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Autore: Koa__    09/11/2020    3 recensioni
Questa sarà una raccolta di One Shot incentrate su Joe e Nicky, e sull'evoluzione del loro rapporto da nemici, ad amici sino all'innamorarsi perdutamente l'uno dell'altro. Ogni One Shot sarà collocata in un momento preciso della storia.
La quarta storia di questa raccolta, Seduti all'ombra di un sicomoro, partecipa al contest "Storie Alfabetiche" indetto da Lady.Palma sul forum di Efp.
"La storia: Mangiando datteri in un albero cavo è candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna"
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Joe / Yusuf Al-Kaysani, Nicky / Nicolò di Genova
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Innamorarsi della forza del suo sguardo
 
 




 
Laodicea*, Principato di Antiochia,
21 marzo 1102
 
 



C’erano aspetti di quello straniero dagli occhi del colore del mare, che Yusuf trovava affascinanti. Attimi in cui ciò che si ritrovava a fare era perdersi nella forza del suo sguardo, altrettanto perduto in un orizzonte ricco d’incognite. Era stupefacente il modo in cui quel cristiano osservava il cielo, la sera, o come scrutava l’alba attraverso le ombre di nubi accese da riflessi dorati. V’era, in lui, una determinazione straordinaria, quasi consapevole di quale fosse il suo posto nel mondo e di come dovesse fare per occuparlo al meglio. Nicolò era un compagno taciturno e paziente, Yusuf aveva imparato ad apprezzare ogni lato del suo carattere schivo. Forse era per questo che ogni discorso che lui faceva sembrava il monito di un vecchio saggio. Insegnare proprio malgrado era quel che Nicolò faceva anche nei più piccoli, insignificanti gesti quotidiani come il privarsi di una buona fetta di carne di montone e darla a un bambino affamato. Il suo digiunare con un sorriso, mentendo nel sostenere di aver mangiato troppo, scatenava in Yusuf una dolce stretta allo stomaco. Nicolò era troppo buono per non essere un dono del cielo, rifletteva di quando in quando, dividendo poi il proprio cibo con lui. In altre occasioni, invece, pareva tenesse sulle spalle il peso di tutta quanta l’umanità, come se serbasse nel cuore la responsabilità delle vite degli altri. Non aveva che la sua età, Nicolò di Genova e pure pregava un Dio diverso dal suo, ma ora che erano immortali era come se un filo invisibile li legasse, rendendoli partecipi l’uno del dolore dell’altro. Quel peso, in fondo, Yusuf lo sentiva un po’ anche sulle proprie, di spalle. E le rassicurazioni che Nicolò snocciolava, alzando le spalle e sostenendo che fosse “Il destino” non lo rassicuravano affatto. Quel cristiano aveva un atteggiamento fastidiosamente serafico, il più delle volte era in grado di sbatterti in faccia la verità più nera, ma sempre sorridendo oppure riprendendo a mangiare, magari finendo poi con l’assopirsi all’ombra di un sicomoro. E a quel punto, intanto che osservava le linee dolci del suo viso disteso, Yusuf capiva che portare quel peso, in due, faceva molto meno male. Oltretutto, l’osservare la sua espressione addormentata e perdersi a immaginarsi sul cosa sarebbero diventati in un futuro, lo ripagava di ogni sofferenza.

 
Alla fine di molti viaggi, erano quindi arrivati a Laodicea. La città marittima più importante del Principato di Antiochia era bellissima nel suo essere pacificamente distesa sulle rive di un mare, che Yusuf non vedeva da molti anni e del quale aveva finito col dimenticare ogni cosa, persino il sapore salato o il fruscio piacevole delle onde che sbattevano sulla costa. Lui e Nicolò avevano accantonato ogni rivalità ormai da molto, erano diventati l’uno il compagno dell’altro, si guardavano le spalle a vicenda e condividevano un segreto difficile da mantenere. Che fossero amici, mai lo avevano ammesso ad alta voce, forse perché Yusuf per primo sentiva di non riuscire a considerarsi come un amico di Nicolò, anzi il pensiero di poter essere definito tale addirittura lo spaventava. Non lo odiava, non più e aveva smesso di ritenerlo un nemico mortale. Il problema era che definirlo un amico era poca cosa se paragonato a ciò che ormai provava per lui. A questo, però, preferiva non pensare. Al contrario si rifiutava categoricamente di seguire quel filo di ragionamenti, quindi si ritrovava a ribadire che erano persone troppo diverse, che nemmeno pregavano lo stesso Dio e che possedevano due caratteri incompatibili. E poi c’era naturalmente quel piccolo dettaglio sul fatto che fossero due uomini. Un particolare che, per lui che già aveva giaciuto con dei maschi, era del tutto insignificante. Non era però sicuro di che idee avesse il suo compagno d’avventure a riguardo. Era anche per questo che spesso aveva tentato d’indagare, fallendo miseramente e rintanandosi in un più tranquillo mutismo. Forse era meglio lasciar perdere del tutto e farsi passare questo stupido innamoramento.
 

Lui e il cristiano non avevano mai avuto una fissa dimora. Per tutto il tempo che avevano trascorso insieme avevano girovagato in cerca di qualche lavoretto, molto spesso non pagato. Era, infatti, più le volte in cui si trovavano a rubare del cibo o a offrire i propri servigi in cambio di una cena e una stanza, che quelle in cui pagavano davvero per un sacchetto di datteri o noci. Da quando erano arrivati a Laodicea, però, la loro vita era cambiata. Avevano messo da parte un po’ di denaro e passavano le giornate aiutando un’anziana signora, proprietaria di una taverna, ormai troppo stanca per portarla avanti da sé. Nicolò era diventato più abile nel parlare la sua lingua, aveva imparato tanto da essere capace d’intrattenere lunghi discorsi complicati, che spesso erano incentrati sulla religione. Gli raccontava le cose in cui credeva, come se fossero antiche favole e lo faceva con lo sguardo brillante di chi era convinto veramente in ciò che stava dicendo. Yusuf, dal canto proprio e sebbene fosse profondamente scettico a riguardo, lo ascoltava ammirato. Sebbene avesse una fervida immaginazione, nonché un bel coraggio a credere a certe storielle, Nicolò era anche un gran lavoratore. Non si lamentava mai, aveva una buona parola per tutti e non mostrava rabbia, se non nei confronti di un qualcuno che aveva commesso una qualche ingiustizia. A Laodicea era diventato famoso tra la gente più povera, che la mattina veniva alla taverna in cerca di qualcosa da mangiare. Nicolò non si tirava mai indietro dall’aiutarli e quindi lavorava il doppio per ripagare la vecchia locandiera, decisamente più restia a fare la carità. Mai si alterava e non una volta aveva fatto valere le proprie ragioni con rabbia. Delle volte, tanta pacatezza faceva infuriare Yusuf che infatti lo provocava con irruenza. Desideroso e in parte spaventato da una sua possibile reazione.
«Un giorno ti sbatterò contro a un muro e vedremo se non ti arrabbierai!» gli aveva detto una sera, caricato di una foga che in apparenza non aveva alcuna ragione d'esistere. Non lo aveva mai fatto, anzi, da che si erano scoperti immortali e avevano rinunciato a ogni lotta, lui e Nicolò non si erano mai sfiorati con un dito. Forse se gli avesse tirato un pugno avrebbe reagito come faceva contro certi briganti, ovvero menando le mani, eppure quei propositi battaglieri finiva puntualmente con l’accantonarli. Neanche lui conosceva il vero motivo, ma probabilmente la prospettiva di schiacciarlo contro a una parete e ricevere un no come risposta a quelle che erano evidentemente delle offerte amorose, lo spaventava molto più di quanto non riuscisse ad ammettere. Anche in quella sera di primavera Yusuf ci pensò, trattenendosi a stento dall'afferrarlo per il bavero della casacca che indossava e scrollando la testa, prima riprendere il proprio lavoro. Neanche si era accorto che il cristiano lo stava osservando da interi minuti, tanto meno aveva colto la turbata serietà del suo sguardo.
 

Che ultimamente il suo compagno fosse pensieroso, Yusuf non lo aveva notato. Nicolò era un uomo profondamente riflessivo, che trascorreva ore a pregare e altrettante a leggere quel suo libro sacro o a scrivere lettere in latino o in italico, concedendosi il lusso di farlo su fogli che comperava puntualmente al mercato. Capire ciò che pensava o intuire se un qualcosa lo preoccupava, era molto più difficile che comprenderlo nello sguardo di chiunque. Fu per questo che quando quella sera di primavera gli si rivolse con aria grave, rimase sorpreso. Erano alla taverna, come sempre a quell’ora del pomeriggio. Il cristiano aveva lo sguardo concentrato e determinato, forse sfuggente, sebbene lo fissasse dritto negli occhi e non si fosse tirato indietro di un passo. Restava stoico come tanto tempo prima quando, a colpi di spada, seguitava a ferirlo nonostante entrambi avessero capito che era del tutto inutile. Che cosa volesse da lui non riuscì a capirlo davvero.
«Yusuf» aveva detto, quasi sovrastando il chiacchiericcio di una locanda, inondata dalla luce rossastra del tramonto. Ora, aveva rivolto lo sguardo altrove, eppure non fu quello a turbare Yusuf, quanto il fatto che lo avesse chiamato per nome: era raro che lo facesse. Di solito era “il saraceno” e basta.
«Più tardi» riprese con voce roca «vorresti venire con me in un posto?» Poi aveva distolto gli occhi e aveva ripreso a servire ai tavoli, le loro intenzioni avevano indugiato l’uno sull’altro, ma subito erano scivolate lontano. Yusuf non aveva domandato, aveva soltanto detto di sì. Che altro avrebbe potuto rispondere? Aveva seguito quell’uomo, e non uno qualsiasi ma un nemico, per le dune del deserto e poi lontano da Gerusalemme fino ad Antiochia, e ora qui a Laodicea. Lo avrebbe seguito ovunque, persino in quella sua Genova di cui spesso parlava e dove, sapeva, Nicolò voleva tornare. Era stato allora, tra le grida di marinai forestieri con troppo vino in corpo, che aveva capito che lo avrebbe seguito ovunque, persino all’inferno. Ciò che non sapeva, invece, era che quello sarebbe stato l’inizio di tutto.

 
Quella notte la luna era appesa al cielo in una falce argentata, l’aria era tiepida e coi suoi sapori salmastri spirava dal mare in un refolo lieve. Le strade erano buie, illuminate di poco dalla lanterna che s’erano portati da casa, facendosi così strada in quel labirinto di vicoli. Sbucarono in riva al mare dopo un lungo cammino e ce ne volle uno altrettanto impegnativo per raggiungere la spiaggia. Ce n’era una davvero graziosa lontana dai traffici porto, in cui Yusuf era andato una qualche volta. Non ci si era però mai avventurato a quell’ora tarda, preferendo invece il momento che precedeva l’alba, allora il miracolo che Allah faceva sorgere ogni giorno era molto più evidente ai suoi occhi di fedele. Là il mare si chiudeva in una piccola baia, distante da occhi indiscreti e la notte confondeva il confine tra cielo e mare, là quasi si aveva la sensazione di poter toccare le stelle con le punte delle dita.
«Cosa facciamo qui a quest’ora?» gli aveva domandato, sebbene inutilmente. Non soltanto non aveva risposto, ma poco più tardi lo aveva visto lasciar cadere le vesti a terra e incamminarsi verso l’acqua. Nicolò, ora nudo, sulla sabbia bagnata della riva, lo invitava a seguirlo al pari di un demone tentatore che ti spinge al peccato. Lui, un po’ un prete e un po’ soldato, terribilmente affascinante nel suo essere saggiamente sia l’una che l’altra cosa. Era un santo con una spada tra le mani, che uccide e benedice. Lui, al quale mancavano soltanto un bel paio di grandi ali per poter essere davvero perfetto. Nicolò che sapeva perdonare e condannare con una sola rapida occhiata. Un po’ Dio e un po’ demonio. Lui che Yusuf amava follemente e del quale non avrebbe saputo fare a meno, non più. Lo capì per davvero quella notte, seguendolo senza fare domande dentro all’acqua del mare. Consapevole di ciò che voleva, ma forse senza aver davvero capito che cos’erano diventati o cosa sarebbero stati in futuro. Nicolò lo sapeva, Yusuf gli leggeva nello sguardo una saggezza senza tempo e nei suoi discorsi sul destino vedeva una sorta di giustizia divina. Quella notte, però, in quell’angolo di spiaggia lontana dal porto, Yusuf non pensò a niente. La loro vita era già abbastanza straordinaria senza che si perdessero a riflettere sull’unicità del loro rapporto. E quando con lui si immerse nell’acqua, lasciandosi stringere in un abbraccio confortevole e infine cullare dalle onde del mare, galleggiando sul pelo dell’acqua, ebbe la sensazione che fosse anche perfetto così.

«Yusuf» gli aveva detto, baciando il suo nome con reverenza, minuti più tardi quando già erano usciti dall'acqua. «Voglio dirti queste cose da molto tempo e ancora adesso temo di quale potrebbe essere la tua reazione, ma il fato ci ha uniti su di un sentiero che vorrei percorrere al tuo fianco e io non posso più aspettare» aveva aggiunto, scrutando un orizzonte buio.
«Infedele» aveva scherzato Yusuf, scrollando la testa divertito «e con chi altri pensi che potrei dividere questa immortalità se non con te?» gli aveva risposto, quando ormai si erano distesi sulla sabbia asciutta, un mezzo sorriso a farsi largo tra la barba folta. Guardarsi attraverso il buio, col rossore nascosto dalle ombre, non era mai stato più facile né più bello di così. Le stelle, ora non più importanti, parevano essere loro a osservare quel bacio fugace sulle labbra che Yusuf gli rubò, quasi vergognandosi del proprio gesto impulsivo. Si tirò indietro immediatamente, come scottato: “Sciocco!” pensò. Non avrebbe dovuto, non tanto presto.
«Scusami, io…» ammise, distogliendo gli occhi e volgendoli oltre il mare, dove nessuno avrebbe potuto cogliere il suo imbarazzo. Nicolò, però, non si era scomposto. Ancora gli sedeva accanto, in silenzio e tra le luci rade che gli tagliavano il volto, Yusuf aveva spiato una sorta di serenità quieta che ora trapelava anche dal suono della sua voce: «Non farlo, non scusarti» aveva detto e dal modo che aveva di parlare pareva che stesse per iniziare a raccontare una delle sue favole della Bibbia. C’era aspettativa, come prima di una battaglia che tagliava in due la tensione ormai scesa su di loro. Non lo avrebbe interrotto e quindi, tacendo, si ritrovò rapito dal fascino della sua voce calda e pacata.
«Questi rapporti tra uomini nella mia religione sono condannati» riprese, accarezzandogli una guancia con fare gentile. Le punte fresche delle dita erano delicate e lievi come petali di rosa sulla sua pelle bagnata. Avrebbe voluto essere toccato in quel modo per sempre.

«Ho fatto voto di castità assoluta, molto tempo fa e ho promesso a me stesso che non avrei ceduto alle tentazioni della carne, che non avrei assecondato la mia… la sodomia che dimora dentro di me» mormorò incespicando nelle parole, ancora i toni erano tanto sussurrati da sembrare un semplice filo di pensiero gridato a voce troppo alta. Yusuf era sicuro che fosse anche arrossito prepotentemente sulle guance ben rasate, il buio purtroppo non lo aiutava a vederlo.
«Non sono mai state le fanciulle ad attirare il mio interesse» riprese Nicolò «nessuno l’ha mai saputo e quando mio padre mi ha spinto a prendere i voti l’ho assecondato, convinto che la mia insana passione col tempo si smorzasse. Poi sei arrivato tu e ti ho odiato, ma alla fine ho capito che non eri molto diverso da me. Sono le nostre differenze, Yusuf, ad accomunarci. Siamo simili pur essendo profondamente diversi. Pensavo stupidamente che potessimo essere amici o fratelli, fedeli compagni d’arme in questa immortalità così spaventosa, ma poi… quelle insane passioni che nutrivo da ragazzo sono tornate e ho iniziato a sognare di noi due. Ciò che provo per te, la mia Chiesa lo troverebbe riprovevole. Mio padre sputerebbe sul mio nome, se lo sapesse e io verrei condannato. Ma l’immortalità ha cambiato tutto e ora mi domando se vale ancora la pena assecondare certe convinzioni. Niente ha più senso ormai, la vita che facevo a Genova non mi appartiene più e quando tra molti secoli, se Dio vorrà, nessuno della mia famiglia esisterà più, io avrò solo te. Conti solo tu ora, Yusuf. Questo io ho capito. Se a te sta bene, naturalmente e credo che sarebbe meglio non mostrarlo a nessuno, ma sì: io lo vorrei.» Finì il proprio discorso in un sospiro. Lo aveva sempre guardato negli occhi perché Nicolò era anche molto coraggioso, sarebbe stato in grado di sostenere lo sguardo di un Re e uscirne vincitore. Ora invece aveva abbassato gli occhi, era anche lui umano alla fine, pensò in un moto che gli scaldò il cuore. Aveva le guance in fiamme e un desiderio dentro al petto che si stava risvegliando che non sarebbe stato in grado di tenere per sé.

«Parlarmi, mio amato saraceno. Parlami» disse in un sospiro.

E Yusuf lo aveva baciato allora. Senza frenarsi, allontanando da sé ogni paura che negli ultimi mesi aveva alimentato. Con forza lo strinse in un abbraccio caldo, quindi schiacciandolo contro la sabbia asciutta, come tante volte aveva immaginato di poter fare. Lo baciò senza alcun pudore, lasciandosi accarezzare e toccare dalle sue dita gentili. Oh sì, pensò in un ultimo barlume di lucidità, per lui sarebbe andato anche all’inferno. Poi i suoi baci lo fecero morire, rinascere tra le sue braccia fu ancora più bello.
 
 
 
 
Questa piccola storia improvvisata è per Sonia,
Perché oggi è il suo compleanno, ma non solo.
Per la sua comprensione nello starmi a sentire,
Per la sua pazienza nel rispettare i miei tempi,
Per la sua amicizia, venuta fuori a piccoli passi
(e senza esagerare)!
 
 
 



 
Fine
 



 
*Laodicea è, ed è stata, una delle più importanti città portuali di quella che è la Siria moderna. Ai tempi in cui è ambientata questa storia la città faceva parte del Principato di Antiochia, fondato nel 1098 e così denominato dopo la Prima Crociata. Lo stato comprendeva la Siria e parte della Turchia. Essendo una città portuale anche all’epoca era uno sbocco molto importante sul Mediterraneo.
 
Note: Avevo iniziato questa storia a settembre, ma quel poco che avevo scritto l’avevo cancellato e non ero più andata avanti, mettendo da parte completamente la scrittura. Sapevo che sarebbe arrivato il giorno di scrivere ancora su questo fandom, a cui tengo tantissimo, ho atteso il momento migliore e questo si è presentato ieri sera. Sono ancora un po’ arrugginita e l’ho scritta assolutamente di getto e fin tanto rapidamente per i miei gusti, ma era il compleanno di MissAdler e volevo regalarle qualcosa di carino.
Spero vi sia piaciuta, intanto grazie a chiunque è arrivato fin qui e a chi ha commentato e letto il primo capitolo.
Koa
   
 
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