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Autore: Elicia Elis    01/11/2020    2 recensioni
La notte glielo aveva portato via.
[Questa storia partecipa al contest Wr-Ink-Tober indetto da fantaysytrash sul forum di EFP]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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/! Premessa!
In Messico, il primo novembre coincide con il primo giorno della celebrazione del Dia de los Muertos,
in cui si commemorano i bambini morti. 
Agli adulti defunti è dedicato il secondo giorno.


 
Un'oscurità di piombo, sospesa nel gelo dell'appartamento. Come un grido appassito nella gola, come un'addio soffiato via nel fumo della sigaretta. Un'altro tiro: lungo, meditato, assaporato. Un morbido lucore forò quei risvolti di tenebra come fossero seta. Ancora una volta, la brace della sigaretta impresse il suo sguardo di fuoco nel buio evanescente, putrido - che sapeva di niente.
Mora soffiò via un'altra preoccupazione. Anelli di fumo grigio, tremuli, appesi al soffitto per qualche incerto istante. Un mantra infinito, tutto sommato inutile. I problemi pesano troppo per lasciarsi trascinare via. Restano aggrappati alle labbra, senza muoversi; assieme a tutte le parole mai dette - e a quelle gridate troppo forte - formano un bavaglio di sangue e dolore.
Qualcosa disturbava l'oscurità, come un piccolo strappo su una tela. Uno scintillio che teneva la mente vigile, risvegliava un po' i sensi sfamati dal buio. Vibrava in fondo all'occhio, una stella morente in un angolo della stanza - le ultime palpitazioni, una vita sospesa. L'attimo di un respiro. Mora cercò di distrarsi ancora un po': il metallo - che appariva persino più freddo, quella sera, alla luce smorta di una luna affogata nella foschia - avrebbe atteso.
Aleggiava il ricordo di un sorriso. Quello stesso sorriso che, increspandosi sulle gengive, appena puntellate dai primi dentini, aveva detto: mamma. Quand'era stata l'ultima volta? Non saperlo faceva male alla bocca dello stomaco, picchiava fino a farle salire i conati, fino a bruciarle la gola. Non era stata la malattia, Mora lo sapeva. La notte glielo aveva portato via. Quella notte, quello sguardo folle sempre aperto nel cielo - e si rivolse alla luna, appena visibile oltre una cortina di nebbia. Sì, sta certamente ridendo di me, quella stronza.
Sol saltò sul davanzale, inzuppando di nero quell'insopportabile bagliore argenteo. Mora quasi sorrise: quale splendida eclissi! Poi, notò la magia. Vide la stanza trasformata, alla luce di quelle pupille verticali, immerse negli splendidi topazi dei suoi occhi. Lo sguardo, felino e umano allo stesso tempo, posò dolcemente su di lei, divorò uno spazio indefinito; sfiorò dunque la lama del pugnale, che rifletteva i bagliori assassini di quella notte senza fine. Un mozzicone ricadde, spento, sul pavimento tirato a lucido.
Le mani di Mora annasparono nel buio, alla ricerca di qualcosa. Un calore che non c'era. Gli occhi incatenati a quelli del gatto, il morbido pelo nero sciacquato dalla luce di un mondo addormentato. In un momento come questo, come poteva ancora esserci, lì fuori, un mondo? Mora non riusciva a comprendere quella mancanza di tatto, la brutalità dell'esistenza. Le parve tutto troppo relativo, tutto troppo indifferente. Poi, finalmente, le sue dita sfiorarono qualcosa. La sollevarono. Che quella vita la liquidasse pure con un sorriso di sufficienza, a lei non sarebbe importato.
Quelle parole mai dette, quei dolori, finalmente essiccarono sulle labbra. Cadde il bavaglio, quando i primi rivoli di sangue macchiarono il pavimento. Calore. Calore, calore, calore.
Aleggiava il ricordo di un sorriso. Quello stesso sorriso che, increspandosi sulle gengive, aveva detto - cosa aveva detto?
Pupille verticali, topazio - disturbavano il flusso dei ricordi, s'insinuavano nella sua mente come i frammenti di una maledizione. Un alone d'oscurità strinse la vista, la pelle sempre più bianca, le labbra sempre più secche.
Uno spettro sorrise - su quel davanzale,
                                           il gatto nero spalancò le fauci,
                                                                                            e
                                                                                                 in un attimo
                                                                                                                   ingoiò la luna.
  
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