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Autore: Carmaux_95    03/11/2020    11 recensioni
Diego corrugò la fronte e non riuscì a trattenersi: «E questa che roba è?»
«Pan dei morti. Piace molto ad Emilio.»
«Da quando Emilio parla di sé?»
«Non sai che fatica ho fatto per farmi rivelare la ricetta di sua madre!», continuò Maia.
Non erano semplici biscotti, per Emilio, ma dolci che sapevano di ricordi, di infanzia... di famiglia.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Milano quotidiana'
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2 Novembre

 

Robin appoggiò una mano sulla spalla del marito prima di sedersi al suo fianco, al tavolo da pranzo: «Vacci piano con il burro.»

Diego sollevò gli occhi dalla sua fetta di pane tostato: «Mezzo panetto è troppo?»

«Riservati un po' di spazio», rispose lei, sorridendo della solita ironia del compagno.

«Per cosa?» Un cenno del capo e Diego si volse verso la cucina, dove Maia, nonostante fossero solo le otto del mattino, stava già armeggiando da quasi un'ora. «Devo preoccuparmi?»

«Non più del solito.»

«Questo non è rassicurante», fece in tempo a sussurrare prima che la nipote emergesse dalla cucina con un vassoio che appoggiò con un teatrale “ta-da!” al centro del tavolo.

Diego corrugò la fronte e non riuscì a trattenersi: «E questa che roba è?»

«Pan dei morti.»

«Sì, l'aspetto è quello.»

«Sono ancora in rodaggio!», esclamò Maia, risentita.

«È un dolce milanese tipico di questo periodo», si intromise Robin per rispondere a Diego e placare gli animi.

«E tu come lo sai?»

«Viviamo a Milano da più di vent'anni, caro.»

Diego fece finta di niente e si rivolse nuovamente alla nipote: «Tu invece?»

«Piace molto ad Emilio.»

«Da quando Emilio parla di sé?», domandò l'uomo, addentando il suo pane tostato.

«Non sai che fatica ho fatto per farmi rivelare la ricetta di sua madre!», continuò Maia, ispezionando i biscotti appena preparati. «Non è difficile, in realtà. La vera rottura è andare al supermercato perché gli ingredienti sono tantissimi! Ma sono davvero buoni! Emilio me li ha fatti assaggiare qualche settimana fa! Questi mi paiono un po' più duri di quanto dovrebbero...», borbottò spezzandone uno a metà. «Sì: dovrebbero essere più morbidi. Ad Emilio sono venuti più morbidi quando me li ha fatti assaggiare, ma forse solo perché ormai padroneggia la ricetta.» Così dicendo ne assaggiò uno. «Però mi sembrano venuti bene! Il sapore non è male! No?»

Diego la osservò a lungo prima di rispondere: «Non riesco ad immaginare una conversazione tra voi due.»

«Perché?»

«Immagino più un tuo monologo.»

«Con me parla.»

«Quanto?», continuò, scettico e più interessato alla propria colazione.

«Non molto. Quanto basta.»

«Ah si? E cosa racconta di interessante?»

Maia incrociò le braccia sul tavolo con un sorrisetto sfrontato: «Per esempio che spesso chiedi a lui le soluzioni delle parole crociate.»

Come fosse stato colpito da un proiettile, Diego si bloccò e lasciò cadere lo spalmino sul piatto: «Piccolo bastardo infame e pettegolo! Questa gliela faccio pagare! La prossima volta che...»

Robin lo interruppe con un'occhiataccia: «Che senso ha fare le parole crociate se ti fai suggerire le risposte?! Dovresti vergognarti!»

«Che cazzo ne so io di chi ha vinto il premio nobel per la letteratura tre o quattro anni fa! Passa più tempo a leggere che a vivere, quel ragazzo: gli ho semplicemente chiesto un consulto

«Si dice così adesso? E quanto spesso gli chiedi “consulti”?»

«Resterei volentieri qui a farmi prendere per il culo», decretò Diego trangugiando il caffè avanzato e alzandosi. «ma devo andare, altrimenti faccio tardi al lavoro. Mi impacchetti un paio di quei pani cadaveri? Così li offro ai colleghi.»

«Inviti a cena Emilio, anche questa sera?», domandò Maia, entusiasta. «Voglio farli assaggiare anche a lui!»

«Vuoi offrirli o vuoi mangiarli tu?», indagò Roberta, consegnando al marito il piccolo incarto di stagnola.

«Quanta malfidenza: mi piace essere gentile con le persone... ogni tanto, così, per disorientarle.»

*

Recuperò il cellulare dalla tasca dei pantaloni e controllò le notifiche solo per constatare che la situazione era rimasta invariata: Emilio non aveva ancora risposto ai suoi messaggi, non li aveva nemmeno visualizzati.

Dove diavolo era finito?

Imboccò le scale e scese di un paio di piani, per raggiungere i laboratori della scientifica. Odiava la freddezza del loro aspetto: quei lunghi tavoli grigi ingombri di strumentazione e i camici bianchi indossati dai periti gli ricordavano un ambiente ospedaliero.
Non che il proprio ufficio fosse una tavolozza di colori, ma gli pareva comunque più accogliente. Forse dipendeva dal fatto che, per la prima volta, l'agente con cui lo divideva sapeva come tenergli testa e, di conseguenza, non aveva deciso – come tanti prima di lui – di rinunciare e chiedere il trasferimento dopo appena qualche mese.

Si guardò intorno e individuò uno dei tecnici – l'aveva visto spesso chiacchierare con Emilio – chino su un microscopio. Questo sussultò quando Diego lo chiamò: «Prima o poi ci lascerò un occhio», borbottò il ragazzo, trentenne da poco, coprendo l'oculare. «Posso essere d'aiuto?»

«Hai visto Emilio?»

«No, perché me lo chiede?»

«Sei suo amico, no?»

«Da parte mia sicuramente: è difficile capire cosa pensi lui in proposito.»

Diego sbuffò dal naso e adocchiò alcuni fogli appoggiati sulla scrivania, di fianco al microscopio. «Sono per il mio caso?»

«No, sono le analisi chimiche per un caso di rapina.»

«A che cazzo mi servi?», sbottò Diego allargando le braccia.

«A un cazzo di niente, a quanto pare...», biascicò il giovane mordendosi subito la lingua e cercando di restituire un po' di dignità alla conversazione, pur consapevole che Diego non si lasciava certo sconvolgere da così poco: «Volevo dire che non ho ricevuto alcun fascicolo relativo a uno dei suoi casi: forse Emilio non mi ha ancora consegnato il rapporto.»

«Amico, conoscente o solo collega, se si fa vivo me lo fai sapere?», tagliò corto il poliziotto, tornando al discorso originario.
Tutto sommato quel ragazzo non gli dispiaceva. Sì, trovava insopportabile la sua cadenza romana, ma non poteva certo fargliene una colpa. Era bravo nel suo lavoro e, all'occorrenza, disponibile e a Diego tanto bastava.

Tornò nel proprio ufficio e controllò ancora una volta il telefono. Nulla.

Scosse la testa e il suo sguardo cadde sul piccolo involucro di stagnola: lo aprì e assaggiò uno di quei biscotti. Constatò che, pur trattandosi della prima volta che Maia vi si cimentava, non erano affatto male.

Pan dei morti... com'era che in tutti quegli anni non lo aveva mai assaggiato? Peggio, com'era che fino a quella mattina non sapeva nemmeno della loro esistenza?

Mangiandone un altro boccone, controllò i documenti sulla sua scrivania. Ricordandosi della conversazione avvenuta poco prima, si avvicinò a quella del suo agente: avrebbe consegnato lui il rapporto di Emilio al perito della scientifica. Quanto meno non avrebbero perso un'intera mattinata di lavoro.
Aprì il primo cassetto, trovando, nascosta sotto un libro, la cartellina contenente la relazione sul caso sul quale avevano cominciato a lavorare un paio di giorni prima. Tirò fuori entrambi – “Ma quanti libri legge contemporaneamente?” – e dalle pagine leggermente consunte del romanzo, scivolò il segnalibro. Diego biascicò un'imprecazione mentre si chinava per raccoglierlo, domandandosi come avrebbe fatto a ritrovare la pagina esatta in cui era collocato. Se lo rigirò fra le mani e, osservandolo, si dimenticò della cartellina.

Non era un semplice segnalibro, ma una fotografia.
Era vecchia, ma il viso di Emilio – abbracciato dalla madre – sembrava inalterato.
Il sorriso del bambino di carta, tuttavia, sembrava diverso: più autentico di quello solito.
Non era un bugiardo, il suo cadetto, solo… criptico.
Diego non poteva ancora dire di aver imparato a decifrare i suoi silenzi, i suoi sguardi sfuggevoli o la sua condotta solerte quanto, a volte, faceta. Non lo pretendeva nemmeno.

Aveva molto di sua madre, Emilio: la forma del viso, la delicatezza degli zigomi, il colore dei capelli ma non quello degli occhi. Quel verde smeraldo doveva averlo ereditato da suo padre, chiunque fosse.
Ogni tanto Diego si domandava se, guardandosi allo specchio, ci pensasse.

Un pensiero improvviso lo colse e controllò che giorno fosse.

*

Non era stato difficile trovarlo: non c'era tanta gente, quella mattina, al cimitero. Probabilmente ci sarebbe stata più affluenza nel corso del pomeriggio, suppose Diego con incertezza: non aveva esperienza in merito.
Gli sembrava così strano che Emilio, al contrario, ne avesse: era una legge della natura che fossero i figli a seppellire i genitori, ma era un'ingiustizia della vita che si trovassero a doverlo fare a meno di vent'anni. Era un onere che aveva pesato gravemente sulle gracili spalle di Emilio che infatti, a distanza di quasi dieci anni, ancora faticavano a raddrizzarsi del tutto.

Lo trovò seduto in terra con le gambe incrociate di fronte al loculo contrassegnato dalla foto di sua madre.
Si domandò da quanto tempo fosse fermo, con lo sguardo fisso davanti a sé.
Si era recato lì perché voleva che ad accoglierlo, quando si fosse rimesso in viaggio per venire al lavoro, non fossero i messaggi di esagerati improperi che gli aveva lasciato sulla segreteria telefonica per sgridarlo del ritardo: se c'era un giorno in cui poteva risparmiargli le sue solite provocazioni, era quello. Eppure ora che si trovava lì gli sembrava inopportuno intromettersi in quel momento di intimità.

Lo vide stringersi nella felpa colto da un brivido di freddo. Doveva aver lasciato la giacca in macchina, forse non era sua intenzione soffermarsi lì così a lungo.
Diego non riuscì ad impedirselo: si avvicinò silenziosamente e, sfilatosi il giaccone, lo appoggiò sulle spalle del ragazzo.

Emilio si voltò di colpo, rendendosi improvvisamente conto di non essere solo, e si sarebbe alzato se Diego non lo avesse fermato: «Oh, io... mi dispiace, sono in ritardo: non mi sono reso conto dell'ora.»

«Non ti preoccupare. Sembri congelato: indossala bene.»

Emilio tentò di protestare, ma senza successo, per cui fece quanto detto, infilando le braccia nelle maniche – troppo lunghe per lui che era così più basso rispetto al suo superiore – e chiudendo la zip fin sotto il mento, beandosi silenziosamente del calore che lo avvolse immediatamente.

«Non c'è fretta», lo rassicurò Diego facendo il gesto di alzarsi per lasciarlo nuovamente solo.

Il ragazzo lo richiamò quasi subito: «L'ho comprata anche io.»

«Che cosa?»

«La candela.»

Tornando sui suoi passi, Diego seguì lo sguardo di Emilio, soffermandosi su una candela molto simile a quella che sua moglie teneva al centro del tavolo nel giardino di casa.

«Puoi continuare a fissarla quanto vuoi: non si scioglierà», gli aveva detto appena un paio di giorni prima.
Era la sera di Halloween e Maia, come aveva saputo che Emilio non avrebbe festeggiato ma che, semplicemente, sarebbe rimasto a casa da solo, aveva insistito perché venisse a cena da loro. Ormai Diego, dopo un paio d'anni di convivenza con la nipote – trasferitasi da loro per portare avanti gli studi a Milano risparmiando sulle spese di vitto e alloggio – aveva imparato che non aveva senso discutere: Maia sapeva convincere per sfinimento.
Non che gli dispiacesse avere ospiti, solo cercava di non darlo a vedere.
Avevano cenato in giardino, al calore delle lampade riscaldanti, ed Emilio era rimasto lì anche dopocena, osservando quel centrotavola luminoso alimentato da una batteria.

Emilio aveva sorriso – un sorrisetto sghembo, adesso che Diego ci ripensava – e l'aveva indicata: «Come ti sembra?»

«È una candela di plastica: come deve sembrarmi?»

«Ti piace?»

«È un buon compromesso.»

«Sì, ma... ti piace?»

«Sì, direi di sì.»

Diego osservò la fiammella semovibile e al led che, nascosta appena dalle pareti della candela, replicava la fioca luminosità di un lumino: «Ti piace?», domandò sedendosi di fianco al suo cadetto.

Gli occhi di Emilio si fecero lucidi: «No. La vostra mi piaceva, ma vederla qui... non mi piace più: è finta. Si vede che è finta. E mi sembra... sbagliato. Non dovrebbe essere finta...» S'interruppe per qualche istante, rincorrendo un pensiero: «All'inizio pensavo che fosse un peccato che il suo loculo fosse così in basso: si vede male e sembra quasi nascosto. Tuttavia, essendo a terra, ha una mensola più grossa rispetto agli altri: ci possono stare più fiori o delle candele... Ma le candele vere continuano a spegnersi: basta un alito di vento... e quando non è colpa del tempo basta che qualcuno ci cammini di fronte. Volevo solo che restassero accese...»

Emilio non parlava molto e faticava a rivelare qualunque cosa di sé. Diego, ascoltando quella confessione, non seppe cosa dire: la consapevolezza della fiducia che stava riponendo in lui mostrandogli quella fragilità lo colpì profondamente.
Rimase in silenzio, stringendogli una mano sulla spalla.

«È un buon compromesso», riprese Emilio, convenendo con le parole pronunciate da Diego ad Halloween. «È un buon compromesso tra la dignità di una candela e la praticità di una lampadina. Ma guardando l'insieme... mi sembra spoglio e squallido.»

Colto da un pensiero, Diego si guardò intorno, individuando subito quanto stava cercando. Si alzò in fretta e, altrettanto rapidamente, tornò da Emilio. Si abbassò sui polpacci, tenendo fra le mani un piccolo vasetto con un cespuglio di crisantemi appena comprato al baracchino che aveva adocchiato. Non gli piacevano particolarmente, come fiori, ma il loro significato era puro.

Allungò timidamente una mano: «Posso?»

Il ragazzo rifletté a lungo prima di annuire. Rimase in silenzio mentre il suo capo scostava i i gambi di quei fiori pigmentati per depositarvi in mezzo la candela: Diego si curò di comporli delicatamente, nascondendo la batteria del finto moccolo e lasciando che dalle corolle spuntasse il suo bordo pallido e sagomato ad arte che rifletteva una piccola contrapposizione di luci e ombre sui petali più vicini.

Forse non era un granché – non aveva la manualità né tanto meno la sensibilità di un artista – e per un attimo temette che Emilio avrebbe potuto reagire male. Quando si voltò verso di lui lo vide nascondere il viso per cancellare una lacrima dalla guancia.

«Non c'è vergogna nel dolore.»

Tornato al suo fianco, gli fece alzare un braccio e infilò una mano nella tasca della propria giacca, tirandone fuori i biscotti avanzati – ben pochi.

Forse era un'altra sciocchezza, ma glieli porse, in un taciuto, ma rispettoso omaggio: «Non saranno buoni come quelli che faceva tua mamma ma dietro ci sono tanta dedizione e affetto.»

Un sorriso, anche se un po' esitante, incrinò finalmente lo sguardo di Emilio.

Diego gli regalò una carezza veloce ma paterna sulla nuca e non parlò più.

Le dita del ragazzo spuntarono dalla larga manica del giaccone e accettarono uno di quei dolci che sapevano di ricordi, di infanzia e di famiglia. «Grazie.»

 

 


 

Angolino autrice:

Buona sera a tutti! ^^

Sarò rapidissima, un po' perché è tardi e un po' perché non voglio tediarvi XD

Avrei voluto pubblicare questa piccola storia ieri, in occasione del Giorno dei Morti, ma purtroppo non ho fatto in tempo e quindi eccomi qui con qualche ora di ritardo '^^

Dunque, in realtà non ho molto da dire a proposito di questa storia se non che mi è piaciuto approfondire un po' il rapporto tra Emilio e Diego ^^ E mi sono divertita a far comparire anche Roberta e Maia! ^^

Per quanto riguarda il pan dei morti, è veramente un dolce milanese tipico di questo periodo e che purtroppo scompare dalla circolazione appena dopo il ponte dei morti... cosa che mi fa soffrire immensamente perché io lo adoro! *___*

Per concludere, ho inserito un piccolo easter egg che forse troverà solo chi mi conosce da più tempo e ha letto anche altre mie storie AHAHAHAH chi l'ha individuato? :-P

Detto questo, ringrazio come sempre tutti voi che siete arrivati fino alla fine di questa storia!

Grazie a chi mi avrà dedicato qualche minuto del suo tempo e grazie a chi vorrà lasciare un segno del suo passaggio :-*

A presto!
Un bacione!
E buona notte ^^

Carmaux


 

P.S. Queste finte candele in simil cera o plastica esistono davvero... lo scrivo anche se forse è superfluo perché io ho scoperto della loro esistenza giusto l'anno scorso XD Hanno questo aspetto:
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