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Autore: AlexVause    06/11/2020    0 recensioni
[Killing Eve]
I 12 vogliono uccidere Carolyn, Eve e i due giornalisti che le hanno aiutate.
Ad aiutarli interviene Villanelle, che tiene a bada i sicari mentre si cerca un modo per evitare tali morti.
Tra Eve e Villanelle cresce un sentimento che qualcuno vuole fermare.
Cos'accadrà tra loro? Riuscirà Villanelle a salvare Eve dai killer mandati dai 12?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A volte l’amore non basta.
 
Capitolo 1

«Dimmi» Jamie si schiarì la voce «Carolyn non aveva deciso di mollare?» la voce dell’uomo risuonò nell’auto, fin troppo piccola per la sua stazza e quella di Bear.
«A dir la verità sì» rispose Eve alzando gli occhi da una serie di fogli «ma questo, prima di trovare, nella sua cassetta della posta, una chiavetta usb».
I due si guardarono intorno. In sottofondo il masticare continuo di Bear. Il giovane giornalista si sentì gli occhi dei due, addosso «Che c’è!» sbottò masticando delle Haribo «quando sono nervoso mangio».
Eve tornò a guardare i fogli «allora lo sei sempre» borbottò.
«Ti ho sentito sai».
L’auto con i tre passeggeri si fermò al limitare di un bosco. Avevano dovuto attraversarlo tutto. Una stradina impervia, li aveva portati sino a quella che sembrò essere una discarica con al centro un’abitazione dall’aria dismessa.
«L’ultimo indirizzo visitato da Kenny è questo» Jamie ruppe il silenzio.
La luce del giorno seppur nuvoloso illuminava quel posto rendendolo ancor più squallido.
«Dovrebbe essere l’abitazione privata di un certo Pierce Nichols» continuò l’uomo.
«I soldi dati al panda, a Frank, non possono venire da qui» Bear sembrava stranito «insomma, erano un bel mucchio di soldi. Poteva permettersi molto più di questo orrore».
«Spesso sono coperture» dissero all’unisono Eve e Jamie.
In quel luogo sembrava non esserci nessuno da un bel po'.
Eve toccò la porta che si aprì lentamente. Era aperta e questo era davvero strano. Forse l’avevano abbandonato perché sapevano del loro arrivo.
Un odore di bruciato invase le loro narici. Un pc portatile sul tavolo risultò carbonizzato.
Chiunque fosse quel Pierce, sapeva di essere stato scoperto.
Qualcuno sparò contro quella piccola abitazione in legno, colpendo la finestra della stanza dov’erano loro. Il vetro andò in frantumi. I tre si abbassano velocemente per ripararsi dai colpi che continuavano a imperversare dall’esterno. Jamie estrasse una pistola.
Eve lo guardò sbalordita «La sai usare quella?»
Lui si voltò verso di lei contrariato «Certo che sì!»
Si udirono altri spari a cui Jamie rispose rimanendo comunque nascosto
«Pensavate di farla franca bastar…» uno sparo e l’uomo non finì la frase.
Tutto tacque. I tre si sporsero alla finestra con cautela. Videro un cinquantenne a terra.
Dopo una breve attesa i colleghi improvvisati uscirono lentamente.
Una persona vestita di nero, con indosso un casco da moto, andò verso di loro a passo deciso.
Una pistola tra le mani.
Jamie le sparò. La persona in nero girò il capo. Fu un gesto fulmineo. Lo sparo aveva colpito il casco di striscio rompendo la visiera, ma l’aggressore sembrò imperturbabile.
Inclinò lievemente il capo a guardare Eve e la sua squadra, e avanzò nuovamente.
Uno sparo alle loro spalle, fece sobbalzare i tre che si misero a correre cercando di dirigersi verso l’auto, ma solamente Bear ci riuscì.
Il tizio con il casco non li seguì. Sembrò invece cercare con lo sguardo, la provenienza di quegli spari che non accennarono a smettere. Uno di quelli arrivò vicinissimo al suo piede. Guardò a terra poi alzò il capo e corse via.
Eve si riparò a ridosso di una lavatrice arrugginita. Un uomo le si parò davanti tra lei e l’auto. Corporatura robusta, carnagione olivastra e tatuaggi, le aveva sorriso come se avesse visto la sua preda.
Jamie era a terra.
«Io e te, ci divertiremo un mondo» viscido persino nella voce.
Eve inspirò cercando di controllare la sua ansia, preparandosi così a difendersi. Uno sparo seguito da un grido di dolore si udì poco distante.
L’uomo balzò su Eve con le mani al collo. Il respiro iniziò a venirle meno. La persona in nero comparve dietro il suo aggressore. Si tolse il casco e lo usò per colpirlo alla testa.
L’uomo inveì lasciando andare Eve ma, appena si voltò verso il “motociclista”, venne colpito al volto con il casco. Cadde a terra privo di sensi.
Eve indietreggiò. Non sapeva se esserle grata o aspettarsi il peggio.
Quando il proiettile aveva rotto la visiera, aveva ferito al volto il “motociclista”.
Il passamontagna mostrava solo gli occhi e parte del viso insanguinato e, quegli occhi verdi, ora la stavano fissando. Una mitraglietta a tracolla. La pistola era riposta nella fondina legata alla coscia.
Eve lo guardò e, appena questo posò la mano sull’arma lei gli si scagliò contro, riuscendo ad assestarle un paio di colpi, prima che lui l’afferrasse spingendola con forza a ridosso del container di metallo.
La figura in abito scuro le afferrò i polsi bloccandoli con forza. Era troppo forte per Eve, e se ne rese presto conto, non riuscendo a liberarsi da quella presa.
Il viso del malvivente si avvicinò al suo. L’ex agente dell’MI6 si dimenò, cercando di dare almeno una testata ma quel profumo…quel profumo le fermò il cuore.
Le labbra del suo aggressore si insinuarono lentamente sul suo collo, calde e morbide, dal tocco troppo lieve per essere di un uomo.
La persona in nero le tirò le braccia sopra la testa. Il respiro affannoso.
Eve sentì la presa venir meno, così si liberò afferrando la persona davanti a sé dal gilet nero militare e spingendolo con forza contro il container opposto. Un gemito di dolore sfuggì dalle labbra di quella che si rivelò, in effetti, una donna.
L’aggressore misterioso la colpì allontanandola da sé per poi spingerla con violenza verso una nicchia un po' nascosta, chiudendole le labbra con le sue.
Fu un bacio pieno di desiderio represso.
«Villanelle» bisbigliò Eve.
La donna davanti a lei non rispose. Continuò a baciarla con trasporto crescente, spostando le mani di Eve sui suoi fianchi.
«Dovremo smetterla di incontrarci così» le sussurrò quella voce che avrebbe riconosciuto tra mille.
Eve la strinse, paura che possa andarsene ancora.
Le mani di Villanelle le accarezzavano il viso mentre le labbra lentamente ricoprirono ogni centimetro del suo collo, dietro l’orecchio per poi tornare forti sulle sue labbra lasciando l’ex agente dell’MI6 senza fiato.
Eve le tolse il passamontagna rivelando il volto della bionda sorridente.
«Come sapevi che eravamo qui?» chiese poi.
Villanelle sorrise «Konstantin»
Eve improvvisamente si ricordò di Jamie, e s’incamminò verso il suo collega a terra. Fortunatamente era solo stordito.
Villanelle lo aiutò ad alzarsi e portarlo verso l’auto, accanto a dove Bear era rannicchiato.
La giovane dai capelli biondi guardò il ragazzo «Sei proprio esempio di coraggio» le disse con una smorfia buffa sulle labbra.
Mentre gli altri salirono in auto, un po' per riprendere fiato e un po' per calmarsi dopo quell’avventura al quale non erano abituati, Villanelle si fece da parte andando a recuperare il casco. Eve la seguì.
«Come stai? Sei ferita al volto»
«Solo tagli lievi, non ti preoccupare» la ragazza le sorrise «volevo vederti» le confessò in un sussurro, alzando lo sguardo sulla mora.
Le parole a Eve morirono in gola. Si leccò le labbra, pensando al bacio di poco prima, ma non riuscì a rispondere «Perché ti ha mandata Konstantin?» riuscì a dire.
«I 12 sono sulle vostre tracce» le rispose secca tornando verso l’auto. Si appoggiò alla portiera dal lato del guidatore «Carolyn vi aspetta a casa sua. Deve parlarvi».
Villanelle fece per allontanarsi ma Eve la fermò. Il cuore della bionda mancava sempre un battito quando la mora pronunciava il suo nome.
«Anch’io» le disse, guardandola desiderosa che si voltasse per poter vedere di nuovo il suo viso, ma Villanelle sorrise senza girarsi, lasciandosi i tre alle spalle.
 
Eve, Jamie e Bear arrivarono da Carolyn.
Konstantin aprì loro la porta di casa mentre l’ex capo di Eve chiese, in lontananza, se gradissero qualcosa da bere. Il rombo di una moto si udì subito dopo. Villanelle li aveva raggiunti su una Ninja nera.
«Adesso che ci siamo tutti vi posso aggiornare» disse Carolyn arrivando in salotto con un vassoio. Sopra c’era una teiera, delle tazze di tè e sul tavolino erano già presenti dei bicchieri e una bottiglia d’acqua.
«Servitevi pure, suppongo ne abbiate bisogno» disse loro vedendo Jamie con il naso sanguinante, Bear terrorizzato e Villanelle con dei tagli sul volto.
Konstantin portò un kit di pronto soccorso.
«Non sanguinate sul divano, è alcantara italiana ed è bianca» aggiunse la padrona di casa.
I quattro ospiti si guardarono. Conoscendo Carolyn era meglio optare per le sedie.
«Non la farò lunga. I 12 sono sulle nostre tracce. Un agente del KGB, un tale Kosoff Nicolaj, è riuscito a catturare qualcuno a loro molto vicino, un depositario, riuscendo a farsi dire che sono sulle tracce di un’agente dell’MI6, il suo ex agente e dei giornalisti che collaborano con loro. Sanno già dove abitiamo quindi dobbiamo sparire, stasera stessa» Carolyn fu a dir poco esaustiva.
Konstantin mise sul tavolo un contenitore «Telefoni puliti. La vostra destinazione è un punto d’incontro da raggiungere. L’ora e il luogo vi appariranno già nelle mappe» spiegò guardando Villanelle che, con l’aiuto di uno specchio, cercava di disinfettarsi le ferite.
«Altri ragguagli li avrete solo una volta arrivati al checkpoint» disse Carolyn guardando l’orologio.
Qualcuno suonò alla porta. La padrona di casa andò ad aprire. Stettero tutti in silenzio finché non tornò in salotto, assieme a Konstantin «E ora, il nostro pranzo».
 
Villanelle passò il pomeriggio a controllare tutte le telecamere poste sul perimetro dello chalet. Era davvero ben sorvegliato.
L’MI5 aveva messo a loro disposizione uno chalet in legno, situato nel cuore di una foresta. Per raggiungerlo ci vollero un po' di ore di viaggio, ma ne valse la pena.
La quiete era perfetta. Telecamere di sicurezza sorvegliavano, con sensori di movimento collegati ad allarmi e monitor, sia il perimetro esterno a quasi un km dallo chalet, sia quello più interno.
Con lo smartphone in mano stava finendo i suoi controlli tecnici, quando il viso di Eve balzò nei suoi pensieri. Chissà se avrebbe dormito con lei. In quel momento la fantasia galoppò in una sola direzione, senza accorgersi che qualcuno la stava osservando.
Konstantin le sbucò alle spalle, sapendo di coglierla alla sprovvista. La giovane sobbalzò contrariata per quel gesto.
«Sei distratta. Lo sei sempre da quando c’è lei»
Villanelle inspirò a fondo cercando di trattenersi «Lasciami finire il mio lavoro»
«Presto sarai fuori dai giochi. Non te ne rendi conto?» Konstantin e parlò con tono duro, ma Villanelle non sembrava stesse ascoltando.
Le afferrò il braccio voltandola verso sé «Presto sarai fuori» rimarcò.
La giovane killer alzò lo sguardo. Non l’aveva mai vista così seria.
«Sei tu che non ti rendi conto» sibilò «sono io che mi sto tirando fuori».
«Non te lo permetteranno»
Villanelle guardò colui che era al suo fianco ormai da anni. Avvicinò il viso vicinissimo al suo «vorrà dire che uscirò con il botto. Non pararti davanti alla mia strada Konstantin, né ora, né mai» finì la frase fissandolo in silenzio, prima di spintonarlo e ridere.
Lui, sembrò rilassarsi lievemente ma, s’irrigidì di nuovo quando lo sguardo di lei si legò al suo «non te lo dirò un'altra volta».
Konstantin a quelle parole abbassò gli occhi, notando che Villanelle aveva estratto dalla cinta un coltello da caccia, come a far capire le sue intenzioni. Coltello che ripose lentamente prima di riprendere i controlli sul perimetro.
 
Erano le due del mattino quando Carolyn, Eve e gli altri due arrivarono allo chalet.
«Agenti di copertura non ce ne sono, onde evitare passaparola o talpe. Abbiamo cambiato tre auto per venire sino a qui. La persona che mi ha indicato questo chalet è l’unica che sa cosa sta accadendo» spiegò la donna dell’MI6.
«Sarà meglio riposare. Saranno giorni duri» disse Konstantin accompagnandoli in casa.
Villanelle si stava lavando le mani, quando vide Eve entrare in cucina. sorrisero entrambe.
Lo chalet aveva tre camere da letto e la possibilità di aprire un divano letto in salotto.
Villanelle aveva il compito di garantire la sicurezza del posto e dei suoi abitanti, così decise di restare in salotto, in modo da raggiungere velocemente le telecamere qualora avesse suonato uno degli allarmi.
Gli ospiti erano andati a dormire da un po'. Villanelle era in piedi davanti alla grande finestra del salotto. La stanza era immersa nel buio.
«Non dormi?» la voce di Eve la fece voltare. Le sorrise dolcemente. Avrebbe voluto dirle tante cose ma, alla fine, non le disse nulla.
«Posso restare qui?» chiese l’ex Agente sperando in una risposta positiva.
«Solo se non hai armi con te» sorrise la giovane, alludendo all’ultima sua avventura con Eve su un letto.
La donna rise sdraiandosi. Villanelle si tolse le scarpe e le si mise accanto.
«Come stai, Eve?»
«Io? Tu piuttosto» Eve le toccò delicatamente i tagli sul volto «Fanno male?»
«Ti ho già detto che non devi preoccuparti» Villanelle sorrise afferrandole il polso e tirandola verso sé. I loro visi vicinissimi. Stavolta fu Eve a fare la prima mossa, baciandola dolcemente.
Villanelle fece una smorfia tenendo gli occhi chiusi.
«Che ti prende?» le chiese preoccupata.
«Mi aspetto una testata» rise la bionda prendendola in giro.
Eve salì sopra Villanelle spiazzandola. Non staccò mai lo sguardo dal suo, mentre le afferrò i polsi fermandoli poi sopra la sua testa, sul cuscino.
Un sorriso malizioso spuntò sulle labbra della bionda.
Eve si morse il labbro inferiore ripensando al respiro di Villanelle, quella notte in cui indossava il microfono. Pensò al sesso fatto con Hugo, immaginando di stare con Villanelle e adesso…adesso che è proprio lì sotto di lei si sentì spiazzata.
La giovane ne approfittò per ribaltare la situazione. Ora era Villanelle a essere sopra Eve.
Avvicinò lentamente il viso a quello della donna sotto di sé per baciarla dolcemente, quasi con timore che la mora l’allontanasse, ma questo non avvenne.
Eve la strinse a sé lasciandosi trasportare da quelle emozioni che aveva trattenuto sin troppo a lungo.
Il respiro caldo e affannoso seguiva i movimenti dei loro corpi. Le mani di Eve s’insinuarono sotto la maglia di villanelle, toccandole la pelle calda per poi graffiarle la schiena.
La giovane bionda trattenne un gemito, mordendo il collo dell’ex agente.
L’eccitazione salì alle stelle quando Eve sentì la mano di Villanelle sulla coscia e il corpo di lei muoversi sopra il suo. La sua mano sfiorò il seno della giovane e il suo cuore minacciò di non reggere. Fu il cervello a darle una brusca frenata.
«Oksana, aspetta» la giovane si fermò. Eve l’aveva chiamata con il suo nome.
«Ho fatto qualcosa che non va?» chiese quasi timorosa.
«No, no, è che, siamo in un salotto e…»
Villanelle non riuscì a trattenere una lieve risata «hai paura che ci vedano Eve?»
Quella domanda non ebbe risposta, non serviva. Villanelle si sdraiò sulla schiena stiracchiandosi.
Ad Eve sembrò di essere un’adolescente alla sua prima cotta. Si scrollò di dosso ogni fantasia di sesso senza riuscirci e, quando sentì qualcuno uscire dal bagno, si alzò dal letto.
«Dove vai?» le chiese villanelle.
«Ho bisogno di una doccia fredda…molto fredda»
 
La prima missione del giorno era Londra.
Carolyn ed Eve si dovevano incontrare con Ariel Pratt, una delle donne importanti nella scala gerarchica dell’MI5.
Trafalgar Square. Villanelle osserva da lontano Eve, mentre attendeva il suo ex capo in cima alla scalinata. Il telefono squillò. Una “E” sullo schermo, chiamata alla quale rispose sorridendo.
«Aspetto Carolyn poi andiamo alla sede dell’MI5. Ci sentiamo appena stiamo per uscire» Eve l’avvisò brevemente. Sapeva che la giovane era all’occorrente di tutto, ma aveva bisogno di sentire la sua voce, anche solo per un istante.
Villanelle però, non desse nulla.
«Villanelle?» la spronò Eve. Ci fu qualche altro istante di silenzio, dove la mora poté percepire lievemente il respiro della ragazza.
«Mento a me stessa ogni giorno, Eve. Fingo di non amarti e non voglio. Sto cadendo a pezzi in questa vita che mi sta stretta. È così difficile dirti, che solo tu riesci a farmi sorridere. È così difficile dirti che, ciò che sento dentro mi destabilizza. Il cuore batte come mai prima d’ora. Forse, dovremo solo provare»
Il cuore di Eve si fermò. Restò in silenzio a guardare la giovane, così tanto lontana da lei.
Carolyn arrivò in quel momento e furono costrette a chiudere la chiamata.
Villanelle rimase immobile a guardare le due allontanarsi.
 
Durante il pranzo si fermarono in un hotel dove avevano una camera prenotata a nome di Carolyn. Utilizzando dei portatili e degli smartphone che avrebbero tenuto in quella stanza, la usavano per poter telefonare e contattare utenti esterni. Se li avessero cercati i loro dati avrebbero indicato come posizione l’hotel e lo chalet sarebbe stato sempre un riparo sicuro.
Eve stava scorrendo le foto nello smartphone, alla ricerca di uno screenshot fatto ad un documento qualche anno prima. Il cloud era una meraviglia. Nonostante cambiasse telefono ogni 2x3, tutto ciò che vi era salvato all’interno restava per anni.
Cercando tra tutte le cose salvate, trovò un album di foto di lei e Niko.
Si ricordò di un’e-mail mai letta, inviata da lui proprio in quei giorni.
“Ti scrivo un’email perché non rispondi mai al telefono. Non so se tu lo abbia ancora o te l’hanno sostituito come al solito. Dopo tutto questo tempo, ne avrai già cambiati tre.
Ho pensato per molto tempo a noi. Ho pensato alla nostra vita insieme. Siamo stati bene. Abbiamo riso e ci siamo amati. Non voglio buttare via tutto ciò che abbiamo costruito. Ho avuto modo di elaborare ogni cosa. Tutto ciò che è accaduto…voglio rivederti Eve”
Eve sospirò a fondo.
Konstantin si avvicinò al tavolo dove la mora stava lavorando e vi poggiò una foto.
L’ex agente guardò l’uomo davanti a sé che la invitò, con un gesto della mano, ad esaminarla.
Dopo aver notato il soggetto guardò Konstantin con un sopracciglio alzato.
«Me l’ha data il mio contatto. È un grande amico. Ha voluto avvisarmi»
Eve guardò nuovamente la foto per poi girarla. Una scritta sul retro in cirillico.
«Significa corrotto» spiegò Konstantin guardandola fisso negli occhi «Fai ciò che devi» le disse.
«Cosa ti fa credere che io lo farò?» Quella domanda da parte di Eve fu fatta con tono di disprezzo verso quell’uomo.
«Lo so» sorrise lui prima di uscire dalla stanza.
Eve strinse il telefono. Avrebbe voluto che quell’oggetto fosse la gola di Konstantin.
Chiuse gli occhi, inspirò e, poi, rispose alla mail inserendo un numero di telefono che usava all’hotel.
«Hai già fissato l’appuntamento con Jess?» chiese Carolyn entrando nella stanza con un bicchiere di whisky in mano.
«Sto per uscire ora» ammise prendendo la borsetta.
 
Jess sorrise quando vide Eve arrivare. L’appuntamento era in una gelateria artigianale.
«Ti trovo davvero bene!» le disse la ragazza abbracciandola.
«Anche tu, sei magnifica» ed era vero. Eve la vide solare e bella «Com’è essere mamma a tempo pieno?»
Jess sorrise «Ti fa rimpiangere il lavoro» rise poi.
Villanelle entrò in gelateria. Jess la vide e s’irrigidì. Poi si rilassò vedendo Eve tranquilla. Allora era vero, stavano collaborando sul serio?
La giovane bionda ordinò un caffè prima di sedersi ad alcuni tavoli di distanza. Chiuse gli occhi, sospirò scostandosi i capelli di lato e si guardò intorno prima di affondare lo sguardo su un giornale. Con la mano estrasse il telefono dalla giacca.
Un sms arrivò sullo smartphone di Eve "🚗👂🤐".
Vedendo i simboli ad Eve scappò una risatina.
Jess spostò lo sguardo su Villanelle, notando solo ora quanto fosse bella. Un pensiero che si tenne per sé. Di lei aveva visto solo foto segnaletiche, ma dal vivo era tutt’altra cosa.
Non parlarono mai di lavoro. Sapevano della possibilità di essere ascoltate e l’sms di Villanelle lo confermò, così improntarono la conversazione su futili chiacchiere da amiche che non si vedono da tempo.
Parlarono di Niko, di come stava e di ciò che era successo.
Eve si alzò andando al bancone per poi tornare al proprio tavolo.
Jess le sorrise consegnando una scatolina chiusa con nastro di raso.
«Abbiamo battezzato nostro figlio, e ho pensato di portarti questo» i suoi occhi sinceri fecero sorridere ancora di più Eve che scartò il pensiero. Un piccolo cofanetto in ceramica con sopra un orsetto con biberon.
«Ma è bellissimo» e ne fu realmente sorpresa.
La cameriera portò una coppetta di gelato a Villanelle, sussurrandole una cosa all’orecchio che la fece sorridere. Poco dopo arrivò un sms ad Eve "😘" inutile dire che quando lo lesse un po' arrossì, non riuscendo comunque a trattenere il sorriso, che quando vedeva Villanelle, nasceva sempre spontaneo sulle sue labbra.
«È Niko?» chiese incuriosita Jess notando Eve arrossire, ma la mora accennò un no con il capo, poggiando lo smartphone sul tavolo.
Spostò lo sguardo su Villanelle che guardava il telefono sorridendo e, in quel momento capì.
«Ti vedo molto coinvolta Eve» il suo non voleva essere un rimprovero, ma solo una considerazione.
«Cosa?» rispose Eve distratta, senza smettere di sorridere.
La sua collega indicò con lo sguardo Villanelle ed Eve si pietrificò «No, no no, ti sbagli. Te l’ho detto che domani sera io e Niko usciamo a cena?»
La sua collega prese una penna e un tovagliolino di carta, scrivendo una cosa che poi passò a Eve.
“spesso, per non affrontare la realtà, le persone si raccontano delle buone bugie, a cui finiscono per credere
La ragazza si alzò «Spero non sia il tuo caso. Mi dispiacerebbe» le disse sorridendo
Eve si alzò abbracciandola per salutarla «A volte l’amore non basta» le sussurrò per poi andarsene. Aveva bisogno di restare sola, solo un attimo. Stava annegando letteralmente nei suoi pensieri.
 
Tornarono allo chalet prima di cena.
Eve mostrò la bomboniera a Carolyn che aprendola vi trovò una pennetta usb. Lo sapeva perché era il vero motivo per cui le due si erano incontrate.
Dopo aver cenato Villanelle si mise davanti alle telecamere, controllando i vari collegamenti.
Si sistemò bene davanti allo schermo quando vide Bear entrare nel bagno.
Un sorriso sulle sue labbra.
Attese che si mettesse a fare pipì. Il ragazzo dava le spalle alla telecamera ma, per ciò che Villanelle aveva intenzione di fare era sufficiente. Aprì una finestra nera sullo schermo del pc. Inserì un codice e premette invio. L‘allarme del bagno suonò così forte e all’improvviso che Bear sobbalzò dallo spavento, andando addosso al lavandino e sedendosi nel bidet. La giovane si mise a ridere e Konstantin, vedendo la scena, le diede uno scappellotto alla nuca rimproverandola. Lei fece una smorfia mimando un “noioso” con le labbra.
Eve non poté fare a meno di ridere, ma fu una risata che durò poco.
Konstantin uscì per fumare una sigaretta e la mora si accorse di essere sola con Villanelle.
Il petto le faceva male. Sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco, e la fatidica domanda non tardò ad arrivare.
«Non mi hai più risposto» le chiese Villanelle avvicinandosi a lei.
Eve notò Konstantin che le osservava dal giardino. La giovane si abbassò per darle un bacio e lei scostò il volto evitandola.
«A cosa?» chiese poi la mora fingendo di non ricordare. Serrò la mascella. Il cuore le martellava nel petto. Si sentiva soffocare.
Villanelle la guardò un po' risentita «Riguardo a ciò che ti ho detto…».
In quel momento il cuore di Eve si ruppe in frantumi. Sapeva che avrebbe fatto del male alla giovane bionda. Non avrebbe mai voluto, ma fece del suo meglio per risultare credibile.
«Sono ancora dell’idea che non sia vero nulla» tagliò corto riordinando le sue cose in una borsa porta documenti «avanti Villanelle, sembriamo due adolescenti. Finita la curiosità iniziale non ci resta nulla».
Villanelle stette in silenzio, ferma in piedi davanti ad Eve che riprese a scrivere su dei fogli come se tutto fosse normale.
La giovane si poggiò una mano sul petto, indietreggiò di un passo accennando un lieve “sì” con il capo, e poi si voltò. Stava per andarsene ma si fermò «perché lo stai facendo…» fece una breve pausa prima di voltarsi e incatenare lo sguardo a quello di Eve che, in quel momento, la stava guardando «…ferirmi».
Il vuoto. La mora non sapeva come rispondere. Non riusciva a dire niente. Si sentì morire ma non rispose.
Villanelle accusò il colpo, si voltò e se ne andò.
Eve non avrebbe mai pensato che vedere quell’espressione sul suo volto le avrebbe fatto così male. Mise una mano in tasca accarezzando con i polpastrelli una cosa che portava sempre con sé. “Perdonami” pensò.
Bear aveva assistito alla scena e appena Eve si voltò verso di lui le disse «Lo sai vero che adesso ti ucciderà?».
Eve non lo guardò nemmeno, si limitò ad alzarsi dal divano e passargli accanto a testa bassa borbottando «Tranquillo, lo sto già facendo da sola».
 
Eve entrò nello chalet dopo aver passato qualche ora fuori a pensare.
Nel salotto Villanelle non aveva nemmeno aperto il letto. Era sdraiata sul divano dando le spalle alla porta.
Eve le si avvicinò lentamente, guardandola. Avrebbe voluto abbracciarla, avrebbe voluto baciarla e scusarsi, dirle che era tutta una menzogna, ma non poteva.
Si chinò quasi a volerle dare un lieve bacio, ma di certo si sarebbe svegliata, così si limitò ad annusare il suo profumo.
«A volte l’amore non basta…» sussurrò con un filo di voce «…non basta» si alzò andandosene.
Villanelle, occhi aperti a fissare lo schienale del divano, sentì tutto. Chiuse gli occhi. Una lacrima le scivolò timida sulla guancia.
 
Quando Eve scese le scale, il mattino seguente, Villanelle non c’era.
«Ha un altro incarico da svolgere» le disse Konstantin che sembrò intercettare i suoi pensieri.
«Oggi avete giornata libera. Stiamo analizzando tutte le informazioni in nostro possesso. Appena ho qualcosa di concreto ti fornirò tutto» Carolyn informò Eve «vai a rilassarti, trovati con gli amici, esci, fa ciò che vuoi ma non ti eclissare qui. Per ora sei al sicuro. Organizzeremo qualcosa di interessante fra qualche settimana» le disse poi invitandola ad uscire per svagarsi.
La sera scese in fretta, nonostante tutto. Eve aveva passato la giornata in hotel a farsi un bagno caldo e soprattutto a pensare. Si preparò per la serata ed uscì.
Niko la passò a prendere. In un completo elegante aveva sempre fatto una bella figura. Si era pure rasato i suoi baffi storici. Le dava l’idea di un nuovo inizio.
«Ci siamo conosciuti in una serata come questa» bisbigliò. L’operazione riuscì a salvare le corde vocali, ma i danni subìti l’avevano ridotto a parlare sotto voce.
«Ti venni a prendere davanti ad un hotel ed uscimmo a cena» continuò.
Eve sorrise «Come stai?» lo guardò dolcemente accarezzandogli un braccio, si sentiva in colpa per tutto ciò che gli era accaduto.
Arrivano in un bel ristorante, rivivendo ricordi del passato e passando davvero una bella serata, anche se dentro Eve sentiva un vuoto che non riusciva a colmare.
Buon cibo, buon vino, bel luogo e forse per qualche istante nessun pensiero.
Niko l’accompagnò davanti all’hotel. Forse si aspettò l’invito a salire, ma ciò non accadde. La baciò teneramente sulle labbra mentre le teneva le mani nelle sue, chiedendole di vedersi ancora. Una lieve supplica, un dolce desiderio espresso in un sussurro.
Eve gli sorrise accennando un sì silenzioso con il capo.
Restò ferma in piedi mentre lui se ne andò.
«Niko» udire la sua voce pronunciare quel nome le fermò il cuore.
«Villanelle…» iniziò Eve, ma la ragazza la interruppe.
«No. Non andare oltre. Non voglio ascoltare»
«Villanelle…» Eve riprovò ma lei la interruppe nuovamente.
La giovane si morse il labbro inferiore, sorrise stizzita e disse «Per domani, Konstantin vuole vederti alle 10 al Palace. Volevo solo dirti questo» inspirò a fondo «non avrei mai immaginato che mi mandasse a vegliare su di te, mentre fai una cenetta romantica con il tuo ex» il labbro inferiore parve tremare ma ecco che sul viso di Oksana tornò quella maschera, quella di Villanelle.
«Villanelle, lui non c’entra nulla. Lascialo fuori da tutto questo» Eve provò ad afferrarle un braccio, ma la ragazza si scostò.
«Non toccarmi!» Sibilò. Fece un passo indietro «Vorrei non aver mai imparato a volare» un flebile sussurro il suo, la voce incrinata «D’ora in avanti sarai sola» l’avvertì. Si mise le mani in tasca e se ne andò.
Sola. Quella parola fu come una coltellata. Sola.
Eve salì in camera, aprì la porta e Konstantin sbucò dalla stanza accanto «Hai fatto ciò che era meglio per lei. È diventata un bersaglio a causa tua».
«Esci di qui Konstantin» il suo fu quasi un ruggito.
L’uomo la guardò compiaciuto «In fin dei conti lei non può darti nulla».
«Esci!» gli gridò tenendo la porta aperta.
Konstantin alzò le mani in segno di resa e se ne andò.
Eve chiuse la porta alle sue spalle, si sedette a terra e pianse. Mentre le lacrime bagnavano il suo viso, tirò fuori dalla tasca una cosa che portava sempre con sé: un cuore. Lo premette e la voce registrata di Villanelle si udì dire “Ammettilo Eve, vorresti che io fossi lì”
  
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