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Autore: heliodor    08/11/2020    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La fattoria
 
Gryf spostò il masso facendo leva col suo peso. Una pioggia di detriti gli imbiancò il viso e le braccia mentre la grossa lastra di pietra scorreva di lato e poi si abbatteva al suolo con un tonfo attutito dal terreno.
Per un attimo si guardò attorno confuso, sicuro che una freccia o un dardo magico l’avrebbero trapassato da parte a parte non appena fuori, ma non accadde.
Con passo incerto uscì dal condotto muovendosi a tentoni, la vista ancora offuscata dalla luce del sole che in quel momento stava sorgendo dietro le colline a occidente.
A occidente di cosa? Si domandò.
Dopo i giorni passati nelle grotte sotto Talmist non ne era più tanto certo.
Lui e Phelia si erano nascosti lì sotto per sfuggire agli inseguitori. Lathias aveva fatto crollare il condotto, ma Gryf sapeva che esistevano altre entrate.
Non le conosceva tutte ma sperava che i loro inseguitori ne conoscessero qualcuna di meno. Per tre giorni avevano vagato per i condotti, la via illuminata solo dalla lumosfera della ragazza.
Principessa, pensò Gryf. Devo imparare a chiamarla col suo titolo.
Phelia lo seguì fuori dal condotto, lo scudo magico che brillava attorno al suo corpo quando i raggi del sole lo attraversavano.
Aveva la forma di uno scudo rotondo e lei lo spostava usando la mano sinistra, mentre nella destra brillava un dardo magico.
“È sicuro” disse Gryf avanzando di qualche passo nella radura spoglia. Lì a sud, vicino alla capitale, la stagione secca faceva sentire i suoi effetti sul paesaggio.
L’erba era gialla e si spezzava crepitando sotto i loro passi mentre gli alberi erano spogli e sembravano scheletri che si protendevano verso un cielo privo di nuvole.
Phelia si guardò attorno e sembrò fiutare l’aria come un animale che uscisse dalla sua tana dopo un lungo letargo. I suoi occhi brillarono per qualche istante mentre si spostavano di lato.
Gryf aveva già visto quell’incantesimo e si chiese che cosa vedessero gli occhi della ragazza. “C’è qualcuno?”
“Se ci fosse, lo vedrei” rispose la ragazza. I suoi occhi tornarono chiari come al solito e lei si rilassò. Anche il dardo e lo scudo scomparvero. “Devo riposare o non mi reggerò in piedi.”
“Dobbiamo allontanarci da qui” disse Gryf ansioso.
“Ma è sicuro, no? Lo hai detto tu che questa uscita la conoscono in pochi.”
“In pochi non vuol dire che sia sconosciuta. Prima o poi arriveranno anche qui, se vogliono catturarci.”
Phelia annuì. “Dov’è che possiamo riposare senza essere visti?”
“Ci sono delle fattorie qui intorno.”
“Ci vedranno” disse Phelia allarmata.
“No” rispose Gryf. “Molte sono state abbandonate anni fa, quando è iniziata la siccità. I contadini si sono spostati verso i campi più fertili a nord o vicino alla pianura dove scorrono i fiumi e c’è acqua in abbondanza.”
“Tu come sai queste cose?”
“Ho parlato con quelli che sono rimasti. Fidati.”
Phelia annuì. “Ci basta arrivare a Morhorn.”
“Che cosa c’è a Morhorn?”
“Chi c’è” rispose la ragazza. “Mio zio Iefyr. È una persona importante, un nobile di alto rango. Ci darà aiuto e protezione.”
“Possiamo fidarci di lui?”
“Te l’ho detto, è mio zio.”
“E tuo cugino ha cercato di ucciderti.”
Phelia si scosse la polvere di dosso. “Quella è un’altra storia.”
Gryf non era certo di volerla ascoltare e per il momento decise di concentrarsi sulla ricerca di un riparo sicuro per la notte.
Le prime due fattorie che incontrarono erano disabitate, ma i tetti erano crollati e una era stata data alle fiamme o era bruciata a causa di un fulmine.
“Capita nei temporali più forti” disse Gryf.
“O grazie a un incantesimo. Ne esistono alcuni che possono scagliare fulmini, sai?”
Gryf tirò su col naso. “Tu sei una di loro?”
“Prego?”
Si schiarì la voce. “Voglio dire, sei una lanciatrice di incantesimi?”
“Una strega?”
Annuì.
“Da quando avevo otto anni. Tra poco avrei fatto parte del circolo di Talmist. Lathias era la mia guida.”
“Guida?”
“La persona che ti addestra all’uso della stregoneria. Tutti ne hanno una. Più di una, in verità. Non si smette mai di imparare e di addestrarsi. È un antico detto del circolo.”
“A me sembrava più una guardia del corpo.”
“Lathias era ance un amico. L’unico che avessi a palazzo, da quando la regina.” Si bloccò, come se avesse detto troppo.
Gryf fece un gesto vago con la mano. “Se non me ne vuoi parlare a me sta bene.”
“Scusa, ma meno sai di certe faccende meglio è per te.”
“Stavo per dirlo io.”
La fattoria successiva era ancora in piedi anche se malmessa. Solo le assi del recinto esterno erano quasi tutte a terra. Non vi era traccia di animali e i campi erano vuoti e secchi, pieni di sterpaglie.
“Che desolazione” disse Phelia passando sotto il portico e poi attraverso l’ingresso spalancato. La porta era stata divelta, forse dal vento.
“Sono tutte così” disse Gryf. “Immagino che tu non ci sia abituata.”
“Sono abituata ad altre cose” disse lei con una punta di fastidio. “Ma questa desolazione.” Scosse la testa. “Ammetto di non essere preparata. A palazzo non si parla molto di quello che accade fuori dalle mura. Tutti sono concentrati sulla guerra e parlano solo di eserciti e spade e mantelli da mandare in giro per il continente.”
Phelia sedette su una panca di legno, davanti al tavolo rovesciato dove gli abitanti della casa dovevano aver pranzato e cenato.
C’era un focolare spento e una pentola ammaccata adagiata sopra di esso. Gryf la esaminò trovando sul fondo una sostanza appiccicosa e nient’altro.
“Devono essere andati via da almeno cinque Lune, forse sei” disse mettendo la pentola a posto. “Quando al siccità ha colpito più duro.”
Phelia distese le gambe sulla panca usando il mantello come coperta. “Parlami di te, Gryf.”
“Di me?”
Phelia annuì.
“Non c’è molto da dire in verità.”
“Giusto per passare il tempo. Non sembra ci sia molto da fare qui in giro.”
Gryf guardò fuori dalla finestra. “Non hai paura che ci stiano seguendo?”
“Io ho sempre paura che qualcuno mi segua” rispose lei. “Ma ho imparato a stare attenta. Chiunque sia sulle nostre tracce adesso è lontano. Lathias deve averli portati su una strada sbagliata e questo ci darà il tempo di raggiungere Morhorn.”
Gryf annuì e andò a sedersi sull’unica sedia rimasta. “Che vuoi sapere di me? Io non sono nessuno.”
“Lathias deve averti scelto per un motivo.”
“Forse era quello sbagliato.”
“Io non credo. Su, non farti tirar via le parole di bocca. Gryf è il tuo vero nome? E i tuoi genitori chi erano? Contadini o cittadini di Talmist?”
“Gryf è il mio nome” disse. “O almeno quello che ho scelto. E riguardo ai miei genitori, non so proprio chi fossero. Mi abbandonarono davanti alla Casa di Meddye appena nato.”
“La Casa di Meddye?”
“È uno dei posti dove vanno i bambini senza genitori.”
“Capisco” fece Phelia annuendo seria. “E sei cresciuto lì tutto da solo?”
Gryf si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. “Tutto solo direi proprio di no. Era impossibile sentirsi soli alla Casa di Meddye. Non con altri ventotto bambini e cinque donne che si occupavano di loro.”
“Ventotto bambini” disse Phelia scuotendo la testa. “Io sono cresciuta da sola.”
“Davvero?”
Lei annuì.
“Vivevi in una casa molto grande?”
“A palazzo, insieme ai miei cugini.”
“Quindi non eri da sola.”
Phelia socchiuse gli occhi. “No, ma loro mi evitavano.”
Gryf attese che proseguisse.
“Di proposito. Per ordine di mia zia.”
“La principessa?” fece Gryf sorpreso.
“Ne conosci un’altra che vive a palazzo?”
Gryf stava per dire di no quando Phelia aggiunse: “Tutti mi evitavano per suo ordine. Persino i servi e i valletti potevano stare nelle mie stanze solo quando era strettamente necessario.”
“E tuo padre e tua madre?”
“Mia madre è morta quando ero molto piccola e mio padre.” Scosse la testa. “Non sai niente di Rowlan di Talmist?”
Gryf scosse la testa.
“Ovviamente. Mia zia ha fatto di tutto per cancellare persino il suo ricordo.” Strinse i pugni. “In ogni caso, tutti mi evitavano. Tutti a parte Wil.”
“Wil?”
“Il principe Wilton” fece Phelia sorpresa. “Davvero non sai niente della corte di Talmist? Eppure, vivi nella stessa città.”
Gryf si strinse nelle spalle. “Ne ho sentito parlare, ma a noi che viviamo nei bassifondi non arrivano molte notizie. E abbiamo altro a cui pensare.”
“Wil era l’unico a venirmi a trovare, quando sua madre era troppo distratta da altre cose per pensare a lui” proseguì Phelia. “Passavamo il tempo a giocare insieme, nascondendoci nelle enormi sale vuote del palazzo. Lui era bravo a trovarmi e io dovevo sempre fare un grosso sforzo per sfuggirgli.”
“Sembra una brava persona” disse Gryf.
“Lo è” fece lei. “Ora dimmi qualcosa di te. Lathias dice che hai fatto arrabbiare una certa Quintis.”
Sentendo quel nome ebbe un brivido. “Non credo che tu voglia saperne qualcosa di lei.”
“So che è una nota criminale. Una trafficante di schiavi. Tu l’aiutavi? Facevi parte della sua banda?”
“No” rispose Gryf con veemenza. “Scusa.”
Phelia lo guardò sorpresa.
“In ogni caso, Quintis non è una trafficante di schiavi. Lei aiuta solo le persone a trovare lavoro. Ha dato una mano a molti.” Me compreso, avrebbe voluto aggiungere.
“Lathias non la pensa così.”
“Lui non sa tutto” disse con tono perentorio.
Phelia annuì e si ritrasse sulla panca.
“Scusa di nuovo.”
“Non c’è bisogno che ti scusi ogni volta” disse la ragazza.
“Mi spiace per la tua guida” disse per cambiare discorso.
“Aspetta prima di dispiacerti. Sono sicura che sia ancora vivo.”
Gryf stava per risponderle quando udirono il suono degli zoccoli provenire dalla strada. Phelia si sollevò di scatto, svelando la mano dove qualcosa brillava.
“Non fare rumore” disse Gryf sottovoce.
Dall’esterno giunse il nitrito di un cavallo e il rumore degli zoccoli si fece più vicino.
“Scopriranno le nostre tracce” disse Phelia avvicinandosi alla finestra. “Da qui li posso colpire facilmente.”
Gryf si sporse per guardare. Due cavalieri stavano procedendo verso di loro al piccolo trotto, gli sguardi che andavano da un lato all’altro della strada.
“Sono bersagli facili da qui” disse Phelia accucciandosi sotto la finestra.
“Aspetta” sussurrò Gryf. “Forse passano oltre.”
“Non puoi saperlo.”
I cavalieri stavano rallentando il passo. I loro occhi guardarono dalla loro parte e Gryf temette che potessero vederli anche attraverso il legno delle pareti.
“Ci hanno visti” gemette Phelia.
Gryf le posò la mano sul braccio. “Non puoi dirlo.”
“Ma…”
“Se non li uccidi entrambi, andranno ad avvertire i loro compagni della nostra presenza qui” disse Gryf ragionando in fretta. “E se anche li uccidessi, i loro compagni potrebbero venire a vedere cosa gli è successo. Noi siamo a piedi e loro hanno dei cavalli.”
Phelia lo fissò con sguardo accigliato ma sembrò rilassarsi.
I due cavalieri passarono davanti alla fattoria e proseguirono per la loro strada senza rallentare. Solo allora Gryf riprese a respirare.
“Sono andati” disse scostandosi dalla parete.
Phelia tornò a sedere sulla panca.
“Dobbiamo essere prudenti fino a Morhorn” disse Gryf. “O ci scopriranno.”
La ragazza annuì.
Dopo qualche attimo di silenzio a Gryf venne in mente un’idea. “Wilton” disse cercando le parole giuste. “Siete amici, no?”
Phelia lo fissò in silenzio.
“Non potremmo chiedergli di darci una mano?”
“Vorrei che fosse così semplice.”
“Posso tornare in città e cercarlo. Conosco altri passaggi sicuri per entrare e uscire. Magari, se gli portassi un tuo messaggio…”
“Non mi ascolti, Gryf” disse Phelia. “Ti ucciderebbero.”
“Ma se riuscissi a parlargli…”
“Sarebbe inutile.”
“Potrei tentare comunque.”
“Gryf” disse Phelia alzandosi dalla panca. “È Wilton che ci sta dando la caccia e se andrai da lui, con o senza un mio messaggio, finirai solo per rendergli le cose più semplici.”

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