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Autore: Valerie    01/11/2020    5 recensioni
"Poggio i libri sulla scrivania, mentre gli occhi di molti sono puntati su di me, ma non i tuoi.
Mi tolgo la giacca e la pongo sulla sedia, accendo il microfono e mi schiarisco la voce. Il brusio in aula cessa istantaneamente mentre catturo l’attenzione di tutti gli studenti.
Tu sei lì, al tuo solito banco, l’ultimo a sinistra della prima fila, quello all’angolo.
È un posto che in qualche modo ti rappresenta, il posto di chi non vuole primeggiare, di chi non vuole disturbare."
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Pagina 234
 
Poggio i libri sulla scrivania, mentre gli occhi di molti sono puntati su di me, ma non i tuoi.

Mi tolgo la giacca e la pongo sulla sedia, accendo il microfono e mi schiarisco la voce. Il brusio in aula cessa istantaneamente mentre catturo l’attenzione di tutti gli studenti.

Tu sei lì, al tuo solito banco, l’ultimo a sinistra della prima fila, quello all’angolo.

È un posto che in qualche modo ti rappresenta, il posto di chi non vuole primeggiare, di chi non vuole disturbare.

Scruto velocemente i presenti solo per arrivare a te e notare che hai gli occhi incollati ad un libro.

Chiedo di prendere la pagina 234 del manuale e tu inizi a sfogliarlo senza alzare neanche un attimo lo sguardo su di me.

Sei ferita, lo so.

Ho commesso una distrazione che mi è costata molto: la professionalità, la credibilità e probabilmente anche la tua stima.

Mi credevi – mi reputavo – un uomo integro, fermo, poco avvezzo ai sollazzi frivoli e superficiali.

Poi, però, sei arrivata tu.

In un giorno qualunque, di una settimana grigia e ripetitiva, i tuoi occhi scuri si sono impressi nella mia mente per non svanire più.

Te ne stavi lì, seduta su quella sedia, lo sguardo di chi vuole farsi valere, di chi vuole imparare, di chi ama ciò che studia e ciò che vuole fare nella vita.

Appesa alle mie labbra ad ogni lezione, avevi gli occhi colmi di ammirazione.

Ti guardo prendere la pagina a cui vi ho rimandati e non posso fare a meno di notare che spalanchi gli occhi stupita.

“Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse” reciterebbe Dante.

Non è stato difficile carpire il tuo interesse.

Le mail, le numerose richieste di ricevimento, le iniziative prese sul forum didattico, il trattenerti spesso dopo la fine delle lezioni per farmi ulteriori domande.

Ne ho visti di studenti affascinati dalla mia materia, ma so riconoscere quando a destare l’interesse sono io.

Eppure, non potevo non guardarti senza rimanere piacevolmente colpito.

Una ragazzina ai miei occhi, benché tu non abbia l’età canonica degli appartenenti al tuo stesso anno di corso.

“Ho preso coraggio troppo tardi” mi hai detto con rammarico una volta, quando ti accorgesti del mio stupore nel leggere la tua data di nascita durante un esame, riferendoti alla decisione di iscriverti all’università dopo quasi dieci anni dal diploma.

“E’ la determinazione a fare la differenza” ti risposi io, scarabocchiando velocemente un 24 sul tuo libretto.

Fu una tortura per te quell’interrogazione. Ti tenni sulla sedia oltre tre quarti d’ora.

Alla mia domanda, se volessi rifiutare quel voto, ti vidi vacillare. Eri frustrata, perché tenevi molto ad ottenere un giudizio alto, ma non potevi permetterti di passare altro tempo sullo stesso esame.

Accettasti con le lacrime agli occhi.

Dopo qualche giorno, mi chiedesti un colloquio. Mi sentii inspiegabilmente irrequieto al pensiero di incontrarti da solo.

Ricordo che bussasti impercettibilmente alla porta del mio ufficio alle 10.03 e che la apristi piano al suono del mio “avanti”.

Entrasti esitante, con la delicatezza che ti contraddistingue.

Tenevi in mano lo stesso libro su cui hai gli occhi ora e con l’indice ne portavi il segno fra le pagine.

Ti sedesti di fronte a me e lo poggiasti sulla scrivania.

Notai che l’esitazione di poco prima aveva lasciato il posto ad un’espressione agguerrita e spaventata allo stesso tempo. Le dita ormai libere si intrecciavano nervosamente fra loro, mentre facevi fatica a rimanere ferma sulla sedia.

Ad un certo punto, però, alzasti gli occhi su di me e sostenesti il mio sguardo, decisa. Apristi bocca e mi gelasti con quelle poche parole.

“Poteva chiedermi di uscire, invece di riservarmi quel trattamento all’esame”.

Ricordo di essermi irrigidito, mentre gli angoli della mia bocca, prima stesi in un sorriso di cortesia, si abbassavano repentinamente.

Ti risposi nel modo più tagliente e scorbutico che potei, colpito e offeso da quell’impertinente affermazione.

Drizzai le spalle, intimandoti di non permetterti mai più di fare insinuazioni simili, ma per te fu come non ascoltarmi affatto.

“Può mascherarlo quanto vuole, ma io so che lei è attratto da me, tanto quanto io lo sono da lei” ripetesti sicura.

Non so in quale misura Dio ti abbia dotata di timidezza e sfacciataggine e in quale proporzione quel giorno queste due componenti fossero miscelate, ma credo di non sbagliare nel pensare che una fosse decisamente accresciuta a discapito dell’altra.

Eppure, so che non avresti mai azzardato un passo simile se non fossi stata sicura di ciò che avevi appena detto.

Perché tu sei così, hai una capacità di lettura incredibile, una sensibilità nel cogliere le sfaccettature dei comportamenti delle persone molto accentuata.

Avevi capito molto e prima di me.

Mi alzai in piedi di scatto, visibilmente colpito e senza sapere bene cosa dire. Mi passai nervosamente una mano sulla pelle liscia della testa voltandomi di spalle.

Mi sentivo scoperto e nudo.

Quanto sconveniente poteva essere quella conversazione? Quante altre volte mi era capitato di respingere studentesse ambiguamente disponibili senza farmi nessun tipo di remora?

Ma tu non eri semplicemente disponibile, no. Tu mi stavi chiedendo un’opportunità.

Sentii il rumore della sedia che strusciava sul pavimento e quando mi voltai di nuovo ti trovai in piedi a pochi passi da me.

Il castano dei tuoi occhi si era fatto, se possibile, ancora più scuro. Le ciglia nere e lunghe, infoltite da diverse passate di trucco erano leggermente abbassate in un’espressione quasi supplicante.

Mi guardavi speranzosa, desiderosa, mentre i denti mordevano nervosamente l’angolo destro della bocca.

Non era possibile e non sarebbe dovuto essere neanche fattibile, eppure successe lo stesso.

Ti sei avvicinata con passo lento e insicuro, dandomi il tempo di avere una qualsiasi reazione di rifiuto che però non arrivò.

Ti sei accostata al mio corpo e, alzandoti in punta di piedi, hai colmato la distanza che separava le nostre labbra.

Hai poggiato i palmi delle tue piccole mani al mio petto per evitare di barcollare vistosamente mentre io schiudevo la mia bocca per ricevere quel bacio.

Non so quale regressione abbia effettuato la mia mente in quell’istante, ma tutti i paletti che negli anni ho imparato a non superare, sono saltati come niente.  

Mi sono ritrovato come un ragazzino alle prime armi, incapace di contenersi.

Ricordo di aver infilato le dita fra i tuoi capelli, legati mollemente in una coda, mentre tu stringevi i pugni fra le pieghe della mia camicia.

Il profumo della tua pelle, un misto di miele e vaniglia, mi investì prepotentemente, portandomi ad affondare il viso nell’incavo del tuo collo.

Ogni secondo in più accanto a te mi portava a perdere un pezzo ulteriore di lucidità.

Il delicato tocco delle tue mani, il profumo della tua pelle nelle mie narici, i tuoi respiri sempre più profondi, erano tutto ciò che riuscivo a percepire come concreto e urgente.

Fu un repentino degenerare di sensazioni, di percezioni sempre più piacevoli e inabissanti.

Un oblio che ha accecato entrambi, senza permetterci di vedere più la realtà delle cose.

C’era solo la nostra pelle nuda e umida, le nostre bocche voraci, i respiri ansanti, i corpi tesi e scattanti, l’uno contro l’altro.

Siamo sprofondati insieme in un buio divorante, da cui siamo usciti a poco a poco sudati e confusi.

Dalla scrivania erano caduti la maggior parte dei fogli e dei libri, tranne il tuo, ancora aperto a pagina 234.

Lo notasti anche tu.

A mano a mano che i nostri respiri si regolarizzavano, andava crescendo in me la consapevolezza di aver ceduto ad una tentazione effimera e disordinata.

Una mia studentessa, vent’anni di esperienze a dividerci, un immenso ed imperdonabile errore a legarci.

Sì, errore, così l’ho definito il nostro, facendoti sentire conseguentemente sbagliata.

Ma non lo sei, non lo sei affatto.

Sono io l’essere disgustoso che ha profittato della genuinità, della freschezza di una giovane trasparente e delicata come te, per mero godimento.

Te ne sei andata chiudendo piano quella porta, racimolando tutta la dignità che non avresti mai voluto perdere, neanche per me.

Resta ad un passo, d’ora in poi, perché io non possa farti del male mai più.

Quel tuo sguardo puro non è per me.

Sei un fiore che non posso cogliere” penso mentre ti vedo abbassare il capo su quel maledetto libro.

Il tuo profumo, i tuoi respiri, rimarranno nei miei ricordi tormentati nelle notti in cui non riuscirò a prendere sonno, fino a che non dimenticherò.

Per ora vivo la condanna di averti a poca distanza da me senza poterti respirare, assaggiare e toccare di nuovo.

Alzi improvvisamente lo sguardo su di me e mi scopri a guardarti. Per un secondo sostengo il tuo sguardo.

La luce nei tuoi occhi scuri sembra tremare appena, prima che io discosti il viso da te e punti gli occhi sulle prime parole di quella fatidica pagina, iniziando a leggere ad alta voce:

“Viviamo, mia Lesbia, e amiamo…”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Buonasera miei carissimi lettori! Prima di lasciarvi, volevo fare alcune precisazioni sulla nascita di questa one-shot.
  1. La storia ha delle note di fondo -molto di fondo- autobiografiche (non è successo proprio niente col professore in questione, non sa neanche che esisto, ma mi piacerebbe lo sapesse XD).
  2. Alcune frasi, quelle in corsivo, sono state prese da una canzone di Marco Masini, “Resta ad un passo”
  3. L’ultimo verso è preso, ovviamente, dalle parole iniziali del carme 5 di Catullo “A Lesbia”.
Credo che questo sia tutto.
Aggiungo solo che è stato divertente mettermi a scrivere questa shot, e per certi versi anche facile, spontaneo, forse perché sento tanto la mancanza di una vita sentimentale in questo periodo e quindi le sensazioni premono forte per uscire e tramutarsi in parole per dare voce a questo forte desiderio che alberga nel mio cuore <3
Quanto sono romantica XD
Bene, dette queste poche cose, spero possiate apprezzare almeno un pochino!
Grazie come sempre a chi si fermerà a leggere e a chi vorrà lasciare un commento.
Un abbraccio fortissimo,
_Val_
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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