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Autore: CatherineC94    07/11/2020    6 recensioni
«Potrei morire così, guardandoti» la provoca. Dorcas si volta indispettita incrociando le braccia; quei discorsi sono aboliti nella sua mente, nessuno li potrà mai dividere, mai. Distratta, sente un’irritazione fastidiosa e inizia ad imprecare quando capisce che si tratta di una piccola bruciatura dovuta alla suo voglia improvvisata di fare la cuoca; la cucina si riempie delle risate di Fabian che corre in suo soccorso, abbracciandola da dietro ed esaminando l’entità del danno. «Prima o poi morirai ustionata a causa della tua distrazione» mormora solleticandole l’orecchio destro. «Sei tu che mi distrai, colpa tua!» ribatte Dorcas piccata. Storia partecipante al "Falling in and out of love" contest indetto da inzaghina.EFP sul Forum di EFP.
"Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dorcas Meadowes, Fabian Prewett
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Storia partecipante al "Falling in and out of love" contest indetto da inzaghina.EFP sul Forum di EFP

 
Carne Tremula

 
«Solo l’amore e la morte cambiano ogni cosa» Kahlil Gibran
 
«Ancora mi sto chiedendo come tu sia riuscita a trascinarmi qui» mugugna passandosi la mano destra nei capelli incolti.
Dorcas trattiene una risata trionfante e con fare rapido prova a sfiorare la base del collo di Fabian, ricoperta da una massa di capelli rossi troppo lunghi, troppo spettinati.
«Dovrei spuntarti un po’ i capelli domani, sembrano più lunghi di quelli di Molly » dichiara serena, calpestando malferma il terreno di argilla, ricoperto da un leggero strato erboso sotto i suoi piedi.
Fabian borbotta qualche altra cosa, ma lei non ci fa molto caso, sa bene che alla fine l’avrà vinta.
Si avvicina quasi trotterellando e stringe la sua mano, maledicendosi per la sua piccola statura; Fabian la supera di una spanna abbondante,  molte volte vorrebbe eguagliarlo in qualche modo, per avere almeno la possibilità di lanciargli qualche scappellotto a tradimento.
La stringe di rimando e galleggia felice su quel prato malconcio e quasi dissestato.
Osserva con attenzione ciò che la circonda, recependo subito delle profonde note olfattive provenienti dai dintorni e ne apprezza una per una.
Avverte subito l’odore del legno di ciliegio bruciato, misto alla cannella e alle mele caramellate; assottiglia lo sguardo e nota che nell’enorme spazio utilizzato per l’evento, molte sono le bancherelle che vendono prelibatezze di ogni tipo.
Il cielo è terso, solo nel lato sinistro ricoperto in parte dagli alberi, si possono notare delle nuvole plumbee quasi in attesa di potersi scatenare.
Dorcas si perde alla vista di tutti quegli alberi, così variopinti che la trascinano durante gli anni più felici della sua infanzia; i colori dell’autunno, arancio e qualche sfumatura di marrone le ricordano gli occhi di sua madre e i lunghi pomeriggi davanti al fuoco intente a chiacchierare.
Un tonfo al cuore le rammenta che sua madre non c’è più da qualche mese, quella nostalgia che solo quel preciso periodo dell’anno le provoca è come una lama a doppio taglio; da un lato la ricolma di amore dall’altro di rimpianto. Forse è questo quello che l’autunno dipinge nelle sue variegate e complesse forme: un profondo dissidio interiore.
«Fammi capire bene. Noi siamo qui perché si celebra il rogo di una tua parente?» chiede dubbioso Fabian, cercando con gli occhi qualche pinta di Idromele Barricato per dimenticare quel pomeriggio terribilmente estenuante.
Dorcas ride e alza gli occhi  al cielo disperata.
«Oggi si celebra il ricordo dei roghi che un tempo furono accesi per uccidere le streghe, invano naturalmente. Si, sono l’ultima discendente in vita di Guendalina La Guercia» spiega lei paziente.
Il suo sguardo punta la fine del campo, dove tre pire sono lambite da un semplice Incanto di Fuoco Freddafiamma e per un istante è risucchiata da quelle spire color rame; si sente attratta dal fuoco, dal calore. La comunità magica ha deciso di celebrare quell’evento da secoli; il ricordo di quelle fiamme è simbolico per rammentare un passato abbastanza recente.
«Fatto sta che fra poco pioverà, ne sono certo. Avresti dovuto indossare gli stivali da pioggia che ti ho regalato a Natale» mormora Fabian, cingendo le sue spalle con estrema tenerezza.
Dorcas non risponde nemmeno, perdendosi in quell’atto amorevole che lui compie distrattamente; Fabian compie atti d’amore come se stesse respirando, automaticamente e lei non ne ha mai abbastanza.
«Ma Gideon?» chiede interrogativa, notando l’assenza di suo fratello, mentre si dirige verso un banco per acquistare due mele caramellate ad entrambi.
Fabian scrolla le spalle e le fa un cenno con la testa mesto; Dorcas capisce al volo: missione segreta,  e decide quindi di non indagare per il momento, ci sarà tempo dopo.
Morde vorace la mela  e sente la bocca irrorarsi della sua dolcezza. Beata, chiude gli occhi mentre Fabian la trascina verso una delle pire poste come ornamento.
«Di cattivo gusto vero? Quindi tu saresti Dorcas la Guercia?» la provoca, con quel sorriso sghembo che tanto adora.
Sbuffa sonoramente indispettita, provando a tirare qualche pugno al suo viso inutilmente; la ferma veloce, cingendole il corpo con un caldo abbraccio.
« Mai una Guercia è stata più bella di te, però!» sussurra con voce intensa, mentre con un dito toglie sul suo labbro un residuo di caramello.
Dorcas perde la nozione del tempo, circondata da quegli odori, dagli alberi che lasciano cadere una foglia dopo l’altra; decide di lasciar perdere anche se stessa in quell’attimo, godendo appieno dal suo calore.
Una goccia fredda cade sul suo volto, Dorcas impreca sommessamente.
Il sorriso di Fabian è smagliante, la trascina sotto la tettoia di una bancherella  e le getta uno sguardo molto compiaciuto; un attimo dopo, lo spiazzo è sommerso dalla pioggia battente, facendo disperdere la gente in men che non si dica.
Dorcas si guarda i piedi desolata per la sua testardaggine; le piccole scarpe estive indossate sembrano una barchetta di carta nel centro di una pozzanghera.
Lui pare cogliere il suo disagio e mormora: «Vado a recuperarti gli stivali a casa».
«Non c’è bisogno, possiamo aspettare» ribatte Dorcas piccata.
«Faccio in un attimo, con la scusa tracanno qualcosa di forte   per entrare nello spirito della festa» propone tutto sorridente e facendo un rapido giro su se stesso scompare.
Dorcas imbarazzata continua ad osservare il punto dove Fabian è scomparso, mantenendo il suo odore nelle note olfattive che sanno di casa; lei non glielo dice mai apertamente, ma quando lui si assenta sembra che i minuti non passino mai.
Sospira cauta e si perde nelle gocce d’acqua che cadono inesorabili.
L’odore che percepisce la fa crollare in uno stato di beata tranquillità; lo spettacolo che la circonda la fa sorridere impercettibilmente. Le foglie aranciate dei faggi sembrano quasi piangere l’imminente arrivo del gelido inverno; le piccole gocce d’acqua ai margini, in bilico come ogni essere umano.
In lontananza nota la presenza di una macchia nera che si avvicina rapida; assottiglia lo sguardo e con enorme sorpresa si rende conto che non è una macchia, bensì Maggie, il suo gufo.

 
«Dannato Stebbins» mormora rabbiosa, mentre con passo svelto attraversa il grande atrio al Ministero della Magia.
Nota con enorme disappunto che l’intero edificio è quasi deserto; pacata, sta già ordinando in testa una lunga sequela di epiteti da affibbiare al suo collega che l’ha fatta tornare in quel luogo anche in un giorno festivo. Rivede se stessa che osserva l’enorme spiazzo dove le pire bruciano inesorabili triste, con l’odore di legno bruciato e cannella ancora insite nelle papille gustative. Dopo aver recuperato il piccolo gufo Meggie, ha letto la lettera confidenziale che la Ministra della Magia, Millicent Bagnold, le ha scritto in preda alla rabbia più scura; Stebbins  ha deliberatamente sabotato l’ultimo provvedimento da lei deciso per approvare il suo viaggio in Francia.
Prende rapida il primo ascensore che trova, chiedendo perentoria il piano dell’edificio da raggiungere; nota con la coda dell’occhio che tre figure camminano veloci per il corridoio al primo livello. Non ci fa caso e procede spedita verso l’ufficio della Ministra; sente l’eco delle scarpe nel silenzio assoluto, che stranamente le fa venire dei brividi alla schiena.
Bussa alla porta formale, mentre la voce di Millicent Bugnold la invita ad entrare.
L’ufficio della Ministra è sempre stato un motivo di grande ammirazione per lei; interamente ricoperto di libri ed artefatti dall’aria stravagante e micidiale non somiglia a un luogo istituzionale, al contrario. La vede indaffarata dietro ad una pila di scartoffie, i lunghi capelli argentei raccolti in un’elegante crocchia e gli occhiali dalla montatura rossa poggiati sulla punta del naso.
«Meadowes, mi spiace per questa convocazione lampo ma Stebbins non collabora» afferma, trangugiando un sorso generoso di Gin.
Dorcas sbuffa irritata, se prima ha avuto sospetti su quell’uomo adesso è certa della sua malafede.
«Ha capito che mi voglio dirigere a sud della Francia per un motivo ben preciso. Lo facevo meno sveglio, ma va bene così» ribatte ironica.
Millicent Bugnold la osserva con una strana intensità; dopo pochi secondi mormora preoccupata: «Non possiamo perdere tempo, i Giganti sono volubili e credo che…».
Un boato la interrompe.
Dorcas non ci pensa un attimo, il cervello lavora frenetico mentre un senso di urgenza e panico prendono possesso della sua persona.
«Venga con me, la metto al sicuro!» urla con la bacchetta tesa.
I suoi pensieri corrono verso Fabian preoccupati; invia Patronus a destra e manca in una richiesta disperata d’aiuto, mentre si riparano dietro un lato concavo del corridoio. Sa che si tratta di un nascondiglio temporaneo, prima o poi riusciranno a trovarli; pensa convulsa ed instancabile alla ricerca di una soluzione, invano.
«Chi sarà?» sussurra quasi senza voce Millicent.
Dorcas allunga il collo piano, notando una decina di figure incappucciate che rastrellano gli uffici alla loro ricerca; con il cuore in gola è pronta al combattimento, non ha paura.
«Mangiamorte» risponde perentoria.
Lo sguardo della Ministra è cosparso di terrore, ma lei la rassicura stringendole la mano; sarebbero uscite da lì in un modo o nell’altro, le situazioni pericolose sono sempre state il suo forte. Il respiro inizia ad essere corto e lei è tesa come un corda di violino; rammenta tutte le cose che ha visto, tutte le persone che ha incontrato e l’unico uomo che ha sempre amato. Ha una stretta al cuore, e pensa al coraggio che ha sempre avuto per farsi forza e riuscire a salvarsi in qualche modo; glielo deve, almeno a lui.
 

 
Qualche tempo prima.
 
I primi raggi del sole entrano fugaci e implacabili dalla finestra.
Dorcas spalanca gli occhi avvertendo uno strano scricchiolio dietro la schiena; maledice ogni cosa che le viene in mente e si volta verso Fabian. Stravaccato sul piccolo divano della cucina, non dà segno di stare scomodo; la sera prima, l’ha pregata di rimanere a dormire lì, per potersi beare del camino scoppiettante e della burrasca ottobrina che ha scosso la casa per tutta la notte.
Osserva interessata che quasi tutte le gambe del compagno sono poggiate all’esterno del bracciolo del piccolo sofà; a volte non si capacita della sua altezza e  forse dovrebbe cambiare i mobili di casa, perché sono più adatti a lei che a Fabian.
Si alza veloce, sente un leggero languorino.
Guarda il piccolo orologio appeso al muro che segna le nove di mattina, sorridente afferra una padella da sotto lo stipite e canticchiando fra sé e sé frigge del bacon. La sua reazione non tarda ad arrivare e  Dorcas non sa se si è svegliato perché manca la sua di  presenza sul divano o semplicemente perché il bacon resusciterebbe anche i morti.
«Si festeggia qualcosa?» borbotta Fabian con la voce impastata dal sonno.
Dorcas si volta di spalle e trattiene le risate; solitamente è lui che si occupa della cucina.
«Nulla, ho fame» risponde placida.
Fabian si mette a sedere e la fissa senza pudore, con occhi provocanti; in effetti la sua mise non è molto appropriata, arrossisce quando si rende conto che addosso ha soltanto una camicia delle sue e niente più.
«Potrei morire così, guardandoti» la provoca.
Dorcas si volta indispettita incrociando le braccia; quei discorsi sono aboliti nella sua mente, nessuno li potrà mai dividere, mai.
 Distratta, sente un’irritazione fastidiosa e inizia ad imprecare quando capisce che si tratta di una piccola bruciatura dovuta alla suo voglia improvvisata di fare la cuoca; la cucina si riempie delle risate di Fabian che corre in suo soccorso, abbracciandola da dietro ed esaminando l’entità del danno.
«Prima o poi morirai ustionata a causa della tua distrazione» mormora solleticandole l’orecchio destro.
«Sei tu che mi distrai, colpa tua!» ribatte Dorcas piccata.
Le risate di Fabian non cessano, la stringe sempre di più depositando baci sul suo collo  e lei sorride felice come non mai.
«Oggi devo tornare al lavoro» sussurra lamentoso.
«Fai anche finta di annoiarti? Giri il mondo per gli affari della Gringotts! Io invece sono rinchiusa nella Stanza delle Udienze a ricopiare verbali su verbali» protesta Dorcas, davanti agli occhi vede se stessa china su pile di pergamene in quella stanza enorme e fredda. Per attimo comprende che ogni cosa gli appare fredda e scarna senza la sua presenza; inarca le sopracciglia accigliata.
Fabian nemmeno l’ascolta si concentra sul suo collo e con tenera minuzia lascia baci roventi, che creano una scia fino alla base delle sue labbra.
«Potremmo non andare, chiuderci in casa per tutto il fine settimana e amarci» propone malizioso.
Dorcas ride e voltandosi accarezza il suo volto, così liscio e bello. Spesso pensa che entrambi siano davvero diametralmente opposti in tutto; ma quando i loro occhi si scontrano l’universo diventa estraneo ed esistono solo loro due.
«Accetto Prewett, anche se sei in debito di un viaggio a Parigi come mi hai promesso il mese scorso» esclama poggiandosi al suo petto.
Fabian la prende fra le braccia inaspettatamente facendo aderire i loro corpi e sussurra: « Di tempo ne abbiamo, però adesso il viaggio che vorrei compiere è soltanto uno».
Avvince piano le labbra alle sue mettendo così fine alla conversazione.
 
 
Un’esplosione di voci la riporta alla realtà.
Millicent Bagnold sbarra gli occhi sbigottita; questo attacco non l’ha mai messo in conto o immaginato in qualche modo. Dorcas assottiglia lo sguardo controllando se il corridoio è libero per poterla condurre nell’atrio e farla smaterializzare in uno dei camini presenti. Ancora non ha modo di rendersi conto, che fra le mani conserva il capo della comunità magica della Gran Bretagna; si solleva piano e facendole segno scendono sotto, nei livelli più bassi.
Millicent non ha più fiato in gola, non emette suono, non articola una frase di senso compiuto e Dorcas sa bene che questo è davvero un atto singolare; la prima volta che l’ha incrociata stava parlando velocemente e senza mai fermarsi. Lo stomaco è stretto in una morsa e mentre corre la gravità della situazione sembra farsi concreta nella sua mente; si gira rapida per vedere se qualcuno le sta seguendo.
Dai livelli superiori si sentono urla ed esplosioni violente.
I suo pensieri vanno agli addetti alla sorveglianza, che presi alla sprovvista stanno sicuramente dando man forte a quei mostruosi individui.
«Ma cosa cercano?» mormora Millicent con voce spezzata.
Dorcas non risponde e lei capisce in un attimo; il vero obbiettivo è il cuore pulsante dell’ordine costituito, in poche parole lei.
L’imbocco verso il grande atrio sembra deserto anche se il suo sesto senso quasi vuole avvertirla di qualcosa e sa bene che non sbaglia mai.
 
 
Due giorni prima.
 
Il lungo viale è cosparso di foglie di diverse graduazioni e sfumature, Dorcas è rapita da quella casuale ma a suo modo singolare disposizione naturale delle cose. Avvolta in un lungo cappotto color avorio, stringe la mano di Fabian che a sua volta è impegnato in un’accesa discussione con Gideon; lei decide di non mettere bocca, ha imparato con l’esperienza data del tempo, che quando i due fratelli si battibeccano per salvaguardare la sua salute mentale è meglio farsi gli affari suoi.
« Mary Luise non si ricorda per niente di te, lo so bene che hai messo su quella storiella per fare colpo con gli altri» esclama Gideon indispettito.
«Ci sono stato insieme al quarto anno, sul serio fratello mi stai mettendo in dubbio?» ribatte Fabian perplesso.
«L’ho incrociata ieri da Aberforth e mi ha giurato che nemmeno si ricorda ti te» sibila il fratello gettandogli uno sguardo compiaciuto.
«Oh ma vi prego, fate pure finta che io non sia qua!» mormora scocciata Dorcas, mentre si introducono in una piccola piazza nella parte di est di Londra. Lei fissa quel luogo interessata; al centro del grande spiazzo si trova una grande fontana rotonda con molto panchine di pietra ai lati. Sembra un luogo familiare, ma non rammenta quando ci è stata; eppure ricorda le risate, un leggero vento fresco e le stesse foglie di quel giorno.
«Questo è il posto, Benji dovrebbe già essere qua» sussurra Fabian guardandosi in giro controllando l’orologio; Dorcas sospira preoccupata notando la mancanza del compagno d’armi.
Gideon pattuglia la strada teso, Benji non è mai  il tipo che fa ritardo ad un appuntamento.
«Silente ha scritto giusto? Non avremo sbagliato luogo?» chiede Fabian interdetto.
Dorcas non lo sta ascoltando, cammina piano verso la grande fontana quasi ipnotizzata dal fruscio delle foglie color arancia che cadono sulla superficie dell’acqua. Come un lampo, la mente le riporta alla memoria un momento davvero felice dell’ultimo anno ad Hogwarts; sorride un po’ triste.
Si rivede sorridente e con una vecchia macchina fotografica che scatta istantanee felici, forse le finali data la situazione; ci sono tutti là, quasi consapevoli di quell’ultimo stralcio di normalità e felicità concesso.
L’aria è fresca, un leggero vento scuote i capelli e le foglie che sembrano coriandoli; il cielo è plumbeo, grave ma loro non ci fanno molto caso.
Rivede il giovane Black che litiga con Lupin e un altro tipo grassoccio; Marlene McKinnon che prova ad incantare Gideon, Benji che ride con Evanna, la sua attuale moglie. E poi le pare di udire James e Lily che la invocano quasi, per farsi scattare una foto: «Voglio la prova che io so ballare sai, Lily lo mette in dubbio!» ciancia James ironico e lei acconsente; fanno anche finta di ballare, Dorcas è cosi satura di felicità che potrebbe mettersi a cantare.
«Mi pento, avrei dovuto buttare James Potter nella fontana» borbotta Fabian ridestandola dalle sue fantasie.
«Ti ricordi? La tua memoria funziona! Quindi perché scordi sempre le cose che ti dico di comprare?» lo provoca Dorcas.
Gideon ride di gusto di fronte a quella scenetta.
Dorcas torna a fissare quella piccola piazza ormai vuota; non c’è più traccia di quella mera allegria, non ci sono più quei giovani che forse sono stati tali solo in quel momento. La guerra ha imposto a tutti di crescere in un modo nell’altro; sente un morso allo stomaco, mentre le immagini di Benji che sorridente scherza con Evanna si distorcono in testa. Non si sente tranquilla, c’è qualcosa che non va; il vento fischia ancora noncurante e le foglie cadono a terra marchiate dallo stesso destino caduco degli uomini. Poco dopo verranno a sapere che di quella felicità e soprattutto di Benji sarebbero rimasti solo frammenti, anzi pezzi.
 
I loro passi nell’atrio sembrano frammenti di vetro che crollano inesorabili a terra; l’aria è elettrica, sente che qualcosa sta per accadere, ma come un miraggio di fronte a loro di palesa uno dei camini. Trascina Millicent Bagnold quasi al suo imbocco, con il cuore in gola  fino a quando una figura nera la osserva silenziosa alle spalle.
Si volta inorridita.
Molti gli hanno descritto quel viso, ma mai nessuno in modo veritiero.
Ha gli occhi come due carboni ardenti, il volto pallido distorto da un sorriso orribile che sa di soddisfazione; muove la mani, fremente e la veste nera come la pece ondeggia, sinistra.
Dorcas sente un brivido freddo alla base della schiena, non ci pensa due volte e trascina Millicent Bugnold dietro parandosi davanti come uno scudo.
«Un peccato davvero che una strega potente come te non stia dalla parte giusta» sussurra Lord Voldemort con voce suadente gli occhi ricolmi di una scintilla irata.
Dorcas ride fredda e senza allegria mormorando: «Ti consideri tu la parte giusta?».
Il sorriso soddisfatto di prima scompare, lasciando sul suo pallido volto un’ira glaciale dovuta al tono che ha usato; sfodera la bacchetta arpionata nella sua mano affusolata. Lei non si lascia intimorire e veloce evoca un potente scudo. Un getto verde colpisce la barriera di rimando, sente che la mano destra inizia a sudare per lo sforzo di mantenere alta la protezione; deve solo trovare un momento, una falla, per poter gettare la Ministra nelle fiamme verdi e così salvarla.
Voldemort pare intuire il suo piano e con un rapido scorrere di bacchetta evoca un potente incanto non conosciuto da molti in giro; sorride ironica.
«Tiriamo fuori l’artiglieria pesante eh?» lo sbeffeggia sicura, rispondendo con un getto giallo robusto contro quel ritrovo della magia più oscura esistente.
Nel viso del mago nota un’espressione di fastidio, mentre nel suo petto una sorta di orgoglio; almeno potrà dire di aver fatto impegnare il famigerato Signore Oscuro.
Con maestria, gli lancia un altro incantesimo bloccando la sua visuale e con fare rapido si volta verso Millicent  ormai terrorizzata.
«Vada ad Hogwarts, troverà Silente» le dice creando un altro scudo, la mano le trema inconsulta.
«Venga con me, Meadowes!» ribatte agitata, i lunghi capelli argentei in disordine e agli occhi un luccichio silenzioso e triste.
«Non posso, le devo guardare le spalle. Vada!» urlò Dorcas mentre Voldemort si avvicina sempre più verso di loro.
Negli occhi di Millicent Bugnold si forma un’espressione dolorosa e straziata; sussurra piano:« Ti devo la vita Dorcas».
«Domani mi offra una pinta di Burrobirra e siamo a posto!» gracchia Dorcas distraendo la sua prospettiva di attacco e spingendola nelle fiamme color smeraldo.
L’urlo di Lord Voldemort  irrompe nell’atrio, facendola rabbrividire; la sua ira è immensa, lei non ha nemmeno il tempo di pensare ad una contromossa. Un’onda d’urto la sbalza all’indietro facendola sbattere contro uno dei pilastri elaborati; sente uno strano scricchiolio e una fitta acuta alla testa. Nell’aria, l’odore di sangue è pregnante ormai; tremante, allunga la mano per tastare l’incombenza dei danni e si rende conto che non sono pochi.
Il braccio sinistro rabbrividisce, nello schianto ha posto tutto il peso sopra e probabilmente è rotto.
Trattiene a stento una risata disperata, osservando dapprima la base della sua lunga veste nera che ondeggiando si avvicina verso di lei; nel suo viso non c’è traccia della sicurezza piatta di prima, nei suoi occhi Dorcas scorge la sua condanna a morte.
Ride ancora, riuscendo ad alzarsi.
Afferra la bacchetta malferma puntandola contro Lord Voldemort che sorridente la fissa sorpreso; Dorcas non si arrende mai al primo ostacolo, non l’ha mai fatto e nemmeno quella volta sarebbe successo.
I due getti si equivalgono e Dorcas racimola ogni grammo di energia che possiede in corpo; avverte che le forze la stanno per abbandonare, gli occhi non riescono a mettere a fuoco il volto del mostro. Le braccia sono instabili, il suo stesso organismo la implora di cedere ma la sua forza di volontà è molto più forte della sua stessa carne che tremula strepita in ogni sua fibra  in cerca di ristoro e aiuto.
Lo vede avvicinarsi sempre più, soggiogando la sua forza.
«Prima o poi qualcuno ti distruggerà, arriverà il momento» urla con voce straziata mentre uno strano sapore ferroso impregna la sua bocca.
Cade a terra, ancora instabile per lo sforzo immane che ha dovuto subire e lo osserva con aria di sfida.
Lord Voldemort alza la bacchetta lentamente, nota che assapora il tutto spalancando le narici; sa che si sta godendo il momento, l’attimo prima della sua vittoria. Dorcas non ha paura, non di lui. L’unico pensiero che attraversa la sua mente è Fabian; lo immagina fermo nel campo che la cerca spaesato. La sua voce, le sue mani, il suo sorriso; quella sarebbe stata una grande sofferenza da sopportare.
«Che spreco» mormora lui, con gli occhi cosparsi da una rabbia sadica.
Dorcas non chiude i suoi di occhi, attende la fine paziente e come ha previsto non è il getto verde che arriva dirompente mettendo fine a tutto. Lord Voldemort ha deciso che prima di morire deve soffrire come nessuno al mondo, solo perché ha osato sfidarlo; lei non emette alcun suono, mentre un raggio infuocato divora ogni anfratto del suo corpo.
Il dolore provato è immane; ogni cellula del suo corpo è divorata dalle fiamme. L’incendio colpisce prima i vestiti, dissolvendoli in un attimo e poi lambisce la carne; non capisce più nulla, la mente è invasa dal dolore ma Dorcas non urla, non gli dà quella soddisfazione.
Davanti agli occhi rivede le pire alla fiera e avverte nella sua mano sfibrata dalle fiamme quella di Fabian; sente il suo odore e non quello del suo corpo che brucia, la sua risata e quel sapore di mela caramellata sopra le sue labbra.
Non ha mai avuto paura della morte, l’unico terrore è sempre stato quello di perderlo in un modo o nell’altro. Dove sarebbe andata? Avrebbe mai potuto rivederlo in qualche modo?
I lunghi discorsi fatti nelle felici serate, nudi sul letto a parlare di figli, una nuova casa e poi di nuovo ad amarsi più forti e voraci di prima; poi il suo odore, il suo sguardo languido quando lo scopre entrare nella grande vasca al piano di sopra per fare il bagno insieme.
Tutto perso, distrutto e lambito dalle fiamme.
Ormai non avverte più il suo corpo, ridotto a carbonella e nell’ultimo grammo di coscienza che ancora possiede si augura che Fabian non la trovi ridotta in quello stato; però non ha urlato, ha salvato Millicent Bagnold distraendosi in quell’unico attimo che avrebbe potuto salvarle la vita.
Passano i minuti, ore e forse giorni mentre il suo corpo si consuma.
Non ci vede nemmeno più, distingue due lunghe gambe, forse le sue e rammentandosi che il sofà del salotto è troppo piccolo per uno spilungone come Fabian, decide che ormai è il momento di cambiarlo a tutti i costi.

«Prima o poi morirai ustionata a causa della tua distrazione».
 
Gliel’avrebbe detto in un modo o nell'altro è assolutamente certa di questo. Fabian deve capire che questa volta la sua distrazione ha solo salvato vite innocenti; ma l’avrebbe presa in giro sempre e comunque.
Le gambe che vede sono le sue adesso è certa, perché riesce ad intravedere la punta di quei dannati stivali da pioggia che Fabian è andato a prenderle a casa; lei odia gli stivali, gliel’ha sempre detto ma senza successo a quanto pare.
Forse sta ridendo solo al pensiero, ma non è sicura di esserci più; adesso che l’ha visto può anche riposarsi.

 
Poco prima.
Ottery St Catchpole sembra un luogo diverso quel pomeriggio; forse perché l’autunno trasfigura ogni cosa, forse perché si sente bene con se stesso e con il mondo. Cammina rapido verso la casa di sua sorella Molly, gustando ancora nella bocca quel bicchierino della staffa trangugiato in fretta e furia quando ha fatto una visita veloce a casa, per recuperare gli stivali da pioggia di Dorcas. In quello spiazzo la pioggia ha rovinato la loro gita e si chiede come mai non hanno pensato di fare un salto qua per bearsi del sole; certo, il messaggio di Molly l’ha allarmato in un primo momento. Appena ha messo piede fuori casa, la sua lettera disperata l’ha trovato; ha scritto che uno dei figli ha distrutto parte della casa e quindi si é catapultato là con gli stivali in mano e una grassa risata sul volto. Gideon sarebbe stato fiero della vicenda, ne avverte la mancanza del fratello che occupato con le faccende dell’Ordine vede molto poco ultimamente.
In effetti avvicinandosi il lato destro della casa nota che una grande porzione manca; scuote la testa, quei piccoli bambini in particolare Fred e George, sono delle pesti.
«Oh! Fabian! Grazie per essere venuto» urla sull’orlo dell’isteria più totale Molly raggiungendolo fuori dalla porta.
Fabian sorride e l’abbraccia di slancio, sentendo in attimo l’odore di casa e ricordando la loro madre; Molly è così, l’emblema stesso di casa e amore. Ricorda ancora la felicità nel suo viso tondo quando gli ha portato Dorcas a cena un paio di mesi fa; da quel momento sono diventate amiche per la pelle e lui si ritrova spesso con Arthur a parlare di strani aggeggi Babbani che si chiamano spine o giù di lì.
Entra in casa e sente subito che Molly ha preparato una torta e forse anche la zuppa di cipolle; il suo stomaco ha una morsa di fame nostalgica, quella mattina lui e Dorcas invece di fare colazione hanno fatto tutt’altro.
«Questi due sono davvero tremendi» dice osservando i piccoli nipoti che ridacchiano complici. Quando se li trova davanti non può fare a meno di pensare a lui e Gideon e avverte orgoglio sapendo che la tradizione avanza in famiglia; da tempo immagina già che anche lui e Dorcas metteranno in cantiere una bella coppia di gemelli.
Si avvicina a grandi falcate abbracciando pure loro che rapidi si aggrappano alle sue braccia.
«Zio Fabian!» urla Fred seguito da George.
«Fred ancora è presto per fare queste cose, aspetta almeno gli undici anni» gli dice con voce carica di gravità e trattenendo una risata di fronte all’espressione contrariata di Molly.
«Io sono George!» urlacchia il piccolo.
«Con me e zio Gideon questo scherzo non vale caro ragazzo, l’abbiamo inventato praticamente noi!» risponde con voce quasi mistica, i due bambini lo guardano con sacra venerazione.
Poggia entrambi i piccoli sul divano e con un movimento fluido della bacchetta fa ricrescere la parte lesionata; gli altri nipoti presenti arrivano veloci e ridenti battono le mani.
«Ma quanti sono? Dovreste darvi una calmata tu e Arthur, sono finite le spine da classificare?» chiede stranito vedendo tutti quei piccoletti con i capelli rossi che lo circondano e non ricordandone i nomi.
«Vuoi una fetta di torta Fabian?» chiede sua sorella apprensiva, facendo finta di non aver sentito la domanda, rossa in viso.
Si siede stanco su una delle poltrone, guardando l’orologio ammaccato.
«Non posso Molly, lascia da parte qualcosa anche per Dorcas. Mi starà aspettando è tardi» mormora alzandosi e lasciando il piccolo oggetto sul bracciolo.
Una scia argentea irrompe improvvisa nella cucina, nota che si tratta di un Patronus, per l’esattezza un grosso pavone.
«Dorcas» sussurra stranito, Molly sbarra gli occhi in preda al terrore.
«Sono al Ministero, corri» recita il Patronus con la voce di Dorcas distorta da qualche strana emozione che non comprende.
Una strano presentimento lo coglie, rapido sfiora la testa di tutti i nipotini e si avvia verso la porta.
«Fabian! Aspetta stai dimenticando il tuo orologio, caspita non hai mai cura delle tue cose!» dice Molly seguendolo.
Fabian sorride e voltandosi le mostra gli stivali da pioggia che ancora sta tenendo in mano per farle capire che invece, mette molta cura e tanto amore solo per ciò che conta veramente; lei sorride affettuosa capendo l’antifona.
Le fa l’occhiolino e girando su stesso scompare.
La prima cosa che avverte è il buio dell’atrio; avanza piano, con il fiato in gola. Nell’aria c’è una strana puzza che lo fa quasi indietreggiare; sembra qualcosa di bruciato, come quando Dorcas scorda il tacchino in forno e la cucina sta per prendere fuoco.
Si rende conto che qualcosa di strano è successo; l’atrio è distrutto, nelle pareti molte sono le tracce di qualche lotta violenta avvenuta poco prima. Il sospetto lo coglie losco; più avanza e più l’odore si fa nauseabondo.
Vede una massa strana a terra, affila lo sguardo.
Mette una mano alla bocca per non urlare, riconosce solo i suoi occhi, quelle profonde pozze oscure che lo osservano e che lui ha amato  sin dal primo istante; nelle labbra o ciò che ne rimane scorge un sorriso e poi niente più.
Lo sta aspettando.
Gli stivali da pioggia cadono a terra con un tonfo sordo, le sue urla spezzano il silenzio attonito della sala.
 
«Potrei morire così, guardandoti».

 
 
Fine


 
 
Note.
Allora, non so davvero come iniziare.
Questa storia partecipa al Contest indetto da Inzaghina sul forum di EFP, beh ho appena terminato di scrivere e sono scossa anche io. Ho scelto il prompt e poi il pacchetto, per l’esattezza il numero 17, perché io sono nata il 17 maggio e perché questo numero mi è affine.
Non posso svelare gli elementi presenti in questo pacchetto, però forse qualcosa si può intuire comunque mi piacerebbe puntualizzare qualcosa.
Il contest è ambientato in autunno, quindi ho spulciato un po’ le tipiche tradizioni Inglesi tipiche del periodo e mi è venuto in mente il grande Guy Fawkes; ho collegato così la presenza delle pire, dei roghi insomma. Questa è una tipica tradizione Inglese autunnale e mi sono ricordata  anche di Guendalina La Guercia, presente in Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, il mio libro preferito.
In quanto a Dorcas, da quello che sappiamo era una strega estremamente potente, Voldemort in persona l’ha uccisa; nel mio immaginario aveva una relazione con Fabian Prewett che non segue sempre il solito cliché fa parte dell’entourage della Gringotts. Altra nota è la presenza di Millicent Bugnold, che da quello che so è stata Ministra fino a dopo il tardo 1981.  Spero che la storia vi piaccia, come sempre il vostro parere è fondamentale per me; un abbraccio, Caterina.
 
   
 
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