Steve quella mattina si
occupò dell’arrivo delle nuove reclute,
ragazzi pieni di voglia di mettersi in mostra. Si rivide in loro, ma
lui era
stato più intrattabile e scostante. Li salutò
senza essere severo, poi li osservò
e li divise in gruppi per affidarli ai vari sergenti,
preparò le cartelle di
ognuno di loro. Le avrebbe consegnate
al
dott. Roberts in
quanto il suo compito
era di vagliarne la salute.
Scambiò
qualche parola con
le reclute come era solito fare. Intanto
li valutava e dalle loro risposte decideva quale era la loro
attitudine. Era
attento, intuiva alcuni aspetti che altri non vedevano. Il loro modo di
atteggiarsi, le risposte rapide e precise, la determinazione, lo
aiutavano a
indirizzarli ai i vari incarichi. Era importante per lui sapere se
avevano
attitudine alla vita militare per non pregiudicare il lavoro che veniva
svolto
alla Cittadella, doveva scegliere tra un buon soldato e un futuro
ufficiale.
Così passò parte della mattina.
Verso
mezzogiorno decise di
andare dal dott. John sia per vedere come si era ambientato, sia per
portargli
le schede.
Lo trovò nel suo studio
intento a scrivere, bussò sulla porta
socchiusa ed entrò. John
alzò lo sguardo
colto alla sprovvista e si appoggiò sullo schienale della
poltrona pensieroso. Era
talmente immerso nello studio delle
cartelle che il bussare improvviso l’aveva fatto sussultare.
Alzò lo sguardo e
si trovò di fronte il sorriso divertito del maggiore Cooper.
John si appoggiò
allo schienale chiedendosi cosa ci facesse lì e gli fece
cenno di accomodarsi.
"Bene
dottore, vedo
che si è velocemente dato da fare, le ho portato nuovo
lavoro." Steve aveva
un’altro fascio di cartelle in mano che appoggiò
sulla scrivania.
Il
Maggiore si era tolto il
berretto e si era seduto sulla poltrona davanti alla sua scrivania.
"Beh! il mio precedente collega
aveva lasciato parecchio
lavoro arretrato." John
si era
innervosito fissando la quantità di cartelle cliniche da
esaminare. Si fece
improvvisamente serio, e si rivolse quasi seccato a Cooper.
"C'è però una
valutazione di un cadetto dell'accademia, fatta
dal mio predecessore, che mi ha lasciato perplesso. Forse lo conosce?
Il suo
nome è Reginald Norbury." John
era
stupito dal fatto che fosse sfuggita una cosa del genere.
Steve imbarazzato, lo
guardò poi si ricordò di quel ragazzo figlio
di una famiglia blasonata di Londra che lo voleva assolutamente nelle
guardie
della sovrana.
"È una storia complessa
dottore, credo che qualcuno abbia
chiuso un occhio sulla sua valutazione medica, la famiglia deve aver
fatto
pressioni perché rimanesse alla Cittadella." Steve attese la
risposta
risentita di John. E questa arrivò puntuale.
"Maggiore, non conosco il mio
predecessore, ma non passerò
sopra facilmente a questa storia. È mia
responsabilità la salute di questo
ragazzo, meglio un uomo vivo che un soldato a rischio ai servigi della
sovrana.
Può fare tante altre professione nell'esercito, meritevoli e
prestigiose, ma
adatte alla sua salute." John mostrava un piglio deciso che non
lasciava possibilità
di repliche.
Steve comprese che aveva di fronte
un uomo deciso e dai principi
solidi, con cui era pienamente d'accordo. E ne fu sorpreso, non disse
nulla
aspettando la seconda domanda che già temeva.
"Comunque, Cooper, dovrà
pur essere stata visionata da un suo
superiore questa pratica, il dottore non poteva fare tutto da solo. Chi
ha il
potere di decidere alla fine in questo posto?" Vide
Steve irrigidirsi, le spalle dritte.
"Se vuole delle risposte semplici
non ce ne sono dottore. Alla
fine tutte le scelte sono vagliate ai piani alti dove si trovano gli
uffici
della dirigenza. Naturalmente anche l'ufficio del Generale
Sovrintendente della
Cittadella." Steve
chiuse velocemente
l'argomento in modo secco, sembrava nervoso. Prese sgarbato il suo
berretto, lo
rigirò fra le mani cercando di trovare le parole adatte.
Vedeva chiaramente un
errore da parte della dirigenza e sapeva bene di chi poteva essere. Si
sentì
coinvolto e abbozzò un mezzo sorriso tirato. "Dottore facciamo
così, adesso è già
tardi. La accompagno in mensa, poi vediamo cosa si può fare.