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Autore: historiae    08/11/2020    0 recensioni
Icy era stata chiara a riguardo. Niente ripensamenti. Nessuna pietà. Fai perdere le sue tracce, legalo e rendilo inoffensivo. Un'operazione rapida e indolore.
Tanto, non ci serve più.
Genere: Dark, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Darcy, Riven
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La terra tremava. I blocchi di pietra antica impilati uno sull'altro a comporre le mura del castello di Torrenuvola parevano a tratti volersi scuotere fino a sbriciolarsi in cumuli di rovine.

Darcy si muoveva con attenzione mettendo un piede davanti all'altro, scendendo i pochi gradini ancora stabili, orientandosi con abilità nei sotterranei bui solo con l'aiuto della vista.

Gran parte delle sue energie era stata consumata pochi minuti prima, e non le sembrava opportuno sprecarne altre, in vista di ciò che sarebbe accaduto di lì a poche ore.

Non le restava energia sufficiente per levitare e preferiva muoversi sui suoi piedi. Oltretutto, il corpo incosciente che trasportava appresso a sé, sollevato in aria con un residuo stanco di magia, era un fardello piuttosto pesante.

 

La terra bagnata, fuori, vomitava creature rivoltanti che strisciavano sull'erba morta arrampicandosi fin sui contrafforti di pietra scura del castello.

Le nuvole nere come il fumo che coprivano le montagne di confine facevano da sfondo al volo di esseri alati dall'aspetto immondo, dalle bocche squarciate e sanguinolente e le code semoventi di ratto.

Il suolo si schiacciava sotto i passi dei giganti di pietra, e con esso anche gli esoscheletri di poche disgraziate creature imbattutesi sulla traiettoria dei mostri acefali.

Le gocce nere e melmose di pioggia cadevano a terra assumendo la forma di vermi raccapriccianti.

L'armata oscura era stata formata, e già si preparava a marciare sul luogo della devastazione, attendendo solo gli ordini delle sue fautrici.

 

Non c'era altro tempo da perdere.

Avanzando nel buio, Darcy si fermò davanti al cancello delle segrete e non le fu difficile sbloccarlo con un incantesimo psichico. Spinse il pesante ferro nero di croste rugginose, che stridette sul pavimento di pietra fratturato e irregolare.

Fece attenzione a non ferirsi le mani e attraversò il cancello da secoli sprovvisto di chiavi e sin da tempi remoti aperto e chiuso tramite formule di magia nera.

Un mugolio le fece pensare che il ragazzo fosse sul punto di svegliarsi, e si affrettò accelerando il passo nel corridoio buio. Il terriccio che affiorava dalle crepe del pavimento le sporcò le scarpe e il bordo dei pantaloni, e l'odore di stantio e vegetazione morta le pervase le narici, senza però riuscire a distrarla.

Aveva un solo compito, quello di liberarsi il più in fretta possibile del ragazzo, prima che sua sorella maggiore la chiamasse a raccolta, una volta pronta per partire.

Un altro mugolio la fece sussultare e constatò effettivamente che i polsi e le caviglie del ragazzo che portava con sé non erano stati legati. La fretta non le aveva concesso di occuparsene, e forse non aveva voluto perderci più tempo di quello che aveva previsto. L'attacco combinato l'aveva reso incosciente, ma forse le sue capacità di resistenza erano state sottovalutate.

La sua unica arma era stata fatta a pezzi, ma non sapeva effettivamente se ne possedesse altre, magari nascoste nella divisa.

Avrebbe dovuto sbrigarsi, prima che Riven riprendesse conoscenza e forza sufficiente ad attaccarla a sorpresa per poi fuggire, prima ancora che lei potesse fare appello ai suoi riflessi già indeboliti.

Raggiunse il portone dell'ultima cella e la aprì, trascinandovi dentro il corpo sospeso del giovane.

Ignorò la voce disperata della ex preside che, dalla cella adiacente, la implorava di non fargli del male, minacciandola, inconsapevole di non avere più né armi né autorità.

Non si arrende mai, pensò, se davvero spera di ottenere la mia pietà. Non ha ottenuto niente in tutti questi anni, non otterrà nulla neanche stavolta.

Darcy adagiò il ragazzo con non troppa cura, come a liberarsi di un fantoccio, accanto alla parete di fondo, da cui pioveva la luce riflessa della luna attraverso la moltitudine di finestre del piano di sopra.

L'urto con il pavimento freddo fece svegliare il ragazzo, che socchiuse gli occhi senza però riuscire a mettere a fuoco la vista. Percepiva a stento i movimenti nervosi e spediti della strega che nel frattempo gli afferrava polsi e caviglie e li imprigionava in quattro robusti catenacci.

Le mani le tremavano, come quelle di un ladro colto sul fatto e prigioniero di un limbo prodotto dalla sua stessa coscienza, in cui gli si presenta la possibilità indolore di fuggire con il bottino e quella ardua di confessare il misfatto.

Nessuno ha mai parlato di fargli del male. Lo avrei già fatto, se avessi voluto.

Non c'era tempo, si ripeteva, e si chiedeva al contempo perchè avesse accettato di incaricarsi di quello sporco lavoro. Eppure nessuno le aveva ordinato di farlo, le era venuto naturale, come le veniva naturale prendersi, perlomeno il più delle volte, la responsabilità delle sue azioni.

Icy era stata chiara a riguardo. Niente ripensamenti. Nessuna pietà. Fai perdere le sue tracce, legalo e rendilo inoffensivo. Un'operazione rapida e indolore.

Tanto, non ci serve più.

Scuotendo la testa, Riven distinse delle sfumature di colore familiari, e inalando a fatica dell'aria, gli parve di riconoscere, tra l'odore del metallo e della pietra umida, un profumo particolare.

Poi gli sovvenne il ricordo, a tratti. Il temporale, l'odore nauseabondo nell'aria, la foga per abbandonare la scuola.

Aveva messo in fretta un libro nello zaino e aveva guidato la windbike fino a Torrenuvola, certo di trovare la solita accoglienza. Il libro era per Darcy. Era rimasto sul suo comodino per settimane, e voleva restituirglielo.

Darcy sentiva l'umidità infiltrarsi nelle suole delle sue scarpe sgualcite e irrigidirle le membra già scosse dai brividi dell'adrenalina.

L'ultimo ricordo della luce accecante dell'incantesimo che lo aveva colpito scaturì con un breve ma lancinante dolore alla testa, e Riven cercò di sollevarsi per fare chiarezza su dove si trovasse. Ma si accorse con orrore che la sua mente e il suo corpo rispondevano a malapena, entrambi storditi dalla negatività della magia di strega.

Era troppo tardi, e le sue mani e i suoi piedi erano già legati. La sensazione di prigionia gli smosse una tale rabbia che temette di impazzire.

Quando poi finalmente riconobbe la figura inginocchiata dinanzi a lui, l'umiliazione lo accecò.

-Tu...- gli uscì dalle labbra.

-Shh.- esalò Darcy, con violenza, fermando un'imprecazione sul nascere.

Riven potè solamente farle capire ciò che pensava con lo sguardo. Traditrice.

Quella e altre parole le vorticarono nella testa per attimi interi, quanto bastò per farle capire che il ragazzo stava cercando di attaccarla con l'unica arma rimastagli: la mente.

Non restava più tempo. Darcy fece appello a tutta la sua buona volontà per dissipare quei pensieri confusi e carichi di risentimento. Icy si sarebbe fatta viva da un momento all'altro, e a lei sarebbe toccato rispondere del suo ritardo.

La sorella non avrebbe mai sentito ragioni. La posta in gioco era troppo alta per permettersi distrazioni.

Darcy fissò il ragazzo negli occhi, consapevole che non sarebbe stata l'ultima volta.

Portò la mano al suo viso livido di rabbia.

-Mi dispiace.- disse, lottando contro la voce che, contro la sua volontà, usciva spezzata. -Devo farlo.-

Spostò la mano sulla fronte del ragazzo, rilasciando l'incantesimo e osservando i suoi occhi spegnersi in uno stato di incoscienza sufficiente a permetterle di concludere l'operazione.

Riven abbandonò i pugni sul pavimento freddo, chiuse le palpebre e abbandonò il corpo contro la parete in ombra della cella.

La sua mente, sedata, smise di produrre pensieri a poco a poco, finchè tutto ciò che potè percepire la strega, fu silenzio di tomba.

Darcy rimase lì dov'era, schiacciata dal peso della coscienza.

Fuori, il temporale era tornato, e il fragore dei tuoni si andava a mescolare con i passi minacciosi dei soldati dagli occhi rossi e le cento lingue, che scandivano il tempo come un ticchettio lento e sinistro.

Scostò la mano dal viso del ragazzo, mentre, rivolgendo il capo a terra, si abbandonava a un pianto pieno di rimorso, incurante di ciò che il mondo intorno a lei potesse pensare. Malgrado ciò che sua sorella avesse costantemente da rimproverarle, malgrado la deridesse, non poteva farci nulla se non accogliere con dolore quella piccola parte della sua natura. La parte umana, troppo umana per una strega.

Ma non c'era più tempo.

Si costrinse ad alzarsi poco dopo e a tornare laddove ci sarebbe stato bisogno di lei, lasciando quelle poche lacrime laggiù, sulla pietra gelida, ad essere dimenticate, assieme al suo rimpianto.

 

  
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