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Autore: Roxanne Potter    12/11/2020    0 recensioni
La fine dell'ultima guerra magica ha lasciato dietro di sé perdite, ferite e traumi che peseranno per sempre sulle spalle dei sopravvissuti. Anche i loro figli, che vivono un presente libero e felice, si ritroveranno ben presto a prendere consapevolezza di come la guerra abbia sconvolto per sempre le vite dei loro familiari e di come i fantasmi di un passato apparentemente lontano facciano inevitabilmente parte anche della loro storia.
[Ogni capitolo della raccolta è dedicato a un diverso personaggio della Nuova Generazione]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Victoire Weasley – A different kind of bravery

La piccola Victoire Weasley adora prendersi cura dei fiori e delle piante di Villa Conchiglia. È un modo piacevole di passare il tempo quando non ha voglia di giocare con i suoi fratelli e le permette di fare contenta sua madre, che da mesi cerca senza alcun successo di convincere Dominique a dare una mano in casa – “Hai nove anni, Nique, dovresti iniziare a fare almeno il minimo indispensabile!” – ricevendo in risposta solo smorfie e “no” secchi da parte della bambina.
In quel torbido pomeriggio di luglio, Victoire ha finito di annaffiare le piante sul balcone della camera dei genitori e ora si ritrova seduta seduta sul bordo del letto matrimoniale, a sventolarsi addosso un ventaglio color porpora recuperato dall'armadio. Le piacerebbe raggiungere sua madre in giardino per darle una mano, ma la calura estiva è diventata insopportabile e sta avendo la meglio sulle sue energie.
Victoire sbuffa e si scosta una ciocca di capelli biondi dalla fronte sudata. Mentre continua a farsi aria col ventaglio, il suo sguardo si posa sul comodino accanto al letto. Il ripiano è ricoperto di oggetti che lei conosce bene; una fotografia incorniciata del matrimonio dei suoi genitori, un paio di collane di conchiglie colorate create a mano da Dominique, una piuma d'aquila e una boccettina di inchiostro.
Si sente pizzicare da un'improvvisa curiosità; non ha mai aperto i cassetti di quel comodino e non ha idea di cosa sia contenuto al loro interno. Esita un attimo, consapevole che forse non dovrebbe mettersi a ficcare il naso tra le cose dei suoi genitori, poi scaccia via quel pensiero, si alza e spalanca il primo cassetto.
All'interno trova solo una pergamena impolverata sulla quale sono poggiate due grosse monete. Le raccoglie e le esamina; la prima è dorata e riporta lo stemma del Regno Unito. Sulla seconda, fatta di argento splendente, è inciso lo stemma della Francia.
Victoire poggia le monete sul comodino e prende la pergamena, spazzando via lo strato di polvere che lo ricopre. In cima al foglio capeggia lo stemma del Regno Unito, seguito da una scritta vergata in un elegante corsivo, l'inchiostro nero sbiadito dal tempo ma ancora leggibile.

Il Ministero della Magia Britannico conferisce tale medaglia al valore a Fleur Isabelle Delacour in Weasley, per aver coraggiosamente preso parte alla battaglia di Hogwarts tenutasi in data 2 maggio 1998

Kingsley Shacklebolt
5 agosto 1998

Con mani tremanti, Victoire fa scorrere un dito sul foglio, incurante dei grumi di polvere che le sporcano il polpastrello. Guarda le due medaglie posate sul comodino e dentro di lei si agita un'emozione indefinita, un misto di orgoglio e di tristezza.
Fin da piccola, Victoire ha sentito parlare della guerra come se le sue ombre non fossero mai del tutto sparite dal mondo. Quelle ombre sono nelle pallide cicatrici che solcano il viso di suo padre, nella triste storia che sua madre le ha raccontato sui genitori di Ted, nelle vecchie foto dove suo zio George ride spensierato in compagnia del gemello perduto.
Eppure lei ha sempre pensato che i veri eroi di quegli eventi così lontani dalla sua realtà fossero stati i suoi zii, Harry, Ron e Hermione, i cui nomi sono sempre sulla bocca dell'intera società magica. Victoire ha sempre saputo che anche i suoi genitori avevano partecipato a quella famosa battaglia finale, ma mai aveva immaginato che sua madre fosse stata premiata per questo...
-Qu'est ce que tu fais, chérie?
Victoire sussulta e si volta; sua madre è in piedi sulla soglia della porta, i capelli raccolti in una coda alta e un grembiule bianco legato in vita. Il sollievo la investe quando si rende conto che Fleur le sta sorridendo, senza alcuna traccia di fastidio per averla scoperta a rovistare tra le sue cose.
-Scusa, mamma, stavo solo curiosando un po'.
Fleur si avvicina e si siede sul letto, lanciando un'occhiata alla pergamena che la figlia tiene tra le mani.
-Non mi avevi mai detto che avevi ricevuto una medaglia al valore per aver combattuto in guerra!- esclama Victoire, prima di sedersi accanto a lei. -Anche papà ne ha una, vero?
-Già.- Fleur annuisce. -Lui ne ricevette una, io ben due. Sia dal Ministero della Magia inglese che da quello francese.
-Wow.
Victoire si sente un po' in colpa per l'entusiasmo che sta mostrando; in fondo, stanno parlando di una guerra che ha lasciato dietro di sé decine di morti, tra cui suo zio Fred e i genitori di Ted, il suo migliore amico.
Torna a guardare la pergamena e dice; -Due maggio... la battaglia è avvenuta il giorno del mio compleanno. Che coincidenza, eh?
-È proprio per questo che ti abbiamo chiamata così, chérie.- Fleur allunga una mano per accarezzare i lunghi capelli della figlia. -Victoire, vittoria. Sei nata nell'anniversario della nostra vittoria, della nostra liberazione da tutto quel male.
Fleur non aggiunge altro; si limita a guardarla con i suoi occhi dolci, come se lei fosse la cosa più importante e preziosa dell'universo.
Per la prima volta nella vita, Victoire si sente investire da uno slancio di feroce orgoglio al pensiero di essere figlia di eroi di guerra e di portare un nome così bello e importante.
Perché questo significa che, nonostante tutte le perdite e tutto il dolore subito, la sua famiglia ha visto in lei il trionfo della luce, il rifiorire della vita, una rosa che sboccia dalla polvere e dalle macerie del passato.
-È una cosa bellissima.- mormora, mentre delle lacrime di commozione le pizzicano gli occhi. Poggia la pergamena sul cuscino e si avvicina a sua madre per abbracciarla, in uno di quegli slanci di affetto che per lei sono sempre stati così naturali dopo essere cresciuta circondata dal calore e dall'attenzione di innumerevoli parenti.
Fleur ricambia con forza l'abbraccio e Victoire sente di essere davvero, almeno per sua madre, la cosa più importante e preziosa dell'universo. In questo momento non ci sono le ombre del passato a incombere sulle loro spalle, non c'è la tristezza per le vite perse e distrutte; ci sono solo la luce del presente e la promessa di un futuro libero e felice.
-Tu e papà siete stati così coraggiosi.- dice Victoire, scostandosi da Fleur e guardandola con un ampio sorriso. -Pensi che saresti stata anche tu una Grifondoro, se fossi andata a Hogwarts?
-Penso di sì.- Fleur si stringe nelle spalle e accenna un sorriso. -Certo, ho sempre pensato che il sistema delle Case fosse un'idea un peu stupide, ma non mi sarebbe dispiaciuto essere a Grifondoro o Corvonero.
-Secondo me saresti stata benissimo a Grifondoro. Voglio dire, sei stata l'unica ragazza a partecipare al Torneo Tremaghi, no? Sai, anche io vorrei essere Grifondoro. Non posso non finire a Grifondoro.
Victoire Weasley ha undici anni e una sola certezza nella vita; il desiderio di essere come i suoi genitori, di renderli fieri di lei così come lei è fiera di loro.
Al suo arrivo a Hogwarts, meno di due mesi dopo quel torbido pomeriggio di luglio, Victoire è fiera di entrare a far parte della culla dei coraggiosi di cuore e di sentirsi accogliere al tavolo della sua Casa con un boato di applausi e urla entusiaste. C'è ancora una parte di lei che spera ingenuamente di poter soddisfare le aspettative altrui dimostrando di essere all'altezza delle imprese compiute della sua famiglia, di essere degna del nome e del cognome che porta.
Sarà solo a quattordici anni che Victoire inizierà a guardare lo stemma di Grifondoro appuntato sulla divisa con un orgoglio mischiato a una punta di amarezza. Perché nel corso del tempo si è resa conto che, nell'essere figli di eroi di guerra, non c'è poi così tanto di cui andare orgogliosi.
Perché, in questo mondo apparentemente libero e felice, le ombre del passato incombono come ferite che non si sono mai cicatrizzate.
Victoire non può fare nulla per quelle ferite. Non può fare nulla per le lacrime che scorrono sul viso di Ted, davanti al monumento ai Caduti che la McGranitt ha fatto costruire accanto alla tomba di Albus Silente. Non può fare nulla per il dolore che gli distorce la voce quando parla dei genitori e del nonno che non ha mai conosciuto.
Non può fare nulla per tutte quelle persone, amici e compagni di scuola, che le hanno confessato di aver perso qualcuno a causa della guerra; i nonni Nati Babbani della sua migliore amica, Dena, sono scomparsi prima che lei nascesse. Nessuno è mai riuscito a ritrovare i loro corpi o a scoprire cosa ne è stato di loro.
È stata sempre Dena a raccontarle perché Trudie Hammers, una ragazza di Corvonero del settimo anno, ha sempre addosso uno sguardo sfuggente e malinconico; da piccola ha visto sua madre morire, assassinata dai Mangiamorte. Trudie non è mai uscita del tutto dal baratro della depressione e probabilmente – pensa a volte Victoire con una stretta al cuore – non ci riuscirà mai.
Victoire non può fare nulla per i genitori di Neville Paciock – solo pensare al destino che hanno subito le fa correre dei brividi di terrore lungo la schiena – né per la cicatrice sul viso di suo padre né per lo zio George, i cui occhi a volte ancora tremano quando qualcuno nomina il suo gemello e la cui protesi all'orecchio le ricorda quanto la sua famiglia abbia perso e rischiato per permettere a lei e i suoi fratelli di vivere in un mondo migliore.
Victoire vive in un tempo in cui il passato è ancora troppo vicino, continua a incombere sul presente, a inquinarlo, a deteriorare i suoi apparenti equilibri. Ed è attraverso il presente che il passato si mostra per quel che è stato, facendole capire che quelli vissuti dalla sua famiglia non sono stati affatto giorni di gloria.
Forse c'è qualcosa di eroico nell'aver avuto il coraggio di combattere per la libertà, ma quell'eroismo si accompagna alla morte, all'orrore, alla devastazione, alla terribile ingiustizia di essere stati costretti a impugnare le armi e macchiarsi le mani di sangue.
Non c'è nulla di poetico nell'essere figlia di due guerrieri che hanno ricevuto delle medaglie al valore solo per lasciarle a prendere polvere in un cassetto, nella terrificante consapevolezza che la minima casualità avrebbe potuto far girare la storia in modi completamente differenti.
Un'esitazione di troppo nel corso della battaglia e forse Victoire non sarebbe mai nata, o forse sarebbe cresciuta senza un padre, o forse frequenterebbe una Hogwarts dove solo i colori della Casa di Serpeverde decorano le pareti di marmo della Sala Grande.
La guerra si è conclusa con la loro vittoria ma ci sono ancora troppo cose che non sono andate per il verso giusto, troppe crepe che non possono essere riparate e ferite per le quali non esiste cura.
A sedici anni, Victoire decide che forse c'è ancora qualcosa che può fare – non per dimostrare al mondo di essere la degna figlia di eroi di guerra, ma per dimostrare unicamente a se stessa che il coraggio Grifondoro che le scorre nelle vene, quel desiderio di compiere imprese eroiche e di ardito coraggio, può avere tante sfumature.
A diciotto anni, Victoire veste per la prima volta il camice verde dei Guaritori Tirocinanti.
A venti, tiene la bacchetta puntata sulla spalla ricoperta di croste e sangue secco e raggrumato di un ragazzino, che giace lungo disteso su un letto del San Mungo. Victoire mormora la formula di un incantesimo di guarigione e il ragazzino, pallido come un cencio, trema leggermente e si lascia sfuggire un gemito di dolore mentre le ferite iniziano a rimarginarsi.
-Stai calmo, Ryan.- dice Victoire in tono dolce, ritirando la bacchetta. -Tra poco non sentirai più niente.
Ryan annuisce, abbozzando un sorriso debole. Victoire osserva con aria soddisfatta la sua spalla; le croste sono sparite e il sangue è stato risucchiato via dall'incantesimo, lasciando la pelle nuda liscia e lucida.
-Come ti senti?- dice, alzando di nuovo lo sguardo sul ragazzino.
-Meglio.- risponde lui. Il sorriso è già sparito e i suoi occhi sono appannati da una tristezza profonda, incontenibile.
Victoire si sente stringere il cuore in una morsa insopportabile. Ryan è arrivato al San Mungo la sera prima insieme al fratello di sette anni, entrambi sanguinanti e quasi in fin di vita tra le braccia dei genitori dopo un'esplosione accidentale nel laboratorio di pozioni di famiglia. Lei ha passato tutta la notte al suo fianco, mentre il suo unico altro collega rimasto al San Mungo si è occupato del piccolo Hernie.
Ryan ha riaperto gli occhi solo verso le sei del mattino. Appena un'ora dopo la morte del fratello, i cui polmoni hanno ceduto a causa della cappa di fumo tossico che aveva invaso il laboratorio dopo l'esplosione.
-Vuoi che vada a chiamare i tuoi genitori?- dice la ragazza a Ryan, che annuisce piano.
Victoire non vuole neanche immaginare cosa stia provando. Prova a mettersi nei suoi panni, a figurarsi se stessa a dieci anni mentre tiene tra le braccia il corpo senza vita di Dominique o del piccolo Louis, e si trova a reprimere un brivido di orrore.
Tiene le spalle ben dritte e si stampa in viso un'espressione imperturabile mentre esce dalla stanza. I genitori di Ryan la aspettano in corridoio, seduti fiano a fianco su una panca di legno. Entrambi sono di un pallore spettrale, con lo sguardo assente e gli occhi cerchiati da occhiaie profonde.
-Allora?- dice Jack, guardando Victoire con aria speranzosa. -Come sta?
-Lo terremo qui almeno un paio di giorni, per essere sicuri che si sia ripreso del tutto. Ma come già vi ho detto stamattina sta bene, le sue condizioni sono stabili, non dovete preoccuparvi per lui...
Ella Martens si alza di scatto dalla panca e Victoire rimane senza parole quando la donna le getta le braccia al collo, stringendola a sé.
-Grazie, signorina Weasley. Ha salvato nostro figlio.- mormora la donna, con la voce rotta e tremante, sporca di dolore ma al tempo stesso vibrante di un'emozione diversa, qualcosa che assomiglia alla speranza, al senso della vita che rinasce. -Se non fosse stato per lei... se anche Ryan... non immagina neanche quanto le siamo grati...
-Ho fatto quel che dovevo fare. Mi dispiace per Hernie. Mi dispiace davvero tanto.
Victoire non è sicura che sia molto professionale da parte di un Guaritore abbracciare la madre di un paziente – dopotutto è la prima volta che si ritrova in una situazione del genere – ma in quel momento non le interessa. Non può fare a meno di ricambiare l'abbraccio della donna, prima di allontanarsi lentamente e provare a rivolgerle un sorriso di incoraggiamento.
-Entrate. Ryan vi sta aspettando.
Ella e Jack le rivolgono un ultimo sguardo colmo di gratitudine prima di entrare nella stanza di Ryan. In quello sguardo Victoire legge un dolore ancestrale che la colpisce allo stomaco nella sua intensità, una ferita fresca e sanguinante che le fa pensare alle sofferenze di un passato ormai messo da parte – un passato in cui anche la sua famiglia ha portato su di sé quello stesso dolore e quelle stesse ferite. Un passato che lei non ha mai conosciuto e toccato con mano ma che in qualche modo ha sempre fatto parte di lei, è sempre stato intrecciato alle sue radici e ha finito per aderirle addosso, per darle forma e renderla la persona che è adesso.
Ma davanti a quell'accenno di gratitudine e speranza che hanno interrotto il dolore nello sguardo di Ella e Jack, anche se solo per un fugace istante, Victoire si sente per la prima volta nella sua vita davvero fiera del suo nome e all'altezza di ciò che hanno fatto i suoi genitori. Si sente fiera di essere stata artefice di quella luce, per quanto flebile, nel mezzo dell'oscurità. Artefice della vita che rifiorisce, nutrice della rosa che sboccia tra le polvere e le macerie.
Fiera di essere lei stessa guerriera e salvatrice – anche se animata da un coraggio e da un onore diversi da quelli di chi scende nel campo di battaglia – e di aver preservato quell'unica fonte di felicità per due anime dilaniate da ferite che forse mai troveranno cura.

Note

Faccio abbastanza schifo a scrivere introduzioni per cui spero che questo primo capitolo abbia chiarito qual è la linea tematica della raccolta.
La mia intenzione è quella di scrivere un capitolo per ogni personaggio della Nuova Generazione, inclusi Teddy Lupin e Scorpius Malfoy, concentrandomi sui momenti in cui i figli dei sopravvissuti si rendono conto di che cosa la guerra abbia significato per le loro famiglie. Alcuni capitoli saranno molto più brevi di altri, alcuni saranno un misto tra narrazione e introspezione, altri incentrati principalmente sul lato introspettivo.
Ci tenevo a partire con Victoire, è un personaggio di cui ho in mente il background e la caratterizzazione anche se non sono mai stata molto ispirata all'idea di scrivere di lei. Per cui ho avuto finalmente una possibilità di approfondire e dare vita alla mia Victoire Weasley. Ho voluto giocare con il concetto di "ferite", intese sia a livello letterale che metaforico, e con l'idea che Victoire, non potendo ovviamente rimediare alle ferite che la guerra ha lasciato dietro di sé, decida di dedicarsi a una carriera che le permette comunque di salvare delle vite e diffondere bene nel mondo.
Grazie a chiunque abbia letto e voglia lasciare una recensione, spero di aggiornare presto :)


   
 
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