{ Ho Cercato Di Urlare – File 12 }
B r a m a.
Desiderio.
Libertà.
Ricordi.
Dolore.
Cosa
è ricordo, cosa dolore, cosa menzogna, cosa realtà, cosa sogno?
Ovunque
sento dolore, un dolore che mi spezza, un dolore che mi dilania.
Mi
dibatto, mi ribello, mi divincolo, mi oppongo.
Troppa
violenza, nelle loro mani.
Poca
forza, nei mie pugni.
Dolore.
Dolore. Dolore.
Tuono,
tormento, terrore.
Libertà!
Io
sono libero!
Io
sono!
R u g g i n e.
Frammenti
di immagini che scolorano.
Pezzi
di coscienza che stridono, frantumati da lampi di sofferenza.
Pezzi.
Frammenti.
Sono
soltanto pezzi.
Sono
soltanto frammenti.
Frammenti
di storia.
Pezzi
di ricordi.
Frammenti
di dolore.
Pezzi
di me.
D i c i a s s e t t e.
Coordinate
Sconosciute.
Velivolo dello S.H.I.E.L.D.
2013
Ad
averlo saputo, Skye si sarebbe fermata un po' prima.
In
verità la sua intenzione era stata del tutto diversa -All'inizio. Si
era svegliata di soprassalto, col cuore in gola ed il sudore
appiccicato alle tempie: non ricordava cosa avesse sognato, né cosa
avesse sentito nel tramestio caleidoscopico della sua fase REM, ma la
sensazione di qualcosa di
storto, pauroso, terrificante, le era rimasto addosso come una
seconda pelle. Aveva preso aria a grandi sorsate finché il senso di
soffocamento non era passato e si era guardata intorno, aveva contato
ogni oggetto presente nell'alloggio, aveva elencato a memoria i
personaggi del suo romanzo preferito, aveva riconosciuto tre odori
differenti, lì, attorno a lei, e aveva trovato conforto nei suoni
rollanti dell'aereo.
Era scesa dal letto e
dopo un bicchiere d'acqua aveva acceso il portatile per mettersi al
lavoro.
Il
non sapere dove fosse Coulson la metteva in agitazione: era l'unico,
in quella squadra, a trattarla come un essere umano e non come un
cucciolo smarrito, lasciato ad uggiolare sotto la pioggia. Non che
gli altri la facessero sentire a disagio o fuori posto -Non di
proposito almeno, tuttavia avvertiva sempre una specie di
spartiacque, tra lei e loro, quasi lei fosse un elemento chimico di
dubbia composizione, difficile da amalgamare col resto.
Con Coulson quell'idea
spariva.
Coulson la trattava e
considerava a metà tra una recluta ed una nipote recalcitrante e
bastava così perché riuscisse a farla sentire a casa.
Non averlo intorno, non
sapere nulla sulla sua sorte le faceva venire le vertigini.
Phil non aveva detto a
nessuno di loro, tranne a May, dove sarebbe andato, quando sarebbe
tornato, chi avrebbe incontrato, cosa avrebbe fatto, se sarebbe
sopravvissuto. Non aveva inviato alcun messaggio, non aveva cercato
di mettersi in contatto, non aveva lasciato tracce: Skye sapeva
soltanto che era partito per un qualche in codice S.H.I.E.L.D.
sconosciuto ai più -Quindi, il database dello S.H.I.E.L.D. era il
posto migliore dove andare a spulciare.
Le difese informatiche
non erano niente male e la giovane impiegò mezz'ora buona per
superare i firewall e svicolare all'interno delle stringhe di uno e
di zero senza che gli anticorpi digitali la rincorressero, alla
stregua di Willy Coyote con Beep Beep. Aveva saltellato da una
cartella all'altra, ognuna più criptata della precedente, e quando
si era accorta di aver perso la strada di casa era stato troppo
tardi.
Al pari di una valanga
la sua curiosità l'aveva trascinata a fondo, la disperazione
l'aveva travolta in pieno e lei era caduta nella Tana del
Bianconiglio, novella Alice nel Mainframe delle Meraviglie.
Il Dark Web personale
dello S.H.I.E.L.D. era un campo minato di sicurezza, password, codici
di accesso che si rigeneravano più velocemente di quanto lei
riuscisse a bypassarli: più di una volta era stata costretta ad una
manovra evasiva e aveva digitato con tale forza sulla tastiera da
sentire i polpastrelli bruciare.
Ma non le era stato
permesso di riprendere fiato.
Strano
a dirsi e capiva, capiva
quanto fosse assurdo,
il sistema di sicurezza si stava facendo...Aggressivo.
Non stava solo cercando di tenerla fuori: voleva sbranarla, voleva
estirpare chiunque osasse avanzare, senza autorizzazione,
nell'intrico informatico dei loro segreti.
Quando le riuscì di
toccare il fondo del Pozzo era trascorsa più di un'ora e Skye era a
pezzi.
Le tremavano le dita ed
i polsi, e il sudore aveva tracciato una linea dal principio della
nuca alla base della schiena; la lingua guizzò a toccare le labbra,
trovandole secche, morse, persino, al punto di farne stillare una
goccia di sangue. Avrebbe voluto alzarsi e bere di nuovo, ma la
curiosità fu più forte della sabbia che le disidratava la gola.
“Progetto InSight...”
sussurrò, mentre il cursore si spostava diligentemente sulla
cartella.
Sulle prime non capì:
c'era una lista di nomi, suddivisi per nazionalità, quindi per
sesso, infine per età, e ogni nome riportava il domicilio,
l'occupazione corrente, addirittura il gruppo sanguigno. Alcuni di
quei nomi Skye li conosceva: di Stephen Strange, ad esempio, sapeva
che era un chirurgo di fama mondiale, tuttavia non riusciva a
comprendere il nesso tra lui e Jessica Jones, un'anonima ragazza di
Hell's Kitchen.
Chiuse la schermata, non
prima di averne fatto un download, quindi passò al file seguente.
Fu allora che si tappò
la bocca con le mani.
Dio...! Dio, non erano
nomi a caso.
Gli occhi
s'ingigantirono. Si ficcò le nocche nei denti per non gridare, il
battito del cuore che rompeva i timpani e pulsava e pulsava e pulsava
contro le tempie, sbiancando i contorni della sua visuale e
scagliando fitte roventi allo stomaco. Sentì le lacrime pizzicare
sulle ciglia, mentre il respiro sgroppava ed il panico le mordeva i
polmoni.
Non erano nomi a caso.
Dio del cielo, quelli erano...
“Obiettivi.”
La voce di Ward.
Ambigua.
Tagliente.
Skye non lo aveva
sentito entrare, né aveva udito lo sblocco di accesso alla porta; si
girò nella sua direzione, la mano destra che scattava ad afferrare
il bordo superiore dello schermo, in un gesto istintivo ed inutile.
Grant nascose il
passepartout elettronico nella tasca dei pantaloni, prese la pistola
e la puntò contro di lei.
Non pareva intenzionato
a farle del male, ma Skye si tese comunque. Gli occhi dell'altro
erano come vetro: illeggibili e freddi, vuoti se non per il riflesso
di lei, del suo sguardo impanicato, della lacrima che stava scendendo
sulla guancia.
“Come...?” sussurrò,
inciampando sulla domanda. Si schiarì la gola, si leccò le labbra,
riprese fiato “Come potete fare una cosa del genere? Lo
S.H.I.E.L.D...”
“Lo S.H.I.E.L.D. è
solo un acronimo desueto e inutile.” replicò Ward “Un tempo
questa agenzia aveva grandi idee e molta fantasia, ma col tempo si è
lasciata irretire dalla burocrazia e ha perso di vista la cosa più
importante.”
“Ossia?”
“Ossia
che non esiste alcuna libertà da difendere. È solo una grande
menzogna. Questo mondo-” un sorriso ironico gli abbruttì i tratti
del viso “Questo mondo è soltanto caos. Un guazzabuglio di idioti,
di individui patetici, per la minor parte pericolosi, per la maggior
parte inutili. InSight.” indicò il computer con un cenno del mento
“InSight è il futuro. E' l'algoritmo perfetto. Presto non ci
saranno più libero arbitrio, né disordini: ogni cosa sarà epurata
e tutti conosceranno una nuova epoca d'oro, un nuovo Impero cui
essere asserviti nella consapevolezza di essere niente, se non un
branco di pecore bisognose del pastore.”
Se non fosse stata
terrorizzata, Skye avrebbe riso. Parole del genere le davano la
nausea e da come la guardava, mentre le pronunciava, forse nemmeno
Ward ci credeva -Non del tutto. Forse gli avevano inculcato quei
concetti a forza, forse le aveva imparate più per rimanere tra i
loro ranghi malati che per lealtà al Sommo Ideale.
“Questa—Idiozia
dell'Impero fa tanto Star Wars, lo sai?” lo canzonò “A quale
assassino di bambini appartiene questa bandiera davanti a cui
dovremmo sottometterci, come tanti soldatini senza cervello?”
Grant non rispose, si
limitò al silenzio mentre un bagliore bianco, proveniente dal
computer, costringeva la giovane a voltarsi.
I dati sullo schermo si
disfecero in colonne di numeri, cascate di codici, catene di formule,
tutte scardinate, tutte in disordine, tutte prive di inizio, di fine,
di significato, quindi un lampo, rosso, poi nero, di nuovo rosso,
ancora nero -E così rimase, così, nero, mentre dagli angoli
rigagnoli scarlatti si spargevano a disegnare la forma di sei
tentacoli, il contorno di due orbite vuote, la sommità gibbosa di un
teschio.
A Skye le parole
morirono in bocca.
Il logo dell'HYDRA la
fissava sogghignando.
Sbeffeggiandola.
Deridendola.
“No.” bisbigliò
“No, non è possibile. L'HYDRA è stata distrutta dopo la Guerra!”
“Ci sono ideali che
non potranno mai scomparire.” replicò Ward ed abbassò la pistola,
un dito appena, consapevole di quanto lei, in quel momento, non
rappresentasse alcun pericolo “E l'HYDRA ha trovato terreno fertile
in molti cuori, per molti anni, ancor prima degli anni Quaranta. La
vostra suffragetta col costume a stelle e strisce ne ha rallentato
l'avanzata, certo, ma non l'ha fermata: ci vuole molto di più di un
frisbee e di una misera provetta da laboratorio per farlo. ”
Il sorriso di Grant era
così gelido da fare male. Così folle, nella sua freddezza, da far
accapponare la pelle. Era crudele, in ogni piega, in ogni fossetta.
“E adesso, dopo anni
vissuti a proliferare nell'ombra, annienteremo qualunque ostacolo si
ponga sulla nostra strada. Nessuno potrà---”
Skye sobbalzò, colta
alla sprovvista, nel sentire il clangore del pugno impattare contro
la nuca di Ward. Gli occhi dello Specialista si rivoltarono nelle
orbite, le dita persero la presa sulla pistola, le ginocchia si
piegarono, le spalle ed il torso cascarono, la guancia premuta contro
il pavimento.
Melinda May sbuffò e si massaggiò le nocche.
“Oh,
sta' zitto.”
A l b a
Sono nato.
Sono vissuto.
Sono morto?
Non credo.
Non lo so.
Ma vorrei.
Sono nato? Quando?
Ricordo il cielo
grigio come fumo.
Ricordo le strade
strette.
Ricordo l'odore delle
sigarette.
Forse ho chiamato
qualcuno amico.
Forse ho amato.
Forse ho pianto.
Forse dimentico.
Dimentico?
Ricordo...
H o m o
Non ricordo.
E' nero.
E' tutto così nero.
E' tutto così
bianco.
E' tutto così vuoto.
Non ci sono colori.
Non ho colori.
Non ho niente.
Non ho più niente.
Non sono più niente.
Sono ancora vivo.
Dimmi, ti prego, se
ancora vivo.
Dimmi, ti prego, se
ancora sono.
N o v e
Asgard.
2013.
Clint
gridò.
O
forse ebbe l'impressione di farlo.
Non
gli importava.
Gridò.
Si
gettò su Loki, convinto di avere unghie con cui poterlo graffiare,
nocche con cui poterlo colpire, mani con cui poterlo strangolare.
Il
Dio lo scaraventò indietro e rise e con quella risata sparse al
vento i brandelli coscienza raggranellati a fatica dall'arciere.
Ovunque
era fumo.
Fiamme.
Fumo. Sangue.
Thor
gli aveva descritto Asgard, una volta, e Clint aveva espresso il
desiderio di visitarla -Chissà quando, chissà come, chissà in
quale futuro. Non era lucido, no, Thor gli aveva detto di Asgard
forse per convincerlo ad andare con lui, là dove c'erano sapienti
che avrebbero potuto aiutarlo, cerusici che lo avrebbero curato, non
ricordava, non ricordava bene, le sue proposte, sebbene sincere,
erano sfumate nel tumultuare del lutto, nel rancore, nel pianto.
Ma
Occhio di Falco ricordava perfettamente la descrizione che lui gli
aveva fatto: Válaskjálf,
il Palazzo di Odino, il Pendio dei Caduti, dalle Torri d'Oro e le
Pareti d'Argento; Himinbjörg,
il cardine del Bifrost, dimora di Heimdall, il Dio dagli occhi
lattei, che coglie la trama di un fiocco di neve a Galassie di
distanza; i pomi d'oro di Idunn, la cui luce si rinfrange contro le
vetrate di Søkkvabekkr,
il
palazzo di Sága.
Ricordava di aver chiuso gli occhi per immaginare i fiumi e le
cascate e l'acqua mutare in astri e firmamenti tra gli spruzzi e la
spuma.
Fumo,
fiamme, devastazione, cenere, lapilli.
Clint
mostrò i denti, recuperando forma dalla rabbia che gli incendiava le
viscere.
Loki
avanzava tra i soldati Asgardiani e la facilità con cui muoveva il
suo corpo lo stava facendo impazzire. Eccolo mentre estraeva una
freccia, la incoccava e mentre questa era in volo subito, rapido,
lesto, scivolava sotto le gambe di un avversario, saltava, gli
chiudeva la corda dell'arco attorno alla gola, gli conficcava il
ginocchio nella spina dorsale. Una torsione del busto, uno scatto del
polso, il riser che si compattava in un bastone d'acciaio, il lampo
del metallo, Loki colpì, schivò, danzò tra le spade e gli scudi,
letale e perfetto.
Il
fatto che gli Asgardiani stessero massacrando le truppe alleate non
aveva importanza.
Gli
assalti dell'HYDRA si facevano via via sempre più deboli, le fila si
facevano via via sempre più sottili.
Il
Norreno li aveva condotti lì attraverso la Pietra di Kulja, senza
fallo aveva camminato alla loro testa, passo dopo passo su un
sentiero bianco di faggio, e quando la nebbia si era alzata a
ghermire le caviglie con un gesto aveva dissipato le tenebre.
Aveva
sorriso e aveva ordinato l'attacco.
Ora
morivano, attorno a lui, uno dopo l'altro, e Loki non poteva essere
più incurante.
Quando
scattò, Clint provò a tendersi, ad abbrancare la sua coscienza in
quell'attimo, in quell'istante in cui il proprio cuore aveva battuto
all'unisono col suo, spinto dall'adrenalina. Il Norreno perse un
istante l'equilibrio, Occhio di Falco assorbì l'impatto rotolando
contro il selciato, il Dio si rimise in piedi, la spia si rannicchiò
per evitare la lama di un Asgardiano, il figlio di Laufey agguantò
il pugnale che teneva allo stivale e lo affondò nello sprazzo di
fianco lasciato scoperto dall'armatura.
"Li
stai uccidendo!" gridò allora Clint "Sono il tuo popolo!"
"Loro
non sono niente."
sibilò l'altro, mentre con calcio si scrollava l'avversario di dosso
e correva verso le porte d'oro del palazzo "La loro vita non
conta. La loro morte
sì."
proseguì
"La loro morte sarà il trono su cui siederò ad ammirare la
venuta del mio Regno."
Le
guardie all'ingresso caddero ancor prima di riuscire a scorgerli.
Forse
Occhio di Falco avrebbe dovuto sentirsi fiero di poter, da solo,
affrontare gli Einherjar,
i
Valorosi, il corpo scelto di Odino, invece non provava che nausea e
vertigine: avvertiva la presa sulla realtà sfumare, la propria
coscienza svanire, la sensazione dell'Io scolorire e diventare un
mero sfondo da palcoscenico, su cui Loki, il primo attore di quella
tragedia, si muoveva seguendo le battute del suo
copione.
Il
rombo del tuono lo riscosse -E come avrebbe potuto essere altrimenti?
Non era stato soltanto il suono. Era stata la scarica elettrica che
crocchiolando gli era zampettata sulle gambe ed era deflagrata
d'improvviso nelle ossa, scoccando fulmini e scrosci di folgore
contro lo sterno e i muscoli e i nervi.
Loki
alzò gli occhi e la spia cadde in ginocchio, le braccia spalancate:
la paura del Norreno fu la sua ancora di salvezza.
Risalì
fino ad infrangere con la sommità del capo la superficie della
propria Anima, si riappropriò della voce, al punto da urlare e
gridare con la pioggia che adesso gli graffiava il volto e gli colava
nelle guance e dentro la gola.
“Thor!”
chiamò “Thor! Thor---!”
Loki
gli coprì la bocca, lo ricacciò indietro, ma lo sforzo gli costò
abbastanza da dare ad Occhio di Falco la possibilità di annidarsi,
lì, in un punto dove il Norreno lo avrebbe creduto indifeso, ma così
vicino da dargli la possibilità di ritrovare il filo dei propri
pensieri non appena ne avesse scorto la matassa.
“Clinton!”
berciò il Dio del Tuono ed era una figura maestosa, incoronata di
fulmini, gli occhi come braci, Mjolnir in pugno “Cosa significa
tutto questo?”
Le
labbra di Loki si torsero in un ghigno derisorio -E adesso, s'accorse
Clint, l'altro stava parodiando le sue movenze alla perfezione, al
punto che provò ribrezzo nel vedersi così, allo specchio.
"Significa
guerra,
oh Tonante.” lo derise e rapido incoccò la freccia “Credevi
davvero che lo S.H.I.E.L.D avrebbe permesso al vostro stuolo di
cosmonauti di viaggiare indisturbati da un mondo all'altro? Facendo
il bello ed il cattivo tempo in virtù di qualche vecchio culto
pagano? Lo ammetto.” fece “Tracciare una rotta sicura non è
stato facile, ma ne è valsa la pena.”
“Siete
in inferiorità numerica.” Thor avanzò di un passo, le saette che
s'intrecciavano e sibilavano sulla testa del Martello “I tuoi
sodali stanno morendo. Ti fermerò, Clinton, sebbene il mio cuore
pianga nel doverti chiamare nemico.”
“Spostati,
ragazzone.” lo mise in guardia Loki, il gomito ora teso
all'indietro, il profilo della freccia a baciare la guancia striata
di pioggia “Ti stai frapponendo tra me e la mia giusta vendetta.”
B e n e v o l o
Pagina
e inchiostro.
Tabula
rasa.
Foglio
bianco, senza confini.
Non
ha inizio né fine questa mia coscienza che non ha coscienza di sé.
Non
ho parole da scrivere.
È
tutto così...Distante
La
mia mente.
Mia?
E'
vuota.
Qualcuno
parla.
E'
una eco.
Mi
riporta il suono il pozzo infinito del nulla.
Cammino
su cerchi concentrici di voci.
Al
centro esatto della mia volontà svuotata il ginocchio si piega.
Mi
inchino.
Mi
genufletto
Mi
prostro.
Non
ho volontà se non quella che mi è imposta.
Coordinate
Sconosciute.
Velivolo dello S.H.I.E.L.D.
2013.
“Cosa
facciamo, adesso?”
Si
erano riuniti tutti attorno al tavolo, per decidere un nuovo piano,
una nuova strategia.
Melinda
aveva impostato il pilota automatico, mentre Skye, insieme a Fitz, si
era premurata di legare Ward il più stretto possibile e rinchiuderlo
nel Modulo di Contenimento. A buon conto, comunque, Leo aveva messo
al tappeto il gnaulante Grant con un colpo di
Night-Night Gun
-E l'hacker si era astenuta dal domandare a quanto stesse il rapporto
tra azione
necessaria
e soddisfazione
personale.
Jemma
aveva tentato di tracciare una pista che li conducesse a Coulson a
partire dal suo DNA, ma egli, ovunque fosse, era ben schermato ed
ogni modello teorico, ogni ipotesi, ogni calcolo si era rivelato
inutile.
“Se
l'HYDRA ha preso il controllo dello S.H.I.E.L.D---” Fitz non riuscì
a finire la frase.
“Nessuno
di noi è più al sicuro.” completò per lui Simmons “E la
chiamata al Triskelion è di certo una trappola.”
“Una
trappola in cui noi dovremo fingere di cadere.” sentenziò May,
incurante delle tre paia di occhi schizzate a fissarla, allibiti
“Possiamo fidarci unicamente di noi, noi tutti in questa stanza.
Dobbiamo impedire all'HYDRA di lanciare InSight.” si girò verso
l'hacker “Skye, trova un modo per disattivare il loro programma e
fatti aiutare da Leo. Jemma.” la giovane annuì “E' probabile che
Ward sia la nostra chiave per entrare al Triskelion senza essere
scoperti -Quantomeno non subito. Estrapola una traccia vocale, le
impronte digitali, tutto quello che ci permetterà di superare i
controlli di base.”
Nella
tensione generale, Skye alzò la mano.
“E
Coulson?” domandò “E' sicuramente in pericolo e forse ignaro di
tutto quello che sta succedendo. Non possiamo abbandonarlo.”
La
donna inclinò il volto, le braccia incrociate sotto al seno. Il suo
volto era imperscrutabile.
“Sono
ormai sicura che l'indizio su cui Phil è stato chiamato ad indagare
sia legato alla morte del Direttore. E che quest'ultima sia stata
orchestrata dall'HYDRA.” disse “Se c'è un posto dove abbiamo più
possibilità di ritrovarlo, quello è il Triskelion.”
“Bene,
allora.” Leo si schiarì la gola e si strofinò le mani, forse per
simulare una sicurezza che non aveva “Entriamo, liberiamo Coulson e
salviamo il mondo. Ho dimenticato qualcosa?”
“Sì.”
replicò May “Evitiamo di farci uccidere. A differenza della loro
la nostra testa non ricresce, una volta tagliata.”
B e n v e n u t a
Grido.
Non
lo so.
Urlo.
Forse.
Sono
vuoto.
Dolore.
Mi
riempono di dolore.
Mi
colmano di sofferenza.
Di
parole.
Parole
che mi piegano.
Parole
che mi cancellano.
Ho
mai avuto ricordi da cancellare?
Colori
da sbiadire?
Una
vita da riscrivere?
Asgard.
Prigioni.
2013.
Sangue.
Il
sangue colava dalle braccia e dalle gambe e dal petto. Ustioni e pus
gli tappezzavano la pelle. Cenere cadeva dai lembi della divisa e dai
capelli. Le sopracciglia erano una macchia indistinta sopra gli
occhi, la cui sclera era rossa di lacrime e di fumo.
Arrancò
in avanti e gettò la testa della guardia ai piedi della cella.
Dietro
di essa, Loki Laufeyson dilatò le narici, rilasciò uno sbuffo
divertito.
Sorrise.
“Sei
davvero riuscito ad arrivare fin qui.” commentò “Mi complimento.
Credevo che mio fratello ti avrebbe inchiodato col Martello al suo
altare di folgori.”
Un
rantolo annaspante, un suono inarticolato, la bocca formicolante, la
lingua incapace di arrotolare le lettere contro il palato.
Se
si era salvato, era stato per l'urlo di Sif.
Thor
aveva abbassato Mjolnir prima del colpo finale e lo aveva abbandonato
nella sua pozza di sangue diluito, stramazzato a terra dopo che
l'ennesimo fulmine gli aveva fritto la cornea dentro il cranio. Forse
convinto di averlo, se non ucciso, quantomeno reso inoffensivo, il
Dio del Tuono aveva fatto roteare il Martello ed volato via nel
volgere d'un baleno.
Errore
da principiante.
Anche
in ginocchio, era riuscito ad andare avanti. A quattro zampe, come un
cane, e quando palmi e ginocchia avevano perso la presa allora aveva
cominciato a strisciare, più verme che serpe, spingendosi in avanti
coi gomiti, le dita, i polpastrelli. Aveva trovato un punto per
recuperare il fiato, ricordarsi come respirare, fare una stima dei
danni, delle ossa rotte, dei traumi, delle contusioni.
Quindi
era ripartito di nuovo, con la testa che doleva e la visuale ridotta
ad un puntolino non più grande dell'unghia del mignolo.
Le
ultime energie che possedeva erano state spese per farsi dire come
aprire le celle dei prigionieri ed uccidere il loro carceriere.
La
parete divisoria ebbe un guizzo, quindi si disattivò e scomparve.
Loki,
le mani dietro alla schiena, mosse prima un piede e poi l'altro, le
pantofole che non emettevano suono nel loro morbido scivolare sulla
pietra.
“Sei
stato bravo.” disse, all'arciere e sorrise, tendendo la mano alla
sua guancia “Mi hai servito bene.”
Nell'istante
in cui le dita di Loki gli toccarono la pelle, Clint spalancò la
bocca alla ricerca di aria. Così come era stato bandito dal suo
corpo, ecco che ci faceva ritorno, come un elastico tenuto teso
troppo a lungo e poi rilasciato in un attimo, con il riverbero del
rinculo che minacciava di spezzarlo. Sbatté le palpebre, gli mostrò
i denti, in uno sprazzo di lucidità cercò di mettergli le mani al
collo----Ma Loki fu più rapido e lo abbattè con un pugno.
Rise,
mentre il corpo dell'altro si accasciava a terra.
“E
ora.” sussurrò “Che inizi il Secondo Atto.”
U n o
Sono
mai morto.
Non
ricordo di essere morto.
Sono
mai vissuto?
Non
ricordo di aver vissuto.
Sono
mai esistito?
Non
ricordo di essere esistito.
Non
ricordo.
Non.
Ricordo.
Chi
sono.
Se
sono.
Se.
Sono.
Mai.
Stato.
Sono.
Solo.
Vuoto.
Vuoto.
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Vuoto.
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Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Aiuto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Aiuto.
Vuoto
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
V a g o n e M e r c i
Località
Sconosciuta.
2011.
Alexander
Pierce si avvicinò.
Sorrise.
Gli
avevano tolto il morso dalla bocca e le labbra si erano chiuse, una
linea dritta, spianata, senza fossette, senza rughe. Gli occhi
avevano una fissità vacua, in attesa che qualcuno dicesse loro cosa
vedere, chi
vedere, quando
vedere.
Non c'era più alcuna tensione nei muscoli delle braccia o della
schiena o delle gambe. Vaghe scosse elettriche si rincorrevano
attraverso le falangi, a mero riflesso delle scariche che si erano
susseguite durante il processo di indottrinamento -Pierce aveva
osservato tutto,
senza spostarsi di un millimetro, e i piedi indolenziti valevano la
pena delle ore trascorse a guardare gli spasimi di quel corpo farsi
di volta in volta sempre più radi, sempre più miseri, patetici, la
sua volontà indomabile, irreprensibile, scardinata brano a brano
dalle ossa e dai nervi, fino a che di lui non era rimasto nulla se
non una bambola, priva finanche del desiderio di essere mossa.
L'uomo
inspirò l'odore acre della stanza, del sudore, provando un piacere
quasi fisico, osceno, da orgasmo, e si chinò, davanti
a lui, attese che l'iride azzurra di spostasse, che la pupilla lo
mettesse a fuoco.
Alexader
Pierce sorrise.
“Buongiorno,
Capitano.”
Steve
Rogers non batté nemmeno le palpebre.
“Pronto ad obbedire.”
A i u t o.
Note
Cioè. Cos—Quanti anni sono passati..?
OH SHIT.
Se avete piacere passatemi pure a trovare qui!