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Silver Wires
Era un tardo
pomeriggio del 1 Novembre, il cielo aveva preso alcune sfumature
rossicce ed
indaco, con le nuvole contornavano il vasto paesaggio sempreverde delle
Highlights scozzesi e il profilo delle mura centenarie di Hogwarts; il
vento
caldo autunnale soffiava debolmente tra le fronde degli alberi giganti
e le
foglie giallognole fluttuavano nell’aria come se stessero
ballando una danza
antica, per poi posarsi dolcemente sulle superfici ruvide di alcune
zucche dai
colori brillanti e vivaci.
Sebbene Halloween
fosse passato a malapena un giorno, maghi e streghe di tutte le
età cercavano
di sfruttare il loro weekend libero come meglio potevano:
c’era chi passeggiava
tra le vie affollate di Diagon Alley e vedere le vetrine che esponevano
le
migliori merci sul mercato, chi ancora andavano a visitare le varie
locande
tipiche scozzesi di Hosgmeade come I Tre Manici di Scopa che servivano
la
miglior Burrobirra del mondo o, addirittura, c’era chi
passava una giornata con
i propri familiari per riallacciare i rapporti.
Qualsiasi
motivazione poteva essere, Novembre era sicuramente il periodo adatto
per
tenersi le mani “occupate”.
Il
castello sembrava così vuoto e monotono
senza l’affluenza degli studenti più giovani,
eppure c’era una calma piatta
persino per i fantasmi che vi risiedevano in quelle mura da,
praticamente,
secoli.
Persino Yuugo
Glorybell, custode magonò di Hogwarts dalla dubbia
gentilezza, sentiva la
“mancanza” di quei mocciosi casinisti che creavano,
il più delle volte,
scompiglio; pover’uomo, non poteva sfoggiare nemmeno le sue
nuove catene di
rame, che disgrazia!
Era tutto
tranquillo.
Troppo tranquillo.
Tuttavia, nella
torre Est, più precisamente nella Torre di Astronomia,
echeggiò una risata
femminile cristallina ed allegra, seguito dai nitriti energici di un
cavallo e
lo scalpitio degli zoccoli.
-“Norman!
Norman!
Hai visto?”
Il ragazzo
guardava meravigliato la giovane Grifondoro mentre rideva spensierata e
cercava
di fare amicizia con il suo Patronus, che aveva preso le sembianze di
uno
splendido e maestoso Abraxan.
Le sue ali bianco-argento
evanescenti erano spalancate, mostrandosi in tutta la sua grandezza e
fierezza,
e aveva iniziato a scalpitare con gli zoccoli a mezz’aria,
proprio intorno alla
ragazza dai folti ed indomabili capelli rossi.
Poteva vedere
chiaramente i suoi grandissimi occhi verdi che brillavano di gioia, le guance
imporporarsi man mano per
l’emozione e le labbra che si arcuavano in un grande sorriso.
Caldo.
Raggiante.
Norman era senza
fiato.
La luce del
tramonto, che filtrava nella parte esposta dell’Osservatorio,
rendeva la sua
figura minuta splendente e pura, come
se
avesse ricevuto da
quella ragazza una
gentile carezza al viso, e i suoi capelli sembravano
ancora più rossi come le lingue di fuoco; con
la divisa rosso-oro sprovvista di mantello, le risaltava dolcemente le
poche curve
del suo corpo.
Seppur aveva la
tendenza di comportarsi come una maschiaccio e la predisposizione a
lanciarsi
in avventure pericolose, l’albino non ha mai smesso di
pensare quanto fosse la
strega più bella, dotata e geniale che abbia mai conosciuto.
Era talmente
assorto a guardarla giocare
con
quell’Abraxan evanescente, completamente euforica ed energica
per la grande
scoperta, da non ascoltare cosa stesse dicendo con tanta enfasi.
Si
lasciò scappare
un sonoro “wow” fra le sue labbra sottili.
Era, semplicemente,
se stessa.
Inizialmente, i
giovani Norman Minerva ed Emma Ratri si erano rifugiati,
all’insaputa di tutti
tranne per il loro migliore amico Ray Gracefield, verso la Torre di
Astronomia,
pensando che fosse un posto perfetto
per
poter studiare, indisturbati, un incantesimo difficile e complesso come
l’Incanto Patronus.
Erano più di
quattro/cinque ore che i due ragazzi avevano continuato a provare con
costanza
ed impegno quell’incantesimo di alto livello e dalla
difficoltà estrema, ma
senza nessun risultato concreto.
All’inizio, il
loro Patronus non avevano ancora assimilato una vera forma
“corporea” e il
ragazzo, con una scrollata di spalle, aveva pensato che fosse troppo
presto per
imparare un incantesimo tanto potente per degli studenti del
VI° anno.
Ma
Emma non era nel suo stesso parere.
L’aveva
osservata,
silente, per tutto il tempo e fino ad allora, non ha mai gettato la
spugna al
primo tentativo.
Nemmeno la
seconda, la terza e la quarta volta.
Una ragazza
davvero sconsiderata, temeraria fino all’eccesso e una gran
testa calda, eppure
rispecchiava perfettamente i tratti della sua Casa
d’appartenenza: era una
leonessa audace, determinata e forte.
Emma Ratri era
riuscita ad evocare uno dei Patronus più rari e potenti che
la comunità magica
avesse mai posato gli occhi e lui aveva avuto l’onore di
assistere a un tale
miracolo qui, proprio in quell’Osservatorio.
Ricordò
che suo padre William, un famosissimo Spezzaincantesimi che aveva fatto
il giro
del mondo per tanto tempo, gli confessò che aveva impiegato
vari anni per avere
la padronanza completa del suo Patronus corporeo, ovvero la sua civetta
delle
nevi.
Gli
aveva intimato che erano pochi i maghi e le streghe a saper eseguire,
senza
intoppi, un Patrono completo; certo, la maggior parte di essi tendevano a prendere le sembianze di
animali
assolutamente comuni, inclusi quelli inusuali.
Ma
tant’era vero che erano rari i casi in cui un mago o una
strega, su dieci,
riuscivano ad evocare una creatura magica, esemplare quanto
leggendaria, come patronus
corporeo.
Gli
rimembrò le testuali parole di suo padre.
“Un
mago o una strega che posseggono quella rara dote potrebbe avere un
vantaggio
in più rispetto agli altri… ma come sai bene,
Norman, a differenza degli altri incantesimi, l'Expecto Patronum è un incantesimo "soggettivo": può fare del bene quanto no; e chi possiede tale potere ha queste
caratteristiche
importanti: una mente brillante, unica del suo genere e che non si
ferma alle
apparenze e un’anima pura e forte, capace di
sopportare e di
affrontare ogni
avversità che le si presenta davanti...”
Un
piccolo sorriso increspò le labbra chiare.
Questa
descrizione rispettava, decisamente, il profilo di Emma.
Lei era veramente
incredibile, pensò l’albino.
Le iridi azzurre
rincontrarono nuovamente quelle verdi di lei, quest’ultima
gli sorrise così
genuinamente che temette di aver avuto un attacco di cuore.
Ah, quello
splendido e dannato sorriso che l’ha stregato completamente
in quasi cinque/sei
anni di conoscenza, finendo con l’innamorarsene.
Perdutamente.
“Perché
è così
carina quando mi sorride in quel modo?”
Arrossì
terribilmente quando mille pensieri, decisamente imbarazzanti, fecero
capolino
nella testa del Serpeverde, immaginandosi vari scenari di loro due
insieme,
fianco a fianco, persino fuori dalle mura scolastiche del castello.
Dovette fare
ricorso al suo alto
controllo per non
rischiare di svenire sul posto.
Gli tremò
debolmente il labbro inferiore.
Se Ray fosse stato
lì con loro e non in viaggio con la madre in Inghilterra,
come minimo lo
avrebbe preso in giro esclamando battutine fuori luogo come
“Sei così rosso che
potresti sostituire Rudolph.”, consapevole che provasse una
cotta stratosferica
per la giovane Grifondoro.
Che imbarazzo.
Sospirò
quasi
esasperato al pensiero del corvide ridere alle sue spalle sulla sua
“situazione
sentimentale”.
Il vento
scompigliò alcuni ciuffi dei suoi capelli chiari e bianchi,
avvertì una serie
di brividi di freddo lungo la schiena, battendo un paio di volte le
ciglia
infastidito dalla improvvisa corrente d’aria.
Borbottò qualcosa
riguardo la temperatura e che non ci teneva, assolutamente a beccarsi
una febbre
da cavallo.
Aveva avuto il
pensiero di riprendere il mantello poggiato accuratamente sulla sua
borsa e
quella di Emma, quando quest’ultima non lo chiamò
a gran voce.
Alzò lo sguardo
incuriosito.
-“Emma,
hai detto
qualcosa?”
-“Non
hai provato
a rievocare di nuovo il tuo Patronus?”
Negò
con un cenno
del capo, sorridendo abbastanza in imbarazzo realizzando più
tardi che la rossa
fosse vicina al sottoscritto, sebbene gli arrivasse a malapena al collo
per
quanto fosse alto nel suo metro e settanta, l’aveva comunque
colto alla
sprovvista.
Distratto com’era,
non si era nemmeno reso conto che il Patronus della grifone si fosse
dissolto
nell’aria.
Accidenti a lui,
aveva abbassato la guardia.
Emma aveva
sempre
avuto un talento naturale ad infilarlo in situazioni particolarmente
“inusuali”; all’inizio non ci aveva
prestato molta attenzione, innocua ed
ingenua com’era, tuttavia questo lo portò a
pensare che, prima o poi, la
ragazza avrebbe attentato, inconsciamente, al suo cuore.
Proprio come in
questo preciso istante.
Le sue gambe
tremarono così tanto come una foglia che temette di perdere
l’equilibrio,
tentando di mantenere la calma e il sangue freddo.
Doveva dire
qualcosa per non rimanere muto come un pesce e fare la figura
dell’idiota
davanti alla sua cotta era, decisamente, l’ultimo dei suoi
pensieri.
Andava bene
qualunque cosa, anche la più banale delle scuse.
Dopo vari secondi
passando a rimuginare su cosa poteva essere la cosa giusta da fare,
finalmente,
aveva trovato la soluzione al suo dramma interiore: doveva improvvisare.
-“C-credo
di aver
sbagliato qualche passaggio…”
-“Davvero?”
Aveva fatto
centro.
Si trattenne a
sorridere trionfante, scampato dall’imminente pericolo.
Dopotutto, anche se
stava cercando di non farsi scoprire dallo sguardo ammaliatore della
Grifondoro, non era tanto lontano dalla verità.
Inspira.
Sii composto.
Espira.
Sbatte’ più volte
le palpebre annuendo con un cenno della testa, stavolta più
sicuro di se’ e con
la voce meno tremante.
La grifone aveva
la sua completa attenzione.
Resta calmo e
non
fare mosse avventate stavolta, pensò lui.
Estrasse dalla
tasca nascosta dei pantaloni la sua bacchetta scura, con dei finissimi
ghirigori intrecciati color argento che
si estendevano fino alla punta e,
con
piccoli gesti della mano sinistra, mosse la bacchetta facendo
fuoriuscire a
malapena un piccolo sprazzo di luce bianco-argento.
-“Si,
ero sicuro
che bastava solo mi focalizzassi sul ricordo più felice o un
emozione che mi facesse
scaturire una grande quantità di energia
positiva… ma credo che non funzioni
del tutto.”
Emma
poggiò una
mano sul mento, arcuando le sopracciglia rossicce in un espressione
pensierosa
e buttando un occhio di tanto in
tanto
sulla bacchetta del serpe.
Per Norman, era
inusuale vederla con quello sguardo così concentrato e serio.
Pur non essendo un
talento naturale come il sottoscritto o una studiosa come Ray, lei era
capace
di imparare qualsiasi incantesimo, sortilegio o manovra su una scopa in
poco
tempo grazie la sua formidabile memoria e alle sua capacità
di osservazione,
che la portavano a vedere oltre, anche i piccoli dettagli.
Su questo aspetto,
non l’ha mai sottovalutata, anzi, la maggior parte delle
volte chiedeva sempre
a lei per dei
pareri su incantesimi
“particolari” che si usavano in Difesa Contro le
Arti Oscure o addirittura con
Pozioni che, in quel caso, richiedevano una concentrazione massima nel
prepararle.
Attese con ansia
il suo verdetto finale.
Inizialmente, la
grifone oscillò con un piede e un altro intorno
all’albino, fino a quando non
si fermò di colpo, interrompendo quella strana danza di
passi intrecciati.
Puntò
l’indice
destro contro la sua figura e un grande sorriso le illuminò
il volto,
nonostante fuori dall’Osservatorio il cielo stava iniziando a
scurirsi, bastava
la sua sola presenza ad illuminare d’immenso il suo cammino.
-“Due
sono le
cose, o tu sei distratto o il ricordo felice su cui ti stavi concentrando non
trasmetteva abbastanza
positività!”
Sobbalzò.
Adesso era lui ad
essere confuso.
Oscillò di poco il
capo, arcuando le sopraciglia chiare in un espressione dubbiosa.
-“Cosa
intendi
dire?”
-“Voglio
dire che
non era abbastanza efficace ed intenso. Magari ti sarai soffermato su
un
ricordo del passato di quando eri piccolo, o magari l’euforia
del momento… ma
non era forte abbastanza da scaturire quell’onda di energia
positiva.
Sappiamo che la
natura dell’Incanto Patronus è soggettiva, ovvero
tanto è l’intensità di quella
sensazione di felicità su cui si fa leva, maggiore
sarà l’efficacia del Patrono.
Giusto, Norman?”
Lui
annuì
velocemente.
La rossa
mostrò la
sua bacchetta.
Era di un legno
scurissimo con il manico intagliato di vari cerchi concentrici che, di
tanto in
tanto, alla luce del sole sembravano delle lingue di fuoco; presentava
alcune
sporgenze e non era del tutto dritta come le solite bacchette.
Con un rapido
gesto del polso, gli mostrò la giusta manovra.
-“Bene,
ed è anche
vero che a determinare la potenza e la riuscita
dell’incantesimo, non è tanto
il contenuto, ma la sensazione trasmessa da tale pensiero.
Perciò… credo che
sia abbastanza chiaro.”
Non fece in
tempo
a domandarle a cosa stava pensando che la rossa
si avvicinò quatta quatta all’albino
e, in
meno di pochi secondi, gli strinse dolcemente la mano libera, non
togliendo mai
quel dolce sorriso che aveva sul volto.
Sussultò.
Cosa stava
succedendo?
Aveva giurato di
aver intravvisto un leggero colorito rosso tra le gote della grifone
quando
percepì un calore confortevole tra le dita, ma forse si
sbagliava visto come
aveva iniziato a fare buio così velocemente.
Sì,
doveva essere
per forza così.
Non rischiava
solo
di impazzire, ma anche di avere un brutto infarto per quanta ansia
stesse
provando in quel momento.
Gli tremò il
labbro inferiore e la sua voce uscì a malapena come un
sussurro.
-“E-Emma…?”
La luce del sole
stava sparendo poco a poco, lasciando alle sue spalle un cielo
macchiato di
arancio tra alcune sfumature violacee e la figura purpurea della luna
fece
capolino in un angolo, illuminando debolmente i due ragazzi, intenti a
specchiarsi l’uno negli occhi dell’altra.
Quanto erano belle
quelle gemme preziose, incastonate a regola d’arte, in quel
viso androgino e
roseo?
Come se non
bastasse, il battito del suo cuore stava incominciando a martellargli
quasi
fastidiosamente al petto, le farfalle sfarfallavano energicamente allo
stomaco
e per un attimo pensò che, di lì a poco, avrebbe
avuto un infarto.
Smettila di
attentare così al mio cuore, pensò lui.
Com’era
finito ad
infatuarsi così profondamente di una ragazza
così, come dire, piena di risorse
rimase un gran mistero.
La situazione stava
prendendo una strana piega e quando pensò che niente poteva
andare peggio di
così, la rossa riprese la parola.
Era talmente
disorientato dal calore della sua mano e la sua vicinanza che gli
fischiarono
le orecchie, non potendo udire cosa gli avesse detto tentò
invano di domandarle
cosa gli avesse detto, ma Emma fu più veloce.
Con uno scatto
repentino, gli prese la cravatta verde-argento avvicinandosi poi
pericolosamente
al suo viso e come furono letteralmente “faccia a
faccia” il giovane Minerva
dovette fare del suo meglio per controllarsi a non fare pazzie, come
per
esempio saltarle addosso e baciarle la fronte, le guance e le labbra.
Dannazione, lo
stava facendo impazzire.
In tutti i sensi.
-“Non
devi
necessariamente concentrarti su un ricordo del tuo passato o un momento
specifico che ti è successo, magari potresti andare
oltre… puoi benissimo
immaginare cosa ti fa rendere tanto felice e spensierato da farti
spuntare un
sorriso… e che sia facile da tenerlo a mente.”
Gli
sussurrò
qualcosa vicino l’orecchio e poi, lentamente, lo
lasciò andare allontanandosi
di qualche passo da lui, senza però sparire davanti alla sua
visuale.
Non smise di
sorridergli amorevolmente nemmeno quando spalancò le braccia
in aria e, nel
mentre stringeva con forza la sua bacchetta, uscita fuori in vista per
l’occasione, gridò a pieni polmoni il suo nome
ridendo spensierata.
Stava iniziando a
fare freddo fuori e la raffica di vento era più forte
rispetto a prima,
tuttavia non sentiva niente sulla sua pelle nivea.
Non provava i
soliti brividi di freddo post invernali, se non un inspiegabile calore
che avvolgeva
completamente il suo corpo, il sangue che gli stava dando alla testa e
il cuore
che martellava terribilmente forte al petto, da lasciarlo quasi senza
respiro.
Che sia facile
da
tenerlo a mente, ripeté quella frase talmente tante volte da
diventare il suo
stesso mantra.
Arrossì
così
vistosamente, fino alle orecchie, che per un attimo divenne un grosso
ortaggio
da giardino, pronto per essere raccolto.
La vista si stava
offuscando ulteriormente e temette di svenire in quel preciso istante,
ma non
mollò; la luce della luna illuminò in parte il
suo profilo e le dita
incominciarono a pizzicargli dolcemente la pelle, e in quel preciso
istante, mille
immagini di lui e Emma fecero capolino davanti ai suoi occhi azzurri.
Dannazione, se
fosse morto sul posto, questo era decisamente il Paradiso.
Stava già
iniziando a compilare mentalmente il suo testamento.
Se la immaginava
così, la sua lapide: Norman
Minerva, 16
anni, giovane promessa nel mondo magico come aspirante Auror e figlio
del
talentuoso Spezzaincantesimi William Minerva, causa del decesso:
overdose di
dolcezza verso la ragazza di cui, non solo era pazzamente innamorato,
ma
provava anche una certa attrazione fisica.
Vari erano
momenti
in cui si stringevano la mano timidamente, si abbracciavano con la
felicità
negli occhi, si sfioravano curiosi verso l’ignoto e si
baciavano così
amorevolmente da fargli scoppiare il cuore.
Qualsiasi cosa potesse
solo vedere o sentire, il sorriso di Emma non ha mai smesso di
illuminare il
suo volto, come la forza di mille soli.
Vedeva non solo il
passato, ma anche il presente e il futuro.
Strinse forte la
sua bacchetta e senza nessuna esitazione, recitò la formula
tanto agognata.
-“Expecto
Patronum!”
Le prime cose
che
sentì in quel momento furono il nitrire armonioso di un
equino, seguito poi
dallo scalpitare degli zoccoli e una sferzata di energia positiva
soffiargli
quasi prepotentemente la faccia.
Poi lo vide.
Un raro esemplare
di Unicorno trotterellava allegro e con passi eleganti intorno
all’Osservatorio
e il lungo corno che spiccava sul muso affusolato della creatura magica
non
smise mai di brillare di luce propria.
Si guardarono per
un attimo negli occhi e fu solo allora che comprese cosa successe, in
quel
preciso momento.
Sorrise,
euforico.
Ce l’aveva fatta.
Aveva evocato il
suo Patrono corporeo.
Udì
la risata
trionfante della sua amata grifone, gridando entusiasta per la riuscita
dell’Incanto Patronus e con un rapido gesto della bacchetta,
fece capolino il
suo Abraxan che nel mentre stava facendo conoscenza con
l’Unicorno del giovane
Serpeverde.
Stremato, si
lasciò cadere all’indietro, senza però
smettere di sorridere.
Guardò il cielo ormai
scuro e puntellato di stelle per una miriade di secondi e come
sentì i passi
svelti di una allarmata Grifondoro di sua conoscenza, si
ricordò cosa gli aveva
sussurrato all’orecchio, portandolo ad imporporarsi
vistosamente al viso, fino
alle orecchie.
“Sono riuscita ad
invocare il mio Patrono grazie a te.
Ho ricordato tutti
i vari momenti che abbiamo vissuto insieme da quando ci
conosciamo… e ho
immaginato le nostre vite intrecciarsi ancora e ancora, come i fili
d’argento
presenti sulla tua bacchetta.
Qualunque cosa
stavamo facendo… eravamo insieme, mano nella mano.”
Angolo dell'autor*!
Prima che parta con le mie solite chiacchere di fanwriter, volevo specificare alcune cosine:
-Durante la trascrizione della raccolta, non ho potuto farli passare dall'occhio vigile della mia Beta Reader di fiducia, quindi vedrete i vari pastrocchi a livello di grammatica/sintassi/whatever ( le correzioni vere e proprie le vedrete direttamente quando si sarà concluso il contest.)
anzianità(?) non voglio sfotterla-Sto sperimentando alcuni format, visto che io e il computer ci bisticiamo su vari fattori e spesso lo schermo si mette a "sfarfallare" vista la sua troppo poverina.
-Non ero cert* di voler partecipare a questa iniziativa visto che sto attraversando un brutto, bruttissimo momento, ma mi sono volut* dare uno schiaffo morale a me stess* e buttarmi in questo nuovo viaggio.
Con questa premessa, passiamo subito agli affari.
La one-shot partecipante al contest di “Norember” , come ben vedete, è a cura di Standreamy, una fanartist fantastica che ho avuto modo di conoscerla su Instagram e che ha voluto estendere il contest anche per i fanwriters!
Che ragazza! (andatela a seguire e supportatela, per favore!)
Ad ogni modo, è tratta dalla serie che, dopo Banana Fish, mi ha fatto piangere tantissimo fino a sclerare male, malissimo: The Promised Neverland, e i protagonisti (indiscussi) che ci accompagneranno in questa raccolta di one-shots sono, niente di meno, che Norman ed Emma!
(...e ultimo e non per questo il meno importante, con la partecipazione straordinaria del magico AU di Harry Potter)
Specifichiamo una cosa: chi mi conosce bene, sa quanto mi diverta a fare i Crossover/AU con più fandom (tralasciando, ovviamnete, crisi di nervi e blocchi dello scrittore obv-)
Nonostante conosco i personaggi da, boh, un paio di mesi, oltre a mettermi paura di uscire troppo fuori dai loro caratteri, ho faticato parecchio a capire alcuni dettagli della trama, del tipo "Dove li smisto a questi qui?" (Norman stava benissimo sia in Serpeverde e in Corvonero, so, ho tirato a sorte lol) poi è capitato la scelta del loro Patronus.
Inizialmente ad Emma volevo farle appararire una leonessa/leopardo/ghepardo mentre a Norman volevo indirizzarmi sul gufo/civetta...
Ma ho voluto cambiare prospettiva.
Non serve che vi parli in che anno/secolo ho voluto "teletrasportarli" nell'universo potteriano, so, preferisco lasciarvi viaggiare con la vostra mente.
Piccolo avviso: la raccolta subirà vari ritardi e saranno più le volte in cui non riuscirò a rispettare le date di pubblicazione, ma tranuilli/e, gli aggiornamenti ci saranno; e più avanti, nella raccolta, potrebbe esserci una possobilità che si ripresenti di nuovo l'AU di Harry Potter... ma non vi dirò nulla ewe
Spero che vi sia piaciuta e avrete voglia di seguirmi per tutta la durata del contest!
Alla prossima,
Artemìs