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Autore: Petricor75    06/11/2020    1 recensioni
[Alien: La Clonazione/Resurrection Special Edition]
Questa storia è una postilla integrativa superfluff, in quattro atti, che segue la mia precedente fanfiction dal titolo Strangers in a Strange Land. Un particolare momento di vita quotidiana, da tre POV.
Grazie a: AwkwardArtist, GirlWithChakram, Reaperonzolo e Silvietta. ^___^
Alien e i suoi personaggi non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Strangers'
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"Dove vai?", domandò Ripley con voce assonnata, tirandola a sé per la vita. Call lasciò che il contatto tra i loro corpi nudi si ristabilisse. "Il mare è troppo agitato, gli smorzatori del Predator faticano a compensare, vedo se riesco a rimediare.", spiegò sottovoce. La donna nascose il viso nel suo collo, "Lascia stare…", supplicò con gli occhi chiusi. "Ci metterò solo pochi minuti…", la rassicurò la giovane, distratta dai leggeri baci. "Ok, amore?", attese quieta, fino a quando la presa delle lunghe braccia si allentò e uno sbuffo di caldo fiato le solleticò le spalle. Scivolò giù dal materasso, recuperò i suoi slip in precario equilibrio sul bordo del letto e la canottiera appallottolata davanti alla porta del bagno, e uscì silenziosamente.

Albeggiava e a giudicare dalle onde, doveva tirare un bel vento, pensò, il cielo, però, era straordinariamente limpido. Decise di spostare la navetta sulla piccola isola, dopo aver valutato l'ipotesi di sistemarla al centro del pianoro, si convinse che un punto di osservazione più alto sarebbe stato più utile e pratico. Sul picco sorgevano i ruderi di un'antica costruzione, da lì si godeva di una vista a trecentosessanta gradi. Posizionò il Predator sopra le rovine, eseguì un giro completo sull'asse verticale, per avere un'intera panoramica dell'area e decise di orientare la plancia verso nord-est. Infine regolò i campi di forza manualmente, fino alla completa stabilità.

Soddisfatta, si appoggiò al comodo schienale e si voltò verso il monitor che mostrava gli interni della navetta. Un sorriso materno si dipinse sul suo volto mentre, al di là dello schermo, un piccolo essere umano dai lunghi capelli biondi giaceva rannicchiato, con le coperte tirate fin sopra le orecchie.

"È una mia impressione, o questa nave è più grande all'interno?", Ripley la raggiunse con passo deciso, "Avevo fame!", aggiunse per giustificare la propria presenza, Le stampò un sonoro bacio sulla guancia e le avvolse un braccio attorno al collo puntando al sistema di videosorveglianza. "La nostra piccola Newt se la dorme della grossa, eh?", giudicò voltandosi verso Call. "Cosa bevi?", domandò con enfasi, "Quello che bevi tu andrà bene anche per me.", rispose la giovane, colta di sorpresa. "Uhm…", fu la replica di Ripley, "Cosa mangi?", domandò con lo stesso tono energico, l'androide scoppiò in una risata divertita, "Quello che mangi tu!", rispose contagiata dall'entusiasmo.

La donna varcò la soglia che dava accesso alla zona dedicata ai pasti, raggiunse il replicatore e sfogliò distrattamente il menu visivo sul piccolo schermo, "Allora, è più grande all'interno, vero?", insistette mentre cercava qualcosa che le riempisse gli occhi, ancor prima dello stomaco. "Beh, tecnicamente no…", precisò Call storcendo la bocca, diciamo piuttosto che le capacità di mimetismo del Predator fanno sì che possa effettivamente dare l'impressione di esserlo, ma non è infinita come il Tardis, ha confini ben precisi, solo che può assumere l'aspetto di una piccola auto come di un grande autobus, oppure essere completamente invisibile…"

"Scusa… il… che?", la interruppe l'altra facendole segno di raggiungerla al tavolo. Dopo averci pensato per un attimo, sotto lo sguardo interrogativo della compagna, Call tagliò corto: "Ah, lascia stare, possiamo vederlo tutte e tre insieme, sono convinta che a Newt piacerà." Ripley accettò l'idea senza indagare oltre, azzannò un biscotto e diede un'occhiata verso la costa, osservando le gigantesche pale eoliche, tre delle quali erano ferme, notò, mentre le altre quindici giravano all'impazzata sotto il forte vento di grecale, "Piombino… che cosa dobbiamo aspettarci, se decidessimo di farci un giro?", domandò seria.

"Beh… vediamo… prima un po' di storia…", propose la ragazza, diede un lungo sorso al suo the fumante, "Questa non è mai stata una zona densamente popolata, siamo lontani dai grandi centri abitati, è stata una cittadina ricca per un periodo relativamente breve, grazie all'acciaio, le fabbriche vennero demolite verso la metà del ventunesimo secolo, una piccola parte fu rimpiazzata dalla centrale eolica, il resto fu bonificato e, a quanto pare, avrebbe dovuto sorgerci un grande villaggio turistico, come ce n'erano in altre zone costiere, ma poco prima dell'inizio dei lavori, l'industria dei sintetici prese piede, e il Pezzo Grosso abbandonò la società in fretta e furia, fece sparire una cospicua percentuale dei fondi, compresi i risparmi dei cittadini che con sacrificio avevano investito credendo nella riqualificazione."

Prese fiato e assaggiò i dolcetti. "Ecco il perché di quell'enorme zona boschiva tra le turbine eoliche e il porto.", aggiunse. "La natura ne ha ripreso possesso…", osservò con partecipazione la compagna. "Già… Per concludere, una grossa fetta della popolazione è rimasta a mani vuote, e molti di loro sono emigrati in cerca di fortuna, probabilmente finendo per lavorare per lo stesso pezzo grosso che li aveva derubati in casa propria. Chi è rimasto si è rimboccato le maniche, molti hanno implementato un altro progetto nato in concomitanza con la l'idea del turismo…", puntò il dito in direzione della centrale eolica, "Vedi quegli strani agglomerati a pelo d'acqua? Allevamenti di cozze e altri fasolari, sono la principale fonte di proteine per la popolazione locale. Insomma, tirano avanti come possono, sono dei sopravvissuti, risentono del clima politico generale, ovvio, ma rispetto ad altre zone popolose, qui c'è gente pacifica che sembra pensare ai fatti propri. Hanno conservato una specie di consiglio comunale, che provvede anche a mantenere l'ordine, del resto, l'anarchia non può essere contemplata in una società che vuole vivere in una parvenza di civiltà e comunità.", concluse. "L'essere umano è troppo egoista, avido, e assetato di potere.", osservò Ripley, "Beh, avremmo bisogno di una copertura, se vogliamo farci un giro…", ragionò raccogliendo le tazze ormai vuote.

"Ce l'ho io una copertura perfetta!", squittì una vocina inaspettata. Newt si arrampicò senza tante cerimonie sull'alto sgabello occupato fino a pochi istanti prima. "Ci ho pensato ieri sera mentre cercavo di dormire…", aggiunse concentrata, l'oggetto che stringeva in mano non la ostacolava particolarmente nell'impresa.

"Buongiorno, dormigliona!", Call sfoderò un sorriso curioso, "Sentiamo, allora!", la sfidò divertita incrociando le braccia e appoggiandosi alla compagna, che nel frattempo l'aveva raggiunta per dare udienza alla piccola.

"Allora: Tu sarai la mia mamma.", ordinò con decisione puntando l'indice della manina libera su Ripley. "Call, tu sarai l'altra mia mamma, perché mi hai adottato quando sono nata, e poi vi siete sposate." Le due si scambiarono uno sguardo complice, divertito e in parte imbarazzato, colte di sorpresa dal candore della bimba. "Mica poi siamo tanto lontani dalla realtà…", commentò a denti stretti e con aria sapiente Newt. Quando le due strabuzzarono gli occhi all'unisono, alzò le spalle in un atteggiamento innocente e le scappò una risatina nervosa.

"O… key…", balbettò la giovane. "Uhm…", aggiunse la compagna. "Beh… dovremmo lavorarci un po'… ma l'idea può funzionare.", concluse trattenendo una risata.

Si avvicinò alla piccola che si stava gustando un frollino con copertura al cioccolato, le accarezzò i capelli e le posò un bacio sulla sommità della testa. "E lui chi sarebbe?", domandò indicando la piovra violacea che la bambina stringeva per la morbida testa. "È una lei!", precisò la bimba, mostrando il pupazzo davanti a sé, i tentacoli molleggiarono languidi. "Si chiama Casey.", la presentò. Si morse il labbro, tutt'a un tratto, timorosa. "Lo so che mi avete detto di non usare il replicatore da sola, per adesso, ma io non riuscivo a dormire e non vi volevo svegliare!", si giustificò. "Ho studiato come lo avete usato in questi giorni, sono stata attenta, e infatti e non ho fatto pasticci, visto?!"

Le due adulte non riuscirono più a trattenersi e scoppiarono in una risata fragorosa, dopo un attimo di perplessità, la bimba emise un teatrale sospiro di sollievo che alimentò ulteriormente l'ilarità generale.

Il primo, vero momento, di totale spensieratezza che condividevano insieme, come una famiglia, una famiglia di fenomeni da baraccone, avrebbe detto qualcuno.

   
 
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