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Autore: Petricor75    06/11/2020    1 recensioni
[Alien: La Clonazione/Resurrection Special Edition]
Questa storia è una postilla integrativa superfluff, in quattro atti, che segue la mia precedente fanfiction dal titolo Strangers in a Strange Land. Un particolare momento di vita quotidiana, da tre POV.
Grazie a: AwkwardArtist, GirlWithChakram, Reaperonzolo e Silvietta. ^___^
Alien e i suoi personaggi non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Strangers'
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"Sono qui, amore, è tutto finito... è tutto finito...", la consolò asciugandole il viso, mentre una fastidiosa sensazione le rendeva quasi doloroso l'atto di deglutire. Con la vista appannata scorse Call avvicinarsi esitante, mosse con urgenza i pochi passi che le separavano, mentre spostava su un fianco il corpicino avvinghiato al suo collo. "Vieni qui anche tu!", esclamò con fermezza, ancora ostacolata dal nodo alla gola. Chiuse gli occhi mentre le sue labbra si posavano, quasi rabbiosamente, sulla fronte della giovane, e le grosse lacrime che fino a poco prima velavano la superficie dei suoi occhi, indugiando sul bordo delle palpebre inferiori, come materia ferma nel tempo sull'orizzonte degli eventi di un buco nero, finalmente rotolarono giù veloci finendo chissà dove, ma non se ne preoccupò. Continuò a stringere le due finché notò un movimento ribelle da parte di Newt, che stava cercando di traslocare tra le braccia di Call…

"…per i tuoi pensieri…", si riscosse dal suo divagare, alzando il viso dalla mano a cui era appoggiata da un po'. Solo allora si rese conto che, nel frattempo, il suo arto si era intorpidito. "Cosa?", domandò sottovoce mentre allungava il braccio per permettere alla circolazione di scorrere più liberamente.

"A quanto pare è un detto che gli umani usano in situazioni come queste… un penny per i tuoi pensieri…", le sussurrò Call con un sorriso che le parve timoroso.

Sorrise distrattamente, distogliendo lo sguardo dalla ragazza per cercare, tra le stelle, un ordine ai suoi rimuginii. Nonostante la luna piena, il cielo terso e la lontananza dalla costa illuminata facevano sì che fosse possibile ammirare la volta celeste in maniera piuttosto nitida. Certo, lo spettacolo dallo Spazio Profondo era tutta un'altra cosa…

Tornò a voltarsi verso la giovane, cogliendo il luccichio dei suoi occhi e il suo profilo nella penombra, Si mosse con lentezza, per non svegliare la piccola figura accoccolata tra loro. "Quello che hai fatto… per Newt… per me…", esordì esitante, non sapendo bene che cosa voleva dire esattamente e come volvesse dirlo. "Ecco, sei stata fantastica…", terminò dopo una lunga pausa. Osservò la ragazza mordersi il labbro inferiore, come le aveva visto fare altre volte, un segno d'imbarazzo che la rendeva irresistibile al suo cuore, che prontamente perse un battito.

Cercò la sua mano e intrecciò delicatamente le dita con le sue. "Avrei dovuto dirtelo allora… quanto sei stata fantastica, quanto conta ciò che hai fatto, avrei dovuto farlo davanti a tutti… avrei voluto che lo vedessero tutti… che cosa siamo…", aggiunse, frustrata dalla difficoltà a esprimersi. Sperò che la giovane cogliesse ciò a cui stava girando intorno. "Stavo per… sai?", proseguì esitante. Una lieve carezza sulle sue dita, la incoraggiò a proseguire. "Ma questo… è talmente profondo…"

La giovane strinse la presa sulla sua mano e la guidò dolcemente verso di sé, l'altra espose istintivamente il palmo, per accogliere le calde labbra che vi posarono un lungo e delicato bacio. "Forse doveva essere un momento privato…", azzardò Call con un sussurro, adagiando la sua guancia sulla mano aperta. Ripley non si stupì che Call avesse capito perfettamente, quale fosse il "succo del discorso".

Un movimento all'altezza del suo ventre disturbò la magia del momento, una testolina si alzò voltandosi nella loro direzione e la piccola Newt si mosse per mettersi a sedere tra di loro, a gambe incrociate, stropicciandosi vigorosamente gli occhi. Un sorriso materno si aprì contemporaneamente sui loro volti mentre, una da una parte e una dall'altra, l'accoglievano accarezzandole dolcemente i capelli e il visino.

"Ciao!", disse la bimba con voce impastata. "Ciao!", rispose Ripley, mentre Call le faceva eco. "Ti abbiamo svegliata con le nostre chiacchiere?", domandò osservando la bimba alzare le spalle noncurante.

"Che cosa c'è piccolina?", chiese Call, notando l'espressione crucciata di Newt. Sentì Ripley muoversi vicino a lei, come se si fosse messa in allarme, all'idea che qualcosa non andasse nella sua bambina. Restarono in attesa, udendo un lungo e profondo sospiro. Due occhioni pensierosi che riflettevano il bagliore lunare le guardavano con un'espressione a metà tra il perplesso e l'indeciso. Poi, all'improvviso, la sua bocca si allargò in un sorriso radioso, l'espressione si espanse veloce anche al resto del viso, e la bimbetta si tuffò in mezzo a loro, abbracciandole con un vigore tale che entrambe strozzarono una risata nel tentativo si contenere la sua caduta libera. Schioccò un bacio prima all'una e poi all'altra, si raddrizzò con qualche movimento scomposto e dichiarò solennemente, "Credo che sia arrivata l'ora che vada a provare la mia stanza."

E prima che una delle due potesse anche solo pensare di replicare, gattonò rimbalzando sul grande materasso, saltò giù, raggiunse il pulsante accanto alla porta e lo schiacciò rumorosamente. Con lo stesso cipiglio varcò la soglia immersa nell'oscurità e immediatamente le luci nello stretto corridoio si accesero. Solo allora la piccola si voltò verso di loro, poi ancora guardò meditabonda la sua meta. Fece un respiro profondo, rivolse loro un'ultima occhiata alzando una manina in segno di saluto, pigiò la chiusura e schizzò via mentre ancora le porte si chiudevano scorrendo l'una in direzione dell'altra.

Con gli occhi ancora fissi sulla porta e un sorriso assorto, Ripley tese l'orecchio per assicurarsi che la bambina si sentisse abbastanza sicura da non avere ripensamenti riguardo al suo nuovo proposito. La riscosse il fruscìo di Call che le si avvicinava prendendole al contempo una mano.

"Se la caverà, vedrai...", sussurrò la giovane in tono comprensivo e incoraggiante, posandole un bacio leggero su una spalla. Dopo una lunga pausa, in attesa di qualche rumore proveniente dal corridoio e dintorni, si convinse anche lei.

Si chiese se, dopotutto, l'interruzione di poco prima avesse rovinato il breve dialogo che si erano sussurrate e decise di no, avvicinandosi a sua volta, fino a prenderla tra le sue braccia e stringerla a sé.

Da quando si erano riunite, non avevano praticamente più avuto occasione di ritagliarsi un momento da sole. Avevano passato i due giorni di viaggio dalle coste meridionali della Francia fino a quell'isolotto, familiarizzando con le funzioni e i comandi del Predator e analizzando le mappe delle zone, alla ricerca di una zona sicura, ove sistemarsi per un periodo indefinito, magari anche mescolandosi alla popolazione locale. E benché avesse accolto e si fosse goduta le pause di riposo in cui la piccola Newt era sempre con loro, solo allora ammise a sé stessa quanto avesse desiderato l'attuale momento.

Call si strusciò su di lei e le insinuò un'esile gamba nuda tra le sue, nell'intento d'incastrarsi col suo corpo, poi alzò lo sguardo sul suo e, a metà tra lo scherzoso e il timido esalò: "Dicevamo?", la donna accarezzò con amore il suo viso e con lo stesso trasporto le sorrise guardandola negli occhi e vide, come si aspettava, lo stesso, profondo sentimento negli occhi di Call.

A che sarebbe servito girare intorno a un concetto che espresso a parole poteva soltanto essere sminuito? A che servivano tante chiacchiere se ciò che conta è l'intenzione nei gesti ed è con quelli che alla fine si "sente" se le parole dette, promesse, dichiarate, giurate, urlate, sofferte, sono coerenti coi fatti? Così, l'unica cosa che le disse, con voce rotta dall'emozione, fu un semplice "Grazie, amore mio."

   
 
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