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Autore: arashinosora5927    08/11/2020    2 recensioni
Salve a tutti, questa storia è un omaggio alla nostra Chrome che ha dato alla luce un nebbiolino facendo precipitare la famiglia in un grande entusiasmo e già che c'ero ho voluto inserire un piccolo omaggio alla nostra Lal di quartiere.
La storia è raccontata facendo un grande focus sul mondo interiore di Gokudera perché il Gokudera della famiglia sono io.
Spero la possiate davvero apprezzare, soprattutto spero che piaccia tanto tanto alle persone a cui è diretta questa piccola dedica.
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Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chrome Dokuro, Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gokudera sospirò, il mondo gli sembrava incredibilmente veloce.
Il tempo stava passando e si chiedeva se non si fosse lasciato sfuggire tra le dita la propria vita, giorno dopo giorno, assorbito dal quotidiano.

Tanto per iniziare: quando aveva compiuto 27 anni? Sì, certo il 9 di settembre del 2020, quell'anno folle che aveva stravolto le abitudini di tutti e che aveva cambiato per sempre il mondo, ma lui si chiedeva più quando fosse successo realmente.

Che cosa aveva fatto negli ultimi due anni della sua vita? Non sapeva dirlo, vedeva solo un affollarsi di eventi non meglio specificati.

Alzò lo sguardo dalle sue carte, sicuramente con loro aveva trascorso molto tempo, forse anche troppo senza inserire altri elementi per raggiungere qualcosa di simile a un equilibrio interiore.

I suoi occhi si focalizzarono sul passeggino parcheggiato alla sua destra dove dormiva placidamente la figlia di Lal e Colonnello.

Qualche minuto prima l'arcobaleno incompleto aveva fatto irruzione nel suo ufficio e senza molti convenevoli aveva lasciato la carrozzina.

"Gokudera, guardala tu" aveva detto facendolo precipitare nel panico, visto che la sua conoscenza su come accudire un bambino era pari a come preparare piatti gourmet o alternativamente a come si stesse con una donna.

"E non fare quella faccia, devi solo osservarla perché non può stare da sola, ma mia figlia non è una deficiente, non si sporgerà dal passeggino, anzi probabilmente sei tu ad aver bisogno di essere tenuto d'occhio."

Con queste parole Lal aveva lasciato la stanza in fretta e furia raggiungendo la sala del meeting in cui anche il boss era impegnato, era una riunione solo per i membri del CEDEF e per Colonnello apparentemente senza un motivo meglio specificato diverso dal volere di Lal.

E quindi era davvero così che stavano andando le cose? Lal e Colonnello genitori, in un tempo che minacciava di non fermarsi e continuare ad avanzare senza dargli la possibilità di rallentare e cercare la sua strada.

Era finito il tempo per difendersi ancora e non ammettere di essere adulti del tutto? Finito il tempo per sentirsi impotenti davanti all'avanzare della vita? Doveva forse iniziare anche lui a fare dei progetti più concreti come un matrimonio e una piccola famiglia? Era questo che ci si aspettava? Dei progetti grandi diversi dal ritagliarsi del tempo per leggere i suoi libri di fantascienza o fare una passeggiata per non impazzire chiuso tra quattro mura, enormi, ma pur sempre senza la brezza del mare e il vento tra i capelli e tutte quelle piccole cose che ogni giorno lo facevano sentire vivo?

In quel momento il suo cellulare vibrò, la cosa attirò immediatamente la sua attenzione. Guardò lo schermo, aprì WhatsApp, la conversazione con il gruppo della famiglia, quello in cui c'erano solo i guardiani e Reborn, cercò di capire a cosa fossero dovuti tutti quei messaggi in un lasso così breve di tempo.

Non poteva credere ai suoi occhi, era solo un'immagine, ma sembrava così reale, così piena di vita e così pura: un fagottino avvolto in una morbida copertina azzurra dormiva tra le braccia dalla pelle chiara della guardiana della nebbia. L'unica cosa che si riusciva a vedere davvero dalla foto era una ciocca di capelli violacei, marchio di fabbrica della mamma e il colore della pelle, più scuro, decisamente in contrasto.

Gokudera sentì il proprio cuore sciogliersi, era un bambino bellissimo e a lui i bambini avevano fatto sempre ribrezzo, ma con la figlia dei due arcobaleno e quello della guardiana della nebbia aveva fatto più che eccezione.

Tutti i messaggi erano inerenti a questo grande evento, alla gravidanza portata a termine con successo nonostante la mancanza di organi.
Chrome era davvero divenuta potente.

In realtà a guardare bene quella foto non l'aveva mandata Chrome, ma Mukuro, facendo tantissimi auguri alla neomamma.

La maggior parte dei guardiani era in adorazione, Gokudera invece era molto sorpreso. Incredibile cosa possa succedere in un istante, pensava mancasse ancora tempo al parto.

"Ma quando è successo?"

Per fortuna apparentemente non era l'unico a domandarselo, ma il guardiano del sole condividendo il suo stesso dubbio aveva dato voce alle sue domande.

"Qualche ora fa, mentre eravamo al centro commerciale" la risposta del guardiano della nebbia.

"Le si sono rotte le acque e siamo dovuti correre in clinica" proseguì il guardiano della nuvola.

"Però il travaglio è durato solo due ore..." finalmente una risposta da Chrome.

Gokudera tremò al solo pensiero, era grato che nella sua nascita almeno una cosa gli fosse andata bene e quindi nella sua vita non avrebbe mai dovuto affrontare un parto o qualcosa di simile.

"Gli insegnerò a giocare a baseball" scrisse il guardiano della pioggia, era prevedibile.

"Io lo renderò il bambino più estremo del mondo!" commentò Ryohei.

"Quando vorrà divertirsi potrà contare sullo zio più simpatico" scrisse Lambo.

Gokudera sospirò nuovamente e si chiese davvero lui che cosa avrebbe potuto dare a questo bambino, come avrebbe potuto sostenerlo e prendersi cura di lui a proprio modo. Magari i compiti. Oh sì, sicuramente sarebbe diventato lo zio preferito e non quello detestato.

Chissà, magari era il suo ruolo quello di fare lo zio fastidioso e brontolone che nessun nipote sopporta, ma che comunque vuole bene.

"Accogliamo al mondo l'undicesimo guardiano della nebbia, in attesa di tutti gli altri" le parole di Reborn.

Quindi era così che stavano le cose? L'undicesima generazione dei Vongola stava iniziando a configurarsi? Era già passato tutto questo tempo? Improvvisamente Gokudera sentì come se la sua gioventù volgesse al termine e la vecchiaia stesse prendendo il sopravvento.

Oddio, ma questo significava che bisognava anche affrettarsi a pensare a un undicesimo boss?

Tra mille tormentosi quesiti cercò di pensare solo a quella nuova vita che si era appena affacciata al mondo e alla sua coraggiosa madre che meritava i complimenti dall'intero creato.

"Congratulazioni" scrisse, sentendo fino in fondo la felicità per quell'evento.

Poi si disse che stava perdendo tempo, del tempo prezioso che avrebbe potuto impiegare diversamente, perché quel silenzio assordante da parte del loro boss, significava solamente una cosa e cioè che non sapesse la grande notizia.

Per una volta disobbedì agli ordini, a un ordine diretto del suo boss che consisteva nel rimanere a svolgere il lavoro in arretrato e a quello di Lal, che non era il suo capo, ma comunque ciò non significava che gli convenisse disobbedire. Portò la carrozzina con sé con quanta più delicatezza possibile, interruppe il meeting guadagnandosi un'occhiata in tralice da Lal e uno sguardo molto confuso dal guardiano del cielo.

"Perdonate" disse facendo un inchino.

Iemitsu, lo sguardo di riprovero, Basil stupore e c'era Oregano che in verità neanche osservava davvero la situazione, ma era rimasta a fissare il documento davanti a lei, Colonnello in un angolo sembrava più una sentinella che un vero partecipante al tavolo.

"Dicci, Hayato..." parlò il boss un po' interdetto da quel comportamento.

Vedendosi autorizzato Gokudera si avvicinò al suo boss e si chinò quanto bastava per sussurrare al suo orecchio.

"È nato" disse il guardiano della tempesta, sapeva di non dover specificare chi perché il suo cielo aveva un'intuizione fin troppo sviluppata.

Si scoprì di vedere la gioia esplodergli nel petto e poi come una specie di specchio riflessa sul viso di Tsuna che si illuminò in una stanza senza finestre e con poca luce.

Trattenendo a stento l'emozione il giovane boss scostò la propria sedia dal tavolo rotondo e lungo dove i posti erano stati organizzati secondo le regole del distanziamento sociale e si alzò in piedi.

"Tutti voi, vi chiedo gentilmente il favore di rimandare questo meeting molto importante a data da destinarsi. La mia guardiana della nebbia ha appena partorito e mi pentirei tutta la vita se non le stessi accanto proprio in questo momento."

Dopo qualche istante di interdizione sul volto dei presenti si formò solo un sorriso tenero e accodiscendente.

"Puoi andare, Sawada. Chrome sarà felice del tuo supporto" disse Lal, era passato a stento un mese da quando aveva partorito e nonostante avesse insistito per tornare subito ooerativa ancora portava le cicatrici di quell'evento tanto gioioso quanto doloroso.

Gli altri membri del CEDEF si limitarono ad annuire e Tsuna poté chiaramente vedere gli occhi di Colonnello brillare. Il mero essere diventato padre aveva reso quel cuore molto più tenero anche agli occhi degli altri.

"Con il vostro permesso allora, noi ci dileguiamo" disse il guardiano del cielo prendendo per mano il suo braccio destro e precipitandosi fuori dalla stanza.

Iemitsu sospirò, sapeva di doverci fare l'abitudine, ma in un angolo remoto della sua anima era fiero di suo figlio, del boss che era diventato, del modo in cui si prendeva cura dei suoi guardiani e di tutte le altre persone che aveva a cuore.

Gokudera non perse tempo, passò il suo cellulare a Tsuna non appena furono fuori dalla stanza e poterono abbandonare anche quel minimo di apparenza che ancora si sforzavano di mantenere nella formalità dei loro ruoli.

"Chrome, ma è splendido" scrisse subito il guardiano del cielo.

"Grazie, boss" rispose subito la guardiana della nebbia, nonostante fosse arrivato dal contatto di Gokudera Chrome sapeva perfettamente a chi apparteneva quel modo di esprimersi e inoltre non era raro che quei due scrivessero insieme dallo stesso dispositivo.

Non ci fu bisogno di dire niente, la loro telepatia aveva raggiunto livelli inimmaginabili, avrebbero potuto fare un'intera conversazione senza aprire bocca.

Alla meglio recuperarono qualcosa di simile a due giacconi e le mascherine, rigorosamente FFP2 per volere anzi obbligo di Gokudera che aveva fatto una sceneggiata pazzesca la prima volta che aveva visto Tsuna indossare una chirurgica.

Gokudera fu il primo a uscire dalla magione facendo un cenno all'autista che aspettava come una guardia di Buckingham palace sull'attenti pronto a ricevere un qualunque ordine.

Tsunayoshi recuperò un ombrello "che non si sa mai potrebbe piovere. Tanto quando vai di fretta piove sempre" e lo raggiunse.

Si misero in macchina, diedero l'indirizzo della clinica all'autista e cercarono di tenere a freno l'entusiasmo per non rischiare che il cuore esplodesse prima di poter conoscere il piccolo insomma.

Gokudera si abbandonò completamente alla morbidezza dello schienale, osservando le prime goccioline infrangersi contro il vetro del finestrino. Manco a dirlo, in breve tempo si ritrovarono bloccati nel traffico.

Un sospiro lasciò le sue labbra, lui e le attese non andavano per niente d'accordo, le occasioni per riflettere erano pericolose per la sua mente troppo abituata a interrogarsi e tormentarsi.

I pensieri volarono a Chrome, a ciò che aveva fatto.
Quindi esisteva davvero un momento in cui si riusciva a mettere da parte tutte le insicurezze e dire "adesso tocca a me, adesso voglio prendermi cura di questa vita"?

Gokudera ne era sicuro, a stento sapeva badare a se stesso e se ci pensava ancora un po' avrebbe messo la mano sul fuoco che visti i modelli sarebbe stato un genitore pessimo.

Quindi davvero esisteva un momento il cui tutto questo perdeva importanza e con la massima consapevolezza si sceglieva di prendersi una tale responsabilità a cuor leggero?

Chrome in questo era proprio come lui, entrambi avevano faticato a vedere il valore della propria vita finché qualcuno non aveva saputo trasmetterne l'importanza, entrambi avevano avuto figure genitoriali discutibili marchiate di sofferenza e cattiveria e infine entrambi avevano avuto problemi di dipendenza, vedendosi come due essere incapaci, impossibilitati a contare su se stessi e inadatti a sostenere qualcun altro davvero.

Eppure, tra una crisi e l'altra, tra la paura, la rabbia, il senso di inadeguatezza e il dolore Chrome era sbocciata come il più bello dei fiori che riesce a farsi strada anche nel cemento armato riempiendo il proprio cuore d'amore, la propria essenza di fiducia e brillando come la più lucente delle stelle.

Se lo aveva fatto lei allora anche lui avrebbe potuto...

Si fermò, interdetto, il cuore tremò solo all'idea.
Che diamine gli era saltato in mente?

Il suo viso non fece mistero del tormento interiore che lo animava e solo la mano di Tsuna gentilmente posata sul suo viso lo riportò alla realtà.

"Hayato, a che stai pensando? Lo stai facendo così tanto che mi sento i tuoi pensieri addosso come se fossero una specie di incudine..." mormorò il giovane boss.

"Credo solo che Chrome sia incredibile, ha messo al mondo un bambino dimostrando a tutti per prima a se stessa che lei è capace di qualsiasi cosa e per questo io la ammiro davvero tanto."

Tsuna sorrise, non gli serviva sentire altro ed era fin troppo avvezzo a leggere tra le righe per ignorare la richiesta di aiuto del suo guardiano della tempesta.

"È un giorno meraviglioso per tutti noi e nessuno ci sta addosso. A volte il tuo egocentrismo mi spiazza, ma non ti posso nascondere che a leggere il messaggio di Reborn ho sentito anche io una forte pressione. Nessuno può decidere per noi e anche tu sei capace di qualsiasi cosa, non devi sentirti in difetto o inferiore. Meriti di goderti ogni istante della tua vita, ogni singolo respiro, questo è il tuo ritmo e non c'è nessuna legge da seguire. Sei libero."

Hayato si sciolse, la tensione accumulata nel suo corpo venne rilasciata mentre appoggiò la testa sulla spalla di Tsuna e le sue labbra assunsero una curva serena.

Si sentì così benedetto perché Tsuna sapeva esattamente cosa dire e come dirlo ed era sicuro che poche persone al mondo potessero vantare una tale fortuna al punto che venissero toccate sempre le corde giuste.

"Grazie" disse semplicemente, ma Tsuna sapeva perfettamente che in quell'unica parola erano nascoste tutte le altre.

"Stavo pensando che ci stiamo presentando a mani vuote... forse dovremmo portare dei fiori" disse Tsuna cambiando discorso, prendendo una mano di Hayato nella propria giocherellando con le sue dita.

"No, meglio di noi. È un periodo molto difficile, troppo e non sai mai chi è allergico al polline in un ospedale. Abbiamo un bagaglio emotivo talmente grande che sarà più che sufficiente."

Finalmente arrivarono davanti alla clinica e se ne accorsero solo perché fu loro annunciato dall'autista tra la risata cristallina di Tsuna per l'umorismo tagliente di Hayato che alleggerì i cuori di entrambi.

Hayato fu il primo ad aprire la portiera, prendendo l'ombrello e tendendo solo allora la mano a Tsuna per aiutarlo a uscire nonostante questi avesse iniziato a dire che poteva tranquillamente farlo da solo.

Con calma e compostezza si avviarono verso l'androne del palazzo e chiesero informazioni circa la posizione di Chrome.

"Cerchiamo Chrome Dokuro, ha partorito un'ora fa circa..." disse Tsuna con sicurezza.

La donna incaricata di dare informazioni battè le mani e sorrise ampiamente.

"Uno di voi due è il padre del bambino?" chiese con aria civettuola.

Hayato e Tsuna si scambiarono un'occhiata imbarazzata rossi in viso prima di dire "no" all'unisono.

La donna sospirò e continuò a guardarli rassegnata.

"È tutto il giorno che vengono begli uomini per la signorina Dokuro e nessuno è il padre..."

Entrambi ignorarono la questione, meglio non approfondire e senza altre domande furono indirizzati al chiuso, dove chiusero l'ombrello, verso un ascensore, terzo piano e poi la seconda stanza sulla sinistra e non fu difficile trovarla anche se non fossero state date loro le informazioni perché stavano assolutamente facendo un assembramento in quella stanza.
Praticamente erano gli ultimi all'appello.

"Signori, per favore. Solo due alla volta nella stanza, gli altri aspettassero fuori" li riprese un'infermiera.

Così prima ancora di potersi salutare per bene tutti i presenti uscirono lasciando solo a Tsuna e Hayato la possibilità di vedere il neonato da vicino.

Finalmente quel momento era arrivato, il sorriso di Chrome quando li vide fu un'immagine che mai si sarebbero tolti dalla mente.

"Vi stavamo aspettando..." disse la neomamma con un filo di voce, era chiaro che fosse molto stanca.

"Scusaci il ritardo, ma c'era un sacco di traffico" mormorò Tsuna mantenendo un tono basso.

Gokudera provvide subito a disinfettare le mani e fece cenno a Tsuna di fare lo stesso indicandogli il dispenser a muro.

Il giovane boss sospirò dandogli mutamente ragione e procedette alla disinfezione.

Entrambi si avvicinarono con cautela e osservarono il piccolo più da vicino.

"È veramente bellissimo, Chrome" commentò Tsuna.

Il piccolo aprì gli occhi rivelando un bel colorito azzurro.

Hayato non poté fare a meno di domandarsi se lo avrebbe mantenuto nel tempo. Del resto non era raro che i bambini nascessero con gli occhi azzurri e assumessero lentamente il loro colore definitivo.

"Se vuoi puoi prenderlo in braccio" disse Chrome guardando con aria stanca i due.

Tsuna si fece avanti con disinvoltura e prese il bambino tra le braccia guardandolo meglio, la mascherina a proteggerlo da qualsiasi contaminazione potesse esserci con il suo faccino.

"Credo di piacergli" sussurrò Tsuna ascoltando il bambino fare dei versetti felici, sembrava lo avesse fatto un centinaio di volte, come se fosse nato per questo.

"Gokudera, puoi tenerlo anche tu se vuoi..." disse Chrome rivolgendogli un sorriso.

Hayato alzò le mani e indietreggiò di tre passi, destato dalla meravigliosa figura di Tsuna, genitore provetto nato.

"Dai non è una bomba" scherzò il giovane boss piazzandoglielo tra le mani.

Gokudera iniziò a sudare freddo, ma in un istante si rese conto che c'erano le braccia di Tsuna a sostenere le sue in quella posizione mentre il piccolo sembrava del tutto tranquillo.

Il bambino allungò una manina e strinse una ciocca di capelli di Hayato nel suo pugnetto mentre il guardiano della tempesta aveva appena tirato un sospiro di sollievo conscio che non avrebbe fatto danni facendo cadere il bambino o stringendolo troppo forte.

Chrome rise divertita.

"Gli piacciono i capelli lunghi, ha passato una buona mezz'ora a tirare quelli di Mukuro. Credo sia il suo modo di esprimere gioia e affetto."

Dopo quella piccola spiegazione Hayato non poté più davvero preoccuparsi della situazione e sorrise dal più profondo della sua anima.

Quel bambino sarebbe stato cresciuto da tutti loro, giorno dopo giorno, con un amore indiscrivibile e così tanti stimoli e possibilità da non annoiarsi mai.
Il bambino più fortunato al mondo, con così tanti zii, così diversi tra loro, che ognuno a suo modo avrebbero dato lui il meglio.

Che invidia, doveva ammetterlo.
Essere il figlio di una madre tanto premurosa e così attenta che aveva deciso di studiare educazione proprio per non commettere gli stessi sbagli dei suoi genitori, che gli aveva dato una famiglia tanto grande.

Hayato non si accorse neanche che le braccia di Tsuna lo avevano lasciato, superflue ormai perché nella sua paura invece aveva trovato il coraggio e ora stava reggendo perfettamente una nuova vita senza timore.

Si avvicinò a Chrome, le restituì il pargolo staccando lentamente e con sicurezza i suoi capelli da quelle ditina e sorrise più ampiamente.

"Mi piacerebbe tanto se Tsuna gli insegnasse il valore della semplicità e dell'essere genuini e se tu, Hayato, gli potessi insegnare a suonare il piano. Mi piacerebbe tanto se mio figlio avesse da subito un bel contatto con la musica."

Tsuna annuì immediatamente facendosi più vicino ad Hayato e questi invece rimase a lungo a parlare solo con lo sguardo pieno di gratitudine per una simile opportunità.

Non sarebbe stato lo zio detestato, forse nessuno lo vedeva davvero così, nessuno a parte se stesso e forse dopotutto era più adulto e capace di quanto si fosse mai sentito.
   
 
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