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Autore: Angelika_Morgenstern    05/11/2020    2 recensioni
Uno spettacolo è anche questo. Dedicato all'immenso Gigi Proietti, di cui chiunque abbia calcato un palcoscenico è rimasto orfano.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sebbene i vestiti pesanti non l'aiutassero, alla fine riuscì a calcare una riga abbastanza scura sull'occhio.

Con sguardo soddisfatto contemplò l'opera: la terra sul viso aveva reso la pelle più scura di parecchi toni, quel che bastava per far in modo che non risultasse traslucida sotto la luce dei riflettori mentre la riga nera spessa fino a tre millimetri sottolineava per intero l'attaccatura delle ciglia infoltite dal pesante mascara.

Del resto era così che bisognava fare, calcare il trucco il più possibile per dar modo a quelli più lontani di poter distinguere le espressioni.

Si calò le maniche a sbuffo sui polsi, afferrando il pesante vestito di panno per camminare in maniera più agevole, ricordando poi di passare prima la terza mano di rossetto sulle labbra, troppo chiare anche quelle per poter essere distinte dal resto del viso.

Erano anche fine, ma non ci pensava minimamente a darla vinta alla vanità riempendosi di botulino: l'espressione nel mestiere era fondamentale, la presenza di rughe aiutava parecchio.

Senza quelle eri un fallito.

Tirando le labbra in un ghigno tappò il cosmetico dai bordi rovinati, infilandolo nella borsa con tutti gli aggeggi buoni per la riuscita del travestimento: pigmenti vari, spazzole, ferro per capelli, una miriade di mollette sparse di varia grandezza. E poi gel, lacca e borotalco.

Chiuse delicatamente la zip della borsa, sistemandola ordinatamente sotto il giubbotto per poi voltarsi: qualcuno chiamava i suoi compagni a raccolta.

Cacciò il viso fuori dalla soglia della stanza per occhiare alcuni avvicinarsi con la mano tesa tra urla sguaiate.

— Daje, regà!

— Oh, merda!

— Merda, merda!

— Forza 'n po', 'namooooo!

E si ritrovarono tutti lì, stretti in un cerchio, esaltati dall'adrenalina, felici perché finalmente il loro progetto si sarebbe concretizzato. Serate su serate trascorse a provare, errori e discussioni, convivenze dure, sigarette, consigli richiesti e dati, vari grattacapi... finalmente tutto avrebbe avuto un senso, ore ed ore filtrate in appena una novantina di minuti, a dir tanto.

L'urlo coprì tutti i rumori provenienti dall'altra parte del muro che li divideva dal pubblico, che si zittì per un breve attimo, segno che avevano sentito il loro augurio.

— Merda! – all'unisono, tutti quanti, compresi i tecnici e chi si occupava degli sfondi. Perché quei mesi li avevano uniti come a diventare una famiglia, quella in cui erano nati legami speciali non d'amore verso loro stessi, ma verso una cosa in comune.

Una passione.

Scherzando e ridendo si diressero verso le scale, ovunque battute, pacche sulle spalle, sfottò vari, finché non arrivarono lì, nell'oscurità delle quinte.

Un sottile strato di compensato li separava dal loro palco oltre il quale c'era il baratro, l'oggetto di tutte le loro paure e preoccupazioni: il giudizio.

Qualcuno prese coraggio e salì per primo la scala in legno, che cigolò sotto il suo peso avvisando gli ultimi della fila che era giunta l'ora, non si tornava più indietro, come andava, andava.

S'infilarono nello spazio angusto calcolato giusto per far passare un essere umano e mezzo fino all'entrata principale, trattenendo il fiato quando andarono oltre la seconda entrata, quella coperta da un'impolverata tenda color vermiglio, attenti a non trascinarla con le loro vesti. Quale errore grossolano sarebbe stato, altrimenti!

E la tensione salì, tranne che per quel personaggio che per ultimo aveva concluso la propria sessione di trucco. Si appoggiò alla parete incrociando le braccia al petto, ricordando di muovere nelle espressioni più disparate la mascella al fine di sciogliere le tensioni facciali e traendo profondi respiri per aprire il diaframma. Senza quello non sarebbe mai arrivato nulla alle ultime file.

Non rimase comunque sordo alle esternazioni di paura dei suoi compagni. C'era chi pregava, chi imprecava, chi stringeva gli abiti, chi ripassava le battute... a questo invece era particolarmente indifferente.

Non era una recita, quello che accadeva lì sopra era tutto reale.

Non esisteva il pubblico, non c'era un palco, la sua quarta parete era sempre alzata, tutto era reale, tutto naturale. Anche il riprendere la battuta di qualche dimentico, perché erano ormai tutte impresse a fuoco nella memoria, accompagnate dall'espressività fisica alla quale teneva tanto.

E poi sentì le battute, la tensione salire, il momento arrivare, e quando il crescendo raggiunse il picco oltrepassò la soglia, gettandosi nella luce, offrendo il suo personaggio all'altrui svago.

 

 

- Angolino personale:

Ciao a tutti.

In mezz'oretta ho buttato giù questo pensiero, spinta dalla troppa tristezza che mi ha lasciato la scomparsa di Gigi Proietti. 

Ricordi e malinconia mi hanno letteralmente assalita, e non ce l'ho fatta più. Ho dovuto metterli in forma scritta per rimettere ordine nella mia testa e proseguire la mia serata in almeno una parvenza di tranquillità.

Dopo aver disegnato manga, dipinto, suonato un paio di strumenti, studiato danza, armeggiato con l'argilla, lavorato un minimo il legno, scritto molte storie - davvero tante! -, attorno al 2007 ho fatto un provino per una compagnia teatrale amatoriale, spinta dai miei perché degli amici avevano bisogno di comparse.

Una cosa odiavo fare: cantare davanti a tutti. Mi vergogno, tuttora lo evito nonostante sia intonata.

Nel mezzo del provino mi chiesero proprio quello, e vi giuro, avrei preferito farmi sparare, ma mi feci coraggio per non perdere la faccia, ed alla fine venni presa come personaggio secondario.

Fu una delle decisioni più belle prese in vita mia.

Si susseguirono un paio di corsi teatrali, altre due compagnie - se non tre - ed alla fine smisi tre anni fa circa perché convivevo e non ce la facevo coi soldi.

Una decisione sofferta. Avrei voluto riprendere, ma il covid me lo ha impedito.

Pensavo di fare qualcosa su youtube, ma sarebbe ridicolo, alla mia età.

E poi mi manca il palco. Tutto quello che accade lì per me è realtà. 

Non esiste finzione. Non ci sono remore, esce tutto fuori naturalmente.

Ricordo bene le ginocchia sbucciate, i gomiti spellati e i lividi che mi sono procurata improvvisando ed alle prove, perché se io cado, se io litigo, se sono incazzata, lo faccio davvero. Non mi pongo il problema di farmi male. Se la scena lo prevede, io mi faccio male.

Mi manca molto. Spero di poterlo rifare molto presto.

Dopo questo piccolo sfogo, vi auguro un buon proseguimento.

Ed un grazie immenso al Maestro Gigi Proietti, e a quanti come lui hanno e sapranno infonderci emozioni ed insegnarci l'arte della rappresentazione.

- A.

 

   
 
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