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Autore: Sailor Silver Ladybug    02/11/2020    2 recensioni
Serie di What if su come Usagi e Mamoru potrebbero scoprire le rispettive identità.
Traduzione da un originale inglese. Rating variabile.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: Missing Moments, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima serie, Contesto generale/vago
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1. Lo steccato

Usagi si chiedeva da quanto tempo fosse lì, penosa, fredda, ed esposta. Poteva essere un anno... forse due, o dieci. Tre decadi... un milione di anni... e lei aveva FAME! Desiderò di avere un telefono, ma sua madre aveva detto che lei non "aveva mostrato abbastanza responsabilità". Davvero, solo perché ogni tanto dimenticava i compiti, e ok di solito non arrivava in tempo a scuola... o non si svegliava in orario. Ma cos'era una ragazza a fare? 
Lo equilibrava bene? Con tutta la cosa del dover salvare il mondo?

Non aveva un orologio, ma era passata almeno un'ora... giusto? Si chiese dove fosse Luna. La sua voce era rauca a furia di gridare aiuto, ma se Luna fosse arrivata e l'avesse trovata lei avrebbe potuto cercare... Oh, aspetta. No. Nessuno poteva scoprire che era in grado di parlare. Anche se... Mamoru aveva sentito la sua voce una volta, quindi forse non sarebbe svenuto se lei gli avesse mandato una gatta che - NO! Non aveva intenzione di cercare quel... quello… STUPIDO!

"Wow Odango" disse una voce tra le risate. "Sicuramente sai come ficcarti nei guai."

La mia solita fortuna! pensò lei desiderando selvaggiamente di poter fuggire via. Nonostante il forte desiderio di urlare e strillare, Usagi con molta calma disse, a denti stretti, "Mamoru-baka potresti aiutarmi per favore."
"Non lo so Odango," disse con voce strascicata "con te nel recinto, non ci sarebbe nessuno pronto ogni mattina a scagliarsi contro il mio petto. Potrebbe essere bello andare a scuola senza essere molestato."

Usagi sbatté i piedi sull'asfalto frustrata, con i denti ancora stretti. Non poteva dirgli nulla o lui non l'avrebbe aiutata, e iniziava a essere buio. Desiderò che lo Youma avesse colpito più vicino a casa sua, ma non poteva farci nulla se era finita in quella parte della città.
Sfortunatamente, mentre stava cercando di aiutare un cucciolo a liberarsi dalla staccionata dove si era incastrato col collare e si stava strozzando, era rimasta bloccata lei stessa, solo che lei era messa peggio. La testa, le spalle e un braccio erano da una parte del recinto, ma dal petto in giù era dall'altra parte, carponi, con indosso solo la divisa di scuola che per fortuna la copriva di più rispetto all'uniforme Sailor. I capelli erano orribilmente incastrati nel recinto, e qualcosa la tirava verso il basso. Forse la spilla, o altri capelli.

"A far del bene ci si rimette sempre!" borbottò sottovoce "Vedi se lo aiuto, il prossimo cagnolino!" Ovviamente l'avrebbe aiutato. Lo avrebbe sempre fatto. Non c'era modo che potesse girare le spalle a qualcuno che aveva bisogno di aiuto, persona o animale che fosse. Ma adesso le rimaneva solo sedere lì e ascoltare mentre Mamoru la prendeva in giro per quanto tempo lui avesse giudicato appropriato, prima di comportarsi come un essere umano.

"Da quanto tempo stai così, comunque? Pensavi forse che dall'altra parte avresti trovato il tuo cervello?" Mamoru continuava a sbeffeggiarla.

Lei rimase in silenzio. Se gli avesse parlato ad alta voce avrebbe strillato e allora sarebbe rimasta incastrata lì ed era buio e freddo. Voleva andarsene! Aveva provato, davvero, a non piangere, ma grandi e silenziose lacrime avevano iniziato a scorrerle lungo il viso e iniziò a singhiozzare lievemente. Si sentiva così misera, e voleva davvero soltanto andare a casa.

 
***

Mamoru si sentiva un idiota colossale. Quella povera ragazza stava piangendo per colpa di quello che aveva detto. Perché doveva sempre comportarsi da stupido con lei?
Si inginocchiò dietro di lei, o meglio una parte di lei, e iniziò a tirare i suoi capelli via dal recinto senza far volare una parola. Gli ci vollero almeno dieci minuti prima di spicciarli, ma lei ancora non riusciva a uscire.

Le andò dietro, la afferrò per i fianchi, e tirò. Ma lei si mosse solo quanto permetteva l'ondeggiare del recinto, per quanto lui tirasse più forte. Provò ancora, con più forza, e tutto ciò che ottenne fu un'erezione che non sarebbe sparita quando i fianchi di lei avrebbero colpito i suoi, e si immaginò a prenderla in quel modo. Vari altri tentativi non fecero altro che rendere la situazione peggiore per lui.
Alla fine le disse di aspettare un attimo, e scavalcò la recinzione in un punto poco distante da lei. Inginocchiandoglisi di fronte dovette infilare le dita tra il petto di lei e il fiocco, e un pezzo di metallo dentellato. Realizzò che aveva tutto il petto squarciato e sanguinante. E lui era stato uno stronzo totale con lei. Si sentì ancora peggio. Specie dato che stando così vicino alla sua scollatura si stava eccitando ancora di più.

"Quando hai fatto l'ultimo richiamo per il tetano?" le chiese con lo sguardo fisso sul metallo arrugginito, riflettendo se fosse il caso di portarla al Pronto Soccorso.
"Non lo so. Mi pare quando mi si è ficcato il chiodo nel piede. L'anno scorso credo".
“Ouch” doveva aver fatto male, pensò. “Beh, se è così recente non penso tu abbia bisogno dell’ospedale”. Si mosse, spostandosi fino a stendersi su un fianco così da poter guardare sotto la ragazza. “La tua spilla si è impigliata.” Mamoru iniziò a pensare a come slacciarla senza infilarle le mani nella camicetta, ma non aveva scelta. La punta che la teneva si era infilata, attraverso il fiocco, nella maglia. Le sue dita le toccarono il seno e lui arrossì nell’oscurità. 

Alla fine la spilla venne rimossa, e Usagi tirò fuori la mano per prenderla mormorando un “grazie”. Mamoru gliela diede, e lei la mise… da qualche parte. Un momento prima era lì e l’attimo dopo era sparita, un po’ come lui faceva apparire le sue rose, dal nulla. Usagi intanto provava ancora a liberarsi, e lui provò ad aiutarla, ma c’era solo una cosa da fare. Tirarle i fianchi. Accidenti!
Una volta che le prese gentilmente i fianchi, Mamoru tirò, e Usagi immediatamente balzò fuori all’indietro, sbattendo contro il cavallo dei pantaloni di lui. Mamoru si morse un gemito, e si alzò allungandole una mano per aiutarla. Poi, mentre camminavano in silenzio, si chiese una volta di più che cosa ci facesse lei in quella parte della città. Intanto, nella sua testa continuavano a risuonare le parole che le aveva rivolto.

“Mi spiace per quello che ho detto prima Usagi.” La sentì sussultare e, quando si girò a guardarla, la vide con la bocca aperta, sorpresa. Intanto continuava a chiedersi cosa lo spingesse sempre a trattarla così male. Che poi, se doveva essere onesto, a lui lei piaceva come persona. Era divertente e gentile e sveglia, anche se non lo dava a vedere.

“Uhm, tranquillo, va bene.” Gli sussurrò intanto lei. “Non sbagliavi mica sulla parte in cui ti inciampo addosso, è solo che faccio fatica ad alzarmi dal letto, non dormo molto, e sono sempre in ritardo la mattina, ed è come se tu fossi una calamita. Non penso, a parte te, di aver urtato due volte la stessa persona. E sei l’unico che su cui inciampo, sin da quando ci siamo conosciuti.” 
“Come mai non dormi abbastanza?”
“Beh tra gli incubi continui e i comb- cioè, sì ecco, incubi.”
Mamoru aveva colto il lapsus, ma non lo menzionò. Lei era peggio di un puzzle, e ancora non sapeva dove collocare il pezzo. “Che cosa sogni?” le chiese alla fine.
“C’è un ragazzo. Lui mi ama e io lo amo, ma c’è una guerra.” Usagi corrugò le sopracciglia, frustrata. “E c’è una donna crudele che mi attacca, ma lui mi si para di fronte e si prende il colpo. Muore tra le mie braccia, e subito dopo io prendo la sua spada e mi uccido. E muoio. Fa male. Tanto. All’inizio mi svegliavo urlando, ma ora pare che ci abbia fatto l’abitudine.”
“Mi suona familiare. Era un film? Quella donna, aveva i capelli rossi lunghi? E se guardi in alto c’è la terra in cielo, e non la luna?”
Usagi annuì. “Sì, ma non mi pare di aver mai visto un film del genere. Forse quando ero più piccola.”

“E perché sei in giro a quest’ora?” Mamoru era curioso. Aveva combattuto contro uno Youma appena un’ora prima di trovarla, e si era fermato lungo la strada in una libreria sperando avesse qualcosa sui cristalli. 
“Uh, ecco…” Usagi non riusciva a pensare a una scusa. “Avevo una cosa da fare… e poi c’era…” sospirò pesantemente prima di dire “Posso solo dirti che avevo un buon motivo?”
“Okay.” Mamoru si accorse che Usagi stava tremando. Ed effettivamente aveva iniziato a fare freddo, quindi la portò in un café vicino alla fermata dell’autobus. “Aspettiamo l’autobus qui”, e intanto ordinò per sé un caffè e per lei una cioccolata calda.

 
***

“Posso vedere il tuo libro?” chiese Usagi, notando il libro sulle gemme che sbucava dalla busta. “Prometto che te lo ridò”.
Quando le allungò il libro, lei sorrise per ringraziare e subito andò al glossario, sperando di trovare il cristallo d’argento menzionato. Trovò un cristallo di argento, tra quelli di vari colori, ma non era altro che un disegno tra tanti altri. Trovò poi i nomi dei Quattro generali. In quel momento, desiderò avere una penna per segnarsi tutto. Guardò di nuovo al titolo e decise che ne avrebbe presa anche lei una copia. Non aveva ancora pensato di cercare risposte in un libro.

 
***

Mamoru intanto era tornato con le loro bevande, e la stava guardando attentamente. Notò immediatamente cosa Usagi stesse guardando, cosa avesse cercato, e cioè il cristallo d’argento e i nomi dei generali. Chiuse gli occhi e sovrappose un’immagine di Sailor Moon sul volto di Usagi, e quasi rantolò quando se ne rese conto. Usagi era Sailor Moon!
Lei non gli aveva restituito il libro, e lui lo fece scivolare nella busta. “Non sapevo fossi interessata alle pietre preziose. Cosa ne sai a riguardo?”
“Poco e nulla. La mia è la perla…” rise. “Ma, come dire, mi ha incuriosita. Fra quanto arriva l’autobus?”
“Se è in orario circa tre minuti,” le rispose, indicandole la fermata. Per tenerla al caldo le aveva poggiato una mano sulla spalla. Usagi non gli aveva detto nulla e non lo aveva fermato, quindi Mamoru la lasciò lì fino all’arrivo del bus. Lei sedette vicino al finestrino, e lui scivolò accanto a lei, gustandosi la sensazione di tepore dei loro corpi vicini. Mamoru si immaginava benissimo le gambe di Usagi strette attorno ai suoi fianchi mentre… Scosse la testa. Essere adolescenti aveva i suoi lati negativi.

“Hai poi fatto quel compito di cui parlavi con Motoki ieri?” le chiese. “Hai detto che era per venerdì, giusto?”
“L’ho iniziato, ma mi confondo sempre con i tipi di parole. Qual è la differenza tra verbi e avverbi? I nomi sembrano facili… sarebbe bello se fosse tutto più facile da capire. Anche tu avevi problemi con Inglese?”
“Sì. Ci sono parole che si pronunciano nello stesso modo ma hanno significati diversi. Mi facevano impazzire. Ho odiato i test d’ingresso alle superiori per colpa loro” e rise. Parlarono fino a che non arrivò la loro fermata, e lui le chiese se voleva salire, per pulirle le ferite. Usagi si guardò il petto e fece una smorfia.

Mamoru viveva al diciottesimo piano. L’appartamento era relativamente piccolo, ma ben arredato, e tutto era nuovo. Usagi sedette sul bancone del bagno, così da non far piegare Mamoru. Il disinfettante pizzicava, ma ormai si era abituata a pulire ferite e tagli con l’alcool, che era anche peggio. Lui non disse niente alla sua non-reazione, ma la aggiunse a tutto quello che aveva imparato quella sera. Così come notò che le ferite, una volta pulite, sparivano.

“Dovrebbero guarire in un’ora, se sei veloce a guarire quanto me,” le disse, e aspettò di vedere la sua reazione. Sulla faccia di Usagi passarono varie espressioni. Sorpresa, confusione, irritazione, poi la realizzazione, e quindi shock, orrore, accettazione, e infine speranza.
“Sei tu?” chiese quindi eccitata, e lui annuì. Diede uno scatto e le apparve tra le mani la spilla. Lui fece lo stesso ed ecco che comparvero due piccole rose rosa. Mamoru sorrise, e le incastrò negli chignon di lei. “Oh grazie al cielo!” sussurrò Usagi “Adesso tutto ha senso.”
Lui la guardò di suggita “Cosa?”
Usagi arrossì di un rosa acceso e si guardò i piedi. “Cose da ragazze” mormorò. E lui capì. Le sollevò il mento e la guardò dritto negli occhi.
“No, cose da ragazza, ma anche da ragazzo.” Poi abbassò le labbra per incontrare gentilmente le sue. “Mi piaci anche tu in entrambe le forme. È il motivo principale per cui ti stuzzicavo” ammise. 
“Adesso la domanda è: dobbiamo dirlo a Luna?” disse Usagi quando si separarono. Mamoru tremò. Quella micia lo odiava, quindi lui votava no. Alla fine lei fu d’accordo, ma gli fece promettere di non arrabbiarsi se, per qualche ragione, si fosse trovata costretta a confessare. Parlarono poi per un po’ del perché stessero cercando il cristallo d’argento, e dato che entrambi lo dovevano consegnare alla principessa decisero che non avrebbero lasciato che i sospetti di Luna si mettessero tra di loro.
Poi lui la accompagnò a casa, e si offrì per aiutarla con Inglese, per stare ancora un po’ insieme.
E diventarono ognuno il mondo dell’altro.



Note della traduttrice.
Questo è il primo capitolo di una raccolta. Sono 16 OS auto-conclusive totalmente indipendenti l’una dall’altra (ce ne saranno solo due che avranno lo stesso avvio, ma si svilupperanno poi in modi diversi). 
Che dire, ragazzi. 
Ho iniziato a leggere fanfiction su Sailor Moon quest’estate (la sessione estiva fa brutti scherzi), e come mia abitudine ho sfarfallato un po’ qui su Efp, un po’ anche su fanfiction.net, e ho trovato questa serie di storielle leggere, un po’ come l’anime che, nonostante la sottotrama abbastanza complessa (non di comprensione, ma proprio ben costruita), presenta spesso episodi lievi, un po’ sciocchi, ma molto divertenti e assolutamente preziosi.
Io spero possa piacere a molti. Ho promesso all’autrice, Tori, che avrei tradotto tutte le OS, e così farò. Solo, ci metterò un pochino, perché l’università (a distanza, maledetta) me se magna.
   
 
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