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Autore: Padme Undomiel    07/11/2020    1 recensioni
[Soulmate!AU]
Miyako ha sempre avuto due grandi convinzioni, fin da quando ricorda. La prima: non c’è dono più grande, al mondo, di avere un’anima gemella che ti aspetta da qualche parte, e un modo per riconoscerla. La seconda: se sai come cercarla, dovresti iniziare a farlo senza indugiare.
Chissà perché, allora, la vita si diverte a cercare di disintegrare le sue convinzioni come se non fossero altro che castelli di sabbia.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miyako Inoue/Yolei
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Against the rules







 
6.





 
Il primo di marzo Miyako racimola tutti i libri che ha preso in prestito sulle anime gemelle, e li riporta indietro.
Non è che creda sul serio che riportarli un giorno invece che un altro cambi le sue decisioni o il corso della sua vita, ma ha sempre amato le azioni simboliche: in qualche modo cristallizzano il momento e lo fortificano. Così può rievocare ogni volta che vuole cosa ha provato in quel momento e cosa sperava di ottenere, e darsi uno spintone immaginario se dovesse venirle l’idea balzana di mollare tutto.
O forse è solo una fifona, e ha bisogno di uno sprone esterno che le dia la forza di procedere nella direzione che ha scelto. Ma che importanza ha? L’importante è il risultato.
Miyako ha sempre pensato a marzo come al mese della rinascita, dei nuovi inizi, del cambiamento alle porte ma ancora non sbocciato, in attesa come i boccioli dei ciliegi che fioriranno a fine mese. Lei vuole fare lo stesso: rifiorire, in modo diverso.
Così entra in biblioteca, a passo di marcia, e con decisione e senza pensarci posa i libri che non ha mai letto nello scaffale delle anime gemelle. Li guarda, fa un sospiro che le sgonfia il petto, e poi annuisce tra sé, soddisfatta.
“Fate i bravi finché non sono pronta a riprendervi!” Esclama ad alta voce, dando loro un paio di pacche di commiato. La sua esclamazione viene immediatamente seguita da un “Sssssh” perentorio e irritato da parte degli ospiti della biblioteca, ma ormai c’è abituata. E comunque, non è con loro che sta parlando.
Non è un addio, pensa tra sé. Non vuole rinunciare alle anime gemelle, né smettere di essere curiosa sul loro funzionamento.
E’ solo che forse c’è altro che può fare, finché aspetta di capirci un po’ di più. Forse deve prima mettere a posto un paio di cose, così da avere in futuro la mente sgombra abbastanza per loro.
Tornerà più agguerrita di prima, lo sa. Più agguerrita e meno ingenua.
Ma, se il primo passo è facile, è il resto che è difficile. Cosa viene dopo?
Miyako scrive un messaggio a Ken, all’uscita dalla biblioteca.
“Missione biblioteca conclusa! Sto cercando la prossima missione. Idee? Qual è stata la prima cosa che hai fatto quando hai scelto di cambiare?”
E poi se ne sta lì, incerta, a mordicchiarsi le labbra e a fissare lo schermo. Magari non le risponderà, riflette. Magari è stupido chiedergli una cosa così. Magari penserà che non sa sbrigarsela da sola …
Qualunque cosa lui abbia pensato, la risposta non tarda ad arrivare.
“Ho parlato con le persone che avevo accanto e ho cercato di conoscerle.”
Beh, non troppo utile, pensa con una smorfia. Lei parla già tanto, se parlasse di più parlerebbe troppo, e tutti quanti ne uscirebbero rintronati. Magari poteva essere utile per Ken, visto che lui, da quel che ha capito, è un introverso.
Però …
E se questo fosse uno spunto? Parlare di meno, e ascoltare di più?
Miyako non la farebbe melodrammatica come la fa Ken: non pensa affatto di non conoscere i suoi amici … però, ora che ci pensa, questi ultimi giorni le hanno dimostrato che ci sono tante cose che non sa di loro. Non ha mai chiesto a Mimi del campo estivo in cui ha conosciuto Taichi, Yamato, Koushiro e Jyou, il fratello di Shuu; non si è mai interessata alla storia dei genitori di Yamato e Takeru; continua a non sapere proprio niente di Koushiro.
Non le fa molto onore.
Forse concentrarsi troppo sulle anime gemelle non l’ha resa una grande amica.
Forse, prima di dedicarsi alle questioni di cuore, potrebbe dedicarsi ai rapporti interpersonali.
“Non male, Ichijouji”, risponde a Ken. “Dovrei impiegarti più spesso come mental coach!”
E, intascando il cellulare, guarda il timido sole che fa capolino da nuvole distratte, e decide che d’ora in poi si cambia registro.
E’ con questa mentalità che si ferma, il giorno dopo, davanti agli armadietti all’ingresso della scuola, per avvicinarsi a una Mina in lacrime davanti all’armadietto di Takeru. Le porge un fazzoletto, cerca di farla ridere con battute terribili, le dice che Takeru è un idiota ma che ci sono mille altri ragazzi che aspettano solo di poterla conoscere, le offre una merendina che ha comprato al konbini poco prima e le dà persino il suo recapito mail per poter chiacchierare nel tempo libero. Mina le sorride tra le lacrime, e quel sorriso grato riempie Miyako di gioia.
E’ davvero così bello essere d’aiuto?
Forse è semplicemente bello uscire dal suo mondo, e poter toccare quello degli altri.
E che ne sa del mondo dei suoi compagni di classe, per esempio? Li ha sempre davanti agli occhi, ma non le è mai venuto in mente di cercare di capire come potessero essere anche fuori dalle mura scolastiche. Così fissa Aoko e un paio di altre sue amiche con un’espressione che loro definiscono, antipaticamente, inquietante, finché non le danno retta abbastanza da ottenere un invito per un cinema e qualche oretta di shopping senza impegno. Loro accolgono la proposta, e l’uscita, in modo entusiastico, ed è divertente, tanto, scoprire che una cosa che ha dato così scontata da scordarsene può essere replicata, regalare bei momenti, farla sentire leggera.
E la sua energia cresce.
Con Iori, invece, sperimenta qualcosa di diverso: si sfida a non parlare mai di anime gemelle. E forse il suo amico d’infanzia, sospettoso, se n’è accorto, forse quelle occhiate di sottecchi che le rivolge vogliono dire che non è stupido e ha capito benissimo che c’è sotto qualcosa, ma la asseconda, e non le fa domande. Quanto a Miyako, scopre due cose importanti da questa piccola sfida con se stessa: primo, che le prime volte è difficile, ma che man mano le viene sempre più naturale frenare la lingua quando sta per pronunciare le parole anime gemelle; secondo, che Iori ha un sacco di cose da raccontare, cose che magari in altre occasioni andavano un po’ perdute, per colpa del fatto che Miyako non sta zitta un attimo e finisce, senza volerlo, per monopolizzare la discussione. Le racconta di kendo, di quel ragazzo che ride forte e grida ancora più forte durante l’allenamento, di quella ragazza minuta e determinata che vorrebbe tanto essere come lui e che gli chiede sempre consiglio, di quel ragazzone gigante che riesce sempre a concentrarsi, in ogni situazione, tranne quando ha fame. Le racconta delle gare in arrivo, di quanto lui si stia allenando duramente, dei preziosi consigli di suo nonno, da sempre il suo maestro d’elezione, anche ora che Iori ha smesso di allenarsi con lui ed è passato a un dojo comune. Le racconta anche di essere preoccupato per il nonno, di vederlo spesso affaticato, troppo, e per le cose più semplici … Iori sembra improvvisamente più giovane quando ne parla, più spaventato, e Miyako ci rimane male. Non ne sapeva nulla, non si era accorta di nulla.
“A volte mi sembra di dover fare tutto da zero”, dice un pomeriggio come tanti a Ken, seduti sulla spiaggia a bere una bevanda calda. “Cioè, come se dovessi disimparare a fare tutto, per imparare a farlo meglio. Chi lo sapeva che cambiare fosse così difficile?”
Ken la guarda di sottecchi, con un sorriso sulle labbra che è difficile decifrare.
“Ecco perché la gente di solito non cambia.”
Tenere il cellulare davanti a sé mentre si sorseggia una lattina è abbastanza impegnativo.
“Sì, ma io non voglio essere la gente. Io voglio cambiare per davvero”, si acciglia, imbronciata. “E ce la sto mettendo tutta, ma a volte mi sembra che sia tutto inutile.”
Ken scuote la testa, e la guarda per un lungo istante.
“Non lo è.”
“Vorrei che Iori-kun sapesse che io ci sarò sempre per lui”. Miyako giocherella con la sabbia sotto le sue gambe. “E’ vero, sono una lagna, e a volte non mi rendo conto di dire cose inopportune, ma questo non cambia il fatto che mi taglierei un braccio per lui.”
“Se ci tieni tanto a farglielo capire perché non glielo dici?”
“Beh, gliel’ho detto.” Miyako sorseggia la sua bevanda. “L’ho anche abbracciato forte e gli ho detto che aiuterò suo nonno, se ha bisogno di qualcosa. E io ho deciso che ne avrà bisogno, perché il signor Hida non può assolutamente star male!”
Ken sorride, mentre scrive la sua risposta.
“E allora non dovresti preoccuparti. Sa che ci sei.”
“Dici davvero?” Domanda quasi supplichevole lei.
Ken annuisce, senza guardarla. E Miyako giurerebbe, nonostante i colori rosati del tramonto che danzano sui loro visi, che le guance del ragazzo siano diventate rosse.
“Non sei affatto una lagna.”
Le lancia un’occhiata, nota la sua espressione stupefatta e lusingata, e arrossisce ancora più intensamente, e per quel pomeriggio non si sbilancia oltre.
Miyako si ritrova ancora a leggere quel messaggio, a distanza di giorni. Non sa perché, ma la rende felice. La spinge a lottare con più energia di prima.
E poi, un giorno come un altro, la porta del konbini Inoue si apre mentre Miyako sta aiutando sua madre alla cassa, ed entrano Takeru e Hikari, due sorrisi luminosi e speculari sulle labbra e le mani, stranamente eppure ovviamente, intrecciate.
La visione è così sconcertante che Miyako li fissa per lunghi istanti a bocca aperta, senza riuscire a dire niente.
Hikari solleva lo sguardo su Takeru, divertita. “Te l’avevo detto che avrebbe reagito così.”
Voi!” Strilla Miyako alla fine, indicandoli col dito.
“Ho un senso di déjà-vu”, ride Takeru. “Anche se tempo fa ce l’avevi solo con me. Neanche questo va bene?”
Solleva le loro mani intrecciate perché Miyako possa vederle, e il suo sorriso si amplia. Hikari arrossisce, timida e felice.
E’ un quadro troppo bello perché Miyako possa mantenersi seria ancora per molto.
“Questo va benissimo! Ma vi sembra questo il modo di annunciare il fatto che state insieme?” Continua Miyako, cercando in ogni modo di nascondere il sorriso che le sta nascendo, suo malgrado, sulle labbra. “Cos’è, adesso siete diventati anche plateali? Che faccia tosta!”
“Scusaci”, si stringe semplicemente nelle spalle Hikari. “Abbiamo pensato non ci fosse modo migliore per dirtelo.”
E poi la fissano, l’espressione più innocente del mondo in viso.
Miyako non ce la fa più: molla tutto e corre a stringerli nell’abbraccio più stretto del mondo.
“Sono così felice per voi!”, esclama sinceramente. “Non avete idea di quanto sembriate radiosi insieme!”
“Ci abbiamo messo un po’, ma alla fine … pare avessi ragione tu, Miyako-san”, dice Takeru una volta sciolto l’abbraccio. “Era l’unica cosa sensata potessimo fare. In fondo ci stavamo solo prendendo in giro.”
“Mica prendevate in giro solo voi stessi”, le scappa senza pensarci.
I due la guardano di colpo, e Miyako si morderebbe la lingua, ma ormai è tardi, no? Può solo proseguire su questa strada.
“Beh”, tenta, un sorriso esitante sulle labbra, “Ammetterete che avete lasciato almeno un paio di cuori infranti dietro di voi … effetti collaterali dell’aver aspettato troppo!”
Miyako si sorprende a sentire come suona la sua voce; si sorprende a sentire un sapore strano in fondo alla gola. Quando per la prima volta ha sentito che Hikari e Takeru avevano deciso di cercare altrove quello che potevano trovare l’uno nell’altra avrebbe dato qualsiasi cosa per vederli assieme, sereni e innamorati … invece eccola lì, a pensare al viso di Ken quando aveva visto la sua ragazza cadere tra le braccia della sua anima gemella. Per qualche motivo, quel pensiero la disturba.
Lui non sembrava sconvolto, o particolarmente addolorato, eppure …
Eppure perché Hikari-chan gli ha fatto questo?
“Hai ragione”, risponde piano Hikari.
Miyako la guarda. La sua amica non sembra turbata, sorpresa, o arrabbiata: sembra calma, come se avesse già pensato a tutto. Sembra anche un po’ triste, e i suoi occhi castani sembrano chiederle, per qualche motivo, perdono.
“Il nostro comportamento ha avuto conseguenze che non avrebbe dovuto avere”, continua. “Lo sappiamo benissimo: siamo stati egoisti.”
“Però non possiamo cambiare il passato”, continua Takeru, stringendo appena la mano di Hikari. “Possiamo solo prendere atto di una cosa: io e Hikari-chan siamo fortunati ad essere anime gemelle. Non tutti hanno avuto questa fortuna.”
I loro volti si adombrano, e Miyako sa che stanno pensando ai loro fratelli.
“Invece noi andiamo d’accordo, e non riusciamo a smettere di orbitarci attorno”, riprende Takeru, e c’è una dolcezza improvvisa nelle sue parole. “Sono cose per cui vale la pena provarci, ecco.”
Si guardano, si sorridono, e non servono altre spiegazioni.
“Certo che sono proprio una rompiscatole”, ride Miyako imbarazzata, e giocherella con una ciocca di capelli. “Non datemi retta! Non dovete rendere conto a me. Anzi, sapete cosa? Io penso davvero che voi siate coraggiosissimi.”
Takeru e Hikari la guardano, sorpresi.
“Non fate quelle facce! Dico sul serio. Certo, voi eravate destinati a stare insieme e il destino aiuta sempre in qualche modo, ma … la scelta di buttarvi è vostra. Ecco cosa penso. Sono felicissima che i miei amici abbiano smesso di essere fifoni e si siano dati una mossa!”
Miyako sorride loro, incoraggiante, e la neo coppietta si illumina. Sembrano avere un’energia interna che li accende costantemente dall’interno, ed è quasi sdolcinato a vedersi.
Lei non vorrebbe niente di meno per sé.
“Ma perché anche quando fai il tifo per noi sembri insultarci?”, sorride Takeru, e Miyako gli fa una linguaccia.
“Non devi preoccuparti, Miyako-san”, aggiunge Hikari. “Io e Ichijouji-kun abbiamo parlato molto, e non c’è niente di irrisolto tra noi.”
La guarda dritto in faccia, e improvvisamente Miyako si sente lo stomaco congelato.
Oh, pensa di colpo. Ha parlato con Ken.
Cosa le ha detto lui? Le ha detto che si scrivono mail, che ogni tanto si vedono di persona? E in che termini potrebbe averglielo detto, che parole può aver usato?
Ma magari neanche gliel’ha detto, dai.
E anche se fosse, che problema ci sarebbe?
… Hikari era la sua ragazza però. Non ci ha pensato, quando ha deciso di invitarlo a prendere quel frappè.
Perché ci pensa solo adesso?
Santo cielo, perché Hikari la sta guardando in quel modo?
“Non sono preoccupata!” Dice in fretta con un sorriso esagerato, e si chiede cosa faccia normalmente con i muscoli del viso, quando il suo cervello non va in corto circuito. “Cioè, mi fa molto piacere che non ci siano rancori o cose simili. Siete rimasti amici? Voglio dire, diventati amici – come si dice in questi casi? Oh, lascia stare, non so quello che dico.”
Hikari ride. Miyako si prenderebbe a sberle.
“Sarà meglio che andiamo”, dice Takeru a un tratto, guardandosi alle spalle. “Mi sa che ti stiamo intralciando sul lavoro: il konbini si sta affollando.”
“Oh, scusaci!” Hikari, mortificata, fa un passo indietro, manifestando la sua intenzione di seguire l’invito di Takeru. “Tanto ci vediamo a scuola, avremo un sacco di tempo per parlare.”
“Ah … sì, certo, ovvio …” Balbetta Miyako un po’ interdetta.
“Allora a presto!” Dice Takeru sollevando la mano libera. Hikari le sorride, ed entrambi si voltano per andarsene.
E potrebbe finire così, sarebbe facile e indolore. Non c’è nulla che Miyako debba aggiungere per giustificarsi, giusto? Lei non voleva fare niente di male.
E Hikari adesso non è forse felice con Takeru? Non ha forse detto che non c’è niente di irrisolto? Non c’è più niente tra lei e Ken, no?
Potrebbe lasciar perdere.
“Io e Ken-kun ci stiamo sentendo.”
E invece parla.
Takeru e Hikari si voltano ancora.
Il viso di Miyako sembra incandescente, ma lei non abbassa lo sguardo. Deglutisce, e guarda Hikari -solo lei, nessun altro.
“Come amici, eh.” Ci tiene ad aggiungere. “Non c’è niente tra noi, giusto per essere chiari, anche se in effetti l’ho detto proprio male … non pensare cose strane, Hikari-chan. Però volevo dirtelo, perché detesto mentirti. Va bene per te? Se ti dà fastidio ti giuro che-”
“Che bella notizia”, la interrompe Hikari, il sorriso più dolce del mondo.
Miyako trasecola. “Co- davvero?”
Ok, non ha proprio idea di cosa stia succedendo, è ufficiale.
Hikari non sembra affatto arrabbiata, sconvolta o dispiaciuta. Miyako aveva creduto –sperato? – che, ora che è più sincera con se stessa e gli altri, Hikari sarebbe diventata più comprensibile all’esterno … e invece no, è più misteriosa che mai. Accidenti.
“Certo!” Il sorriso di Hikari si amplia. “Sono davvero contenta per voi.”
“Ma … voi? Ma cosa-”
“Stai tranquilla.”
Non le lascia aggiungere altro. Getta uno sguardo significativo a un super interdetto Takeru, scuote la testa come a dirgli dopo, e con un ultimo sorriso gentile Hikari si porta via il suo ragazzo, lasciando Miyako sola con la sua cassa e il suo cuore martellante nelle orecchie.
Tutto qui.
Nessun cataclisma, nessuna espressione amareggiata, nessuna richiesta di spiegazioni. Niente.
La sua testa è ancora sulle sue spalle, a quanto sembra.
Certo che ho proprio amici strambi, eh.
Non sa cosa abbia capito Hikari, o per quale motivo stesse sorridendo in quel modo. Forse è solo molto felice perché, all’uscita del konbini, può tranquillamente salire sulle punte e scoccare un bacio sulle labbra a un Takeru che sembra non capirci più niente. Forse la gioia ti mette addosso un paio di occhiali variopinti e quelle lenti colorate ti trasfigurano il mondo, e basta.
Deve essere così.
Però …
Non è buffo quanto siano cambiate le cose?
Non è forse partito tutto da Hikari e dalla sua confessione di avere una storia con Ichijouji Ken?
Com’è successo che sia Miyako, ora, a confessare a Hikari un rapporto speciale con lui e sperare che sia lei a non prendersela?
 
***
 
E’ vero che qualche volta Miyako fa cose senza pensarci, perché le sembra perfettamente normale sul momento, salvo poi rendersi conto che quel qualcosa normale non lo è, non così tanto, o che quantomeno la vita avrebbe potuto prendere una piega totalmente diversa se lei, in date circostanze, avesse pensato che potessero esserci soluzioni diverse da quelle che ha intrapreso.
E’ più o meno quello che è successo con Ken. Prima che Hikari si presentasse al konbini Inoue, lei non ci aveva affatto pensato su.
Cioè. A lui pensa spesso, a dirla tutta. Quello a cui non aveva pensato era che scrivergli, eleggerlo a strambo amico silenzioso e consigliere senza conoscerlo più di tanto, potesse essere sospetto o inopportuno.
Ichijouji Ken è qualcosa che le è più o meno capitata, non saprebbe spiegarlo meglio di così. Ma ora che ha scoperto com’è parlare con lui, non ha dubbi che si tratti di qualcosa di bello.
Non è stato difficile passare dalle mail al desiderio di vedersi di persona: a un certo punto, Miyako non saprebbe dire come, hanno cominciato a scriversi ogni giorno, tanto che una volta si è sorpresa a rendersi conto che lei non iniziava neanche più i messaggi giornalieri con un Buongiorno o Buonasera, o neanche con un Ciao.
“Ti giuro che non lo faccio apposta!” Gli aveva scritto, ridendo di sé. “E non sono così maleducata come sembro. E’ solo che è come se la mia conversazione con te non finisse mai.”
Lui le aveva risposto diversi minuti dopo.
“E’ la prima volta che ho una conversazione che non finisce mai con qualcuno. Non sei maleducata … e se lo sei, lo sono anche io, perché non ci avevo fatto caso. Mi sembrava perfettamente normale riprendere da dove ci eravamo lasciati.”
Da lì è venuto tutto da sé.
Ci sono tante cose che ha scoperto su Ichijouji Ken, nonostante lo frequenti da così poco. Innanzitutto, che è una persona particolare. E’ riservato e riflessivo, ma gli piacciono le sfide, ed è molto curioso. Ha senso dell’umorismo, eppure non si mette in mostra, e spesso il soggetto che più ridicolizza è sé stesso. E’ un ottimo ascoltatore, ma conosce un sacco di cose e gli piace discutere di argomenti diversi, dai più seri ai più bislacchi.
Senza esagerare, sono passati dalle marche di biscotti preferiti alla guerra, e dai cambiamenti climatici alle cose più stupide a cui credevano quando erano piccoli.
Con Ken non c’è bisogno di imporsi di non parlare di anime gemelle: se ne parlano va bene, anche se non accade troppo di frequente. Miyako non sa perché con lui sia diverso, ma i paletti e i confini non si sposano bene con il loro tipo di rapporto. Ed è strano, visto e considerato che Ken ancora non le rivolge la parola. A quanto pare, non sentire mai la voce di qualcuno non limita la tua sensazione di sentirti a tuo agio tanto da essere te stessa.
Con Ken Miyako riesce persino a parlare dei suoi genitori.
“Ho detto loro che non voglio lavorare al konbini da grande”, gli rivela un giorno mentre passeggiano per Shibuya. “Mi sentivo un sacco in colpa, tanto che mi tremavano tutte le gambe, pensa un po’. Però loro mi hanno sorpreso. Miyako-chan, ma cosa ti salta in mente? Tu sei brava a studiare, non abbiamo mai pensato di lasciare il konbini a te: ci sono i tuoi fratelli. Tu vorresti fare l’università, vero? Mi credi se ti dico che ero sconvolta? In tutti questi anni ho creduto che non sapessero nulla di me, e invece sapevano che avrei voluto fare l’università persino prima di me!”
Ken si sorprende un sacco. “Non pensavo che anche tu avessi problemi così.”
“Sì, a quanto pare sono la regina dell’incoerenza: parlo con tutti meno che con la mia famiglia, è ridicolo. Ma tutto questo cambierà.” Poi Miyako lo guarda, e realizza. “Ma… hai detto anche tu?
Il sorriso di Ken è a un tratto molto amaro, e i suoi occhi troppo assenti.
“Hai dimenticato che sono scappato di casa quando avevo dodici anni?”
Leggere quelle parole sul display del cellulare la fa un po’ sobbalzare. “No, non l’ho dimenticato, però …” Balbetta, e per un attimo non sa che dire. Il pianto disperato della signora Ichijouji le risuona ancora nelle orecchie, e non sa collegare quel ricordo al viso serio e amaro di Ken. “Hai risolto con loro, vero? Adesso vi parlate?”
“A volte è ancora difficile dire loro quello che penso”, scrive lentamente Ken. “Ma va sempre meglio. Per lo meno adesso sanno quello che contano per me.”
“E’ un’ottima notizia!” Sospira sollevata Miyako. “Devono volerti davvero bene.”
Ken sorride appena. “Non sono il figlio che meriterebbero, ma farò del mio meglio. Non sarò mai come Osamu, ma non voglio che questo sia un problema.”
“Osamu?” Miyako si ferma, e questa volta è lei a essere sorpresa. “Aspetta, hai un fratello?! Come facevo a non saperlo? Tempo fa sapevo tutto di te!”
“Perché è morto.”
Il gelo la colpisce a tradimento prima ancora che il suo cervello abbia correttamente processato il messaggio.
Miyako lo guarda, Ken fa lo stesso. E’ serio, e un po’ dolente. Non è l’espressione di un idiota che dice bugie tanto gravi giusto per fare lo spiritoso.
“Come, morto?” Sussurra incredula.
“E’ stato investito da un’auto. E’ successo molto tempo fa.”
Miyako non riesce a trovare niente da dire: di colpo sembra tutto incredibilmente futile. Cosa c’è di paragonabile alla morte di un fratello? Ha davvero importanza che sia successo tanto tempo fa?
“E tu che mi hai fatto parlare di scemenze finora”, dice senza fiato, e si sente addolorata. “Mi sento così stupida ora. Non potevi avvertirmi? Mi sono lamentata un sacco di volte dei miei fratelli …”
Ken scuote la testa in modo deciso.
“Tutti hanno problemi, e non credo che le persone debbano smettere di considerarli importanti solo perché qualcun altro ha avuto di peggio. Non preoccuparti. Come ti ho detto, è una storia vecchia.”
“Però mi dispiace tanto”, dice con un filo di voce Miyako.
Lui le sorride, e le strane ombre sul suo viso sembrano un po’ assottigliarsi.
Quel giorno lei non gli chiede più nulla, e dopo quella confessione lui cambia decisamente argomento, come se non volesse parlarne. Da quel giorno Miyako capisce anche un’altra cosa di Ken: ci dev’essere per forza un motivo molto valido per cui questo ragazzo, tre anni fa, era un bullo arrogante della peggior specie. Ne aveva avuto il sentore, dopo quella maledetta partita e tutto il resto, ma non ci aveva mai seriamente pensato. Magari era solo molto sofferente. Magari lo è ancora.
Ci sono tante cose che non sa di Ichijouji Ken.
Però conosce le minuzie, questo sì.
Conosce l’espressione che fa quando sta per scriverle una battuta, perché le sue labbra tendono verso l’alto, qualunque cosa lui faccia per mascherarlo. Conosce la sua voce quando ride – lo ha fatto ridere di gusto una volta: il suo viso era acceso, le sue guance anche. Lei gli ha detto d’istinto che quando ride è davvero carino, e questo lo ha mandato in corto circuito per qualche minuto.
Riesce a riconoscere quando non è sicuro di quel che dice, perché ci mette tanto tempo a inviarle un messaggio, tanto che a volte Miyako si sporge verso la sua spalla per sbirciare, e lui le scrive, timidissimo, Non essere impaziente.
Sa che a volte i suoi occhi diventano così trasparenti che può quasi sbirciargli l’anima, e quando lui la guarda Miyako si illude che sia lui a permetterglielo, perché si fida di lei. Lo sa, dopotutto: lui non è così con tutti.
Sa anche che Ken è molto bravo nello studio, ma che, a dispetto di quel che credeva lei, non conosce la soluzione di alcuni quesiti matematici su cui Miyako si stava preparando un giorno in cui sono andati assieme in biblioteca.
“Pensavo che, essendo un genio, magari fossi a un livello più avanzato di conoscenze rispetto alla tua età! Allora i giornalisti esageravano?” Gli chiede, sinceramente sorpresa e con nessun intento derisorio. Vuole solo sapere.
“Sicuramente esageravano”, risponde Ken, accigliato e anche un po’ mortificato. “Però è vero che tempo fa non facevo altro che studiare. Volevo essere un genio. Ora voglio essere solo Ken.”
E quella risposta le piace un sacco.
A volte pensa che loro due siano simili, in qualche modo, anche se il loro carattere è praticamente agli antipodi. Sembrano entrambi non sapere come si legge una bussola in un mondo di marinai. Certe volte Miyako scherza, e gli dice “Siamo proprio due disagiati allo sbaraglio”: Ken scuote la testa, scrive “Evviva”, e poi sorride. Perché lo sa che non è un problema per nessuno dei due.
E questo è rassicurante.
Miyako riflette su tutto questo, quando torna a casa e può buttarsi, stanca morta, sul letto. Ci riflette attentamente, scrutando il soffitto come se avesse la risposta a tutti i suoi problemi.
E poi capisce che, se a Hikari fosse dispiaciuto che lei e Ken avessero creato questa specie di strambo rapporto inclassificabile ma prezioso, Miyako si sarebbe certamente scusata, e avrebbe promesso solennemente – per poi rispettare sul serio la parola data, che diamine, ci tiene a queste cose, e ci tiene alla sua amicizia con Hikari – di evitare per quanto possibile di restare da sola con lui. Avrebbe cercato di frequentarlo comunque, certo, perché lui le piace come persona e le piace quello che sta succedendo tra loro, ma lo avrebbe fatto coinvolgendo Daisuke, per esempio, oppure qualcun altro dei suoi amici, onde evitare fraintendimenti.
Però le sarebbe dispiaciuto un sacco.
Perché lui la fa stare bene, in modi che per il momento Miyako neanche capisce del tutto, e rinunciare anche solo a una piccola parte di questo benessere le sarebbe sembrato qualcosa di infinitamente triste.

 
***
 
Per la fine degli esami Hikari decide di far felice il povero Daisuke sofferente, e di organizzare un pomeriggio tutti insieme a casa Yagami.
E’ una specie di evento epocale, anche se ci scommette che Hikari non avesse la minima intenzione di renderlo tale. Tanto per cominciare, è la prima volta che Takeru e Hikari si presentano a una riunione del gruppo come coppia, e questo senza dubbio modifica tutti gli equilibri in modi sconcertanti; seconda cosa, alla stessa riunione è invitato anche Ken, che, se avranno tutti un po’ di fortuna, non cercherà in nessun modo di accoltellare la legittima anima gemella della sua ex ragazza.
Terza cosa, è la prima volta che Taichi vede Takeru dopo il disastro Sora e Yamato, ma per fortuna lui non trascorrerà direttamente tempo con loro: di solito non lo fa, anche se si affaccia qualche volta per chiacchierare o per mangiucchiare qualcosa assieme. In più, oggi ha compagnia anche lui.
E andrebbe benissimo, ovviamente … se solo la suddetta compagnia, la stessa che le apre la porta quando Miyako si presenta a casa Yagami, non fosse Koushiro.
“Ah”, dice lui aggrappato alla maniglia, molto sorpreso.
“Koushiro-san!” Esclama lei, ancora più sorpresa.
E poi si fissano come due stoccafissi senza aprire bocca.
“Perché sei tu ad aprire la porta di casa?” Chiede poi Miyako, cercando goffamente di rompere il ghiaccio.
“Stavo aspettando – lascia stare, non importa. Taichi-san non poteva aprire”, spiega Koushiro, e si sposta su un lato per farla entrare. “Stava aiutando Hikari-san a organizzare gli snack.”
“Chi è che stavi aspettando?” Indaga Miyako.
Koushiro svia decisamente l’argomento.
“E’ un po’ che non ho tue notizie”, le dice, e i suoi occhi neri sono confusi.
Ed ecco lì il tanto atteso tuffo delle viscere. Miyako incassa il colpo.
Tipico di Koushiro. Non ci ha messo troppo a tirar fuori l’Argomento Scomodo.
La verità è che lei è attivamente sparita dal suo radar, altro che non dare sue notizie. Non se la sentiva proprio di affrontarlo, nonostante tutti i suoi buoni propositi e tutte le cose che sta facendo per cercare di vivere meglio la sua vita: Koushiro rimaneva qualcosa da evitare, fisicamente e mentalmente.
Povero Koushiro. Non se lo merita per niente.
E non si merita neanche il fatto che ora, a dispetto di tutto e del fatto che Miyako si senta terribilmente in colpa, non sia cambiato nulla: lei vuole ancora scappare via da lui.
“Questo è perché stai parlando con una Nuova Miyako!” Annuncia a voce alta, cercando di apparire disinvolta –senza troppi risultati, sospetta. Non può fare a meno di sbirciare verso la camera di Hikari, con la speranza di essere salvata da qualcuno, in qualunque modo. “Vorrei tanto spiegarti, ma mi sa che sono in ritardo e mi aspettano di là … Che ne dici se ne parliamo la prossima volta?”
Sembra una scusa plausibile, no?
Fa’ che se la beva, ti prego.
Koushiro non se la beve. Le sue sopracciglia scattano verso il basso.
“Miyako-kun, non capisco cosa stia succedendo”, esclama, e sembra esasperato. Il senso di colpa di Miyako si acuisce un altro po’. “Tempo fa mi scrivevi quasi ogni giorno, ora sembra che tu non abbia alcuna voglia di rivolgermi la parola. Come cambiamento non è un po’ troppo drastico? Credo che dovresti come minimo spiegarmi cosa ti ha fatto cambiare idea in modo repentino …”
“Ora dovrei spiegarti, eh?” Risponde Miyako, colta sul vivo. “Curioso! Ti ho chiesto mille volte spiegazioni sulle tue Parole, ma quelle non meritavo di conoscerle, giusto?”
Koushiro ammutolisce, e lascia ricadere le braccia lungo i fianchi.
Miyako maledice di nuovo la sua boccaccia larga, e strizza gli occhi.
“Senti”, ritenta stancamente. “Non ha senso parlarti così, non ce l’ho con te.”
Koushiro la guarda scettico. “Davvero?”
“No, ok, un pochino sì.” Ritratta Miyako. “Ma davvero, solo un pochino. Non ha a che vedere strettamente con te: è solo tutto complicato. C’è un motivo se non sono riuscita a parlarti in questo-”
“Miyako!”
La salvezza in cui poco prima aveva sperato si concretizza nella voce esasperata di Daisuke, e i due sobbalzano entrambi, per poi voltarsi nella direzione della porta della stanza di Hikari.
Di Daisuke è visibile solo la testa arruffata e metà volto: si dev’essere sporto quel tanto che basta per far sentire la sua presenza anche a distanza. “Si può sapere che fai lì impalata? Qui stiamo aspettando te, sai!”
“Ma cosa vuoi? Sono appena arrivata, dammi almeno il tempo di togliermi le scarpe!” Gli risponde Miyako a tono.
“Poi non lamentarti se i salatini finiscono!” Ribatte Daisuke, e la sua testa torna a scomparire nella stanza.
Miyako sbuffa. “Il solito maleducato.”
“Forse è davvero meglio rimandare questa discussione.”
Lei volta nuovamente, e scopre che Koushiro la sta guardando, una strana espressione pensierosa sul viso.
E improvvisamente Miyako è invasa dalla quantità dei non detti tra loro due.
Le piaceva un sacco parlare con lui, prima. Non vedeva l’ora di raccontargli i suoi progressi e sperare nella sua approvazione, o di sentirsi simile a lui, in qualche maniera. Solo anticipare col pensiero il momento in cui sarebbero stati assieme la faceva sentire piena di energia, su una specie di montagna russa psichedelica.
E’ triste pensarci ora.
“Io voglio davvero parlare con te”, gli dice, ed è quasi una supplica. “Voglio riuscire a spiegarti tutto.”
“Sì”, annuisce Koushiro grave. “Anche io.”
Miyako sgrana gli occhi, sorpresa.
Ma Koushiro non le dice altro: si volta, come se non la vedesse più, e sparisce nel corridoio, probabilmente raggiungendo Taichi in una qualche stanza della casa.
Miyako sospira, ascoltando il suo cuore che, non sa quando, ha preso a batterle a ritmo irregolare nel petto. Si china a togliersi le scarpe, nelle orecchie le chiacchiere scomposte e vivaci dei suoi amici che la aspettano in camera.
Una Nuova Miyako, eh?
Non è che sta prendendo un granchio, ed è sempre la stessa con comportamenti diversi?
“Miyako-san! Ben arrivata”, la accoglie la voce vivace di Hikari, e Miyako solleva il capo. La sua amica ha una ciotola di patatine tra le mani, e sorride con tutta l’anima. “Dai, vieni. Sono tutti di là.”
E lei non può fare a meno di obbedire.
La stanza è piena di alcune delle sue persone preferite, e Miyako è felice di essere accolta dalla sensazione di familiarità e serenità che i suoi amici naturalmente emanano. La salutano, le fanno posto, le offrono una bevanda gassata. Stanno parlando degli ultimi strascichi degli esami appena conclusi, come a volersi liberare delle loro ultime scorie prima di potersi dedicare a un po’ di meritato riposo e divertimento.
“Non sono per niente sicuro delle ultime tre domande del mio compito”, si sta lamentando Iori, decisamente preoccupato. “Non ho ancora avuto modo di verificarle, ma spero di non averle sbagliate.”
“Solo delle ultime tre?” Risponde Daisuke sinceramente incredulo. “Se dovessi mettermi a pensare a tutte le risposte su cui non sono sicuro …!”
“Daisuke-san, devi impegnarti di più”, lo rimprovera Iori. Daisuke scrolla le spalle, rubando una patatina dalla ciotola che Hikari ha portato dalla cucina.
“Spezzo una lancia in favore di Daisuke-kun”, interviene Takeru. “Questa volta non ero troppo concentrato nemmeno io.”
Hikari si siede accanto a lui, e Takeru si illumina. Le cinge le spalle con un braccio, e si rivolge a loro. “Hikari-chan è seduta al banco accanto al mio, dopotutto”, si giustifica, senza sembrare neanche un po’ contrito.
Hikari lo guarda, l’innocenza fatta persona. “Scusami, non ti ho fatto concentrare? Sono stata troppo rumorosa?” Gli dice, mortificata.
Takeru sembra interdetto. “No, intendevo – era in senso buono, cioè che tu-”
Miyako sogghigna. “Ti è andata male, Takeru-kun. Lei non si è distratta standoti accanto, al contrario tuo”, insinua.
Takeru porta una mano al petto, tragico, come se lo avessero ferito. Hikari guarda entrambi sempre più mortificata, senza capire.
“Dai, ragazzi, volete smetterla?” Si lagna Daisuke con una smorfia. “Tutto questo mi ricorda che ancora non ho una ragazza.”
“Il prossimo sarai tu, Daisuke-kun”, gli risponde dolcemente Hikari.
La smorfia di Daisuke si accentua. “Hikari-chan, non dirmi così proprio tu!”
Ridono tutti, e per un attimo tutto sembra leggero, spensierato, felice.
Poi Miyako si volta, e incontra gli occhi blu di Ken, seduto accanto a lei.
Non ha fatto apposta a sederglisi accanto: è semplicemente successo, senza pensarci, ma col senno di poi ne è molto felice. Così può parlargli senza attirare troppo l’attenzione, anche perché si è appena resa conto di aver fatto una gaffe tremenda.
“Ehi, scusa”, gli sorride, imbarazzata. “Stiamo esagerando con Hikari-chan? Sei così silenzioso e discreto che non è facile ricordarci di non essere stupidi. Se vuoi li faccio smettere!”
Ken sembra un po’ rigido, seduto sul pavimento, ma non sembra arrabbiato. Scuote appena la testa, e la osserva per un tempo che sembra interminabile. Miyako non sa cosa stia cercando.
“Tutto ok?” Gli chiede. “Onestamente. Lo sai che ci tengo a te.”
Ken diventa improvvisamente scarlatto, e Miyako lo trova così adorabile mentre china di colpo la testa per cercare il cellulare che non può che sorridere.
“Non sono turbato per loro due, non preoccuparti. Sono felice per loro. Sembrano star bene … no?”
Miyako aggrotta le sopracciglia. “Ken-kun, vuoi costringermi a dire cose di cui potrei pentirmi?”
“Non pentirti, ti ripeto che non è un problema.”
“Ok, d’accordo.” Miyako guarda verso Takeru e Hikari, ancora abbracciati mentre parlano serenamente con gli altri, e il suo sorriso si amplia senza che lei possa farci nulla. “Sembrano stare più che bene.”
“Mi fa piacere.”
“Ma dici davvero?” Miyako lo guarda con sospetto. “E allora perché sembri seduto sulle uova?”
Ken si muove un po’ a disagio, probabilmente nel tentativo di sciogliersi.
“Mi chiedevo se stessi bene tu.”
Il messaggio la lascia interdetta. “Io?”
Ken la guarda, e sembra improvvisamente guardingo. Poi sparisce tra i capelli scuri mentre digita un breve messaggio.
“Izumi-san.”
Miyako sussulta. Ken la guarda, e non aggiunge altro. Sembra starla aspettando.
“Ah”, gli dice, un sorriso esitante. “Mi hai sentito parlare con lui di là?”
Ken ha un’espressione esitante, come se stesse lottando contro qualcosa. Tira un respiro profondo, riprende il telefono, cancella più volte quello che sta scrivendo.
“Sei preoccupato per me?” Capisce di colpo Miyako. Ken china maggiormente la testa sul telefono, e si blocca. “Tranquillo, non stavamo litigando. Mi sono solo ricordata che sono una fifona, tutto qui.”
Ken la guarda di sottecchi.
“E’ un po’ lungo da spiegare”, ride lei, e agita una mano davanti a sé. “Lasciamoci queste amarezze alle spalle! Piuttosto, sono andati bene gli esami? Io devo dire di essere abbastanza sicura di quello che ho scritto!”
Ken non sembra per nulla convinto.
Miyako si rende conto improvvisamente che Iori li sta guardando fisso, dall’altra parte della stanza. Gli lancia un’occhiata interrogativa, ma lui si limita a guardare altrove. Chi lo capisce è bravo.
Dall’ingresso si sente improvvisamente il suono di un campanello suonare.
“Ma chi altro deve arrivare?” Domanda Miyako a voce alta, e d’un tratto ripensa a Koushiro che va ad aprire la porta rimanendo sorpreso. “Non siamo già tutti?”
“In teoria”, si acciglia Iori, e si volta a guardare la padrona di casa.
Hikari sorride ampiamente, e sembra più misteriosa che mai.
“Ok, cosa sta succedendo?” Domanda Takeru spiazzato.
Ken osserva la porta con curiosità.
Dal corridoio si sentono passi, sussurri concitati, qualcuno che zittisce qualcun altro. Miyako è sempre più confusa, e guarda gli altri senza capire.
I passi si avvicinano alla loro stanza, si fermano. Altri sussurri.
Poi qualcuno bussa un paio di volte, e apre la porta.
Sulla soglia c’è Taichi, un sorriso entusiasta e uno sguardo d’intesa con Hikari. Dietro di lui Koushiro, che sembra stia ostruendo la visuale di proposito.
“Si può?” Dice Taichi. “C’è qualcuno che vorrebbe farvi un saluto.”
“Insomma, cos’è tutto questo mistero? Non lasciateci sulle spine, tutti quanti!” Si lamenta Miyako impaziente, cercando di sbirciare allungando il collo.
Taichi alza le mani. “Come volete.” E, uno sguardo a Koushiro, fanno entrambi un passo indietro.
Hello!
Miyako avverte un tuffo al cuore.
Dalla soglia compaiono due persone: una ragazza dai lisci capelli castani e un ragazzo biondo dagli occhi azzurri che la accompagna.
La ragazza sorride, il sorriso più luminoso del mondo, e solleva una mano piena di bracciali tintinnanti. “Vi sono mancata?”
“Mimi-neechan!”
Miyako si alza e corre ad abbracciarla stretta, felice come non mai. Mimi ride, e la stringe a sua volta.
“Sorpresa riuscita!” Si complimenta con se stessa, molto soddisfatta.
Dietro di lei Michael, il suo ragazzo e la sua anima gemella, solleva un pollice in segno di vittoria, e la stanza si riempie di esclamazioni di gioia e saluti entusiasti.
 
***
 
“Era un secolo che volevo venire a trovarvi, ma non riuscivo mai a trovare il momento adatto! Quando potevo io eravate impegnati voi, e così via.”
Mimi è seduta in mezzo a loro, e sembra totalmente a suo agio a dirigere e a stare al centro della conversazione. E’ una sua qualità incredibile: la semplicità con la quale sa comportarsi come una principessa senza per questo risultare antipatica.
Miyako ha sempre adorato quell’aspetto di lei.
Ma chi vuole ingannare? Miyako ha sempre adorato tutto di lei. E’ il suo modello di vita fin da quando la conosce.
“Ma come hai potuto non dirci niente? Ti avremmo accolto come si deve se l’avessimo saputo!” Protesta Miyako, in realtà senza essere affatto arrabbiata.
Mimi le lancia un’occhiata di rimprovero, mettendosi le mani sui fianchi perfettamente modellati. “Tu non parlare! Hai smesso di rispondermi alle mail da un momento all’altro!”
Ops. Si era dimenticata di non averle più spedito quella mail, alla fine.
“Per non parlare poi di voialtri. Nessuno che si sia degnato di farmi sapere più niente su quel che succede qui!” Mimi guarda tutti storto, salvando giusto Daisuke, Iori e Ken.
“Scusaci”, fa Hikari guardandola negli occhi.
“E’ incredibile che ti scusi tu quando sei quella che ha commesso il male minore”, scuote la testa Mimi. “Se non altro tu e Takeru-kun vi siete dati una mossa. A proposito, che ne è stato dell’ex?”
“Ehm”, tossicchia Takeru.
Involontariamente tutti gli occhi si posano su Ken, e lui ha di colpo l’espressione affranta di chi vorrebbe sparire dalla faccia della Terra.
Mimi sgrana gli occhi, mettendosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Ah, quindi sei tu Ichijouji!” Esclama, osservandolo con interesse. “Siete rimasti amici? Bravi, il rancore rovina la salute e fa invecchiare molto prima!”
“Mimi-san”, la riprende debolmente Hikari, molto imbarazzata.
Ken, dal canto suo, lancia un’occhiata a Hikari, come per accertarsi che Mimi abbai senza mordere, poi le fa un goffo inchino con il capo.
Mimi rimane interdetta.
“Non ci far caso”, interviene vivacemente Miyako, sentendosi improvvisamente una grande esperta. Non sa perché, ma si sente un po’ sollevata. “Ken-kun non parla con le donne. Non è mica per te! Giusto?”
Guarda Ken, e si sorprende a trovare il suo sguardo ancora fisso sulle ginocchia.
“Dovresti conoscere Jyou-san”, commenta Mimi sorpresa. “Credo andreste d’accordo.”
“Insomma, ma parlaci di te!” La incalza Miyako, sporgendosi involontariamente verso la sua amica. “Come stai? Che ci fai qui? Sono contenta che tu sia arrivata giusto in tempo per la fine dei nostri esami!”
Mimi le strizza l’occhio. “E secondo te non era tutto calcolato?” Si vanta, e scambia un’occhiata complice con Michael. “Volevo tornare, te l’ho detto. Ho sentito Sora-san in questi giorni. Mi ha raccontato un po’ di cose.”
Taichi, ancora appoggiato sullo stipite della porta, distoglie volutamente lo sguardo. Koushiro si adombra.
“Quindi sai tutto”, commenta Miyako con una smorfia. Poi guarda Taichi, indecisa su come continuare senza ferirlo.
Taichi decide di toglierla dall’imbarazzo.
“Come sta Sora?” Chiede a Mimi, e sembra fare forza su se stesso.
Mimi scuote la testa, rattristata. “Non una favola. Però”, aggiunge poi, con rinnovata grinta, “Ora che sono a Tokyo sarà più facile parlare un po’! La trascino di peso stasera, andiamo a divertirci!”
Miyako non ha bisogno di sforzarsi per sapere che Mimi l’avrà vinta, e porterà Sora in giro quanto le pare, riuscendo anche a strapparle qualche risata sincera. Mimi ha quest’effetto sulle persone.
E’ un effetto rassicurante.
“Ho scritto anche a quell’orso di tuo fratello, ma non mi ha risposto”, continua Mimi, guardando imbronciata Takeru. “Se mi sta ignorando di proposito, povero lui!”
“Temo sia così”, risponde Takeru con una risata. “Ma si farà vivo, non preoccuparti. Ha sicuramente voglia di vederti, è solo che … beh, è tutto strano ora.”
Taichi fa un mezzo sbuffo ironico. “Ottima sintesi.”
“Spero che ci ripenserà, visto che non ho troppo tempo da poter passare qui in Giappone”, ribatte Mimi sollevando il mento con aria altezzosa. “Lo stesso vale per Jyou-san, ovviamente. E’ inutile che scappa con la scusa dello studio, io devo conoscere la sua anima gemella!”
“Jyou-san ha trovato l’anima gemella?” Cade dalle nuvole Koushiro, seriamente spiazzato.
Si becca l’espressione incredula di tutte le persone che ne erano già a conoscenza, e la sua bocca si spalanca ancora di più.
“Quindi ero l’unico a non saperlo?”
“Comunque sia”, lo ignora volutamente Mimi, “Io ho portato Michael con me questa volta, e non ho intenzione di sprecare un’ottima occasione per fare qualcosa di divertente tutti insieme! Siete anche liberi, non avete scuse.”
Lancia loro un sorriso carico di promesse, e Miyako sa che è arrivato il momento in cui sgancerà la bomba. Ogni volta che torna Mimi, Tokyo sembra piegarsi alla sua volontà, e non ci sono impedimenti che tengano: c’è solo l’energia scoppiettante di una nuova avventura. E non si può mai indovinare in cosa consisterà.
Miyako trattiene il fiato, e si prepara.
“Sono felice di fare la vostra conoscenza”, si presenta Michael scandendo ogni parola, come se avesse appena imparato a parlare in giapponese. “Mimi mi ha parlato di terme qui in Giappone, e mi piacerebbe vederle assieme a voi. Facciamo una gita?”
Nice!” Mimi gli sorride con entusiasmo e tenerezza, e Michael la guarda come se fosse la persona più meravigliosa del pianeta. “Io, lui, voi, terme! Prenotiamo per una notte e ci godiamo un po’ di Giappone tutti insieme! Cosa dite?”
Ed ecco qui. La proposta è lanciata come un tiro di dadi: ora sta a loro decidere come giocare.
“Eh? Terme?” Daisuke si gratta il capo, preoccupato. “Se lo sapevo prima evitavo di comprare quel videogioco ieri … non ho tanti soldi da parte!”
“Non preoccuparti, Michael qui è ricco.” Interviene Mimi senza scomporsi. “Paga lui.”
Iori si strozza con la sua aranciata.
“Stai scherzando?” Esclama Miyako con voce stridula. “Cioè, fammi capire un po’ … Te lo sei trovato bello, gentile, pazzo di te e pure ricco?”
“Ovvio”, sorride furba Mimi.
Michael le guarda candidamente senza capire cosa stia succedendo.
“Pago io”, ripete sorridendo.
“Ma non posso accettare una cosa simile”, protesta ovviamente Iori. “Devi quantomeno permetterci di contribuire.”
“D’accordo, se volete potete pagare il biglietto per arrivare a destinazione”, concede Mimi, con il tono categorico di chi ha già deciso per tutti e non accetta repliche. “Dai, ditemi che ci sarete! Organizzo tutto io per dopodomani, voglio solo assicurarmi che mi direte di sì!”
E poi li guarda uno per uno, gli occhi che le brillano, e aspetta.
 “Mimi, siamo gli unici ad essere invitati?” Chiede Taichi con le sopracciglia corrugate. E’ una domanda che prevede una decisione netta, non negoziabile, in base alla risposta.
“Giuro”, risponde solennemente Mimi. “Sora-san non ci sarà.”
Il viso di Taichi sembra rilassarsi visibilmente. “Allora ci sto.”
“Non amo le terme, ma ci sarò anche io”, interviene Koushiro facendo spallucce, come se non gli importasse troppo la destinazione.
“Beh, un viaggio con i senpai non me lo perdo!” Esclama Daisuke vitale. “Soprattutto se praticamente gratis.”
“Daisuke-san”, lo riprende Iori, e poi scuote la testa. “Io non so, dipende tutto da come sta nonno. Non voglio gravare troppo su mia madre …”
“Si tratta solo di un giorno, Iori-kun”, interviene Miyako rassicurante. “Vedrai che non ci sarà problema, e saranno loro stessi a dirti di andare. Ti sei meritato una vacanza!”
Iori abbassa il capo, sentendosi probabilmente in colpa per star desiderando qualcosa per sé. “Vi farò sapere. Se non potrò esserci mi dispiacerà molto, ma sono sicuro vi divertirete ugualmente.”
“Accidenti, questa non ci voleva”, fa Mimi con una smorfia. “Spero davvero sarai dei nostri!”
Iori le risponde semplicemente con un sorriso.
“E’ tanto che non vado alle terme”, dice Takeru pensieroso. “E’ un bel modo per goderci un po’ di meritato riposo!”
“E per festeggiare il ritorno di Mimi-san”, aggiunge Hikari con un sorriso. “Noi ci siamo volentieri.”
“Bravi ragazzi”, annuisce soddisfatta Mimi.
Poi si volta verso Miyako, aggrottando le sopracciglia.
“E tu come mai non hai detto niente, Miyako-chan? Non provare a dirmi che non vieni!” Le dice, con un tono pericoloso.
“No, no!” Si affretta a dire precipitosamente Miyako, agitando le mani davanti a sé. “Stavo solo capendo se c’eravamo tutti, prima di dire la mia!”
“E da quando in qua?” Le domanda Mimi perplessa.
Da quando sembra che i rapporti tra tutti loro si siano ingarbugliati, ecco da quando.
Da quando il fatto che venga Taichi significhi precludersi la presenza di Yamato e Sora.
Da quando il fatto che ci sia anche Koushiro rende tutto, di colpo, più difficile, anche se lui non sembra accorgersi del problema e sta lì ad assaggiare salatini con aria distratta.
Da quando Takeru e Hikari sono una coppia.
Miyako si volta verso Ken, e scopre che lui la sta guardando ancora una volta. Lui può capirla.
E paradossalmente è proprio questo che fa scattare la molla dentro di lei.
La verità è che non le importa niente di tutto questo. Non le importa degli equilibri rotti, né dei possibili disagi tra loro, e neanche della sua paura di parlare con Koushiro: quello che le importa davvero è che sono tutti qui riuniti, tenuti insieme dall’energia e dall’entusiasmo di Mimi, e che hanno un’occasione unica per divertirsi tutti insieme, per bearsi gioiosamente della presenza di tutti e creare ricordi memorabili.
E Miyako vuole quell’occasione, con tutta se stessa.
“Non mi perderei questa gita per nulla al mondo”, risponde a Mimi sincera, con un enorme sorriso sicuro. “Ma solo a patto che siamo tutti!”
Guarda Ken, e sente il suo sorriso farsi speranzoso. “Tu verrai, Ken-kun?”
Perché capirebbe se lui non volesse venire. Capirebbe se non volesse trascorrere tutte quelle ore con Takeru e Hikari che fanno i piccioncini innamorati.
Però Miyako vorrebbe tanto che Ken venisse. Tutto qui, senza troppo fronzoli.
Vorrebbe che in quei ricordi ci fosse anche Ken.
Ken sembra sorpreso, per un momento. Lo vede esitare, poi drizzarsi, e i suoi occhi illuminarsi un po’. Annuisce, e le sorride, timido.
Miyako si sente felice.
 “Allora è deciso!” Esclama Mimi al settimo cielo. “Dopodomani le terme saranno tutte nostre!”
E poi si volta, raccoglie il suo zainetto che ha lasciato ai suoi piedi quando si è seduta, ed estrae senza esitazione alcuni pacchetti variopinti.
“Per festeggiare, chi vuole qualche dolcetto americano?”
La risposta non può che essere un unanime Io.
 
***
 
“Lo sai, per un momento ho temuto davvero non venissi.”
Miyako e Ken stanno passeggiando verso la stazione metropolitana, mentre il sole tramonta da qualche parte oltre i grattacieli. Miyako non fa che camminare troppo in fretta, mentre Ken ha la strana tendenza a camminare piano.
“Temuto?” Le scrive Ken.
Miyako si ferma e lascia che lui la raggiunga. “Ken-kun, prima o poi smetterai di sorprenderti per cose del genere?” Si lamenta per scherzo.
Ken sorride, distogliendo lo sguardo. “Credo di no.”
“Sei impossibile. Certo, temuto”, scandisce Miyako, e riprende entusiasticamente a camminare. “E’ la prima volta che facciamo qualcosa tutti assieme, e che tu lo voglia o no, sei parte del gruppo adesso!”
“Dici davvero?”
Ancora una volta Miyako si ritrova a desiderare di poter sentire la voce di Ken. Quanto sarebbe bello dare un suono a quel messaggio esitante?
Stupido Ken. Prima o poi lo ammazzerà, se lo sente.
“Ti ho mai mentito?” Replica Miyako, e malgrado tutto sorride. “Dai, non ti preoccupare! Sarà bellissimo.”
“In realtà io non sono mai stato alle terme.”
“Ah, neanche io”. Miyako osserva il cielo che tende al crepuscolo, pensierosa. “Da bambina morivo dalla voglia di andarci. Naturalmente la mia motivazione era idiota: volevo andare alle terme miste per potermi far riconoscere dalla mia anima gemella. Sai, con il fatto che saremmo stati nudi e tutto il resto.”
Ken si ferma di botto. Miyako, confusa, si gira verso di lui: il suo viso sconvolto è tendente al bordeaux.
“Cosa?” Gli chiede innocentemente.
Lui si passa una mano sul viso, scuotendo la testa. Sembra rifiutarsi di guardarla.
“Oh, è per la storia della nudità?” Capisce di colpo. Ken sembra nascondersi maggiormente dietro la mano. “Non ci pensare, non credo che Mimi-neechan apprezzi le terme miste. Sicuramente opteremo per vasche separate per maschi e femmine!”
Ken la guarda, incredulo e paonazzo, e si affretta a scrivere un messaggio che invia per sbaglio.
“Non era per que”
Que- cosa?” Ride Miyako, senza capire.
Ken scuote risoluto la testa. “Cambiamo argomento.”
“Boh, certo che sei strano.” Miyako riprende a camminare. “Comunque sia, non credo proprio dovrai preoccuparti di nascondere le tue Parole, ovunque siano.”
Ed ecco che pensa di nuovo alle Parole di Ken. E’ una cosa che le capita spesso: avverte una curiosità a riguardo che sarebbe considerata indecente da chiunque. Non sta bene cercare di capire dove si trovino, o quali possano essere le Parole di qualcuno che non ha ancora trovato la propria anima gemella. E lei dovrebbe saperlo molto bene, giusto? Davvero non ha imparato niente da quando era una dodicenne sciocca?
Eppure non può fare a meno di interrogarsi sull’anima gemella di Ken.
Chissà chi è, cosa fa, dove vive. Chissà se lui la incontrerà mai.
E’ un pensiero che la fa sentire strana, in modi che non riesce a comprendere.
“Ho sentito dire che ci sono cerotti speciali che, se applicati sulla pelle e bagnati con un panno umido, ti colorano la pelle in modo da coprire le Parole”, continua Miyako, imponendosi di tornare a pensieri più utili e meno morbosi. “Credo li abbiano inventati apposta per poter permettere alle persone di frequentare le terme. Secondo me sono gli stabilimenti stessi che li mettono a disposizione!”
Per qualche istante Miyako aspetta un messaggio che non arriva.
“Pensi che li userai?” Indaga quindi, osservandolo ancora.
Ken sembra in imbarazzo, e si sta guardando i piedi. Coglie lo sguardo interrogativo di Miyako, e si affretta a prendere il cellulare e scrivere pochi caratteri.
“Credo di sì.”
“Ah, quindi anche le tue Parole sono abbastanza in vista!” Esclama Miyako, e suo malgrado si sente felice di aver scoperto un nuovo indizio. Perché non riesce a smettere di pensarci?
Ken esita. “Non troppo però.”
“Uffa, così mi viene curiosità però!” Si lamenta Miyako.
Ken fa un mezzo sorriso distratto, come a scusarsi del fatto che non aggiungerà altro. Poi i suoi occhi si posano, per un istante, sul polsino di Miyako, prima che Ken si renda conto di quello che ha appena fatto: come ustionato, distoglie in fretta lo sguardo, e arrossisce.
Miyako gli sorride. “Guarda che non fai niente di male”, gli dice, e mentre parla si assicura che il polsino copra accuratamente le sue Parole. “Te l’ho detto che il mio segno è lì. Non c’è niente di misterioso – a parte, ovviamente, quello che c’è scritto.”
“In ogni caso da qui non avrei letto niente neanche se l’avessi voluto.”
“Ma figurati, lo so”, lo rassicura. Poi estende il braccio davanti a sé, osservandosi il polsino. “Mamma mia, non vedo davvero l’ora di toglierlo! Sta iniziando il periodo in cui non lo sopporto più.”
Ken è ancora molto rosso, e il suo passo si è fatto di colpo esitante, lento, piccolo. Sembra davvero a disagio, per qualche motivo che Miyako non riesce a capire.
“Mi avevi detto che ti dava fastidio indossarlo”, le scrive.
“Sì, ricordi? E’ che fa calore”, esclama lei con uno sbuffo. “Immagina d’estate quanto sia impegnativo indossarlo. E la cosa assurda è che non posso sostituirlo con niente. Non c’è niente che sia efficace come il polsino!”
“Avevi provato anche con i bracciali … giusto?”
“Beh, che memoria.” Miyako sbatte le palpebre, sorpresa. “Sì, ma in giro trovo solo bracciali troppo piccoli o troppo larghi o troppo scomodi o troppo brutti. Niente che faccia al caso mio … ma perché stai facendo questo riassunto delle puntate precedenti?”
Ken si ferma di nuovo, e questa volta non lo fa di scatto: è come se il suo movimento si sia naturalmente esaurito, come se le sue forze si fossero concentrate altrove.
E ora se ne sta lì, a sbirciarla senza osare fissarla, e sembra chiedersi incessantemente se scappare o restare.
“Ken-kun?” Miyako è confusa. Solleva il cellulare per cercare tra le mail: si è forse dimenticata di leggere qualche suo messaggio?
No, niente di niente. Li ha letti tutti. E allora che succede?
Quando solleva nuovamente lo sguardo, scopre che Ken ha un sacchetto in mano.
Miyako sgrana gli occhi.
E’ un incarto piccino, uno di quelli che possono stare facilmente nella tasca di un cappotto – Ken ha tenuto quasi sempre la sinistra in tasca, ora che ci pensa. E ora quel sacchetto sta tra le mani di Ken come ci starebbe un uccellino dall’ala spezzata.
Ken sembra aver paura di fare movimenti troppo bruschi, o forse solo di essere impulsivo: Miyako non riesce a capire a cosa lui stia pensando.
Poi, di colpo, Ken trattiene il respiro, chiude un attimo gli occhi per farsi coraggio e, due passi in avanti, la guarda dritto in faccia e le porge il sacchetto.
Miyako guarda lui, poi il sacchetto, poi di nuovo lui.
“Ma è per me?” Balbetta stupidamente.
Il viso di Ken si accende nuovamente, ma annuisce. Con gli occhi la supplica di prenderlo.
Miyako, inebetita, lo fa.
E poi lo fissa, in una specie di attesa stordita scandita dai battiti furiosi del suo cuore, mentre Ken afferra il cellulare e, quasi furiosamente, come a vincere qualche lotta interiore, le scrive un messaggio senza cancellare nulla, così come viene.
“Scusa se ti sembro eccessivo, mamma tempo fa mi ha parlato di un negozio di bigiotteria vicino casa e sembrava piacerle molto. Tu hai detto che hai cercato a lungo una soluzione per il polsino, spero questa ti vada bene e ti piaccia. Se ti sembra brutto puoi anche buttarlo, capirei. Non ho mai comprato cose simili per nessuno”
“Mi hai fatto un regalo?” Riesce a dire Miyako.
Ken probabilmente morirà per autocombustione, ma annuisce.
Miyako apre il sacchetto.
E poi si ferma, incredula, gli occhi fissi su ciò che vede.
E’ un bracciale etnico, piuttosto grosso, fatto di quattro file di perline intrecciate, sulle tonalità calde del marrone e del rosso. Le estremità sono tenute insieme da un laccetto di cuoio regolabile.
Il cellulare le vibra all’arrivo di una mail.
“Il laccetto dovrebbe risolvere il problema della larghezza del bracciale, così non rischia più di scivolarti come i tuoi precedenti. E non ti stringe troppo il polso bloccandoti la circolazione.”
Miyako prende tra le dita il bracciale, e sente che non è neanche troppo pesante. Sotto le sue dita, le perline sono lisce.
Sa che coprirà perfettamente le sue Parole.
“E’ bellissimo”, dice con un filo di voce. “E’ proprio il tipo di bracciale che cercavo.”
“Non devi dirlo per forza. Ti piace davvero?”
Miyako solleva lo sguardo, il bracciale ancora in mano, e incontra gli occhi apprensivi di Ken. E’ davvero preoccupato: sembra che dal giudizio di Miyako dipenda il destino del mondo.
“Ma certo che mi piace!” Lo accusa, l’emozione che sicuramente le sta affiorando sul viso. “Ken-kun, sei impazzito? Non è mica il mio compleanno … Perché?”
Ken la guarda, e non prende il cellulare, per una volta. Fa solo spallucce, come a voler dire: Così.
E questo la colpisce più di tutto.
Nessun motivo, nessun obbligo. Voleva solo renderla felice.
Ken è stato a sentirla in queste settimane, e l’ha ascoltata davvero. Anche quando lei si lamentava di un banale polsino che in fondo ha sempre desiderato togliersi, fin da quando era bambina.
L’ha ascoltata, l’ha capita, e ha cercato di fare il possibile per farla stare bene.
E’ andato appositamente in un negozio a cercare lei e le sue esigenze stravaganti tra una serie infinita di bracciali e accessori.
Nessuno le ha mai comprato un bracciale.
“Grazie”, gli dice, e le sembra che quelle parole provengano da una parte intima e spontanea dentro di sé – una parte che non sa localizzare, che non si è mai resa conto di avere. “Oddio, grazie, davvero … non sai quanto mi sento felice adesso!”
Senza pensarci, in una mano il bracciale, in un’altra il pacchetto vuoto, si slancia in avanti e gli getta le braccia al collo.
Lui la prende, prima ancora di capire cosa sta succedendo.
E poi si immobilizzano entrambi in un abbraccio di colpo troppo intimo, troppo silenzioso.
Ken non si scosta, pur sembrando un po’ rigido per l’imbarazzo. Sembra che la stia ascoltando.
Ed è strano, perché anche Miyako sta, apparentemente senza motivo, ascoltando lui.
Ascolta il suono che fa il suo cappotto contro quello di lei, ruvido e impercettibile. Ascolta il suo respiro, quasi rarefatto, come se lui avesse improvvisamente paura di rompere quella quiete, quella bolla che hanno creato involontariamente, e solo per loro.
E il profumo di Ken è tutto attorno a lei, e i suoi capelli leggermente smossi dal vento le solleticano l’orecchio, e la testa le gira per quanto concreta si senta in questo momento. Come se, in qualche momento che non riuscirà mai a identificare, si fosse scordata di quanto può essere semplice vivere.
Come se fosse stato quest’abbraccio a ricordarglielo.
Ken esita, e poi la stringe a sé con attenzione, con delicatezza, quasi con devozione. Come se lei fosse preziosa.
La gola di Miyako si serra di colpo, e lei chiude, per un istante, gli occhi.
E poi si risvegliano.
L’abbraccio si scioglie, i due si guardano, entrambi storditi.
Ken le fa un sorriso esitante, senza saper dire niente.
Miyako non ricorda come si faccia a parlare.
C’è ancora silenzio tra loro, ma qualcosa è cambiato: Ken fa un sospiro, si volta, riprende, un po’ goffamente, a camminare, come se non fosse successo niente – e invece sembra sia successo tutto.
C’è un momento, mentre Miyako fa un paio di passi, e comincia a seguirlo: un momento rassicurante in cui la sua testa piena di vuoto se ne resta zitta, e riproduce senza fine, amplificandolo, il rumore sordo del suo cuore nelle orecchie, e nient’altro.
Ma poi arriva.
Dallo stomaco il calore le incendia le guance, prepotente, preponderante, e Miyako si ferma, le mani occupate che non possono accertarsi di quanto sia bollente il suo viso.
E la verità si annuncia urlando nel silenzio.
Oh no.




 
   
 
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