un ritmo cadenzato e orecchiabile di musica da ballo.
La figura si prese il tempo di levare il berretto, ravviare i capelli e allentare le fibbie del giubbotto prima di bussare; stavolta il gorilla di guardia all'ingresso indossava uno smoking e un sorriso cerimonioso col quale lo invitò ad accomodarsi.
Alle sue spalle splendeva un alone lucente di fumo, improvvisazioni jazz e risate, che investì il nuovo arrivato lasciandolo vagamente stordito.
Al Black Russian c'era il pienone, come ogni fine settimana; i tavoli erano tutti occupati, la pista da ballo era un mare agitato di giovani coppie impegnate in un frenetico charleston, mentre i camerieri vorticavano ai suoi margini reggendo i vassoi pieni con la grazia spavalda degli equilibristi.
Individuare il tavolo giusto non fu questione di fortuna o di un occhio attento, lo “Zar” riservava alla sua corte il posto migliore, proprio sotto al palco dell'orchestra.
Appena si accorse di lui, un giovane uomo, alto e coi capelli così chiari da somigliare ad argento filato, si alzò e cominciò a chiamarlo a gran voce, poi gli andò incontro e lo spinse ad accomodarsi con alcune pacche sulle spalle.
“Ora che è arrivato Otabek siamo al completo, la riunione può cominciare!” annunciò ostentando un largo sorriso a cuore.
“Cazzo che palle, anche stasera dobbiamo parlare di lavoro, eravamo qui per divertirci!”
La delicata esternazione portò l'interesse dei presenti sull'autore, poco più di un ragazzo, che a sua volta dedicò un lungo sguardo di rimprovero all'ultimo arrivato, quasi fosse colpa sua se non potevano fare baldoria.
“Il nostro Tigrenok* è di pessimo umore stasera!” trillò la bella donna dai capelli rossi seduta accanto a lui, che lo avvolse in un abbraccio affettuoso, attirandolo pericolosamente vicino alla profonda scollatura del vestito.
Ignorando le proteste della sua vittima fece l'occhiolino a Otabek, poi invocò altro champagne dal vicino di posto, che riempì la sua coppa fino all'orlo con un gesto premuroso e galante.
“Quando mai sarebbe di buon umore la nostra femme fatale?” le tubò all'orecchio, facendola ridacchiare.
“Fottiti francese!” esclamò il succitato cucciolo di tigre, che proprio non ci stava a farsi definire una “femmina”.
“Sono svizzero cherie e fottersi da soli non è di nessuna soddisfazione, ma puoi chiedere il permesso a Victor e dare il tuo contributo...”
“Vi sembra il caso di fare questi discorsi davanti al piccolo?” chiese la persona all'altro capo del tavolo.
Sedeva un po' discosto da gli altri, forse per via di quell'aria lugubre che, insieme al pallore affilato dei lineamenti e alla sua predilezione per gli abiti scuri, gli aveva fruttato il nomignolo di Padre Gosha.
“Amen Padre.” recitò compunto il Francese guadagnandoci un'occhiata storta dall'interpellato “Però il ragazzo qui non ha niente da imparare, semmai può insegnare qualcosa a noi.”
“Christophe la morale di voi cattolici è così blanda...”
“Ah! Merde! Non sapevo che avessimo una morale, questo potrebbe complicare le cose!”
Tutto il tavolo scoppiò a ridere, perfino Otabek, che passava per essere più serio di Georgi, nascose un sorriso dietro un colpo di tosse.
A quel punto l'uomo coi capelli chiari, affatto risentito dalla piega piccante che aveva preso la conversazione e dai modi sgarbati del moccioso, gli scompigliò i capelli con una carezza affettuosa e dichiarò solennemente “Ti ruberemo solo mezzora Yurotchka!”



Due ore dopo erano ancora lì a discutere di cifre, viaggi e carichi da piazzare; sulla pista da ballo le poche coppie rimaste erano allacciate in un sensuale tango argentino, mentre i camerieri stavano già preparando i tavoli per l'indomani.
L'umore di Yuri era andato in calando, un po' come la serata; ad un certo punto aveva smesso di seguire la conversazione e aveva cominciato a puntare lo champagne.
Victor, lo Zar, il loro generoso anfitrione, nonché il loro Capo, era stato veloce a sottrargli la coppa prima che la trangugiasse, tuttavia nemmeno lo Zar poteva essere in due posti contemporaneamente; così, quando si era allontanato dal tavolo per salutare un paio di affezionati avventori, il ragazzino biondo aveva afferrato la bottiglia dal secchiello porta ghiaccio e l'aveva tracannata fino all'ultima goccia.
“Qualcuno ha da ridire?” chiese sentendo il peso delle silenziose occhiate di rimprovero dei presenti.
Yuri era il più giovane membro della gang e, a detta di Christophe, aveva ancora la bocca sporca di latte, però era il cocco di Victor e questo lo metteva al riparo da sgridate e minacce.
Nessuno aveva capito che ti tipo di rapporto ci fosse tra loro: amanti, amici fraterni, tutore e pupillo...
Lo Zar lasciava correre battute e insinuazioni, il suo protetto le smentiva ferocemente, così gli altri restavano nel dubbio e non potevano approfondire.
Victor, in ogni caso, si prendeva molta cura di lui: abitavano insieme in una bella casa nei pressi di Grand Circus Park e lo viziava esaudendo ogni suo capriccio.
Una volta tornato finse di non notare la bottiglia vuota e l'ostentata indifferenza di Yuri, si limitò a chiamare un cameriere e a farne portare una nuova per i suoi ospiti.
“Quindi cosa facciamo coi musi gialli?” chiese Georgi, riprendendo la discussione dove si era interrotta.
“È seccante che abbiano fatto un'offerta al nostro fornitore abituale” ammise Christophe, che curava i rapporti di lavoro con la sponda canadese del fiume “Lui mi ha assicurato la continuità del rifornimento di birra e whisky, tuttavia...”
“Gli affari sono affari” completò Victor “E se riceverà una proposta migliore non esiterà ad accettarla.”
“La lealtà non è di questo mondo.” concluse serafico Georgi, che tra i motivi della sua tetraggine aveva aggiunto di recente il tradimento e l'abbandono della fidanzata.
“Possiamo batterli sul tempo e sulle quantità.”
L'intervento di Otabek suscitò un certo stupore tra i presenti, perché era raro che esprimesse la sua opinione, almeno ad alta voce.
“Spiegati.” annuì Victor, interessato.
“Trasportiamo i carichi illegali da una sponda all'altra utilizzando chiatte e piccole imbarcazioni. Per non destare sospetti siamo costretti a parecchi viaggi con piccoli carichi di merce, ma se ci servissimo del tunnel ferroviario...”
Tresor lo scalo merci è uno dei posti più controllati della città, la polizia doganale effettua sempre dei controlli a campione, proprio perché sanno quanto è comodo spedire le casse di alcol via treno.” suggerì Cristophe.
“Pensi che controllerebbero anche... Una bara?”
“Vorresti usare delle bare per contrabbandare gli alcolici?” domandò Victor.
“E un mezzo delle onoranze funebri per caricarli in stazione.” precisò Otabek.
Al tavolo le reazioni dei presenti lasciavano trapelare la loro natura: Mila e Christophe sogghignavano divertiti, Yuri aveva un'aria disgustata e Georgi si limitava a disapprovare scuotendo il capo.
Victor invece tamburellava le dita sul mento con aria pensierosa, finché la sua espressione non s'illuminò.
“Potrebbe funzionare!”
“Hah, figurati!” bofonchiò il suo pupillo.
“Invece si, mi assicurerò che nessun funzionario doganale pecchi di zelo coi controlli, al giusto prezzo guarderanno da un’altra parte; Chris tu prenderai accordi con la distilleria, serviranno degli imballaggi più resistenti; Mila e Gosha: voi andrete a Windsor a scegliere un paio di casse, puntate sui modelli costosi, saranno più credibili!”
“Io mi occuperò di allestire il carro funebre.” si offrì Otabek, di cui era nota la passione per la meccanica e i mezzi a motore.
“E io?” s'intromise Yuri quando vide che i compiti erano già stati tutti assegnati e lui era rimasto chiaramente tagliato fuori.
“Tu puoi aiutarmi coi libri mastri del locale, sempre che lo champagne non ti abbia dato alla testa...” gli sussurrò Victor all'orecchio posandogli poi un bacio sulla tempia, il russo poteva sembrare una persona distratta e superficiale, ma difficilmente gli sfuggivano certi dettagli.
La reazione della belva bionda, presa in castagna, fu da manuale.
“Fanculo! Io invece me ne vado a casa adesso!” strepitò il ragazzo alzandosi, mentre gli altri ridevano incuranti delle sue minacce.
“Va bene, va bene, Otabek puoi accompagnarlo tu con l'auto? Io ne avrò ancora per qualche ora.”
“Non c’è problema.”
Il kazako dovette congedarsi in fretta e allungare il passo per raggiungere la dispotica femme fatale, che si era già precipitata all'uscita senza salutare nessuno.



“Sali in macchina, fa freddo e sta cominciando a nevicare.”
“Conosco la strada, posso tornare anche a piedi!”
“Dall'altra parte della città?”
“Fanculo!”
Lungo il marciapiede di Adam Street, ormai deserto, la situazione stava prendendo una piega surreale: Yuri procedeva di gran carriera stretto nel cappotto col collo di pelliccia, ormai fradicio a causa della neve, mentre la Ford T di Otabek lo seguiva a passo d'uomo.
“Dipendesse da me te lo lascerei fare, però ho promesso a Victor di portarti a casa ed era sottinteso che tu fossi dentro la macchina, non fuori.”
“Oh, quindi si tratta sempre di fare un favore al vecchio!” esclamò stizzito il ragazzo biondo fermandosi di colpo; l'auto accostò poco più avanti e lui la raggiunse, sporgendosi dal finestrino abbassato per dirgli il resto “Chissà come avrai gongolato quando ha deciso di approvare la tua idea! Pensi di guadagnarci qualcosa mettendoti in mostra?”
“Penso ad aumentare il giro d'affari con meno rischi e fatica; sono certo che Victor apprezzerebbe anche il tuo contributo, se decidessi di proporre delle idee oltre ad insulti e provocazioni.”
Stavolta Yuri, che forse era stanco e intirizzito o forse sapeva che Otabek in fondo aveva ragione, lo guardò di traverso e scelse di tenere il punto il silenzio.
“Avanti sali.” ribadì paziente l'autista.
Lo sportello scattò e il riluttante passeggero finalmente decise di accomodarsi.
Il resto del viaggio lo trascorse a guardare fisso fuori dal finestrino, in un mutismo offeso che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto pesare sul kazako, facendolo sentire in colpa.
Con Victor funzionava sempre.
Peccato che Otabek fosse lo stoicismo fatto persona e quel silenzio non lo disturbasse affatto.




“Siamo arrivati” annunciò spegnendo il motore.
Il passeggero non sembrava intenzionato a scendere, si limitava a guardare i fiocchi di neve che cadevano copiosi sul parabrezza, fino a ricoprire tutta la superficie con un sottile velo bianco.
“Davvero pensi che Victor apprezzerebbe il mio aiuto?” chiese in un bisbiglio.
“Lui è molto affezionato a te, ti ascolterebbe.”
“Ci si affeziona anche agli animali da compagnia.”
“Mi risulta che il Capo abbia un cane, quindi quel posto è già occupato.”
Yuri si strinse nelle spalle, invece il suo accompagnatore chiuse gli occhi e sospirò, abbandonandosi contro il sedile.
Affrontare certi argomenti era complicato per una persona riservata come lui, lo sarebbe stato con un amico in circostanze normali.
Ma quelle non erano circostanze normali.
E Yura non era solo un amico.
Decise di provare a mettere insieme un discorso convincente e si girò verso di lui, incontrando un paio di occhi verdi, che lo soppesavano attenti, pronti a giudicare ogni sua parola.
E a reagire di conseguenza.
“Dovresti dimostrargli che sei all'altezza di...”
“Victor non mi darà mai un ruolo di responsabilità nei Black Russian...” lo interruppe il giovane, zittendo con un cenno infastidito della mancina l'ovvia e prevedibile obiezione dell'interlocutore “Vuole tenermi nella bambagia.”
“Puoi biasimarlo?”
Le ragioni del Capo era comprensibili; intendeva offrirgli le possibilità che a tutti loro erano mancate; una vita migliore, magari lontano dalla strada del crimine.
Lui avrebbe fatto la stessa cosa.
Tuttavia capiva anche la bramosia di Yuri, nata dalla sua giovinezza, dalla convinzione di essere spietato, feroce e invincibile, come la Tigre a cui i ragazzi, scherzando, lo paragonavano.
“Hah! Sono stanco di essere trattato come un soprammobile, se voleva che crescessi in mezzo a cipria e tulle doveva lasciarmi a New York, da Lilia e Yakov invece di trascinarmi qui!” rispose il ragazzo con foga “E adesso baciami stronzo, è da quando siamo partiti che aspetto che tu lo faccia!”
“Sei ubriaco. Vai in casa e mettiti a letto...”
Otabek provò a controbattere, ma si trovò le mani del biondino strette attorno al bavero del giaccone e le sue labbra che gli marchiavano fameliche il collo e la mandibola, finché soddisfatte non si posarono sulla bocca per soffocare ogni altra obiezione.
A New York saresti stato al sicuro, pensò inebriato dalla sua sfrontatezza e io adesso non rischierei di finire in fondo al fiume con una pietra legata attorno al collo.

“Yura... Yura, smettila subito!”
Spogliarsi dentro una macchina sulla pubblica via, nonostante fosse notte fonda, era una cattiva idea.
Spogliarsi sul marciapiede era perfino peggio.
“Hai detto che devo mettermi a letto, mi preparo per andare a dormire...” lo provocò l'interpellato, lasciando cadere nella neve il cappotto e la giacca dello smoking.
Quando accennò a slacciare i pantaloni il kazako, dopo aver gettato uno sguardo ansioso alle finestre dei vicini, fu costretto a precipitarsi fuori dall'auto; bastava un nottambulo curioso a metterli nei guai.
Yuri si diede alla fuga con un gridolino di finto spavento e si rifugiò nell'ombra dell'androne, dove l'altro lo raggiunse bloccandolo col suo peso contro la porta.
Le delicate decorazioni di vetro istoriato tremarono e produssero un tintinnio di cristalli a cui si sovrappose il pesante ansimare delle due figure che vi erano appoggiate.
Si fronteggiarono in silenzio per un istante, poi il più piccolo sfoderò un sogghigno compiaciuto.
“Allora vieni a rimboccarmi le coperte?”
“Dovrei già essere di ritorno al club, Victor...”
“Victor ne avrà fino all'alba, conosco le sue abitudini.”
“Hai una vaga idea di quanto sia... Pericoloso?”
“Eppure a qualcuno qui piace...”
Yuri rise dell'espressione sconcertata di Otabek, era bastata una carezza leggera alla patta dei calzoni per rivelare la sua eccitazione.



Senza aggiungere altro le due ombre scivolarono all'interno dell'edificio, chiudendosi alle spalle, insieme alla porta, anche i dubbi e le paure del kazako.
Lui non sapeva se a spingere Yuri tra le sue braccia fosse il brivido di sfidare Victor, pura curiosità o il fatto di trovarsi in una situazione ad alto rischio.
Tra loro funzionava così: niente smancerie, nessuna promessa.
Si era proibito di dare a quegli incontri clandestini un contorno romantico; era solo buon sesso, reso più eccitante dall'aura peccaminosa e perversa che aveva nella morale comune.
Prendevano quel che potevano, con la consapevolezza che la fine sarebbe arrivata senza preavviso, perché se non li scopriva il Capo o qualcuno della banda ci avrebbe pensato la polizia, perennemente in guerra contro i contrabbandieri di alcolici.
Infine, se anche fossero scampati a manette e proiettili, c'era la concreta possibilità di scontrarsi con una gang rivale.
Forse era proprio questo mix di passione, pericolo e adrenalina che li spingeva a continuare il gioco d'azzardo col destino.
Otabek non riusciva ad immaginarsi a sessant'anni seduto sotto il portico di casa a prendere il fresco; la gente come lui moriva giovane, col petto crivellato di piombo, abbandonata in qualche fossato a lato della strada.
Eppure a volte, quando la giornata era stata particolarmente buona e la sua vita aveva una parvenza di normalità, non gli sembrava così assurdo immaginare Yura seduto accanto a lui col gatto in braccio.


☼ La voce della trascendenza ☼

Ohmmm... Ohmmm...
Ahm eccomi qui!
Di nuovo.
Ebbene si, complice il contest che mi ha segnalato il solito uccellino (una freccia rossa compare sulla testa di Old Fashioned), mi si è accesa la proverbiale lampadina e ho infilato i nostri beniamini on ice in una storia "criminale" ambientata nella Detroit degli anni Venti, in pieno Proibizionismo.
Quando si pensa a questa parte della storia americana di solito si immagina la Chicago di Al Capone, ma in realtà anche Detroit ha avuto i suoi "bad guys"; nella fattispecie la Purple Gang, formata soprattutto da stranieri, che ha dettato legge per alcuni anni, prima di finire abbastanza male.
I nostri ragazzi russi se la cavano decisamente meglio, ma dovranno fare i conti con la gang rivale e coi conflitti personali, tra le ragioni del cuore e gli affari.
Spero che vorrete salire a bordo della Ford T per questo viaggio nel tempo, dove a compensare il ghiaccio ci sarnno piombo, whisky e dinamite!

   
 
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