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Autore: Gatto1967    07/11/2020    3 recensioni
Dopo la morte del suo amato Stear, Patricia O'Brien si è ritirata a vivere in Florida insieme a sua nonna Marta. Cosa ne è stato di lei?
è riuscita a dimenticare il suo dolore?
Ha ricominciato a vivere?
Questa one-shot ce lo racconta...
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: questa storia è un what if che riprende l'opera originale di Kyoko Mizuki, i cui diritti d'autore sono detenuti da autrice e casa editrice. Non ho diritti sui personaggi nè tanto meno sulla storia originale che vado a modificare. Non c'è scopo di lucro in questa mia storia, per tanto non lede ai diritti d'autore.

 

Ghost



Patricia O’Brien si accingeva a chiudere i battenti della sua edicola vicino alla spiaggia di Miami, dopo l’ennesima giornata trascorsa dietro il bancone a vendere giornali ai residenti e ai numerosi turisti che affollavano la città.
-A domani signorina O’Brien!- la salutò con voce squillante Timmy, il ragazzino dodicenne che consegnava i giornali a domicilio per lei e l’aiutava ad aprire e chiudere l’edicola ogni giorno.
-A domani Timmy…- rispose lei con una voce che tradiva la stanchezza accumulata anche in quel giorno di fine agosto.
Ormai l’alta stagione estiva volgeva al termine, e per quanto Miami godesse di un clima favorevole più o meno per tutto l’anno, l’afflusso dei turisti sarebbe notevolmente calato, e forse anche lei avrebbe potuto riposarsi un po’.
Da quando era arrivata in Florida, Patty aveva indossato un costume da bagno soltanto tre volte, e con il caldo estivo della Florida quel mare azzurro davanti ai suoi occhi, era un vero e proprio supplizio di Tantalo.
Sospirò guardando il mare e si incamminò verso casa, quella casa che fino a un anno prima aveva condiviso con sua nonna Marta, venuta a mancare proprio un anno addietro, in quegli stessi giorni di fine agosto.

Mentre percorreva la distanza dall’edicola fino a casa sua, Patty si ritrovò a pensare a Timmy: quel ragazzino così vivace e intraprendente le ricordava molto la sua amica Candy. Anche lui infatti era un orfano anche se era stato più fortunato di Candy. Viveva infatti con una zia che lo adorava e che lui aiutava a sbarcare il lunario lavorando qua e là.
Quando lo aveva visto per la prima volta era stata un po’ diffidente, nonostante la sua bontà d’animo e la sua predisposizione all’accoglienza, aveva diffidato di quel ragazzino nero che le si era presentato all’edicola a chiedere di poter fare qualche lavoretto per lei, ma ormai Timmy era una presenza fissa per lei, un riferimento indispensabile che l’aiutava con il lavoro.

Arrivò presto a casa. Fuori il sole si accingeva a tramontare, e lei dopo essersi fermata a fare un po’ di spesa a un negozio di alimentari, salì le scale che la portavano al secondo piano del condominio dove viveva dal giorno in cui era arrivata in Florida ben dieci anni prima.
Ricordava sempre con tenerezza quel periodo, quando insieme a nonna Marta aveva abitato dapprima in una pensione, e poi in quel piccolo appartamento.
Ricordava anche la furiosa litigata avuta con i suoi genitori, arrivati in Florida col preciso intento di riportarla in Inghilterra, ma lei con l’appoggio di nonna Marta era voluta a tutti i costi rimanere in Florida.
Ricordava l’edicola della vecchia signora Brown, che lei e nonna Marta avevano rilevato quando la signora era andata in pensione.
Da allora la sua vita era stata quella: il lavoro all’edicola e le serate in casa con sua nonna. In tanti anni che abitava a Miami non era riuscita a farsi amici, lei così timida e schiva non aveva trovato un’altra Candy a spronarla e darle forza. D’altra parte poi, il suo lavoro la prendeva completamente.

Si sedette sulla sua poltrona favorita per ritemprarsi un po’ dopo l’ennesima giornata passata dentro la sua edicola. Ormai quelle quattro strette pareti erano tutto il suo mondo, tutta la sua vita…

Senza accorgersene si appisolò, e nel dormiveglia si sentì chiamare.
-Patty!- la chiamò una voce amica
-Patty!- risuonò ancora la stessa voce, al che lei si scosse: riconosceva quella voce, ma non osava pronunciare il nome che essa richiamava alla sua mente.
-Patty, mi hai dimenticato?-
-N-n-no… non ti ho dimenticato…. STEAR!!!-
Pronunciò quel nome svegliandosi sulla sua poltrona.
-Stear…- mormorò ancora stringendo la croce che portava al collo, prima di mettersi a piangere.

Il giorno dopo una Patty più depressa del solito usciva di casa per recarsi alla sua edicola davanti alla spiaggia. Il percorso da casa sua all’edicola non richiedeva più di una ventina di minuti a passo normale, ma quel giorno Patty sembrava destinata a metterci un’ora.
Nel girare l’angolo davanti a lei sbatté contro qualcuno, e si ritrovò a terra sopra questo qualcuno.
-Faccia attenzione! Accidenti a lei!-
-Io… le chiedo scusa signore…-
-E si levi da sopra a me, accidenti!-
Patty riuscì a rialzarsi e porse la mano allo sconosciuto che la rifiutò e si alzò da solo.
-Dica un po’, a che stava pensando, alle farfalle?-
-Ma che maniere sono queste! Le ho chiesto scusa cos’altro devo fare? Strisciarle ai piedi?-
-Non sarebbe una cattiva idea.-
-Ma come si permette!- gridò Patty mollando uno schiaffone all’uomo.
Lui le rivolse un sorriso sarcastico.
-Bene, mi piacciono le femmine focose…- le disse prima di andarsene lasciandola sola con un senso di profonda rabbia e umiliazione.
-Che villanzone odioso!-
Si girò per avviarsi di nuovo verso la sua edicola, ma subito si fermò con il cuore che parve volerle esplodere nel petto: davanti a lei c’era…
-Stear!!!!-
-Come dice signorina?- le chiese una signora anziana che accompagnava un bambino a scuola.
-Mi scusi… l’ho scambiata per il mio fidanzato…-
La signora la squadrò scioccata mentre il bambino sbottava a ridere.
-Che tempi… dove andremo a finire…- bofonchiò l’anziana riprendendo la sua strada e lasciando Patty rossa in volto come un peperone.

Più tardi Patty sedeva al banco della sua edicola intenta a vendere giornali e fumetti ai bagnanti, e ripensava all’episodio di qualche ora prima, quando credeva di aver visto Stear. Va bene averlo sognato la sera prima, le era già capitato altre volte, ma vederselo di persona davanti al posto di una signora anziana non era decisamente una cosa normale!
Stava forse perdendo il senno? Forse era solo un po’ stanca.
L’edicola era vuota in quel momento, e fuori risplendeva la luce del giorno. Avvertì come un senso di torpore e le sembrò di vedere come delle luci colorate danzare davanti ai suoi occhi…

-Patty!-
Si sforzò di focalizzare la voce e la sua provenienza
-Mia amata Patty… sono io… Stear…-
-Stear!-
Adesso lo vedeva chiaramente davanti a sé, una presenza eterea, impalpabile, ma c’era.
-Stear, ma… com’è possibile?-
-Sono proprio io Patty. Non stai sognando.-
-Stear, ma… sono morta anch’io?-
-No Patty, tu sei viva e vegeta e lo resterai ancora a lungo.-
-E… tu cosa fai qui?-
-Io sono sempre con te, dal giorno lontano che ho lasciato questo mondo. Veglio sempre su di te mia amata Patty.-
-Già che c’eri potevi fare a meno di morire in guerra! Potevi restarmi accanto e farmi felice Alistear Cornwell!-
-Sei ancora arrabbiata e triste, lo so. Ma è ora che ti riprendi la tua vita Patty. Hai fatto tanto in questi anni ma adesso devi fare ancora di più. Riprenditi la tua vita Patty!-
La figura eterea davanti a lei perse progressivamente sostanza fino a dissolversi.
-Stear! Non andartene Stear! Resta con me! Io ti amo!-

-Addirittura? Stamattina mi ha preso a schiaffoni e adesso mi ama?-
Per Patty fu come risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti: era di nuovo nella sua edicola e davanti a lei c’era qualcuno.
-Ancora lei? Che diavolo ci fa qui?-
-Volevo solo comprare un giornale signorina. Ma se non vuole…-
-Certo, certo. Quale giornale vuole?-
-Ecco, lo prendo da me e questi sono i soldi.-
-Grazie.-
Era un grazie molto a denti stretti, e l’uomo davanti a lei lo avvertì.
-Senta signorina… vorrei scusarmi per questa mattina. Non sono stato molto cortese con lei.-
La bocca di Patty si schiuse in un timido sorriso.
-D’accordo, scuse accettate. Io sono Patricia O’Brien, ma tutti mi chiamano Patty!-
Disse poi tendendo la mano all’uomo, uno spilungone biondo con occhi verdi simili a quelli della cara Candy.
-Molto lieto Patty. Io sono Alexander Gustavsonn, ma tutti mi chiamano Alex!-
-Piacere mio Alex. Sei scandinavo?-
-In realtà lo scandinavo era il mio vecchio, svedese per la precisione, io sono nato qui in Florida, e qui ho sempre vissuto. La Scandinavia non so neanche dove sia.-
-Non è molto lontana dalla mia Inghilterra Alex!-
-Sei inglese? E che ci fa una gentildonna inglese in Florida?-
-Oh, è una lunga storia. Ormai vivo qui da dieci anni e mi sono quasi scordata il mio paese.-
-Sei venuta qui per amore, vero? Il tuo fidanzato è ben fortunato se lo sogni ad occhi aperti.-
-Il mio fidanzato è morto in guerra. Si era arruolato volontario nell’esercito francese e il suo aereo venne abbattuto durante un raid.-
-Mi dispiace. Ma la guerra è finita da un pezzo, e tu lo ami ancora così tanto?-
Patty si incupì. Chi era quel Gustavsson per prendersi tanta confidenza?
-Scusami. Non dovevo.- disse prima di uscire dall’edicola.

Nei giorni successivi Alex continuò a frequentare l’edicola di Patty, e la giovane donna, nonostante una certa diffidenza, si schiudeva sempre di più nei confronti di quello spilungone biondo, finché una sera si decise ad accettare l’invito a cena dell’aitante Alex.
-Mi dispiace che tu abbia tanto sofferto Patty, mi dispiace che il tuo povero Stear sia morto così giovane, ma non credi che sia ora di voltare pagina?-
-A modo mio l’ho fatto, venni qui in Florida insieme a mia nonna dieci anni fa. Ho scelto di rimanere qui in America proprio per dare un senso alla mia vita. Se fossi tornata in Inghilterra cosa sarebbe stato di me? Sarei diventata niente altro che un’ereditiera “impegnata” fra eventi mondani e tè alle 5.00 con le “signorine” del mio ambiente, magari in attesa di un “bel” matrimonio combinato dai miei genitori.
No, io non valgo la mia amica Candy, ma non voglio neanche essere una nullità. Mia nonna fu costretta a una vita simile e non volle che a me capitasse quello che era capitato a lei…-
Alex la guardava commosso.
-Non so chi sia questa Candy ma sono sicuro che tu vali quanto lei, e forse di più.- le disse allungando la mano sulla sua, al che lei la ritrasse.
-Scusami. Non volevo metterti in imbarazzo.-
-No, non scusarti. È che… non mi sento pronta…- disse lei alzandosi e mollando da solo il suo accompagnatore.

Uscita dal locale Patty si diresse di corsa verso casa piangendo.
-Stupida! Stupida che sono!-
-Già, sei stata proprio stupida Patty!-
-Ma cosa?-
Un’aura luminosa apparve nella strada buia davanti a lei.
-S-Stear???-
Non poteva essere, non aveva senso. E difatti l’aura scomparve subito lasciando il posto a due figure in ombra più concrete di qualsiasi fantasma.
Patty si fermò sudando freddo, forse quelle due figure erano soltanto due tizi che si facevano i fatti loro, ma forse…
Due lame che apparvero scintillando nel buio le tolsero ogni dubbio: non erano due gentiluomini che si facevano i fatti loro.
-Cosa… cosa volete?-
-Intanto i tuoi soldi…-
-E-e-eccoli, ma non sono tanti…-
-E poi… vogliamo TE!-
-No… no… vi prego…-
Per un attimo rivide la stessa aura luminosa di qualche istante addietro, e subito dopo un uomo emerse da dietro di lei avventandosi sui due malfattori.
Seguì una colluttazione fra i tre uomini, e il suo soccorritore sembrava destinato a soccombere quando una delle due lame gli si conficcò nel braccio.
-Alex!!!- gridò Patty, e il suo grido richiamò l’attenzione di due poliziotti poco distanti che accorsero. Il rumore dei passi e il grido -Fermi! Polizia!- mise in fuga i delinquenti che scomparvero nel buio.
I poliziotti accorsi diedero la priorità al ferito davanti a loro e rinunciarono a inseguire i due criminali.

Il giorno dopo in ospedale, Patty entrava nella stanza dove era ricoverato Alex.
-Patty! Sono felice di vederti!-
-Ho parlato con il medico poco fa: sembra che tu te la sia cavata con poco.-
-Già, una ferita di striscio al braccio, però ho perso molto sangue e vogliono tenermi in osservazione per un paio di giorni.-
-Si può sapere come facevi a sapere che ero in pericolo?-
Alex sembrò esitare
-E allora?-
-Me lo ha detto Taylor.-
-E chi diavolo è Taylor?-
-Mia moglie… morta cinque anni fa…-
Patty sgranò gli occhi.
-Anche tu lo vedi vero? Il tuo Stear intendo…-
Patty riuscì solo ad annuire lentamente.
Un’aura luminosa apparve nella stanza ai piedi del letto di Alex, e in quell’aura entrambi riconobbero due figure, una era Stear e l’altra era una donna dai lunghi capelli neri e dalla pelle ambrata.
Entrambi guardarono Patty e Alex troppo emozionati per proferire parola. Entrambi sorrisero felici, ed entrambi scomparvero lasciando Patty e Alex in lacrime.

Patty si sedette vicino ad Alex.
Ci volle qualche minuto prima che uno dei due riuscisse a parlare.
-Sembra proprio che i nostri ex abbiano pianificato tutto, eh?-
-Beh, potevano almeno chiederci che ne pensavamo…- rispose lei asciugandosi gli occhi umidi.
-Non siamo obbligati a fare niente. Sta a noi decidere.-
-Sì infatti, e quello che sto per fare lo voglio con tutta me stessa…-
Si chinò su di lui e lo baciò.

Un anno dopo…

Candy e Annie entrarono nell’appartamento di Patty e Alex.
-Wow! È davvero carino qui!-
-Ci siamo trasferiti qui dopo il matrimonio.- disse Patty mentre si sedeva sulla sua poltrona tenendosi il pancione.
-Prima vivevo da sola in un appartamento molto più piccolo, lo stesso che avevo diviso con nonna Marta.-
-Dov’è adesso Alex?-
-È all’edicola. Fra poco dovrebbe chiudere e venire a casa.-
-Siamo proprio curiose di conoscere colui che è riuscito a strapparti alla tua vedovanza!- esclamò Candy guadagnandosi il rimprovero di Annie.
-Candy! Ma che dici?- e lei arrossì abbassando lo sguardo.
Patty ridacchiò.
-Beh, ha avuto un piccolo aiuto.-
-Cosa intendi dire?-
-Vedete quelle due foto sul comò?-
-Certo! Una è del caro Stear, e l’altra…-
-L’altra è Taylor, la prima moglie di Alex. Sedetevi qui amiche mie, sto per raccontarvi una storia incredibile…-
   
 
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