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Autore: mattmary15    07/11/2020    0 recensioni
Sono passati anni dagli eventi di Cuba. Charles ed Erik si sono separati, ma il destino ha in serbo un tiro mancino per loro e a riunirli sarà l'ultima persona a cui pensano. Stavolta saranno alle prese con un nuovo avversario dei mutanti e una potente organizzazione che ne gestisce le risorse e che reclama l'eredità di Sebastian Shaw.
Seguito de 'L'anello mancante' ma può essere letta anche senza conoscere il contenuto del prequel.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Shaw'
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Capitolo 10
Preparativi

Il piano stava andando esattamente come Tessa lo aveva immaginato nella sua testa.
Aveva chiamato Pierce e Donnie non aveva dubitato per un secondo che la sua decisione di consegnargli Magneto fosse autentica.
“Vuole uccidere il Presidente degli Stati Uniti d’America, se tu lo fermi, Hellfire diventerà l’organizzazione più potente al mondo, più della CIA, più della Massoneria del Terzo Occhio. Se ti faccio diventare l’uomo più influente del pianeta, sotterrerai l’ascia di guerra, Donnie?”
Gli aveva parlato con la voce più suadente che possedeva e lui aveva accettato prima del previsto.
Charles le chiese se dubitava della sua sincerità e Tessa gli rispose che non si faceva alcuna illusione. Tutto ciò che importava in quel momento era portarlo a Washington.
Dopo era toccato ai preparativi per sabotare le sentinelle.
Avrebbero dovuto viaggiare su un convoglio ferroviario ed Erik si era offerto di andare da solo. Charles si era opposto. Tessa aveva calcolato le probabilità che qualcosa andasse storto se Erik avesse operato in solitaria ed erano alte, troppo per non trovare un’alternativa.
La remora dei due uomini era quella di lasciare la loro amica da sola e fu, inaspettatamente per tutti, Hank a fornire una soluzione quando lo contattarono per confrontarsi e calmare Raven che continuava a meditare vendetta nei confronti di Trask.
“Il siero che iniettavo a te, Charles, dovrebbe riuscire a guarire le ferite di Tessa in tempi record ma la priverà dei suoi poteri per almeno ventiquattro ore.”
Charles aveva deciso che toccava a lei scegliere nonostante le proteste vivaci di Erik.
Alla fine, dopo aver stabilito il piano per l’assalto al convoglio ferroviario che portava le sentinelle dal Presidente, Tessa decise che avrebbe assunto il siero.
Scoprirono che Hank aveva avuto pienamente ragione. Mano a mano che Tessa sentiva le sue facoltà sbiadire, le sue ferite si rimarginavano e lei fu in grado di rimettersi in piedi già la sera stessa.
Giunse così, prima del previsto, il tempo di salutare Calibano.
“Calibano è stato felice di accogliervi e di dare una mano a persone tanto importanti.”
“Grazie di tutto, ci hai aiutati senza chiedere nulla in cambio. Non era affatto scontato che lo facessi.” Rispose Charles.
“Calibano conosce il valore di ogni mutante. Un giorno Calibano potrebbe avere bisogno del grande Professore e del potente Magneto.”
“Ma è me che hai aiutato più di tutti!” Esclamò Tessa. 
“Calibano vede anche la tua forza. Tu che sei saggia, scegli bene.” Le disse stringendole le mani. La donna annuì.
Salirono su un taxi che li portò alla stazione centrale di New York.
La stazione era piena di polizia e Erik cominciò ad innervosirsi. 
“Non è stata una bella mossa portare in ricercato internazionale in uno dei luoghi più affollati del Paese.” Charles lo tranquillizzò.
“Calmati Erik, nessuno farà caso a noi. Resta accanto a me e nessuno ti vedrà.” Concluse facendogli l’occhiolino.
Camminarono tutti e tre fino ai binari più lontani dal traffico e individuarono un convoglio merci che avrebbe incrociato quello di Trask all’altezza di Baltimora. Salirono non visti e si sistemarono in un vagone. Viaggiare col buio avrebbe permesso loro di spostarsi da un treno all’altro con facilità. Anche il convoglio era stato scelto con cura. Trasportava piloni di metallo per uso industriale. Erik scherzò sul fatto che con tutto quel metallo a disposizione poteva davvero innalzare città come Charles diceva spesso.
Tessa si era seduta tra loro e faceva da arbitro come al solito.
“Una città tutta tua, Erik! Immagina a quanti mutanti potresti dare asilo.” Disse Tessa.
“Sto bene da solo.”
“Non hai già passato abbastanza tempo da solo?” Gli chiese Charles, alludendo alla sua prigionia nella base del Pentagono.
“In effetti! Tuttavia quello che si è costruito un castello e una corte, non sono io!” Rispose alludendo alla scuola aperta da Charles.
“Tutto andato.” Fece lui rabbuiandosi. Tessa istintivamente gli mise una mano sul braccio.
“Anche se la via è persa, non è persa per sempre.” Gli disse rubando le sue stesse parole.
“Puoi riaprire la tua scuola,” intervenne Erik, “dovresti farlo. Se su una cosa siamo d’accordo, noi due, è che i più fragili tra noi sono quelli che hanno paura del proprio potere. Convivere con la mutazione non è sempre facile. Raven ce lo ha insegnato. Nessuno dovrebbe essere usato per i propri doni.”
“Erik ha ragione. I più giovani tra noi sono i più fragili, quelli che possono essere spinti sulla via dell’autodistruzione nelle mani di gente senza scrupoli. Se avessi dei figli, vorrei che potessero attraversare quella fase della loro vita in un posto sicuro.”
“Vorresti dei figli?” Le chiese Erik a bruciapelo.
“Non ci ho mai pensato. L’idea che possano ereditare la mia mutazione mi spaventa un pò’.” Rispose lei sorridendo e tirandosi le ginocchia al petto.
“Sarebbero bellissimi.” La confortò Charles.
“O mostruosi!” Esclamò Erik dandole un colpetto col gomito. “Dovresti pensare bene alla persona con cui farli.”
“Ti stai proponendo?” Disse lei restituendo la gomitata.
“Se fate un figlio non mandatelo a scuola da me. Mi rifiuto. Sarebbe un bimbo orgoglioso, indisponente con la predisposizione a muovere gli altri come oggetti di metallo! E lo farebbe con gli splendidi occhi di sua madre e la forza d’animo di suo padre.” Disse Charles prendendoli in giro. Erik s’accorse però che la sua voce era girata al triste e si affrettò a commentare.
“Probabile. Non farli neppure con lui. Ne verrebbe fuori un bimbo affetto da disturbi della personalità. Buono e generoso un giorno, devastante fancazzista il seguente. Capace di controllare le persone con gli splendidi occhi di sua madre e la nobiltà d’animo di suo padre.”
Tutti e tre risero.
“Mi sa che resto single.” Concluse Tessa tirando fuori dallo zaino una bottiglia di Jack Daniel’s. “Brindiamo al futuro che al momento non posso vedere.”
“Non è più bello così?” Le chiese Erik prendendo la bottiglia e facendo un sorso abbondante. “L’eccitante ebrezza del dubbio!” Esclamò passandola a Charles. Anche il professore fece un sorso.
“Quando avremo portato a termine la missione potresti decidere di non seguire più la tua mutazione per scegliere il tuo futuro.”
Tessa riprese la bottiglia e mandò giù un altro pò di whiskey.
“Potrei.” Disse mentre Erik le strappava di nuovo la bottiglia di mano.
“Non rinunciare mai ad essere chi sei veramente. Non ascoltarlo. Adesso è il fancazzista che parla!”
“Lui non entra continuamente nella tua testa. Ti piacerebbe se lo facesse?” Charles sorrise e toccò a lui togliere la bottiglia dalle mani di Erik.
“Questo si chiama scacco matto!” Esclamò.
“No,” rispose il più grande, “perché saperti nella mia testa non mi ha mai dato veramente fastidio.”
Lo disse accaparrandosi di nuovo la bottiglia e bevendo fino a svuotarne la metà.
“In vino veritas?” Chiese Tessa. Erik scosse il capo.
“E’ solo un modo per bere più di voi.” Fece ridendo. Charles riprese la bottiglia e bevve diversi sorsi prima di riprendere fiato.
“Avrei voluto avere la forza di restare nella tua testa mentre eri in prigione. Non avrei voluto lasciarti solo. Soffrivo e ho voluto punirti.” Charles tirò un sospiro, come se si fosse tolto di dosso un peso che portava da lunghissimo tempo.
Erik gli diede una pacca sulla spalla e lasciò che la sua mano restasse ferma a mantenere quel contatto ritrovato.
“Wow!” Fece Tessa prendendo la bottiglia. “Ora tocca a me dire qualcosa di emotivamente intenso?” I due uomini risero. 
“Provaci se vuoi,” la invitò Erik, “ma non so se sarai all’altezza.”
“Tu sei uno stronzo,” disse indicando Erik con la bottiglia, “e tu sei un saputello irritante,” continuò indicando Charles, “e entrambi siete le persone a cui voglio più bene al mondo.” Concluse attaccandosi alla bottiglia e finendola prima di lanciarla fuori dal vagone. Calò il silenzio per un istante poi Erik guardò Charles.
“Ti sei accorto che ha finito il whiskey?”
“Certo. Quella storia sul fatto che ci vuole bene non regge. Quando saremo a Washington ci devi un drink!”
“Due come minimo!” La incalzò Erik. Tessa stava per replicare qualcosa quando la voce nell’interfono del treno avvisò il personale di bordo che stavano per entrare nella stazione di Baltimora.
“Ragazzi, questo è il punto di scambio.” Li avvertì lei.
“Allora saliamo sul tetto.” Disse Erik alzandosi per primo.
I tre usarono una delle scale di servizio dei vagoni e raggiunsero la parte superiore del treno. Si chinarono per non perdere l’equilibrio e attesero lo scambio dei binari che portavano nella zona industriale della stazione di Baltimora. Fu Erik a vedere il treno per primo.
“Ecco il convoglio di Trask.”
“Ci raggiungerà in pochi minuti.”
“Ci resterà accanto per poco. Dovremo saltare in fretta.” Precisò Tessa.
Attesero davvero poco. Il convoglio che trasportava le sentinelle viaggiava più veloce del treno merci che li aveva condotti fino a lì e non si sarebbe fermato nella stazione, quindi non avrebbe rallentato più di tanto.
Erik sfruttò il proprio magnetismo e si sollevò tra i due treni.
“Chi viene per primo?”
“Va’ tu Tessa.” Disse Charles.
Erik le tese una mano che lei afferrò per saltare sul tetto del treno accanto. Quando fu il turno di Charles di fare lo stesso, il treno su cui viaggiavano frenò all’improvviso. 
Erik si tese in avanti e lo prese per un braccio prima che il più giovane cadesse giù dal vagone.
Charles si aggrappò con entrambe le mani all’avambraccio di Erik e picchiò con il lato destro del corpo contro il metallo del treno.
“Charles!” Gridò Tessa. “Erik, tiralo su!”
“Non è così semplice!” Esclamò l’uomo. “Non è fatto di metallo!”
“Tiralo su! Laggiù c’è una galleria!” Lo avvisò lei indicando la struttura di pietra che si avvicinava a grande velocità.
Erik si allungò cercando di afferrare anche l’altro braccio di Charles. 
Tessa si chinò per dargli aiuto.
“Và giù, Tessa, riparati. Ci penso io a Charles. Rallenterò la corsa del treno.” Charles gridò.
“Non farlo! Se si accorgono che il treno rallenta, capiranno che sta succedendo qualcosa. Dobbiamo rispettare il piano!”
Tessa prese un respiro a pieni polmoni e chiuse gli occhi. Era certa di non avere ancora riacquisito il potere di vedere le conseguenze di quella scelta, ma sentiva che la sua telecinesi stava già tornando. 
Strinse i pugni e si concentrò sul corpo di Charles. 
Erik nel frattempo, percependo la minore resistenza, tirò più che poté e Charles si mosse verso di lui    finendo tra le sue braccia.
“Facciamo in fretta!” Esclamò il tedesco. I tre si misero a correre nel senso opposto a quello di marcia del treno saltando tra i vagoni. Tessa però cadde. 
“Tessa!” Urlò Charles rendendosi conto che le scendeva del sangue dal naso e che la donna sembrava disorientata. Erik lo afferrò per un braccio.
“Continua a correre! Raggiungi l’ultimo vagone. Fidati di me!” Charles annuì a malincuore e riprese a correre. Erik usò il suo potere per tirare Tessa a sé tramite le fibbie del suo giubbino. La donna scivolò verso di lui e la strinse.
Ormai mancava poco al tunnel e lui non era certo di riuscire a raggiungere l’ultimo vagone senza rallentare in alcun modo il treno. Strinse la donna. 
“Tessa, mi senti? Sto per fare una cosa molto stupida e ho bisogno di dividere la colpa con te se va male.” Lei mugugnò qualcosa.
“Mi dispiace.” Disse più nitidamente.
“Ora resta sdraiata sotto di me. Non c’è molto spazio tra il bordo della galleria e il tetto del vagone.”
“Pessima scelta.” Disse Tessa sforzandosi di sorridere. Continuava ad uscirle sangue dal naso.
“Sono fatto di pessime scelte. Tu resta ferma.”
Il treno fu ingoiato dalla galleria e Tessa sentì mancarle l’aria. Erik la tenne stretta tra il suo corpo e il tetto del vagone. 
Quando la galleria terminò, Erik s’accorse di due cose. Tessa era svenuta e lui aveva un taglio abbastanza profondo sulla schiena.
Si alzò trascinando Tessa con sé e raggiunse l’ultimo vagone dove Charles li stava aspettando con un’espressione preoccupata sul viso.
“State bene?”
“Non direi che sta bene,” rispose Erik appoggiando il corpo della donna sul pavimento, “continua a perdere sangue dal naso. Ti ricorda niente?”
Charles annuì andando con la mente indietro nei suoi ricordi fino a quello del giorno in cui avevano incontrato Darwin e Lena aveva usato il suo potere per evitare un grave incidente. 
Erik lasciò che l’altro si sfilasse la giacca per mettergliela sotto alla testa e si alzò.
“Vado a sistemare le sentinelle. Il treno viaggia molto veloce. Se perdiamo ancora tempo, arriveremo in prossimità di Washington e sarà troppo tardi. Devo sfruttare il buio.”
Fece per voltarsi e allontanarsi e Charles si accorse che sanguinava.
“Erik, sei ferito. Lascia che gli dia un’occhiata.”
“Non è grave. Ci penseremo stasera, quando saremo al sicuro in albergo.”
Charles annuì, per nulla convinto che il suo migliore amico stesse bene.
Erik, invece, non esitò e tornò sul tetto del treno. Raggiunse un vagone che era vistosamente più lungo degli altri e scoperto. Sollevò il telone che nascondeva ciò veniva trasportato e strinse un pugno per la rabbia che gli montò dentro.
Un’enorme macchina umanoide sembrava come addormentata e in attesa di scatenare il suo potere su chiunque le si parasse innanzi. Erik aveva contato cinque vagoni simili quindi immaginò che ci fossero cinque sentinelle pronte a sfilare davanti al presidente Nixon e a Bolivar Trask.
Alzò le mani e fece forza per sollevare parte dei binari della ferrovia alle loro spalle. La ferita alla schiena si allargò e gli restituì una fitta atroce. Non si fermò. Fece in modo che il metallo dei binari si separasse in piccoli cavi e si infilasse in ogni componente di quei robot, anche la più piccola. 
Quando tutte le sentinelle furono sistemate, si sedette sul tetto a gambe incrociate e provò a respirare normalmente. La schiena doleva e sanguinava. Si chiese se Tessa si fosse ripresa.
Sapeva con certezza che Charles provava dei sentimenti piuttosto forti per lei e gli aveva detto a più riprese che lui amava Lena, che la sua gemella non significava niente per lui.
Eppure quel bacio, quel momento di inaspettata dolcezza che gli aveva regalato, aveva fatto scattare qualcosa. Dubitava ancora, nel profondo, del rapporto che Tessa aveva con il circolo Hellfire nonostante tutto quello che Pierce le aveva fatto, però adesso era convinto che lei non avrebbe mai tradito né lui, né Charles.
Per questo la ferita alla schiena faceva male ma non così tanto. 
“Ho mantenuto la mia promessa, Lena. Le ho fatto da scudo. Li ho protetti entrambi. Continuerò a farlo finché avrò fiato in corpo.”
Le sue parole si persero nel vento mentre l’alba colorava di rosa l’orizzonte.


Raven sospirò raccogliendo le ginocchia al petto.
Guardò il letto disfatto e il volto sereno di Hank sul cuscino, il suo corpo abbandonato tra le lenzuola.
Quando Lucy li aveva lasciati soli per raggiungere Trask e trovare un modo per procurarsi un pass per la manifestazione che si sarebbe svolta di lì a pochi giorni nel parco della Casa Bianca, era scoppiata una lite furiosa.
Lei era al limite. Ce l’aveva ancora con sia con Charles che con Erik per aver preferito andare a salvare Tessa piuttosto che aiutarla a fermare Bolivar Trask.
Hank aveva provato a rabbonirla con ogni mezzo finendo per farla innervosire ancora di più.
Lo scontro, verbale prima e fisico dopo, era stato inevitabile. 
Raven sapeva che ne aveva bisogno. Combattere era l’unica cosa in cui si sentiva sempre all’altezza.
Perciò quando aveva finito col colpire Hank talmente forte da provocare la sua mutazione in Bestia, gli aveva riso in faccia.
Dopo essersene date di santa ragione, Raven finì col sentirsi stanca. Si lasciò andare sul letto e si arrese.
Hank si sedette sul pavimento tornando alla sua dimensione umana e rimase immobile. Lei si alzò dal letto temendo che fosse ferito, invece era semplicemente nudo.
“Effetti collaterali della mia mutazione.” Disse lui indicando gli occhiali finiti in frantumi sul pavimento. Raven si alzò da letto e si andò a sedere accanto a lui.
“Quelli te li ho fatti saltare prima che diventassi enorme e blu.” Sorrise sinceramente ed Hank lo fece con lei.
“Mi passi il lenzuolo?” Chiese lui che si copriva le parti intime con una mano. Raven scosse il capo.
“Non sarebbe giusto, anche io non sono vestita.” Rispose indicando la sua pelle. “Pensi mai al fatto che sei del mio stesso blu?”
“Lo penso ogni volta che mi trasformo.”
“E mi maledici?” Hank scosse il capo.
“Affatto, in tutti questi anni mi ha aiutato a ricordarmi che io avevo torto e tu ragione. E’ un colore bellissimo e un giorno sarà di gran moda.” Raven rise.
“Forse, o forse avevi ragione tu e io ero solo una povera illusa.” Lui le sollevò il mento con due dita.
“Raven no! Tu sei bellissima come sei adesso. Lo dimostra quello che sta succedendo.”
“Sono la causa dell’apocalisse a sentir parlare Tessa!”
“La tua mutazione è talmente speciale che non poteva essere un’altra qualsiasi a finire nel mirino di Trask. Ricordi? Mutante e fiera.”
“Stai dicendo che i miei occhi, i miei capelli, la mia pelle, ti piacciono ora?”
“Mi sono sempre piaciuti. Ero solo troppo vigliacco per ammetterlo.”
Raven non gli diede tempo di dire altro. Gli sigillò le labbra con le proprie e se lo tirò addosso.
Hank aspettava quel momento da una vita e non si fece pregare.
Fecero l’amore tutta la notte. Risero e giocarono come non avevano mai fatto ai tempi in cui si erano conosciuti.
Lui era caduto in un sonno profondo all’alba, lei non c’era riuscita.
Si era alzata dal letto e si era seduta sul davanzale della finestra. Si sentiva bene come mai prima di quel momento.
Hank non voleva che lei fosse buona. Come Charles.
Hank non voleva che lei fosse spietata. Come Erik.
Hank l’amava come Charles ed Erik non avevano mai fatto. Lo realizzò chiaramente e ne fu spaventata e nello stesso tempo felice.
Una lacrima le cadde dagli occhi mentre comprese che dalle sue azioni dei prossimi giorni sarebbe dipesa anche la vita di Hank.
Doveva fare la cosa giusta. Trask era una minaccia per i mutanti e quindi anche per Hank. Lo avrebbe neutralizzato e avrebbe salvato tutti. 
Si rivestì e posò un bacio leggero sulla tempia dell’uomo addormentato prima di lasciare la stanza.

  
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