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Autore: Lacus Clyne    01/11/2020    2 recensioni
Una notte d'inverno. La città che non dorme mai.
Un'ombra oscura al di là della strada, qualcosa di rosso. Rosso il sangue della piccola Daisy.
Kate Hastings si ritrova suo malgrado testimone di un efferato omicidio.
E la sua vita cambia per sempre, nel momento in cui la sua strada incrocia quella di Alexander Graham, detective capo del V Dipartimento, che ha giurato di catturare il Mago a qualunque costo.
Fino a che punto l'essere umano può spingersi per ottenere ciò che vuole? Dove ha inizio il male?
Per Kate, una sola consapevolezza: "Quella notte maledetta in cui la mia vita cambiò per sempre, compresi finalmente cosa fare di essa. Per la piccola Daisy. Per chi resta. Per sopravvivere al dolore."
Attenzione: Dark Circus è una storia originale pubblicata esclusivamente su EFP. Qualunque sottrazione e ripubblicazione su piattaforme differenti (compresi siti a pagamento) NON è mai stata autorizzata dall'autrice medesima e si considera illegale e passibile di denuncia presso autorità competenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Finalmente, arrivò il giorno delle mie dimissioni e, con mia sorpresa, al posto di trovare mio padre ad attendermi, trovai Alexander. Mi resi conto che si erano messi d'accordo perché, proprio mezz'ora prima, ero stata rassicurata sul fatto che sarei stata recuperata da papà. Non che non ne fossi contenta, anzi. Non lo vedevo da quando era uscito e, dal momento che il professor Norton mi aveva severamente vietato di utilizzare il telefono per evitare stress, non avevo avuto modo di sentirlo né di vederlo. In quella settimana aveva avuto il tempo di ristabilirsi per bene, anche se, conoscendolo, non dubitavo del fatto che anche se non si fosse del tutto ripreso, avrebbe trovato il modo di rimettersi in attività. Dopotutto, era pur sempre uno stakanovista e data la sua posizione, non poteva concedersi il lusso di indugiare troppo. Quando lo raggiunsi, lo vidi scrutarmi con attenzione. Probabilmente stava cercando di capire se stessi davvero bene. In realtà, anch'io avevo notato qualcosa.

Intendi rasarti prima o poi? – domandai, nel notare la sua barba cresciuta.

Mi guardò perplesso, poi prese la mia borsa. – Quando non correrò il rischio di sgozzarmi, magari. –

Per quello esistono i barbieri, lo sai? – feci eco, salendo in macchina.

Non ho molta simpatia per quei rasoi affilati. Mi mettono ansia. Aspetto di recuperare la piena funzionalità e dopo provvederò io stesso. – rispose, mettendo la borsa sul sedile posteriore e salendo alla guida. Fortunatamente, il cambio automatico gli permetteva di non dover muovere troppo il braccio infortunato. Quando partì, mi ritrovai a osservarlo. In realtà, era affascinante anche così. Aveva un'aria incredibilmente intrigante e sexy.

Tutto bene? Hai fame? –

Scossi la testa. – Ho già fatto colazione. Il professor Norton mi ha raccomandato di non sforzarmi troppo però. –

Quindi... niente emozioni intense o elucubrazioni? Non posso rimetterti al lavoro? –

Inarcai il sopracciglio. – Ho avuto una settimana di riposo assoluto. Qualcosa devo pur farla. Sudoku magari. –

Che ne dici di una sfida? –

Ricordai a mie spese chi avessi davanti a me. Sarebbe stato capace di trasformare un semplice match in gioco d'azzardo. – Credo che ne andrebbe della mia salute mentale. –

Fece spallucce. – Ci ho provato. –

Magari... quando ti sarai ripreso del tutto... potrei concederti una rivincita con le pistole ad acqua. –

Stavolta ridacchiò. – Non garantisco sul finale. –

Sorrisi. – Ok. –

Guardai fuori, respirando la piacevolissima aria estiva che filtrava dal finestrino.

Dove mi porti? –

Tu dove vorresti andare? –

Chiusi gli occhi, beandomi della sensazione di solletico sul viso. – Sulla East Coast... vorrei tanto vederla. –

Va bene. –

Eh? –

Mi voltai a guardarlo. – Dici sul serio? –

Sono obbligato a chiedere a Marcus, però. – commentò, prendendo la strada per la Procura Distrettuale.

Non indendevo ora... quando sarà possibile! Non devi lavorare? –

Sì, ma ho degli arretrati. Potrei beneficiarne. –

Battei le palpebre e allungai la mano fino a toccargli la fronte. – Eppure non sei caldo... –

Si mise a ridere.

Dai! –

Goditi il viaggio, intanto. Passiamo comunque da lui, vuole parlarci. –

Scostai la mano. – Niente anticipazione? –

Disse quella che aveva spoilerato a Jace il finale della sua serie preferita. –

Touchée. – Non sapevo come svegliarlo... a te è riuscito una volta. –

Mh. Comunque sei stata brava, Kate. –

Siamo. Si chiama gioco di squadra. –

Stavolta annuì. – Già. –

Passammo il resto del viaggio in silenzio, fin quando non giungemmo in Procura Distrettuale, dove ci attendeva il dottor Howell.

Mettervi piede non era come farlo nel Dipartimento, ma la frenesia era familiare. Mi faceva riflettere su quanto il nostro lavoro fosse importante. Gli agenti presenti ci accolsero mettendosi sull'attenti e vedere Alexander nelle sue vesti formali, quando si rivolgeva a loro, mi rendeva segretamente emozionata e orgogliosa di lui. Uno degli agenti ci accompagnò all'ufficio del dottor Howell, che era impegnato in una telefonata di lavoro. Ci fece cenno di entrare e di accomodarci, poi terminò la chiamata di lì a pochi minuti. Nel mentre, non mi sfuggirono le foto, recenti e incantevoli, sulla sua enorme scrivania storica in mogano, sia quella del matrimonio che una di Selina e Nicholas.

Morris continua a darmi il tormento. – esordì, portando le ciocche scure mosse ribelli dietro l'orecchio. All'anulare, sia la fede nuziale che l'anello col sigillo di famiglia facevano bella mostra.

Quel Morris? – fece eco Alexander, incuriosito.

Il dottor Howell annuì. – Sempre lui. Siete delle celebrità ora. E... bentornata, dottoressa Hastings. – disse, sorridendo.

Ben trovato. Grazie mille. Chi è quel Morris? –

Ricordi Alejandra Ortega? – mi chiese Alexander.

Sì, certo. – Non avrei mai potuto dimenticare quell'agente sotto copertura con cui avevamo risolto il caso di Karina Razinova. Era stato grazie a lei se Nicholas ora era con noi.

È il suo capo. –

Per poco non mi venne un colpo. – FBI?! –

Già. Detto in soldoni: pare che sia rimasto piuttosto impressionato dalla risoluzione del caso del Mago. Continua a chiedermi di cedervi a loro. –

Lo guardai sconvolta. – Noi? È stato il detective Wheeler a concludere. –

Alexander incrociò le braccia. – Però noi abbiamo tracciato il profilo e siamo arrivati a lui. Certo, è pur vero che data la natura personale, avevamo in mano indizi che altri non avevano. E da quando l'FBI si interessa ai nostri casi? –

Da quando hai ficcato il naso nelle faccende della Cruise Pharma. Che il caso di Karolus Novak fosse così legato a quello tuttavia, credo che sia stata una coincidenza. –

Lo penso anch'io. – aggiunsi.

Ad ogni modo, vi ho convocati per questa ragione, oltre che per sapere come stia, dottoressa. –

Sto bene. Ho un peluche da restituire, però. –

Il gran capo sfoderò un sorriso gentile. – Nicholas si era disperato pensando che se avesse avuto con lei Oz non le sarebbe accaduto nulla. –

Le cose dovevano andare così... –

Ad ogni modo, siete stati incauti. Tutti e due. Se Maximilian non fosse arrivato in tempo, avrei perso due agenti in gamba, di cui uno più spina nel fianco che altro, ma dettagli. Avreste dovuto lasciare il caso al III Dipartimento come ordinato, sebbene mi renda conto che, se così fosse stato, con tutta probabilità, avremmo avuto un'altra vittima innocente. Alla fine, è stato finalmente messo un punto su questa storia e il caso può essere archiviato dopo tutto questo tempo. Ora, dal momento che, per l'opinione pubblica, siete degli eroi, altro elemento per cui Morris vi vorrebbe con sé, che ne dite di pensare alla sua proposta? –

Lasciare il Dipartimento per l'FBI. In effetti quando avevo scelto di studiare Psicologia e successivamente, di entrare in Polizia, l'avevo fatto con l'idea che un giorno o l'altro, avrei potuto spiccare il volo. Eppure, nonostante a volte avessi come la sensazione di aver trascorso una vita alle prese con il mio lavoro, sapevo bene che di avere ancora bisogno di tempo e di gavetta. Guardai Alexander che, accanto a me, sembrava star ponderando le parole del Procuratore. Mi chiesi cosa potesse significare per lui una tale opportunità. Una parte di me, dovevo essere sincera, riusciva ad immaginarlo come agente federale. Avrebbe avuto tutte le carte in regola per essere uno di loro, tanto più era caparbio e inarrestabile davanti a un obiettivo, ma questo avrebbe inevitabilmente significato che il Dipartimento sarebbe rimasto orfano del suo capo. Tutto ciò che la Omicidi aveva fatto finora, i successi e anche i casi da risolvere sarebbero stati gli stessi anche con un'altra persona al comando? E la nostra squadra sarebbe andata ugualmente d'accordo? Solo dopo lungo tempo, si voltò verso di me e notai un fremito tra le sue sopracciglia, poi tornò a rivolgersi al dottor Howell, affondando nella poltrona e portando le dita alla tempia sinistra, solennemente.

E privarmi così del piacere di schiavizzare i miei sottoposti? Puoi dire a Morris di andare a fanculo. –

Quel commento mi fece ridere, tanto più che mi accodai. – E io sono ancora una recluta. Prima di diventare una profiler professionista degna dell'FBI ho ancora un po' di gavetta da fare. –

Non mi passò inosservato né il sorrisetto compiaciuto di Alexander né il brillio negli occhi scuri del gran capo, che, incrociando le mani davanti alla bocca per celare l'approvazione, fece spallucce con la convinzione di chi si aspettava proprio quelle risposte.

Ah beh... se questa è la vostra decisione, io non posso far altro che prenderne atto e rispondere, a malincuore, a Morris, che i miei agenti rifiutano l'offerta. – disse, non mancando di enfatizzare l'avverbio.

Alexander sollevò un sopracciglio. – Già che ci sei, digli anche che mi deve un favore. Ha perso la scommessa. –

Che scommessa? Ancora? – domandai, preoccupata.

Il dottor Howell sospirò. – Una sciocchezza. A Norfolk avevano scommesso sul fatto che Konstantin Vaughn non avrebbe trovato tracce dei parenti di Nicholas prima di due mesi. Morris era certo del contrario e invece... –

Guardai il mio capo di sottecchi. – Oh... ma guarda un po'... –

Alexander ignorò la mia battuta. – Bene. Mi pare che abbiamo chiarito tutto. Possiamo parlare delle mie ferie? –

Intendi quelle che non hai mai preso negli ultimi sette anni? –

Sul serio? – feci eco.

Non avevo altro da fare. –

Avevo appena avuto l'ennesima conferma al fatto che fosse un alieno. Sospirai. – A proposito di richieste... potrei avanzarne una anch'io, poi? –

Entrambi mi rivolsero la loro attenzione.

 

Quando ci congedammo, dopo aver discusso le nostre richieste, peraltro accettate, facemmo una capatina in Dipartimento. Nel vedere l'edificio storico in mattoni rossi, mi sentii ancora più felice di aver declinato la proposta che ci era stata offerta. Con i suoi punti di forza e le sue criticità, quello era il posto a cui appartenevo. Quando entrammo, fui sopraffatta dalla piacevole sensazione di familiarità. I nostri colleghi erano impegnati come sempre. Il signor Jones fu il primo ad accorgersi del nostro arrivo e i suoi occhi scuri si aprirono in sorpresa.

Kate, Alexander! –

Al suono dei nostri nomi, tutti si voltarono. Alexis sorrise, mentre Jace balzò in piedi dalla sua postazione. – Bentornati! – dissero all'unisono.

Ci raggiunsero tutti e tre e Jace mi abbracciò. – Che bello vederti!! –

Anche per me... grazie mille! – dissi, stringendolo e incontrando tutti. – Sono felice di vedervi... –

Quando sciogliemmo l'abbraccio, scoprii che in quei giorni, avevamo avuto un capo ad interim e che Alexander aveva messo piede in Dipartimento soltanto allora. Nel sentire il nostro vociare, la persona in questione si affacciò dall'ufficio. Alzai lo sguardo e una donna che non conoscevo si palesò davanti a noi. In formale tailleur nero, tacco Chanel, semiraccolto castano chiaro con leggere mèches bionde e perplessi occhi marroni, richiamò tutti. – Si può sapere cosa sta succedendo? –

I miei colleghi si scostarono, mentre Alexander si fece avanti. Nel vederlo, lei incupì lo sguardo, rivolgendogli un'occhiataccia. – Ed è un piacere vederti anche per me, Stella. Come stai? –

Alexander Graham. Ora che ti ho visto posso dire ufficialmente di aver avuto la mia giornata rovinata. –

Guardai perplessa Jace, che alzò gli occhi al cielo.

Kate. Permettimi di presentarti Stella Martini, vicecapo del I Dipartimento. –

Oh... piacere di conoscerla. Sono Katherine Hastings. –

Piacere mio. – disse lei, nel raggiungerci.

Italiana? – domandai.

I miei nonni lo erano. Di Roma. Sembra che il mio compito qui sia terminato. –

Alexander annuì. – Riprendo il comando. Grazie per aver supervisionato il mio team. Spero non ti abbiano fatto disperare. –

Alle risatine dei ragazzi, seguì la risposta della detective. – No. Il primato è tuo. Abbiamo un caso, comunque. Dottor Norton, le invierò a breve un file. Agente Williams e agente Jones, voi venite con me. E tu, Graham, cerca di rimpolpare le schiere, sei a corto di operativi. –

Eh. Sono per il pochi, ma buoni. Che succede? –

Rapina a mano armata. Una vittima. Gli esecutori sono ancora in stato d'assedio. –

Wow. Quasi quasi rivaleggiava con il bombarolo della mia prima operazione.

Allora Alexis è la persona giusta. – spiegò Alexander, trovando l'approvazione della nostra collega.

Non dirmi cosa devo fare. Sai che non mi piace. Andiamo. – rispose seccata la donna, per poi andar via con Alexis e l'agente Jones, che ci salutarono con la speranza di rivederci presto. Quando rimanemmo soli con Jace, quest'ultimo tirò un sospiro di sollievo. – Ma che diavolo hai fatto a quella per essere così acida? – domandò, trovandomi d'accordo con lui.

Io? Niente. Non sopporta di non essere diventata capo Dipartimento. –

Le hai soffiato il posto? –

Mi rivolse un cipiglio di disapprovazione. – Certo che no. Semplicemente, ho ottenuto un punteggio maggiore del suo, all'epoca. –

Prima o dopo esserci andato a letto, capo? –

Arrossii nel sentire la domanda di Jace e guardai Alexander indignata. – Davvero?! –

Prima. Ma quella è un'altra storia. – disse, andando in ufficio.

Guardai Jace incredula. – Quei due hanno avuto una storia? –

Non l'avevi capito? Si vede lontano un miglio che non le è affatto passata. –

Deglutii. – Non ci credo... –

E invece... comunque sono felice che siate tornati. E tu stai bene, vero? –

Annuii. – Selina? –

Sta effettuando un'autopsia. Alexander sarà uno schiavista mascherato da bel tenebroso, ma Miss Perfettina lo batte di gran lunga. –

Capisco... e, a proposito... non è il tuo telefono a suonare? – domandai, indicando la scrivania di Jace, mestamente ripulita a causa di, immaginai, un capo non esattamente propenso al disordine creativo.

Aiuto! – esclamò, correndo ai ripari.

Mi misi a ridere e poi raggiunsi l'ufficio. Alexander si era seduto alla scrivania. Erano trascorsi solo pochi giorni, ma per la prima volta da tutto quel tempo, eravamo lì con la consapevolezza di aver chiuso un caso talmente importante da aver condizionato le nostre vite per troppo tempo. Sulla scrivania, continuava a sfogliare il fascicolo che lo riguardava.

Tutto bene? – domandai, sedendomi di fronte a lui.

Sette anni che si chiudono così. Stavo solo riflettendo sul fatto che quando ho messo piede per la prima volta in questo posto, ero ossessionato dall'idea di trovare colui che aveva distrutto la mia vita. Eppure, tutto va avanti. Ci saranno altri assassini da catturare, casi che si risolveranno in breve e altri che richiederanno notti insonni... perché questo è il nostro lavoro. –

Scossi la testa. – No. Il nostro lavoro è salvare le persone e ristabilire la giustizia. –

Chiuse il fascicolo. – Kate... –

Ci saranno momenti difficili, è vero. Ma se c'è una cosa che questo caso mi ha insegnato è che anche quando tutto sembra impossibile c'è una soluzione. –

Ed è per questo che ti resta ancora una cosa da fare. –

Cosa? –

Il suo sguardo si fece più serio. – Quella cosa che hai chiesto a Marcus... sei tu a doverla dire a quella persona. Non è giusto che sia qualcun altro a farlo. Lo devi a te stessa... e a lui. –

Sgranai gli occhi. – Io non so se posso farlo... –

Ce la farai. E solo allora... sarai davvero libera. –

Soffocai un gemito, portando la mano al cuore e incontrando il suo sguardo incredibilmente austero. Fortunatamente per me, l'arrivo improvviso di Selina, che si affacciò al nostro ufficio con l'aria trafelata, mi distolse dall'emozione intensa che stavo provando in quel momento.

Voi due!! –

Selina. – disse Alexander, alzando il braccio per salutare.

Ben trovata. – aggiunsi io.

Sorrise dolcemente. – Non fateci più scherzi, eh? –

Stavolta, concordi, annuimmo entrambi.

Quel giorno trascorse tranquillamente, dopo che Selina ci ebbe strappato la promessa di festeggiare il ritorno alla normalità e, quando tornai a casa, dopo aver riabbracciato Lucy, che si era data un gran da fare per riaccogliermi, mi ritrovai nella mia stanza a mettere a posto le mie cose. Ero riuscita a posticipare il mio rientro a Shrewsbury e avevo recuperato un album di fotografie che avevo conservato nel mio armadio e che, da quando Trevor era morto, non avevo più aperto. Sfogliandolo, trovai tutte le nostre foto. Le carezzai una per una, riportando alla mente i ricordi di quei momenti. Era strano a dirsi, ma da quando avevo recuperato tutti i ricordi che tenevo sopiti da anni, riguardanti il Mago, era come se finalmente potessi ricordare anche il resto. E la voce di Trevor, i dettagli, tutto ciò che ricordavo di lui apparvero più chiari. Sorrisi, percorrendo i tratti del suo volto con le dita.

Credi che avrò il coraggio di fare una cosa del genere? – domandai, come se avesse potuto rispondermi. E poi, pensai che grazie a lui avevamo potuto avanzare nell'indagine. La notte in cui era stato ucciso, Trevor aveva capito quello che sarebbe accaduto e, voltandosi verso la videocamera che aveva installato, aveva fatto sì che Novak rivelasse il suo volto. Aveva avuto coraggio. Presi il mio telefono e dopo un enorme respiro, mi decisi a comporre un numero e a premere il tastino verde della chiamata. Ci vollero diversi squilli prima che la persona in questione rispondesse.

« Perchè mi chiami? »

Guardai la foto in cui eravamo tutti e tre insieme. – Ho bisogno di vederti, Hannah. Dobbiamo parlare. –

Attese qualche istante prima di rispondermi. Almeno non mi aveva chiuso direttamente il telefono in faccia. « Non credo di avere nulla da dirti. »

Ma io sì. Ed è importante. Riguarda tuo fratello. –

Sentii una smorfia, ma alla fine accettò. Ci saremmo viste l'indomani, ma quello che mi stupì fu il luogo da lei scelto.


 ***


Raggiunsi il Central Burying Ground intorno alle 10:00. Il caldo afoso non era d'aiuto, ma non potei fare diversamente, dal momento che non mi era sembrato conveniente scegliere da me il luogo di ritrovo. Temevo quell'incontro, ma Alexander aveva avuto ragione circa il fatto che fosse necessario. Non mettevo piede in quel luogo da quando Trevor era stato seppellito. Era un luogo di tale dolore che la sola idea di recarmici e vedere il suo nome inciso sulla lapide bianca mi sembrava insopportabile, soprattutto perché lui amava la vita e questa gli era stata ingiustamente strappata. Camminavo tra i sentieri, incontrando gente che piangeva, che pregava, che parlava con quei monumenti funerari nella speranza che quelle parole giungessero ai loro cari. Sentivo il cuore pesante ad ogni passo che facevo e quando finalmente raggiunsi la tomba del mio fidanzato, rimasi a fissarla fino a che non sentii dei passi dietro di me. Hannah, che aveva indossato un vestitino a righe bianche e verdi, si chinò a posare dei fiori, poi si chiuse in preghiera. Attesi, in silenzio, pensando che forse, avrei dovuto farlo anch'io. Ma la verità era che non sapevo nemmeno da dove cominciare. La sola cosa che riuscii a chiedere, dentro di me, fu egoista: Dammi la forza...

Tutto intorno, una folata di vento caldo sparpagliò le foglie verdi degli alberi secolari.

Ho saputo della conclusione del caso. – disse, senza voltarsi.

S-Sì... l'assassino di Trevor è stato ucciso. Il detective Wheeler, che era a capo delle indagini, ha posto fine a tutto. – dissi, incrociando le mani in grembo. Mi sentivo nervosa.

Aveva catturato Lucinda, vero? Ho ascoltato la conferenza stampa. –

G-Già... –

La vidi sollevare la testa bionda. La sua voce tremava. – E tu sei quasi stata uccisa. –

Abbassai lo sguardo. – Sono stata fortunata... sembra che non mi volessero ancora... –

Perché mi hai chiamato? Cosa vuoi da me? –

Cercai di regolarizzare il mio respiro. – Ho chiesto al Procuratore Howell di intercedere per far avere una medaglia al valore alla memoria di Trevor. Se il suo assassino... assassino di due bambine innocenti e di un uomo che aveva la sola colpa di averlo aiutato, è stato neutralizzato, il merito è suo. –

In che senso? –

Sorrisi amaramente al ricordo di quel video e sentii gli occhi gonfiarsi per le lacrime.

Quella notte, Trevor voleva chiedermi di sposarlo... e aveva attivato il sistema sperimentale di videosorveglianza per immortalare quel momento. Il suo assassino non sapeva dell'esistenza di quella videocamera, dato che Trevor aveva lavorato sull'ottimizzazione per avere una resa eccellente anche in presenza di un oggetto talmente minuscolo da non essere identificabile se non dagli esperti. E così, quando ha capito cosa sarebbe accaduto, ha fatto in modo che quel mostro si voltasse verso l'obiettivo, così che potessimo vederlo e identificarlo. Se l'abbiamo trovato, lo dobbiamo soltanto a lui. –

Le spalle di Hannah si strinsero. Mi sembrò improvvisamente piccola e indifesa.

Mio fratello... non è morto invano? –

Mi morsi le labbra fino a sentire il sapore del sangue in bocca, a quella domanda. – Per quanto questo non cambi le cose... no. È soltanto merito suo. Tutti noi gli siamo debitori. –

La sentii piangere. Aveva represso le lacrime troppo a lungo.

Mi dispiace, Hannah... mi dispiace tanto... avrei dato qualunque cosa pur di risparmiare a te, alla tua famiglia... a Trevor, questo destino. –

Hannah, singhiozzando, si voltò. I suoi occhi verdi, così simili a quelli del fratello, erano arrossati e colmi di lacrime. – Lui ti amava, Kate! Eri la sua vita! –

Scossi la testa, portando la mano alla bocca per soffocare il pianto. – Io... –

Questo non posso accettare! Che lui sia morto perché ti amava... e che tu... tu sia ancora qui, cercando di lavarti la coscienza! Voglio che tu ammetta, davanti alla tomba di Trevor, cosa realmente provi! –

Hannah, io... io... – indietreggiai.

Sgranò gli occhi, con una smorfia, agitando il braccio. – Ecco cosa sei... una codarda. Medaglia al valore? Cosa pensi che me ne faccia?! Per ricordarmi di quanto fosse coraggioso mio fratello? Beh, ti do una notizia: lo sapevo già. Lui non si è mai tirato indietro davanti a nulla! Al contrario di te! –

Guardai la tomba, pensando che Hannah aveva ragione. Trevor non aveva mai ceduto e, nonostante i nostri diverbi, non mi aveva mai lasciato affrontare nulla da sola. Anche durante il primo scontro con il Mago, lui era stato il primo a voler accompagnarmi. In tutto quel tempo trascorso insieme, Trevor aveva avuto coraggio. Anche quello di rischiare, perché aveva capito, prima ancora che io me ne rendessi conto, quali fossero i miei veri sentimenti. Quelle parole che mi aveva rivolto, nel video, ne erano la prova. E ora toccava a me essere onesta... e coraggiosa. Inspirai più volte, invocando tranquillità, poi guardai Hannah, che sembrò stupita dalla mia espressione. Quale che essa fosse, non sapevo dirlo.

Hai ragione. Hai ragione su tutto, Hannah. Nessuno ti ridarà mai tuo fratello. Nè ridarà a me una persona che è stata fondamentale. Una volta mi hai detto che non avevo cuore. Già... perché quel cuore, oltre vent'anni fa, se l'era portato via il suo assassino. A causa mia sono morte delle persone. Coloro che hanno avuto a che fare con me, hanno sofferto. Trevor non meritava di morire. Nè lo meritavano Lily e Daisy. Mi hai chiesto di essere sincera: tuo fratello è stato il primo amore della mia vita e sarà sempre un uomo importante per me. Ma possiamo solo andare avanti ora. Per lui, per chi non c'è più. Dopo la sua morte, ho provato un profondo senso di colpa. Pensavo che quello che era accaduto l'avevo meritato e che quindi, era giusto che mi sentissi così. Ma poi, poco a poco, mi sono resa conto che quella sensazione aveva radici più profonde. Io amavo Trevor... ma avevo cominciato a provare dei sentimenti anche per un'altra persona. E mentre rischiavo di perdere anche lei per mano del Mago, mi sono resa conto di amarla e di non voler rinunciare né a lei né a questo sentimento. Per questo motivo... non voglio più sentirmi in colpa. –

Hannah era sconvolta. Non sapevo nemmeno se quelle parole avessero senso per lei. Probabilmente, dovevano essere l'ennesima prova di quanto le facessi schifo. Alla fine però, fu lei a distogliere lo sguardo. – Lo sapevo... Trevor mi aveva detto che a volte ti vedeva distante. Ed era per questo che avevo cercato di fargli dare una mossa e chiederti la mano. Pensavo che così facendo avreste sanato le vostre divergenze... e invece... ho spinto mio fratello in un baratro... –

Tremava mentre parlava e io con lei, nell'ascoltarla.

Alla fine... sono io quella da biasimare... perché se non l'avessi incoraggiato a fare quel passo... forse oggi lui... –

No, Hannah! No, non è così! – esclamai, in tralice.

Trevor mi manca tanto... –

Annuii, percependo tutto il suo dolore in quelle parole. – Anche a me... –

Mi dispiace... – sussurrò.

Anche a me, Hannah... anche a me... – mormorai e mi sporsi ad abbracciarla. Il suo corpo, prima rigido, si sciolse poco a poco, scosso dai singhiozzi.

Passammo tanto tempo a piangere e a buttar fuori tutto ciò che avevamo dentro. E alla fine, davanti al luogo in cui Trevor riposava, ci incontrammo a metà strada. Entrambe sapevamo che probabilmente, non avremmo più avuto lo stesso legame di prima. Ma quantomeno, sembrava che fossimo riuscite a trovare un po' di pace. Parlammo ancora e Hannah volle tutto il resoconto di ciò che era accaduto. Sul finire, mi disse che avrebbe parlato con la sua famiglia della mia richiesta, ma ne avanzò un'altra, certamente più utile. Dati i successi di Trevor, sarebbe stato bello intestargli una borsa di studio, che potesse andare a chi, come lui, aveva dedicato la sua vita a migliorare quella degli altri. Fui d'accordo e le promisi che ne avrei parlato col dottor Howell al più presto. Quando ci separammo, non ci furono cerimonie. Ormai, avevamo preso due strade diverse, ma in qualche modo, sapevo che avrebbero continuato, di tanto in tanto, a incrociarsi. E quando questo fosse accaduto, avrei saputo che il merito sarebbe stato di Trevor. Prima di congedarmi, mi chinai sulla tomba e accarezzai la lapide, pregando che in qualche modo, gli fosse stata concessa la pace.

Quanto a me, una volta lasciato il cimitero, presi il primo autobus per Beacon Hill. E quando giunsi davanti al palazzo in cui abitava Alexander mi sentii, per la prima volta dopo tutto quel tempo, più serena. Come se ammettere ad alta voce i miei sentimenti fosse stato curativo, in qualche modo.

Sapevo che il suo turno sarebbe cominciato nel pomeriggio. Quando aprì la porta, scarmigliato per essersi allenato nonostante le ferite ancora visibili, la sua espressione sorpresa divenne, poco a poco, più consapevole. Non disse nulla, rimanendo in attesa che fossi io a dirlo. Aveva capito tutto da molto tempo. Eppure, aveva aspettato pazientemente.

Io ti amo... – dissi appena, sperando che il mio cuore ballerino non mi impedisse di risultare convincente e sentendo le guance bollenti.

I suoi occhi blu notte si aprirono a quella rivelazione, probabilmente non del tutto inattesa, ma di certo, in grado di suscitare il suo stupore.

E così... mi chiedevo se... se ti andasse di... ecco... stare insieme... –

Stavolta fu la sua bocca ad aprirsi in sorpresa. Fece per dire qualcosa, poi ci ripensò e prese un lungo sospiro, soffermandosi a guardarmi. Quello sguardo indagatore che conoscevo bene era davvero difficile da sostenere, soprattutto in quel momento, dato che mi sentivo più nuda e vulnerabile di quando lo ero stata per davvero, davanti a lui. Era incredibile pensare come a volte, persino l'intimità fosse più semplice dell'ammettere i propri sentimenti. Alla fine, le sue labbra si allargarono in un dolce sorriso, poi mi attirò a sé e mi strinse forte.

Soltanto tu potevi sconvolgermi la vita così... –

Appoggiando la guancia al suo petto, sentii il suo cuore pulsare e mi beai di quella sensazione, stringendolo anch'io. – Ti dispiace? –

No. Nulla mi dispiace se tu sei con me. –

Sollevai appena il viso e, mentre chiudeva la porta alle mie spalle, le sue labbra trovarono le mie. Avremmo avuto tanto tempo per parlare. Quello, invece, era il momento per tenere fede a una promessa. Finalmente insieme. Liberi.

 

 

 

 

 

 

 

***********************

Buona domenica!!

Approfitto del pc per pubblicare il finale del capitolo e per annunciare che il prossimo sarà l'epilogo. Non so se dividerlo in due parti perché è venuto fuori più lungo di quanto pensassi, ma non credo. 

Intanto, con questa parte, si chiude il cerchio per tante ragioni. Per me è stato difficile scrivere quest'intero capitolo, anche se, in un certo senso, l'alternanza tra dramma e momenti spensierati lo rendeva più lieve, ma quando si è verso la fine, la sensazione di esser giunti al capolinea e la necessità di ricomporre le compagini rendono tutto più difficile. Non so se questi ultimi capitoli vi siano piaciuti, ma sappiate che raccontarli per me è stato emotivamente impegnativo.

Ringrazio per il supporto come sempre e alla prossima settimana con l'epilogo! ç_ç<3

  
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