Anime & Manga > Evangelion
Segui la storia  |       
Autore: bUdson281    13/11/2020    2 recensioni
"Esporre la verità alla luce del sole è il miglior modo per nasconderla" disse Shinji coprendosi l'occhio destro con una mano. "Tu vedi il mio occhio demoniaco e pensi di aver capito, ma è la cicatrice che devi guardare se vuoi sapere chi sono".
EoE non è NGE e non è il Rebuild, nonostante il tentativo di chiudere i conti che ha informato la nuova versione cinematografica. Quella di EoE è una favola senza lieto fine, né potrà esservi una definitiva redenzione per due personaggi sfortunati la cui ricompensa è stata comprendere la necessità sopportare le difficoltà delle relazioni, poiché l'inaccettabile alternativa è restare soli. Sono partito dal Rebuild sforzandomi di rimanere fedele all'animo tormentato dei due ragazzi e di trarre dal loro vissuto le chiavi della "risoluzione" di e dopo EoE. I personaggi hanno ancora qualcosa da dire, nonostante la fine ufficiale della saga.Un clone non è uguale al suo originale, perciò narra la propria storia. Come direbbe lo Shinji di questa long, si riparte proprio dagli errori commessi, non tanto perché sia saggio o giusto quanto perché alle volte non c'è altro modo per fare un passo. Ok ALLERTA SPOILER.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Nuovo personaggio, Shinji Ikari
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La via che seguiamo per raggiungere la nostra meta particolare è lastricata di ricordi. Come una macchina del tempo il viaggio mi fa ripercorrere a ritroso le esperienze che ho vissuto in soli sette mesi, da quando cioè Asuka mi ha guidato fino al villaggio, da quando la mia tsundere ha ripreso ad ovulare.
Certo che è davvero strano!
Abbiamo evitato la grotta del Vecchio per timore di fare qualche altra scoperta capace di destabilizzare il nostro già fragile equilibrio, che regge solo perché a sostenerlo sono forze irrazionali per puro caso interessate alla salute della ragione. Sono la rabbia disperata del Paparino, la necessità quasi fisica di Orso di tornare al suo rifugio, la paura di sprofondare di Musashi che non sa più fingere che il bello esista. Infine, ci siamo io e il mio desiderio di rivederla, io e la rabbia che provo nei miei confronti, io e la necessità quasi fisica di pareggiare i conti con Asuka e con tutti gli Shinji che sono stato e con quelli che potrei diventare, io e la paura di fallire.
Allo stesso modo e per gli stessi motivi ci siamo comportati quando siamo giunti in prossimità del cimitero che fu il nostro rifugio. Ho pianto quando abbiamo attraversato la terra sotto cui riposa il giovane militare che non avevo avuto il coraggio di uccidere e ho sospirato per il sollievo, caricato da un orgoglio incontenibile, quando mi sono fermato ad ammirare il luogo che ha visto Ikari Shinji sfidare Gendo e combatterlo con l’aiuto della sua famiglia.
 
Riconosco questa zona. Sulla nostra destra, in direzione est, una fila di colline, che la distanza e l’illusione della prospettiva fanno sembrare ordinata, costituisce un importante punto di riferimento.
Quando incontrai quella ragazza dai capelli lunghi e neri[1] non sapevo ancora orientarmi e, per evitare una brutta figura, che ho comunque fatto, le dissi che il mio villaggio si trovava oltre quegli altipiani.
Più avanti, a nord ovest, intravedo i resti dei palazzi costruiti prima che facessi sprofondare la civiltà nel baratro del neolitico. << Lì ho combattuto >> dichiaro indicando il piccolo paese.
<< Anche noi >> precisa Orso che si sforza di porsi come eccezione all’ostinato mutismo degli altri due cacciatori.
Non dico altro perché, nonostante la rocambolesca vittoria che riportammo, quel giorno fu comunque orribile[2] e a nulla vale considerare che proprio allora io superai la prima vera prova da aspirante cacciatore.
La lontananza consente alla fantasia e alla memoria di colmare i vuoti lasciati da una vista non ancora in grado di cogliere i dettagli. Ma noi continuiamo a camminare, la distanza si accorcia e la loro utilità viene meno … purtroppo.
Il Paparino si blocca di colpo e, impietrito, lascia cadere lo zaino dopo aver messo a fuoco ciò che nessuno di noi avrebbe voluto vedere. Il cacciatore si piega in avanti col busto e inizia ad ansimare e a sputare come se avesse la nausea. Musashi si gira dall’altra parte e brontola un frustrato << fanculo! >>. Orso resta imbambolato mentre io non so decidere se piangere, gridare o strapparmi l’occhio umano e quello diabolico.
Gli alti palazzi della vecchia civiltà, pur gravemente feriti, avevano resistito al capriccio di un pilota, perciò non sarebbero mai crollati per mano di pochi predatori. Tutto il resto, invece, è andato. La baraccopoli che vi era cresciuta intorno è ridotta in cenere; qua e là le strutture più resistenti al fuoco sono rimaste in piedi e forniscono sostegno a piccole montagnole di spazzatura che assomigliano a tumuli preistorici.
<< Non c’è più nessuno >> riflette Orso che, dopo un comprensibile momento di incertezza, riprende il cammino.
<< No … non siamo stati noi, vero? >> domando e al contempo prego che qualcuno, rispondendo, interrompa l’avanzata di un intollerabile senso di colpa. << Non siamo stati noi >> insisto. << E’ stata … è stata la guerra, ho ragione? >>
<< Sono stati gli uomini >> Furia Buia pronuncia le prime parole da quando ha sfidato un dio. << E siamo stati anche noi >>.
<< E i civili? >>
<< Se i signori della guerra che li governavano hanno combattuto >> risponde Musashi che imita Orso e, a capo chino, si rimette in marcia, << forse avranno avuto il tempo di fuggire … spero il più lontano possibile >>.
<< Erano dei tiranni >> replico disgustato aggrappandomi ad un pensiero che mi convince solo in parte. << Loro opprimevano quella povera gente >>.
<< Gente che ora non ha più una casa >> mi smonta il Paparino << perché altri tiranni volevano prendersi tutto >>.
<< Quando siamo venuti la prima volta erano pochi i gruppi che ci appoggiavano >> si lamenta il Biondo.
<< Niente è più affascinante della prospettiva di vincere >> sentenzia il Paparino. << Andiamo via o sarò tentato di sterminare la mia stessa razza o … peggio >>.
<< Cosa c’è di peggio? >> gli chiedo.
<< Potrei lasciarmi sedurre da un’idea terribile, quella di essere il tiranno ideale >>.
Riprendiamo il viaggio e provo a calcolare quanto tempo ci vorrà prima che anche il mio ricordo venga distrutto esattamente come questo posto. << Chissà se quel bastardo è morto?[3] >> penso ad alta voce.
<< Il ragazzo che hai battuto? >> mi chiede il Biondo.
<< Si >>.
<< Può darsi. Del resto, era una mezza sega >>.
<< La ragazza! >> esclamo. << Cosa le sarà successo? >>
<< Tecnicamente il suo villaggio non rientrava nella zona di influenza delle due fazioni >> mi spiega il Paparino. << E poi è troppo piccolo per scatenare chissà quali appetiti >>.
<< Non ci sono neanche cacciatori >> Musashi mi spiazza con quest’informazione.
<< Quindi, è indifeso >> concludo.
<< In un modo o nell’altro finisce sempre male >> è il commento amaro di Orso.
<< Per questo può essere conquistato in un secondo momento >> mi rianima Furia Buia anche se mi rendo conto che spaccia per certezza una mera speranza. << Dobbiamo sbrigarci a chiudere tutti i conti ancora in sospeso >>.
 
 
<< Mi sa che non troveremo contadini >> azzarda una previsione il cacciatore con la barba guardandosi intorno.
Stiamo entrando nel territorio di uno dei due gruppi di irriducibili e il paesaggio ravviva il fuoco del disagio che durante il tragitto non si era mai spento. La zona è così malmessa che sembra sia stata investita da una serie ininterrotta di cataclismi, ultimo tra i quali un fulmineo processo di desertificazione che ne ha insterilito la terra. Ci copriamo il naso e la bocca nel vano tentativo di filtrare l’aria pregna di fumo e di sopportare l’odore di legno bruciato misto a quello di carne andata a male. Solchi lunghi e regolari disegnati per centinaia di metri ci dicono che attraversiamo quello che un tempo doveva essere un campo coltivato. Qui il suolo è stato generoso, almeno fino a quando vi erano mani esperte a prendersene cura, mentre ora nutre solo erbacce e forse nasconde trappole per i visitatori non graditi.
<< E’ inutile tentare la fortuna >> consiglia Musashi << o salteremo in aria >>.
<< Perciò seguiremo la via principale >> considera Furia Buia indicando una stretta lingua appena spianata che taglia i reticoli destinati alle colture .
<< Direttamente? Senza neanche controllare la zona e individuare possibili vie di fuga? >> chiede poco convinto il Biondo.
<< Non siamo qui per ucciderli ma per concordare una pace onorevole … per loro e per noi. Percorrendo una delle vie di accesso si accorgeranno presto della nostra presenza e capiranno … >>
<< … Che siamo impazziti e vogliamo fare una brutta fine >> si arrabbia Musashi. << Di regola dovrebbero essere loro a chiedere la pace >>.
<< Sanno bene che le possibilità tra cui scegliere si limitano alla resa, alla fuga e alla morte >> ribatte il Paparino.
<< Allora, penseranno che siamo qui per finirli e che siamo così sicuri del fatto nostro da non aver bisogno di studiare un attacco a sorpresa >>.
<< Ha ragione  Musashi >> si associa Orso.
<< Lo so >> ammette Furia Buia, << ma non abbiamo tempo per farci annunciare e poi, se inviassimo ambasciatori, dovrebbero comunque passare di qui. Facciamo così, vado avanti io. Del resto, è stata una mia idea >>.
<< Fessi noi che non abbiamo pensato ad un piano migliore >> sbuffa l’omone.
<< Ero così emozionato all’idea di portare pace anziché morte che non ho pensato a questo … dettaglio. Ormai è fatta! >> Furia Buia prova a schivare altre critiche. << Speriamo che siano così spaventati da convincersi che abbiamo buone intenzioni >>.
<< Pensi di cavartela così? >> riparte Musashi.
<< Si e poi di che ti lamenti? Male che vada ci sono i nostri giocattoli >>.
<< I tuoi forse >> pronta arriva la replica << e quelli di Shinji. Non dovreste contare troppo sui vostri poteri >>.
<< Usi parole che non ci appartengono >>.
<< Considero le nostre esperienze >>.
<< Ti ricordo che quei poteri ti hanno salvato il culo su quella collina[4] >>.
<< E prima ancora la tua superficialità nell’usarli ci stava costando la vita[5] >>.
<< Vuoi litigare? >> gli fa il Paparino avvicinandosi minaccioso al fratello.
<< Mi stupisce che tu l’abbia capito >> il Biondo non si tira indietro.
Sto per attivarmi al solo fine di materializzare una barriera e in tal modo dividerli, consapevole che probabilmente se la prenderanno con me per motivi diversi, quando Orso svuota il caricatore della pistola sparando in aria.
I due antagonisti smettono di beccarsi e si voltano stupiti a fissare l’armadio che, dopo aver rinfoderato l’arma, avvicina le mani ai lati della bocca e inizia a gridare a perdifiato: << VOGLIAMO SOLO PARLARE. VI ASPETTIAMO QUI >>.
<< Ahi! >> mugolo portando una mano all’orecchio.
<< Che ne dite di questo superpotere? Comodo, no? >> ringhia astioso Orso parlando agli altri due.
<< Ma che diavolo ti è preso? Tu … >> sbraita Furia Buia.
<< … Stupido bestione! >> Musashi ha letto nella mente del fratello e anticipa l’insulto.
<< Così adesso sanno che siamo nel loro territorio >> spiega Orso. << Hanno sentito, perché mi hanno sentito, che vogliamo soltanto parlare e, quando le loro vedette noteranno che li aspettiamo tranquillamente seduti, forse avranno il sospetto che possa essere vero. In più ho fame e mi fanno male i piedi. Cercate quindi >> li minaccia << di non farmi incazzare! >>
 
<< Abbiamo compagnia >> ci informa il Paparino le cui capacità di percezione hanno almeno venti metri di vantaggio sulle mie.
<< Armati? >> chiede il Biondo che simula noncuranza calciando con l’indice uno dei sassolini che tappezzano la terra e hanno reso scomoda la nostra attesa.
<< Avevi dubbi? >> lo rintuzza il ciclope che un istante dopo impallidisce. << Porca miseria! >> esclama. << Non hanno neanche l’età di Shinji >>.
La rivelazione ci atterrisce al punto che, pur sapendo di aver percorso tanti chilometri solo per offrire un prezioso ramoscello d’ulivo, accomunati dal medesimo ricordo, accarezziamo la tentazione di fuggire a gambe levate.
In tutto sono nove, guidati da una donna che deve avere all’incirca l’età dei miei fratelli. Sono quasi tutti armati di fucile, ad eccezione di tre ragazzini ancora imberbi e di cui non è facile distinguere il genere che cercano di capire come si impugni una pistola.
<< Andatevene! >> grida la donna. Imbraccia con entrambe le mani e una certa disinvoltura una carabina in buono stato ma non si azzarda a puntare l’arma contro di noi. E’ chiaramente spaventata, tuttavia è costretta a salvare le apparenze dovendo fare da chioccia a un esercito di mocciosi il cui indice di pericolosità è inversamente proporzionale alla quantità di fango con cui si sono impiastricciati il viso per assomigliare a dei guerrieri.
<< Vogliamo parlare con i vostri capi >> le risponde con voce calma il Paparino.
La donna stringe il calcio del fucile e aspramente ribatte: << per dirci cosa? >>
<< Per concordare una buona pace. Se questo può rassicurare i tuoi capi sono disposto a parlarci da solo e disarmato >>.
<< Tu vuoi fregarmi! >> strilla ancora più forte per camuffare il panico. << Tu sei Furia Buia, sappiamo che non hai bisogno di armi. E con te c’è il giovane Ikari >> continua puntandomi gli occhi addosso. << Anche lui è … come te >>.
<< Allora >> il Paparino forza la mano e, pur mantenendo un contegno tale da farlo apparire accomodante, sbatte in faccia alle guardie la verità, << siete al corrente che uno come me non ha bisogno neanche di parlare. Eppure sono … >> ci guarda << siamo qui >>.
La donna con il fucile capisce subito l’antifona ma non può permettersi di cedere facilmente. << Chi ci dice >> cerca di indagare mentre con un gesto rapido sfila la pistola dalle mani di un bambino prima che si spari su un piede, << chi ci dice che, con la scusa di parlare di pace, non vogliate, invece, risparmiarvi un po’ di fatica? >>
<< Nessuno >> il ciclope non la molla.
<< Perché dovreste proporre la pace visto che state vincendo? Dite piuttosto che volete che ci arrendiamo! >>
<< Noi non stiamo vincendo >> Furia Buia curva la schiena per smussare con la postura la durezza delle parole. << Noi abbiamo già vinto >>  scarica la terza bordata. << E non vogliamo la vostra resa, vogliamo trovare un accordo prima che arrivino …altri >> non ce la fa a dire alleati o, peggio, amici << che, credimi, non vorranno parlare neanche di resa >>.
<< Ci stai ricattando? >> la donna con cautela fa indietreggiare i più piccoli guidandoli con un braccio.
<< Ti sto dicendo come andrà >>.
<< E noi … noi li respingeremo >> replica con un tono tanto acuto che ho quasi paura sia prossima al pianto.
<< Con dei ragazzi? >> domanda retoricamente il Biondo.
<< Ascolta! >> si intromette Orso. << Manda qualcuno ad avvisare i tuoi capi e di’ loro che li incontreremo dove vogliono ma che non ce ne andremo dal vostro territorio finché non ci avranno ascoltati. Che cavolo! >> sbotta verso di noi << ho camminato tanto per questo. Non esiste che torniamo indietro >>.
<< D’accordo >> acconsente un po’ sollevata il capo della piccola (in tutti i sensi) banda. << Ma, se decidono di incontrarvi, solo uno di voi dovrà essere presente >>.
<< Facciamo due >> Musashi si alza con cautela e inizia a stiracchiarsi. << Wow! Certo che è scomodo qui. Saremo in due >> precisa al capo delle guardie << e, prima che tu muova obiezioni, considera che, anche se non ci credi, qui tutti abbiamo tanta paura e poca fiducia >>.
<< Dacci una possibilità! >> la imploro curando di non muovere un muscolo e di non accendere i miei occhi per evitare che a qualcuno di quei poppanti la tensione faccia partire un colpo.
Per fortuna o per necessità la donna sceglie di non opporsi e invia i tre bambini, insieme ad un ragazzo di poco più grande, a portare il nostro messaggio.
<< Perché due, Musashi? >> chiede sottovoce il Paparino. << E’ il mostro che vogliono, che le loro intenzioni siano buone o no >>.
<< Sono stanco di avere paura >> sibila il Biondo << … anche dei mostri >>.
<< Se va male, io posso proteggermi >>.
<< Sei diventato tirchio? >> replica. << Se si mette male spreca un po’ di energia e proteggi anche me >>.
 
I messaggeri tornano, diversi nel numero e nella composizione. Sono in due adesso: il babysitter dei tre pargoli e un uomo sulla cinquantina, chiaramente della nostra razza. Ha pochi capelli, malamente sparsi e bianchi come i peli della barba che gli sporcano il mento, tende al magro e indossa abiti di un paio di taglie più grandi. Ci basta una veloce occhiata per capire che prima il suo fisico calzava meglio la divisa.
Orso, vicino a me, sospira per il sollievo, accortosi che l’uomo è disarmato.
<< Ne sei sicuro? >> chiede la donna in risposta ad una comunicazione ricevuta all’orecchio.
Il cacciatore l’accarezza e le regala un sorriso tenero. << Falli passare! >> dice. << Tutti e quattro. Abbassate le armi! >> ordina con fare più risoluto ma per nulla aspro al resto della turba. Poi ci fa cenno di seguirlo.
Ci fissiamo interdetti poiché ci ha appena dato il permesso di entrare nel cuore del suo territorio ma nulla ha detto riguardo alle armi che portiamo.
<< A chi … >> timidamente osa il Paparino ancora bloccato nell’atto di sfilarsi il cinturone con i suoi trofei da combattimento.
<< Tenetele pure! >> concede stancamente il nostro nemico che deve aver compreso la ragione di tanta titubanza pur essendo già di spalle.
<< Dove ci stai portando? >> domanda Orso.
<< A casa mia >> risponde.
 
I solchi aridi, un tempo tracciati per seminare, sono già alle nostre spalle e ora ci inoltriamo in uno spazio reso quasi lunare da una foschia che sembra volerci inghiottire, dalle buche prodotte dall’attivazione di trappole anti invasione e dalla cenere che copre un’ampia radura interrotta qua e là da sporadici tronchi carbonizzati. Solo la terra spezza la monotonia di un’atmosfera completamente bianca ed ho come l’impressione di vagare in una valle infestata dai fantasmi.
<< Neanche prima era granché >> la guida ha intuito il disagio che questo posto ci suscita. << Siamo ai confini della regione. L’acqua è poca e … gli incendi hanno fatto la loro parte >>.
<< Ma noi siamo stati bravi >> cerca conferme il ragazzo che gli cammina a fianco.
<< Oh si >> l’uomo gli dà soddisfazione assestandogli anche un’affettuosa pacca sulla spalla. << Siete stati bravi. Come farei senza di voi? >>
Guardo i miei fratelli e nei loro volti vedo riflessa la mia angoscia. Ormai possono solo provare a difendersi da raid sempre più violenti, che penetrano ogni volta più in profondità, e possono farlo schierando dei bambini.
<< Maledizione! >> impreca a mezza bocca l’omone che si asciuga gli occhi strofinandoci sopra una mano.
Non siamo mai entrati in alcun villaggio che già non conoscessimo. Abbiamo affrontato i nostri nemici nei loro territori, certo, abbiamo preso parte agli scontri più violenti ma mai abbiamo combattuto tra le loro case. Forse avremmo dovuto farlo, forse avremmo posto un limite anche alla vittoria. Invece, abbiamo preferito voltarci dall’altra parte per non stare male, per non rivivere quella notte che gli eventi successivi ci avevano fatto considerare giorno dopo giorno sempre più assurda … e non è servito a niente. Abbiamo infranto una delle nostre regole: in questi mesi siamo fuggiti.
<< Forse … >> azzarda il ciclope << potremmo aiutarvi … con gli incendi >>.
<< Dicono che oltre il nostro territorio >> il nemico risponde dopo alcuni minuti passati in assoluto silenzio, apparentemente cambiando discorso << ci sia … il nulla, un deserto inospitale, forse un’altra zona morta … ma è solo una diceria >> si affretta a cambiare registro avendo colto il turbamento sul volto del ragazzo che lo accompagna. << Magari, al contrario, avremo la possibilità di trovare addirittura quei grandi villaggi chiamati città di cui si tramanda il ricordo >>.
<< Ricordi piuttosto se hai mai voluto verificare che fosse vero? >> Furia Buia gli pone una domanda la cui risposta vale letteralmente un mondo intero.
<< Strana domanda! >> il cacciatore, che fino ad ora aveva  condotto la processione in prima fila con gli occhi esclusivamente rivolti alla sua casa, ruota il capo e guarda perplesso il nemico. << Non abbiamo mai avuto motivo di indagare ma, chissà, potrebbe essere un buon momento per farlo >>.
<< Tu credi che ci sia davvero il nulla? >> gli chiede con apprensione il ragazzo.
<< Non aver paura, sono sciocchezze >> d’istinto interviene il Biondo. << Per esempio, ad est, oltre la catena collinare, sappiamo che ci sono altri villaggi che non appartengono a questa regione e ci hanno parlato dell’esistenza di altre zone abitabili che occupano decine, forse centinaia di chilometri. Tuttavia … >> si blocca per timore di essere frainteso dal momento che la trattativa era già iniziata << non vedo perché dovreste andarvene. Questo posto ha solo bisogno di essere … tutelato >>.
L’uomo dai capelli bianchi si ritira dalla conversazione, forse perché non sa come interpretare quest’ultima uscita dettata unicamente dalla simpatia nei confronti di un pivello, la stessa che il Biondo mi aveva dimostrato quando la mia vita era ancora appesa al filo di una decisione che Furia Buia non riusciva a prendere[6].
 
Il villaggio è molto più grande del nostro, perlomeno in estensione, ed è composto da più case, alcune delle quali a prima vista inabitate, che orbitano un po’ alla rinfusa intorno ad un grande spiazzo occupato al centro da una gigantesca tavola di pietra di forma circolare, così bassa che conviene sedersi a terra. Il luogo è protetto da un emiciclo di pali che si alternano a muretti a secco quasi tutti crollati e a terrapieni tirati su alla meglio. L’altra parte affaccia su una savana che è già deserto a poco più di duecento metri dalla circonferenza ideale che delimita il piccolo paese.
<< Accomodatevi! >> il capo fa gli onori di casa e ci indica l’imponente tavolo.
<< Perché qui fuori? Hai detto che ci avresti portati a casa tua >> domanda Furia Buia che non sembra disposto ad assecondare tanto facilmente il nostro ospite e si guarda intorno obbedendo alla disciplina che gli impone di tenere sotto controllo il perimetro e di valutare presenza e posizione di eventuali minacce.
Finora abbiamo visto molti ragazzi, pochi adulti e ancor meno anziani.
<< Questa è casa mia, qui è il centro del villaggio. Lo spazio è grande >> spiega il cacciatore dai capelli bianchi accomodandosi pesantemente al suolo, << il tempo non è poi così brutto e noi siamo in pochi. Ci facciamo compagnia >> sorride.
<< Non dovresti raccontare come siamo … >> si affretta a rimproverarlo la guardiana dei pivelli curvandosi per bloccargli un braccio e anche le parole.
<< Non dovrei dire che abbiamo perso? >> il cacciatore la respinge con gentilezza. << Lo sanno già >>. Quindi, torna a prestarci attenzione e, curando di tenere la schiena ben dritta, aspetta paziente che anche noi ci sediamo.
Io e Furia Buia dopo un rapido cenno d’intesa accettiamo infine l’invito attivando al contempo la nostra vista, senza tuttavia accendere gli occhi, né formulare protezioni energetiche. Le apparenze, infatti, lasciano ben sperare … ma non si sa mai.
<< Perdonatemi se le mie parole suoneranno male alle vostre orecchie >> il capo della tribù ha già esaurito i convenevoli e inizia a parlare con voce impostata fissandoci a turno. Non mi pare di leggere nel volto e nel tono segni di paura o astio. << Tuttavia, ho l’obbligo di essere sincero. Per quanto ci speri, non riesco a capire il senso della vostra visita che, se ho sentito bene, mira alla stipula di un accordo di pace. Non possiamo affrontarvi, non possiamo affrontare neanche avversari … più alla nostra portata e, nonostante i nostri tentativi, finora non ci è stato concesso di arrenderci. Perciò non intendo fingere e vi dico subito che accettiamo la sconfitta. Siamo disposti a cedervi la terra, le case e le armi ma, per favore, permetteteci di andar via … anche con poche scorte >>.
<< E se, invece >> il Paparino si schiarisce la voce con un colpo di tosse << volessimo proporvi di restare? >>
<< Per quale ragione? >> replica << Per morire di fame o per essere sterminati o … peggio? >>
<< No, per vivere appunto in pace. Non vi chiediamo di dichiararvi sconfitti, non siamo qui per accettare la vostra resa e non vi toglieremo niente, neanche le armi. Vogliamo, invece, che dichiariate con noi che la guerra è … finita >> Furia Buia fatica a tenere a bada la commozione. << In cambio vi tratteremo come pari e nessuno potrà recriminare perché dovrebbe farlo con noi >>.
<< Volete che diventiamo vostri alleati proprio alla fine? >> chiede incredulo e nella sua voce colgo l’eco di un’amara punta di sarcasmo.
<< Lo hanno fatto in tanti quando hanno capito come sarebbe andata a finire >> prova a rassicurarlo il ciclope.
<< Vi forniremo protezione >> anche Orso si spende nell’offerta di garanzie. << E, come ha appena detto il nostro fratello, gli altri gruppi dovranno accettare il fatto compiuto e comportarsi di conseguenza o … >>
<< E voi sareste disposti >> lo fulmina il capo del villaggio << anche ad uccidere i vostri amici per difendere i nemici che non hanno voluto salire sul carro del vincitore? >>
<< Si! >> risponde seccamente il Paparino. << Certo che sono disposto a farlo, a patto naturalmente che decretiamo oggi la fine delle ostilità. Non mi interessa cosa pensi di noi. Se ti piace credere di avere a che fare con cacciatori senza onore che non rispettano la parola, fa’ pure. Per quel … che ricordo, il mito della parola data spesso è stato usato da quelli della nostra razza come pretesto per menare le mani quando si consideravano abbastanza forti da offendere o da sentirsi offesi. Che tu incarni o meno questo mito a me non importa, tanto di amici ne abbiamo e ne abbiamo sempre avuti molto pochi >>.
<< Allora perc … >>
<< Per noi stessi >> lo interrompe Furia Buia.
<< Tu non sei stanco di tutto questo? >> Musashi ci mette il cuore e si propone come specchio.
<< Visto che eri pronto ad arrenderti >> il Paparino non permette al nemico di riflettere, << dovresti pensare che proprio noi, che abbiamo vinto e che siamo fuori dalla vostra portata, vi stiamo offrendo di restare in questo posto che conoscete e chiamate casa. Ti sono rimaste poche armi e degli adolescenti, se non bambini, per maneggiarle. Anche ammettendo che ve ne andiate, cosa ti fa credere che sopravviverete? >>
L’uomo sospira e chiude gli occhi come se cercasse di intercettare al volo una risposta adeguata, poi torna su Furia Buia: << perché il mio nemico è disposto ad entrare nella mia casa per offrirmi protezione dai suoi stessi amici? >>
<< Perché non vogliamo che tu sia ancora il nostro nemico >> gli spiega il ciclope, << perché non abbiamo amici e perché ne abbiamo le palle piene di questo … caos >>.
<< Ammettiamo che sia come dici, e non puoi immaginare quanto io voglia crederti, c’è una falla nel tuo piano. E si chiama Ikari, il capo della Nerv >> replica il cacciatore che fa gli onori di casa evocando senza complimenti il nostro più grande spauracchio e chiamandolo proprio Ikari, il cognome di mia madre, l’unico vero punto di contatto che mi lega a lui. << Se restassimo qui, in queste condizioni, allora che lui vinca o perda per noi non fa molta differenza perché sicuramente anche voi dovrete occuparvi di un avversario così temibile. Dimmi: cosa impedirà ai vostri, diciamo, alleati di rompere la tregua e approfittare della vostra assenza per spazzarci via? Abbiamo poco, si, ma ciò che abbiamo è indifeso e stimola una vasta, troppo vasta tipologia di appetiti. La bestia si è svegliata e mangia anche se non ha fame >>.
<< Per questo ti proponiamo la pace e non un armistizio >> il Paparino non fa una piega. << C’è tempo prima che la minaccia rappresentata dalla Nerv ci costringa a impiegare diversamente le energie. Tempo sufficiente per abituare gli altri gruppi ad accettare nuove forme di convivenza, tempo sufficiente perché voi possiate rimettervi in sesto, tempo sufficiente perché diventiate più forti >>.
<< E come? >>
<< Immagino che ormai abbiate fin troppo in comune con l’altro gruppo che, come voi, ha continuato a resistere sebbene, a questo punto, mi pare di capire spinto più dalla necessità che da motivazioni ideologiche. I vostri territori sono contigui, perché non fate un passo e trasformate l’alleanza in qualcosa di più … stabile? >>
<< Intendi dire che dovremmo fonderci? >>
<< Perché no? Aumenterebbe le vostre chance di resistere agli appetiti dell’animale. Al supporto … logistico, oltre che politico, penseremmo noi perché abbiamo i mezzi per farlo e la volontà di farlo >>.
La proposta è allettante e sembra scardinare la comprensibile diffidenza di colui che non vorremmo più definire nemico. L’uomo scuote la testa ancora alla ricerca della fregatura.
<< Posso farti una domanda? >> Furia Buia lo strappa dai suoi ragionamenti. << Perché hai scelto di stare dalla parte di Ronin? Noi non abbiamo mai fatto niente di male né a te né al tuo gruppo. Mi viene in mente che questa potrebbe essere addirittura la prima volta che ci incontriamo. Almeno … così credo di ricordare >>.
<< Lui non era mio amico >> risponde << e le nostre tribù non sono mai state alleate. Quando ci è stato chiaro che tra voi sarebbe scoppiata una guerra, prendere posizione è diventato praticamente inevitabile e noi non abbiamo avuto dubbi >>.
<< Eppure sapevi dei nostri poteri >> insiste il Paparino.
<< Proprio perché sapevo dei vostri poteri. Ronin era ambizioso ma non lo abbiamo mai considerato pericoloso come voi. Cosa avrebbe impedito a te e ai tuoi fratelli di opprimerci o di annientarci per interesse o anche solo per capriccio? E noi come avremmo potuto fermarvi? >>
<< Quindi, avevate paura di noi? >> il Biondo esprime un commento sotto forma di domanda.
<< Si, si può dire così. Avevamo, comunque, valutato l’ipotesi della neutralità ma ci dissero che anche la Wille era contro di voi. Insomma >> si lascia andare ad un ghigno amaro, << credevamo di poter contare su buone carte >>.
<< Solo una parte della Wille si era schierata con l’altra fazione >> chiarisce il Paparino. << Kaji, in realtà aveva già scelto di stringere un’alleanza temporanea e … poco limpida con noi. E’ probabile che alla base di tutto ci sia stato proprio il conflitto interno alla Wille, che la tensione esplosa nel cuore dell’organizzazione abbia coinvolto quelli come noi. Almeno … così credo di ricordare >>.
<< Perché i vostri gruppi si sono lasciati coinvolgere? >>
<< Probabilmente perché anche Ronin e i suoi uomini non si fidavano di noi o forse volevano semplicemente essere gli unici a comandare, non saprei dirtelo. Siamo sempre stati in competizione. Almeno … così credo di ricordare >>.
<< Concludi sempre con questa frase: almeno così credo di ricordare >> valuta perplesso l’uomo dai capelli bianchi. << Sembra che tu non sia certo di niente. Mi dà da pensare >>.
<< A cosa? >> domanda Furia Buia.
<< Quando cerco di ricordare come fosse la nostra vita prima di questa guerra mi pare di avere tutto chiaro in mente ma, se tento di collegare i fatti ho come l’impressione che qualcosa non torni. Hai presente i sogni? … >>. Il cacciatore si blocca e dà quasi l’impressione di essersi perso come se fosse consapevole di sognare e tentasse di svegliarsi. << Anche nei sogni >> riprende << puoi contare su un passato che dà senso a ciò che stai vivendo, ma se lo analizzi meglio, dal punto di vista di una persona sveglia, ti rendi conto che quel passato non l’hai vissuto … Deve essere la stanchezza >> scuote il capo. << La verità è che ogni cosa ha subito un’incredibile accelerazione da quando è ricomparso il figlio di Ikari. Quanto tempo è passato, poco più di sette mesi, vero? >>
Abbasso le sguardo per non sostenere il suo che mi riversa la mesta compassione di chi non ha più neanche la forza di odiare. Serro i pugni premendoli contro le cosce per impedire ad una sensazione fin troppo conosciuta di conquistare la signoria sui miei pensieri, ma sentirmi appellare il figlio di Ikari crea per forza di cose l’associazione che non voglio e che purtroppo non è poi così irragionevole. << Anche questo è colpa mia >> sentenzia una parte di me e so che non è il bambino che vuole sentirsi in qualche modo speciale o che così prova a razionalizzare tutta una serie di eventi su cui non ha mai avuto il controllo.
<< Ad essere sinceri >> Furia Buia mi guarda ed ha un’aria triste, << l’unica cosa di cui sono certo è che, prima che lui arrivasse, niente poteva dirsi definito. Che io ricordi, l’amico di Ronin corteggiava anche noi. Gli schieramenti si sono formati lo stesso giorno in cui il ragazzo è giunto al nostro villaggio, quando abbiamo deciso di risparmiarlo >>.
<< Perché lo avete fatto? >> lo interroga l’uomo.
<< Perché non lo voleva nessuno >> risponde emozionato il Paparino[7].
<< E’ una sensazione orribile >> spiega Orso, << una sensazione che abbiamo sempre dovuto sopportare, almeno … >>
<< … E’ questo che ricordate >> lo aiuta a terminare, << vero? Posso capirlo ma non mi basta. Sono consapevole che non ci sono veri margini di trattativa e che siamo in vostro potere ma come avete potuto accettare tutto questo per … lui? Senza offesa, ragazzo >>.
<< Le sue responsabilità >> il Paparino indurisce il tono << sono meno chiare … credimi, molto meno chiare di quanto ricordiamo. E nessuna delle due superpotenze da sempre in guerra è senza colpe. Nessuna delle due. Scaricare tutto il peso dei peccati sul ragazzo era la soluzione più semplice >>.
<< Inoltre, noi sapevamo e sappiamo >> interviene di nuovo l’omone << che lui è la nostra carta migliore per battere suo … Gendo >>.
<< E’ vero >> lo spalleggia il Biondo. << Un giorno, non molto tempo fa, il ragazzo è quasi riuscito ad ucciderlo. Certo, anche grazie a noi, ma ce l’avrebbe fatta se non fosse arrivato un Eva da discount a darci fastidio[8] >>.
<< Quindi, è per questo? >> riflette il nostro ospite << C’era la salvezza del mondo in ballo. Come ho già detto, per noi cambia poco ma ora la vostra scelta ha più senso >>.
<< Non è per questo motivo che lo abbiamo difeso >> lo contraddice il Paparino.
<< E perché allora? >>
<< Per noi … >> il ciclope si morde il labbro e sbuffa con violenza. Poi si riprende: << per noi >> confessa << è come un figlio. Tu che faresti per un figlio? >>
L’uomo ha il volto sciupato ma occhi ancora vivi che studiano quello di Furia Buia piantato su di lui e il mio che continua a fuggire. << Che pazzia! >> sospira abbassando la testa. << Non conosco il mio nemico >>. Si rivolge quindi alla donna sulla trentina che aveva preso posto al suo fianco. << … Portala qui! >> ordina a bassa voce.
<< Credi sia prudente? >> gli domanda. E’ chiaro che non ha voglia di obbedire ma si arrende alla calma determinazione del suo capo.
Il comando attraversa lo spazio mediante una muta catena di trasmissione fatta di veloci occhiate seguite da brevi scatti del mento a conferma dell’avvenuta ricezione del messaggio.
<< Avevo due figli >> ci informa intanto l’uomo. << Ho perso il secondo quando ancora non avevo terminato di seppellire il primo. Sarà stato un mese fa. Non esistono parole per descrivere cosa si prova. Se non fosse per la mia gente … >> si interrompe, accortosi della presenza di una bambina che si era appena fermata alle sue spalle; quindi, si volta e stende il braccio per invitarla ad avanzare. << Mi è rimasta solo lei >> sospira cingendole i fianchi. << Tesoro, siediti in mezzo a loro! >> le sussurra massaggiandole le scapole per infonderle coraggio. << Non aver paura! >>
La bambina non avrà più di dieci anni e saggiamente ha paura. Deve combattere parecchio prima di determinarsi ad assecondare il volere del padre, aiutata anche da noi che ci eravamo subito distanziati, affinché potesse scegliere il suo posto, tentando al contempo di apparire più piccoli per non spaventarla troppo.
Alla fine decide di posizionarsi di fronte al genitore, tra Orso e il Paparino, e ancora non convinta scarica il nervosismo toccandosi i lunghi e ribelli capelli corvini che accentuano il pallore di un viso smunto dominato da grandi occhi neri. La costituzione esile non camuffa la magrezza ingiusta che fa ballare il suo piccolo corpo dentro i vestiti rattoppati.
<< Non vogliatemene >> riprende a parlare il padrone di casa << ma, se le vostre intenzioni non sono sincere, chi ci andrà di mezzo sarà lei. Non è ancora una fanciulla, eppure cosa credete che le faranno se riuscissero a travolgerci? >>
<< Niente! >> ringhia Furia Buia che come noi conosce la risposta. << Assolutamente niente se ora concludi l’accordo con noi. Non sarà difficile mettere la museruola ai più avidi se togliamo loro la scusa del nemico. E’ morta tanta gente e i vincitori sono più piccoli di quanto credi, sono egoisti e hanno bisogno di rifiatare. Aiutaci a parlare con l’altro gruppo e vi metteremo in condizioni di farvi rispettare anche, anzi possibilmente, senza bisogno di chiamare noi quattro >>.
<< Allora sogni una città >>.
<< Non ho un buon rapporto con i sogni >> sorride amaro il ciclope. << Mi accontento che si creino le possibilità affinché possa nascere qualcosa di buono. E tu potresti scoprire che, tolti i più rapaci, ci sono molte persone disposte a concederti fiducia, soprattutto nel nostro villaggio >>.
L’ospite incrocia le braccia con aria assorta, forse medita sul da farsi o sta rivivendo il dialogo intrattenuto con i suoi nemici. << No, non vedo nessuna alternativa >> borbotta infine tornando al qui ed ora. << E allora come funziona adesso? >> ci interroga. << Come consacriamo la pace? >>
Non avevamo pensato neanche a questo. Eravamo così smaniosi di convincerlo a trattare, così segretamente disillusi circa il buon esito della missione, che non abbiamo pensato a una cerimonia che sancisse la conclusione dell’accordo. Usare la carta per vergare le clausole della pace sarebbe stato inutile perché dalle nostre parti si scrive poco e si legge anche meno.
L’uomo dai radi capelli bianchi interpreta correttamente la nostra incertezza e ci leva dall’imbarazzo. << Un tempo >> dice << l’ospitalità era un mezzo per saldare i legami. E’ ora di pranzo, perciò mangiate con noi >>.
Senza attendere una risposta, con una mano fa un cenno ad alcuni ragazzi, con l’altra cerca di sedare una spontanea sinfonia di mugugni che traduco facilmente. Non desiderano condividere il cibo con noi, non tanto perché siamo ancora i nemici ma perché hanno fame.
 
I bordi del tavolo accolgono altri commensali. Non sono molti e colgono l’occasione per sedersi lontano da noi; non sono tutti perché c’è del lavoro da svolgere.
 Arrivano delle scodelle in legno riempite a metà con una brodaglia che dà sul verdastro ed emana un odore appena tollerabile.
<< Il servizio buono non c’è più >> scherza il capo mentre noi indugiamo bloccati dallo stesso timore, quello che il nemico non desideri cambiar pelle e che in realtà stia provando ancora a darci la morte magari con l’aiuto del veleno.
Musashi blocca il Paparino che aveva quasi trovato il coraggio di trangugiare la sua razione, porta la ciotola alla bocca e prende una copiosa sorsata. Continua a tener fermo il braccio di Furia Buia, con gli occhi trattenendo anche me e Orso dall’imitarlo, mentre mastica un po’ della verdura bollita che galleggia anche nel mio brodo. << E’ … amaro >> giudica con un sorriso che cerca di mascherare un principio di voltastomaco.
<< Tesoro, per favore >> dice l’ospite, rivolgendosi alla bambina seduta vicino a noi, << assaggia dai piatti dei nostri ospiti >>.
Tanto ci basta per annientare ogni remora e, prima che possa allungare il cucchiaio, smettiamo di fare inutili complimenti.
Il sapore è peggio dell’odore ma per fortuna la zuppa è ancora bollente e posso concentrarmi sulle ustioni alla lingua.
Consumiamo in silenzio e con gratitudine il nostro patto, nonostante le offese all’olfatto e al gusto.
Dopo i dubbi e la sfiducia iniziali, dopo mesi passati a veder ingrassare il senso di solitudine che provo da che ho memoria, mangiare con altre persone in un clima di accettazione mi emoziona e allo stesso tempo mi fa rilassare. Persino lo strano intruglio che assumo a brevi sorsate muta ad ogni assaggio ed ora comincia a risultami addirittura buono come quello che mi aspetterei di mangiare se a prepararlo fosse mia madre.
Sono stato accolto da una minuscola banda di cacciatori che mi ha fatto da scudo per proteggermi da un mondo che non mi amava; adesso divido il pranzo con il mio nemico e << per la prima volta >> considero << anche questo mondo sembra disposto ad accettarmi nonostante io sia il figlio di Ikari >>. Penso ad Asuka e penso a me e alla mia insana famiglia. Non sento crescere la speranza, quella non la voglio più. Avverto, invece, rinnovarsi un’antica determinazione che mi spinge ancora a desiderare. A desiderare di vivere un altro giorno per recuperare la rotta, per conquistare un principio di ordine nel caos.
Eppure, suggerito anche dal mio passato, non posso non considerare che la sofferenza, provocata e subita, è stata generata dal fatto che in qualunque realtà io sono nato Ikari Shinji e che i miei fratelli sono rinati  in questa con il marchio maledetto della diversità. Paura e diffidenza nutrono la rabbia e confondono la ragione. L’animale scalcia e l’uomo finisce in disparte.
Orso ha soltanto assaggiato il suo rancio e cede il resto alla bambina che, invece, aveva già ripulito il suo piatto.
<< Non possiamo offrirvi cibo migliore >> si rammarica l’uomo che come noi è stato testimone del gesto, reso incomprensibile dal chiasso che continua a provenire dallo stomaco del cacciatore con la barba.
<< Il cibo è buono ma ho già mangiato … tanto >> risponde imbarazzato. << Sono ingrassato >>.
<< E se … >> Musashi si rivolge al Paparino.
<< Vediamo se serve altro >> lo anticipa. << Così sappiamo cosa prendere >>.
<< Vado io >> si fa avanti l’omone. << Sono più forte e il viaggio è lungo >>.
<< Di che state parlando? >> chiede sospettosa la donna che guidava le sentinelle.
<< Ci siamo appena resi conto >> spiega Furia Buia << della nostra scortesia. Infatti, ci siamo presentati alla vostra tavola a mani vuote e vogliamo rimediare >>.
<< Accompagno io Orso >> notifico ai miei fratelli. << Non sono forte come lui ma sono capace di rendere sicuro il viaggio>>.
<< Dovrete fare attenzione >> ci avverte l’uomo dai capelli bianchi guardando nella direzione da cui siamo venuti. << Il tempo non promette bene >>.
<< Siamo abituati al cattivo tempo >> lo rassicura l’armadio.
 
 
*****
 
 
<< Controllo se c’è del nastro adesivo >> informo Orso muovendomi tra le viuzze del labirinto disegnato dalle scorte immagazzinate nella grotta in modo insolitamente ordinato e accatastate così bene da formare piccoli palazzi alti fino a tre metri. << Queste scarpe mi lasceranno presto >>.
<< D’accordo ma fa’ in fretta! >> risponde Orso che intanto sta riempiendo di scatole di cibo e provette di lcl uno dei due carretti che i nostri ex nemici ci avevano offerto. << Controlla anche se ci sono bottiglie d’acqua, arnesi da lavoro e semi … Ah, anche stoffa >>.
<< Di che tipo? >>
<< Di tutti i tipi >>.
<< Un solo viaggio non basterà >> rifletto ad alta voce mentre provo a tratteggiare nella mente una bozza d’inventario. << Ci conviene portare solo l’indispensabile >> grido per farmi sentire dal cacciatore con la barba.
<< Per quelle persone tutto è indispensabile >> ribatte quasi invasato. << Se serve spacchiamo qualche cassa di legno e costruiamo un’altra piattaforma. La porterò io. Fidati del mio superpotere >>.
La grotta sembra non finire mai e, cosa ancor più strana, pur inoltrandomi nelle sue profondità non soffro la mancanza della luce del sole. Qui tutto è illuminato, sebbene non vi sia elettricità.
Il mio occhio umano individua un rotolo di nastro per imballaggi su una pila di tessuti di vario genere e colore, tutti ben piegati e puliti, che poggia su due stuoie di vimini. << Sembrano le stesse con cui abbiamo trasportato i tesori del nostro rifugio >> mi dico. << E’ come se avessero impacchettato ciò che mi serve >>.
Registro l’assenza di stupore nel mio animo e inizio a studiare il regalo multistrato per decidere come trascinarlo verso l’uscita. Poi noto, subito dietro, una panca aperta. La sorpresa che non avevo provato poco prima mi assale d’un colpo perché al suo interno ci sono dei vestiti nuovi che dividono lo spazio con quattro paia di scarponi neri di differenti misure, molto simili (per non dire identici) a quelli che calziamo. Mi avvicino per osservare meglio e << ORSO, vieni qui! Fa’ presto! >>
<< Cos’è successo? >> chiede trafelato l’armadio dopo avermi raggiunto.
<< I nostri … i nostri vestiti >> rispondo confuso indicando gli abiti << e ci sono degli anfibi. Un paio è della mia misura >>.
Il cacciatore con la barba si avvicina con cautela e inizia a tastare gli indumenti sfregandovi sopra le dita grassocce e callose, analizza una camicia color senape scuro con piccole e regolari scanalature verticali. << Questa è la mia camicia! >> esclama guardandomi sbalordito con la mano ancora intenta a stropicciare il capo. Poi scuote la testa. << Al diavolo >> sbotta, << è inutile porsi domande. Indossiamo le nuove divise e portiamo il cambio a quei due sciroccati. Tu, intanto, continua a cercare quanto ti ho chiesto di portarmi >>.
<< E’ tutto qui >> gli dico mostrandogli il regalo già bell’e pronto della grotta.
Orso sospira quasi fischiando, alza le sopracciglia fino a portarle in zona decollo e, infine, scuote la testa. << Va … va bene >> balbetta. << Allora trova qualcosa per rinforzare quelle stuoie e delle corde per legare il bottino. Questa grotta è il ventre pieno e generoso del mondo. Dobbiamo approfittarne prima che il suo animo cambi >>.
<< Ma questo mondo ha la fissa per Mad Max >> mi lamento infilando i pantaloni. << Possibile che non possa avere un semplice paio di jeans? >>
<< Gli piaci così >> ironizza l’armadio. << Di che ti lamenti? Ti fa sembrare molto fury road >>.
<< Come no?! Considerata la camminata che ci aspetta sarò poco fury e molto road >>.
<< La tua battuta è così stupida da risultarmi addirittura simpatica >> risponde Orso che come me sta per concedere aria ad una risata che nasce dal cuore, come da tempo non accadeva.
Eppure, nonostante il desiderio di esprimere una gioia finalmente sincera ed innocente, entrambi obbediamo allo stesso impulso e ricacciamo in profondità tutta quella energia per non doverci sentire poi in colpa.
<< A proposito >> torna di nuovo serio, << controlla se questa gigantesca stanza del tesoro vomita anche libri … del mio genere possibilmente >>.
<< Se ti metti a cercarli da solo, credo che li troverai prima di me. E’ chiaro che questa grotta conosce i nostri particolari bisogni >>.
 
 
*****
 
 
Avevamo impiegato più di una settimana per coprire la distanza che separava il nostro villaggio dalla casa del nemico; sono bastati quattro giorni a me e ad Orso per raggiungere il rifugio del Vecchio e tornare.
Il bestione ha dato prova della sua immensa forza trascinandosi dietro quintali di doni.
Io ho sperimentato i miei limiti e scoperto in me nuovi giacimenti di carburante per superarli. Ancora adesso mi domando dove si fosse nascosta tutta quella forza che per settimane avevo invocato invano insieme ad una qualunque accettabile motivazione che potesse farmi accettare la mia nuova vita.
Ho camminato e tirato, ho imprecato per la stanchezza e provato rispetto per la volontà con cui riuscivo a ridurre all’obbedienza il mio corpo. Mai fatica mi è sembrata più dolce e giusta, mai mi sono sentito tanto fiero di essere un cacciatore e già pregustavo le facce sbalordite e felici di chi avevamo chiamato nemico. Per difendere quel nemico, mi dicevo, sarei stato disposto a lottare, per lasciar crescere quei ragazzi e vederli diventare uomini e donne forti, io … << se tornassero gli Angeli >> ad un certo punto ho gridato con la voce rotta per lo sforzo ed il fervore, << distruggerei il wunder pur di salire sullo 01. Anzi … lo distruggerei comunque >>.
<< Ma, come una volta proprio tu hai ammesso[9] … >> ha ansimato Orso, << non saresti comunque un pilota >>.
<< Per fortuna >>.
 
Il viaggio è stato tranquillo. Soltanto in un’occasione abbiamo dovuto tenere alla larga i cacciatori di un territorio amico che, con la brama stampata sul volto, si erano offerti di farci da scorta.
<< ANDATE VIA O VI AMMAZZO! >> gridò Orso, mentre io sostenevo la sua minaccia con due occhi che arrossavano l’aria.
Capirono subito che non avremmo condiviso niente né concesso loro di seguirci.
Contrariamente alla nomea, che lo accompagnava sin da prima che lo conoscessi, fino all’ultimo il bestione non si è concesso tregua pur di guadagnare tempo, rifiutandosi sistematicamente di prestare ascolto allo stomaco e alle gambe che pregavano per un po’ di ristoro.
Quando, a meno di un giorno di cammino, la stanchezza sembrava ad un passo dalla vittoria, Orso, ormai a secco, estrasse dalla tasca del giaccone una siringa monouso simile a quella che, in altrettanti momenti di difficoltà, aveva riempito il mio serbatoio e, ancor prima, quello del Paparino[10].
<< Me l’ha regalata … Musashi>> disse quasi rantolando dopo aver infilzato l’ago nella coscia. << Mi ha confessato che … le usava >> mostrandomi il cilindro ormai vuoto << per … darsi la carica >>.
<< Speriamo che non ne senta più il bisogno >> commentai posando il mio zaino stracolmo e allentando la canapa legata ad una stuoia traboccante. << Se vuoi possiamo aspettare >>.
Per tutta risposta l’armadio diede un forte strattone alle corde per rimetterle in tensione e far ripartire i vagoni, tuonando: << muoviamoci! >>
Abbiamo continuato a tirare, carichi come muli e aggiogati come buoi anche dopo che le giovani vedette ci avevano avvistato. Come era ovvio aspettarsi, ci sono corse incontro, abbandonando il posto di guardia, per riempirsi le mani soprattutto di cibo. Il loro angelo custode dai capelli neri ha avuto un bel daffare a coordinare il disordinato aiuto dei giovani portantini ma alla fine si è arresa ed ha lasciato che affondassero le dita nelle scatole di carne appena aperte.
 
La linea del traguardo ora è una porta improvvisata, fatta di pali acuminati piantati a fondo nel terreno, che immette direttamente sulla strada che conduce al grande monolite circolare. Una volta superata, io e Orso ci siamo autorizzati a crollare e ora boccheggiamo come pesci fuori dall’acqua.
Il luogo è pervaso da una incontrollabile frenesia, dovuta solo in parte all’arrivo dei rifornimenti. Il paese dei fantasmi è tornato alla vita e molte più persone di quante ne ricordassi corrono, schiamazzano e lavorano.
Ancora a terra, pancia all’aria, con l’occhio destro afflitto da gocce di sudore che continuano a cadervi, scorgo altri cacciatori e i due fratelli che avevamo lasciato. Furia Buia e Musashi si avvicinano in compagnia di un uomo dall’età indefinibile e con una barba riccia e folta che dà sul castano chiaro e copre solo in parte i segni di precedenti scontri violenti combattuti a distanza di coltello. E’ alto come i due cacciatori che lo scortano e il suo viso sembra immortalato in un’espressione da perenne incazzato.
<< Deve appartenere all’altro villaggio >> rifletto. Il fatto che stia con i miei fratelli dimostra che anche con il suo gruppo è stato raggiunto l’accordo. I lividi ancora freschi sul suo volto e sulle nocche, corrispondenti per numero e posizione a quelli che sfoggia il Paparino, mi fanno, invece, capire che le trattative sono state più movimentate.
<< Bravissimi! >> si complimenta Musashi tirando due robusti schiaffoni sul petto di Orso. Il bestione di rimando prende da una tasca interna della lunga giacca una confezione di shampoo e brontola: << basta droga! Lavati … i capelli >>.
<< E così questo è il giovane Ikari?! >> afferma ruvido il nuovo amico fissandomi accigliato con i suoi occhi profondi. Tuttavia, non percepisco alcuna minaccia imminente alla mia incolumità.
<< E’ proprio lui >> conferma Furia Buia che smorza un accenno di sorriso per non perdere la marzialità dell’atteggiamento, mentre di nascosto chiude la mano inguantata per mostrarmi il pollice all’insù.
L’uomo dalla faccia cattiva si concentra sullo sfregio che definisce metà del mio viso e intanto passa due dita su una tumefazione recente che gli evidenzia uno zigomo. << Adesso è un cacciatore >> emette l’inaspettato verdetto. << Quindi, peggio non potrà fare. Che nome gli avete dato? >> chiede al Paparino.
<< Quello che si è scelto: il suo vero nome >>.
<< Decisione coraggiosa! >> commenta tornando a scrutarmi ancora qualche secondo prima di voltarsi, senza dire altro, e tornare dai suoi.
<< Sono un cacciatore e sono stato coraggioso >> penso gustando tra un respiro affannoso e l’altro una piacevole sensazione di libertà. << Il mio nemico ha appena riconosciuto il giovane Ikari come membro di questa strana e complicata specie e, soprattutto, ne ha ridefinito il significato. Il giovane Ikari ora è un cacciatore, non il figlio di Gendo. Forse, davvero non sono più un pilota. Possibile che sia già diventato un uomo? >>
 
 
*****
 
 
<< Stai sempre in disparte >> fingo di rimproverare il Paparino dopo aver attirato la sua attenzione battendo con forza i piedi a terra per annunciarmi.
Lo stomaco finalmente soddisfatto e la maggior sicurezza alimentata dal numero, dagli accordi appena stipulati e, paradossalmente, dalla nostra presenza, hanno acceso una comprensibile voglia di festa nei superstiti di due tribù fino a pochi giorni fa angosciate dalla prospettiva dell’estinzione. Il loro divertimento è sobrio, coerente più con le energie disponibili che con il desiderio; la nursery si è ampliata e i cacciatori si scoprono babysitter.
Orso sembra un bambino tra i bambini mentre Musashi, di nuovo presentabile, cerca di corteggiare, a quanto pare con discreto successo, il capo delle vedette che solo pochi giorni fa ci aveva accolti stringendo un fucile.
Furia Buia osserva da lontano come al solito. E’ seduto per terra e con una mano accarezza la manica della maglia nuova che questo mondo gli ha regalato. << Non è che ti abbia visto far faville in giro >> ribatte con un largo sorriso incorniciato dalla serenità della sua espressione. << E poi lo sai che non sono abituato al casino >>.
<< Abbiamo sbagliato tutto >> gli dico.
<< Perché? >>
<< Perché ogni cosa si è nuovamente ribaltata >> rispondo. << Abbiamo combattuto un nemico che non conoscevamo. E’ bastato sforzarsi di capirlo perché si trasformasse in amico. Sarebbe stato sufficiente un po’ più di coraggio prima che le cose andassero troppo oltre. Quindi, mi chiedo … >>
<< … Capisco quello che dici >> mi interrompe << ed hai ragione. Eppure, tanto per non lasciar morire di fame il tarlo del dubbio, ti dico che hai anche torto >>.
<< Ma questa settimana >> obietto << ha dimostrato che non era necessario … >>
<< Circostanze, Shinji! Mi pare ancora evidente che ci siamo trovati in circostanze su cui non abbiamo avuto molte chance di influire; anzi, si può dire che almeno le condizioni di partenza della nostra storia ci sono semplicemente piombate addosso. Noi possiamo recriminare sulle decisioni che abbiamo preso ma neanche troppo >>. Furia Buia si alza e toglie alla meglio la polvere dal pantalone. << Guardali, Shinji! >> mi dice e il suo volto torna a dipingersi di amarezza. << Guarda i tuoi nuovi amici. Il nostro nemico ha davvero cambiato pelle non tanto perché abbiamo dimostrato buona volontà o cercato di guardarlo da un’altra angolazione. Sono state piuttosto la fame e la paura a trasformarlo. Noi ci siamo limitati ad offrire loro la via d’uscita di cui avevano un disperato bisogno >>.
<< Vuoi dire che prima … >> e lasciami sognare, dannato pessimista!
<< Un mese fa ci avrebbero sgozzati senza neanche darci il tempo di aprir bocca. E anche ora posso assicurarti che non ci amano. Molti di loro torneranno a diffidare di noi quando si sentiranno più sicuri, alcuni (non tutti), invece, hanno già ripreso ad odiarci di nascosto. La cosa peggiore è che probabilmente neppure se ne accorgono >>.
<< Nonostante ciò che abbiamo fatto >>.
<< Soprattutto per ciò che abbiamo fatto >> il Paparino inizia a camminare verso la porta di accesso al villaggio. << Dimostrandoci diversi da come ci avevano immaginato, dimostrandoci amici, abbiamo incasinato il loro universo >>.
<< Com’è possibile? >> mi rassegno a seguirlo.
<< Come credi che ci giudichino le persone che soltanto ieri ci ritenevano gli unici responsabili delle morte di figli e genitori, fratelli e sorelle? Abbiamo tolto loro il conforto che scaturisce dalla certezza che esiste un nemico a cui dare tutta la colpa e che, perciò, merita di essere punito. Tu dovresti essere un esperto in materia. Anche per loro >> continua mentre usciamo dal centro abitato lasciandoci alle spalle una recinzione un po’arlecchinesca ancora in fase di costruzione << noi siamo stati un concetto, i cattivi la cui fine violenta sarebbe stata un’adeguata ricompensa per il dolore patito. Adesso che vedono degli uomini simili a loro, distanti dall’idea che si erano fatti, la speranza di trovare soddisfazione viene meno, il senso di una karma inesorabile che compia per loro la tanto sognata vendetta si scolora e così i cari estinti sono morti invano. Il problema è che in tanti … sono morti invano >>.
<< Credi che un giorno smetteranno di odiarci? >>
<< Mi interessa di più che noi smettiamo di odiarci. Lo sai, perché ormai lo vivi sulla tua pelle, che le nostre abilità ci rendono speciali agli occhi degli abitanti di questa realtà. In pochi si chiedono se proviamo sentimenti o se conosciamo il dolore come capita a qualunque essere umano. E ancora meno saranno coloro che ci accetteranno perché raramente facciamo sentire al sicuro. In verità, noi mettiamo a disagio. Le persone si sentono indifese in nostra presenza … ma di questo te ne avevo già parlato >>.
<< E poi >> aggiungo << io sono pur sempre Ikari Shinji. Il mio nome ha influito molto sul corso degli eventi più di quanto non abbiano fatto tutte le nostre abilità messe insieme >>.
<< Così sembra >> risponde sovrappensiero. << Eppure non possiamo esserne sicuri dal momento che ciò che pensiamo di ricordare è … come un sogno >>.
<< Ti riferisci al fatto che questo mondo potrebbe essere falso? >>
Furia Buia inspira a pieni polmoni e guarda con rilassato distacco il cielo. << Hai visto che bella giornata? >>
<< E’ uscito il sole finalmente >> noto dopo un’occhiata veloce. << Tuttavia, preferirei che rispondessi alla mia domanda >>.
<< Non so dirti cosa sia vero o falso. Anzi, non ho la minima idea di cosa sia … qui. Non so dirti se si tratti del sogno di un dio … o di una dea, oppure di un universo alternativo al nostro. Potrebbe essere addirittura una mostruosa allucinazione di gruppo o l’unica esistenza possibile. Ma il problema possiamo porcelo solo noi che probabilmente non siamo di questo mondo e che, tuttavia, viviamo la contraddizione di esserne al contempo parte. Per tutti gli altri questa realtà è vera e noi dobbiamo tener conto che possiede una sua verità anche se non riesco a coglierla. Il Vecchio non disse forse che dovevamo riconoscerne l’importanza al fine di portare un po’ di giustizia ai suoi abitanti? >>
<< Credi di nuovo nel Vecchio? >>
<< No >> mi sorride. << Credo in te e in quell’altra vita che ricordi e che nel cuore sento anche mia. Scopriremo perché ci è capitata una simile avventura ma continuo a pensare che non saremo mai soddisfatti finché non sapremo chi siamo o, meglio, chi vogliamo essere. E per colmare questa lacuna ricordare il proprio passato può non essere sufficiente. Senza questa personalissima verità, infatti, nessun mondo è mai veramente reale, la vita diventa una prigione e finisce per svilupparsi come il sogno di qualcun altro. No, Shinji >> prosegue tornando a concentrarsi sul cielo. La voce si fa rugginosa e il suo volto inforca lentamente la maschera da uomo della guerra. << Questo mondo è vivo, ci riconosce come estranei, eppure esiste un motivo se siamo qui, un motivo importante che in qualche modo deve aver determinato le nostre scelte. Per questo >> stringe il manico del coltello << non dobbiamo arrenderci >>.
<< Hai trovato un motivo per combattere? >> domando elettrizzato.
<< Ahahahahah! >> ride di gusto. << Te ne posso elencare cento di buoni motivi per non combattere, per svignarcela da questo casino e tentare la sorte magari per vivere felici. E non dovrei neanche pensarci troppo. Shinji, io >> il Paparino torna serio e continua ad ammirare un cielo che sarebbe terso, come acqua limpida, se non fosse per alcune coorti di piccole nubi bianche che ora si avvicinano lentamente lasciando che il vento ne acconci i boccoli e il sole li illumini << non ho più bisogno di un motivo. Non sarà mai un motivo a dare un vero senso alla mia vita, soltanto ciò che scelgo di essere può farlo. Il senso è nella nostra stessa volontà, non in ciò che la eccita. E’ il senso che è già maturato in noi che si manifesta attraverso questo o quel motivo, che sia generale o specifico. In ciò sperimentiamo non uomo e animale ma uomo e dio >>.
<< Non capisco >>.
Furia Buia afferra il calcio del fucile. Mi attraversa un’altra scarica ma questa volta la interpreto come la premonizione di un pericolo. << Una missione >> riprende alzando il volume << è solo un insieme di atti da compiere per raggiungere un risultato, niente di più. Non abbiamo bisogno di una missione per stabilire chi siamo. E’ ciò che siamo che ci guida dicendoci se una missione vale la pena intraprenderla oppure no, se è giusto sopportare o meno le conseguenze. Eppure sono convinto che abbiamo una missione da compiere, probabilmente noi quatto miriamo allo stesso obiettivo. E dobbiamo svelare a noi stessi il segreto di una tale missione particolare e portarla a termine non perché costretti, non perché possiamo ma perché è ciò che vogliamo. Ciò che vogliamo, Shinji >> si volta emozionato verso di me. << Capisci? Non siamo condannati. Non è vero che abbiamo sbagliato tutto; più correttamente dovremmo ammettere che, piuttosto, abbiamo guardato dalla parte sbagliata >>.
<< Che sta succedendo? >> grido afferrandolo per un braccio mentre il cielo inizia a scurirsi.
<< Opposizione è solo una parola >> il Paparino a sua volta stringe il mio e ringhia. << Ogni cambiamento, ogni azione, ogni pensiero produce una resistenza. Se io mi oppongo a qualcosa è vero anche il contrario. Io mi oppongo in virtù delle circostanze, oppormi è una conseguenza perché  finalmente ne comprendo il significato. Portare equilibrio non significa niente in sé perché ogni equilibrio poggia su un punto e deve essere per sua natura instabile o non ci sarà evoluzione. L’equilibrio che invoco genera la sua ombra: lo squilibrio per qualcun altro.
<< Ci siamo accontentati di sperare >> stringe più forte per costringermi ad ascoltarlo << che ci fosse LA MISSIONE, quell’esperienza o quell’avvenimento o quell’obiettivo che potesse completare l’architettura della nostra esistenza e svelarci il piano del dio che ci possiede. Ma non può esservi missione se non si conosce l’obiettivo. E cos’è una visione? Un’idea generale e confusa di un mondo perfetto che come tale non è pensabile. Nessuna visione può redimere l’umanità perché non è in grado di conoscerla. Solo l’uomo può salvare se stesso e le persone che ama >>.
<< E il fatto che siamo … strani, allora? >>. Ciò che dice mi suona familiare e accetto di prestargli l’attenzione che mi chiede rinunciando a preoccuparmi della minaccia che prende forma di temporale e si fa annunciare da rulli di tamburo. << Allora, la nostra natura? >>
<< Anche parlare della nostra natura è stata una mistificazione. L’uomo è un universo infinito e la sua natura contiene, perciò, infinite possibilità. Alcune vengono alla luce per necessità, altre per caso, altra ancora per adattamento o per reazione agli avvenimenti che ci accadono. Interno ed esterno, uomo e dio danzano come due amanti e l’unico motivo che giustifichi questo gioco, ineluttabile in ragione della nascita, è la danza stessa. Ma io … guardami, Shinji! >> mi strattona per sottrarmi alla confusione. << Io posso scegliere chi voglio essere, posso scegliere cosa fare di questi poteri, posso scegliere quale porzione unica e originale delle mia natura incarnare. Proprio ora che tutto ciò che mi illudevo di capire si è rivoltato contro di me, proprio ora che tutto ciò in cui credevo ha perso valore e ho conosciuto la vera solitudine, io scelgo chi voglio essere. Io sono libero, Shinji! Sono libero di … accettarmi >>.
Tutte le emozioni che si era sempre sforzato di controllare, facendole filtrare attraverso i fori striminziti del setaccio di una ragione chiamata a rattoppare frettolosamente le ferite provocate da domande a cui non era possibile dare risposta, ora fuoriescono fluide dalla sua anima. Ciò che di sé aveva sempre temuto, come la più intollerabile delle imperfezioni, ora gli dona una lucidità che sembra non possa essere offuscata e una determinazione più rarefatta, meno esplosiva, ma che ai miei occhi appare tremendamente solida.
Deve essere questa la forza della debolezza.
<< I predatori, i mostri >> il Paparino ha altro da dire << li vediamo perché sono anche dentro di noi, ma se ci limitiamo a quest’affermazione, che pure è vera, rinunciamo a vedere l’altra metà dell’universo e alimentiamo la rabbia nei nostri confronti mentre combattiamo dei riflessi. No, i predatori e i mostri li consociamo perché esistono e ne facciamo esperienza. Noi continueremo a lottare contro i demoni, contro il caos che abbiamo dentro, contro la cattiva coscienza ma dobbiamo smettere di combattere contro noi stessi. Odiarci perpetua solo l’inganno e non ci è di alcun aiuto. Perciò voglio spezzare questo circolo vizioso e affrontare i miei avversari non perché credo che mi assomiglino ma perché ho qualcosa da difendere. Non sono schiavo della mia natura e, se la guerra è ciò che so fare meglio, ora so perché sono disposto a lottare: per proteggere i confini. Predatore sarà chiunque tenterà di depredare la mia casa, mostro chiunque vorrà distruggerla. Non sei condannato, Shinji! Nessuno di noi lo è >>.
<< Chi sei allora? >> rispondimi prima che sia tardi!
<< Io sono la scelta che ho già fatto. Io difendo i confini, io sono il guardiano del limite, io … sono l’essenza stessa del limite. Io mi oppongo perché da qualche parte ho una casa da proteggere, perché qui ho una casa da proteggere. Ti è chiaro, Shinji? Io posso partecipare alla festa dei giusti, io posso tornare alla mia casa senza sentirmi uno straniero, senza sentirmi in difetto. Io mi trovo fuori dalle mura non perché devo, non perché posso, ma perché così voglio, perché solo così posso trovare il mio equilibrio. Mi hai detto che … non distrarti! >> Furia Buia deve gridare per impedirmi di cedere all’inquietudine che mi suscita la rapida trasfigurazione dell’ambiente circostante. << Mi hai detto >> riprende << che il tuo passato, la notte in cui sei diventato un cacciatore[11], ti ha svelato la missione che ci eravamo dati in quell’altra vita. La ricordi ancora? >>
<< Dovevamo semplicemente difendere le nostre case >> rispondo distratto e allo stesso tempo intimorito da un improvviso e assordante frastuono, come lo squillare di centinaia di trombe. << Nostro compito era trovarle intatte al ritorno. Nient’altro, soltanto questo >>.
<< E non era forse un buon motivo per essere cacciatori? >> Furia Buia si avvicina. << Non è stato, forse, per quest’unico, semplice e finalmente chiaro obiettivo, che tu ci hai regalato il nostro giuramento? Non so dove sia la mia vera casa ma ora sono pronto a scoprirlo >>.
Furia Buia mi lascia andare, sospira e torna a fissare il cielo, ora coperto da nuvole color della pece, che viene squarciato e infiammato da saette di luce.
La tempesta ci ha raggiunti.
<< Che state facendo? >> ci raggiunge alle spalle, appena riconoscibile, la voce di Orso. << Dobbiamo metterci al riparo >>.
<< Cazzo! >> esclama Musashi. << Che diavolo succede? >>
Se non fosse per i lampi ormai non vedremmo ad un palmo dal naso. Il sole è stato inghiottito da un unico fronte scuro che punta dritto su di noi.
<< E’ venuta a prenderci >> spiega, stranamente calmo, il Paparino.
<< Non dovevi sfidarla! >> lo rimprovera l’omone.
<< Dai, togliamoci da qui! >> ci esorta il Biondo.
<< Non ci lascerà andar via >> ribatte il ciclope. << Non esiste luogo in cui possiamo nasconderci. Se restiamo qui, forse distruggerà soltanto noi >>. Con un braccio protegge il suo occhio umano dalla polvere che forma piccoli vortici, con i talloni traccia un solco sul terreno. << Io non mi muovo da qui >> dichiara ancorandosi al manico del coltello.
<< Che ti prende? >> si incazza Musashi che prova a tirarlo per la maglia. << Così ti farai ammazzare >>.
<< Io sono dove ho scelto di stare, oltre questa linea >> il Paparino si libera e torna a concentrarsi sulla tempesta che ci ha trovati. << Pensavi che sarei fuggito ancora? >> le grida << Non ne posso più di fuggire. Perciò mostrami di cosa sei capace, bastarda! >>
Un violento ruggito prorompe dalle nubi che scaricano altre scrosciate di fulmini.
<< Non ce la faremo mai >> mi sgolo sperando di convincerlo a desistere da questa follia.
<< Andatevene! >> reagisce Furia Buia il cui viso e la cui voce non tentano neanche di dissimulare il panico. << Mettetevi al riparo! Rimango io qui. Voi non siete costretti >>.
<< Che diavolo dici? E’ stupido! >> gli strillo contro.
<< Lo so che è stupido, lo so che è inutile e sto morendo di paura ma io non mi muovo da qui! Credi che un guardiano possa battere in ritirata proprio quando sta arrivando il nemico? >>
<< Perché? >> riprova Musashi incurante dei capelli che gli frustano le guance e lo accecano.
<< Perché così voglio! >> di rimando Furia Buia.
<< Sei un maledetto egoista! >> sbraita Orso la cui voce potrebbe perforare i timpani del dio che abbiamo di fronte. << Lo sai che non possiamo lasciarti solo, Paparino >>.
<<  Non esistono egoismo e altruismo e non esiste nessun Paparino. Spetta a voi scegliere cosa fare. Ciò che decidete e perché è solamente una vostra responsabilità >>.
Vorrei scappare e cercare un riparo esattamente come Orso e Musashi, persino come Furia Buia che, nonostante l’ostentata spavalderia, si fa violenza per non indietreggiare dimostrando ancora una volta quel suo lato ostinato del carattere che ci manda puntualmente in bestia.
Tutto dentro di noi ci prega di fuggire, eppure rimaniamo fermi ad attendere che si scateni l’ira di un dio.
<< Come faccio a prendere a pugni una tempesta? >> schiamazza Orso che agita in aria le sue grandi mani.
<< Mi sono appena fatto la doccia >> si lamenta, solo apparentemente più compassato, il Biondo. << Ti rendi conto, stronza, che qui farsi una doccia è un lusso? >>
<< Come fai a saperlo? >> artiglio con violenza Furia Buia tirandolo per la maglia. << Se devo rischiare la pelle, devi dirmelo! Dimmi come hai fatto a capire chi vuoi essere! Dimmi come hai fatto a scegliere! >>
Il Paparino rinuncia ad estrarre il suo trofeo dalla lama seghettata e accostandosi al mio orecchio confida: << E’ come essere innamorati, Shinji. Voglio che tu viva >> mi prende per la nuca e poggia la fronte sulla mia. << Voglio che tu viva per scoprire cosa si prova. Impara ad amarti, ragazzo! Resisti a ciò che non vuoi essere ma accettalo perché è una parte di te e a suo modo ti indica la via che conduce a te stesso, al centro più puro della tua volontà, così intima che non può che essere la tua, così immensa che non può essere soltanto tua >>.
Mi lascia bruscamente e con uno scatto del busto torna in posizione mentre io fatico a raccogliermi nel momento presente, disorientato dal casino che si sta scatenando e dalle parole di quest’uomo che trova il modo di rialzarsi ogni volta che l’arbitro ha quasi terminato il conteggio.
I dardi infuocati smettono di cadere a casaccio e colpiscono con precisione che aumenta man mano che il cuore della tempesta si approssima. Il mostro aggiusta la mira e calibra la potenza squassando al suo passaggio la terra che reagisce deformandosi e gonfiando le vene che tendono la pelle della crosta e si diramano come lingue di fiamma ad imitazione dei fulmini in aria.
Furia Buia resta immobile e lascia dormire i suoi poteri.
<< Coraggio attivati! >> lo imploro dopo essermi tolto la benda. L’occhio destro è già acceso e inizia a formulare un at field dalla forma e dalla funzione ancora incerte perché a frenarmi è proprio l’incognita del Paparino che non accenna a reagire. << Che fai? Attivati, maledizione! Dov’è finita la tua voglia di difendere i confini? Combatti, accidenti a te! >>
Ancora pochi secondi e i proiettili luminosi lo ridurranno a un mucchio di cenere.
<< Papà, muoviti! >> gli ordino con tutta la paura e la rabbia che ho in corpo. << Apri quel dannato occhio o ti ucciderà! >>
<< Allora >> Furia Buia butta fuori l’anima per parlare, << proteggimi!!! >>
Spalanco il mio occhio sinistro lasciando al calore del sangue che cola lungo la ferita il compito di attenuare il dolore e, sistemandomi nella posa dell’oplita che attende di assorbire l’urto della fanteria nemica, materializzo una grande cupola di at field proprio nell’istante in cui il primo fulmine centra il bersaglio.
La corazza è così solida che la saetta sembra rimbalzare in cielo per ferire la mano che l’aveva lanciata e così lucida che possiamo guardare all’esterno e al contempo specchiarci.
La concentrazione è ferma, il cuore è in rivolta.
Un battito del cuore appena fuori tempo mi dice che non sono solo nelle profondità di Shinji.
<< Se devo morire oggi ho bisogno … ho bisogno di saperlo >> il Paparino mi parla e la sua voce trema per l’emozione << Ti vergogni ancora di … >>
<< Nooo! >>  rispondo con sicurezza poco prima che un’altra scarica elettrica riveli la struttura prismatica di un at field.
Il Paparino emette un soffio prolungato mentre il torace si svuota e, lasciandomi spazio, dice: << allora  fa’ un buon lavoro e proteggi la tua casa! Siamo nelle tue mani >>.
L’atmosfera al di fuori scoppia torturando l’oscurità; all’interno si satura invece di una carica che pare non voglia decidere quale stato della materia assumere. Ai confini, l’at field trasforma la luce bianca a cui resiste in una sinfonia di arcobaleni che fanno spalancare la bocca al Biondo. << Dio, che meraviglia! >> esclama estasiato.
Non partecipo alle sue emozioni, non mi godo lo spettacolo; dissanguo, invece, corpo e mente per restare allineato e scaricare a terra la forza che bypassa il mio stesso scudo e riverbera fin nell’ultima delle mie ossa.
Il fuoco che ci circonda è come quello che brucia dentro di noi. Ha distrutto solo ciò che poteva essere distrutto, le illusioni e le finte risposte da cui ci siamo lasciati sedurre per non dover ammettere che avevamo smarrito la strada. Ora gli sterpi bruciano insieme a tutte le parole senza senso, sono già fumo e brace. Un giorno renderanno fertile la terra e forse permetteranno a buoni semi che ancora dormono di diventare i frutti che sognano di essere.
La luce dei lampi illumina la mia oscurità e vedo nitidi, nonostante la cecità di quella notte, quando neanche un razzo solcava più il cielo, i volti delle persone che ho ucciso[12]; assisto alle fasi concitate di altre battaglie che non ricordo di aver combattuto ma che sono certo di aver vinto; sono testimone delle lacrime che cadono, spinte fuori dall’orrore di tante insane vite trascorse sempre in guerra per difendere idee tanto semplici che anche un bambino con le sue piccole mani potrebbe afferrarle.
Un altro battito fuori tempo.
 
Queste sono le indistruttibili mura di Gerico!
Non compresi quelle parole, che Shikinami non ha mai detto, e non me ne faccio una colpa perché l’altro Shinji era troppo occupato a coprire i varchi nella propria guardia e non poteva immaginare che Asuka fosse così divisa da sé da creare delle mura nella segreta speranza che lui le distruggesse.
La porta che mi sbatté in faccia avrei potuto aprirla con un dito.
 
Tra noi e la tempesta la distanza è pari a zero e i tuoni rimbombano in simultanea. La barriera regge ma è sensibile e pulsa ad un ritmo sempre più frenetico come se fosse in procinto di essere travolta dalla violenza delle onde sonore. Se la mia disciplina non mi obbligasse a restare immobile, scolpito nella postura che da mesi adotto per imitare il Paparino, mi coprirei le orecchie e griderei: << basta, per pietà! >>
Un altro battito fuori tempo.
 
Una marea di voci invade il mio cervello, sono le voci della memoria. Migliaia di lamenti che danno forma al lutto delle anime che furono strappate dai loro corpi quando pronunciai le parole del giudizio universale.
Tutto è iniziato con quel morte, morte a tutti. Morte anche a me stesso.
L’occhio sinistro brucia come se volesse carbonizzarmi, alimentato dal grido disperato di un’Asuka straziata dalla lancia che le ha appena trapassato l’occhio. Piango ascoltando il secco rumore del metallo che trafigge e separa i tessuti del suo braccio dividendolo in due parti uguali. Ascolto l’ultimo rantolo di Tasoichi e della prima persona in assoluto a cui ho reciso consapevolmente il filo della vita. Resisto a tutto questo solo in ragione di quel no! e del successivo che schifo! che ora si levano dalla massa di angoscianti ululati e coprono come un mantra intere esistenze per ricordarmi ciò che ho fatto e quanto il mio mondo si riduca per necessità o sfiga ad una sola persona.
 
<< Ce la fai? >> mi chiede il Paparino.
<< Ci provo >> ansimo e sputo.
<< Resisti! >> mi esorta << La tua barriera attira i fulmini. Il villaggio non è stato colpito >>.
La mia casa è ancora intatta.
E’ vero, noi non portiamo solo la morte. I nostri poteri non sono soltanto la nostra maledizione, forse sono davvero metafore distorte della paura che abbiamo conosciuto e dei traumi che abbiamo sofferto in quell’altra vita. Ma qui, proprio in questo momento, proteggono le persone. << Forse posso davvero … riportarla a casa. Forse io non sono uno sbaglio. Forse io posso tornare con lei >>.
Si ma quale casa? Io non conosco la mia casa, io ho sempre avuto una casa e sono sempre fuggito per paura di perderla, di essere cacciato, di non essere perdonato.
Un battito più forte mi trafigge il petto.
 
Misato sta piangendo mentre io resto fuori dalla porta perché non so cosa fare, non so come possa un bambino darle conforto, io non posso fare niente.
Asuka siede composta e immobile mentre fissa in silenzio la superficie del tavolo in cucina. Sono passate ore, il suo corpo respira, talvolta dondolando in avanti; la mente invece è persa. Neanche con lei so cosa fare, non riesco ad aiutarla perché non la capisco, perché non ho mai voluto capirla, perché lei non ha mai provato a capire me, perché anch’io ho bisogno di aiuto e io non so darmelo.
Io non ho difeso la mia casa perché non sapevo difendermi.
 
Un cazzotto impatta sul mio braccio.
<< Fa’ attenzione, Shinji! >> mi risveglia Orso. << Non  perdere la concentrazione. Ora arriva la grandine >>.
Frustrata dalla mia resistenza, la tempesta mena sassate di ghiaccio con animalesca ferocia, grugnendo come, come …
<< la bambina è infuriata >> ghigna Musashi.
Osservo la pioggia solida color bianco sporco cadere dal tappeto di pece che nasconde il sole e mi pare di scorgere lo spettro di una bambina che sfoga la sua rabbia mugolando e lanciando pugni scomposti e innocui. Si, una bambina dai capelli rossi ha gli occhi chiusi e tira pugni senza rendersi conto che non possiede sufficiente forza per arrecar danno.
La fantasia ha vita breve poiché davanti a noi non c’è una bimba arrabbiata ma la furia di un dio che carica le sue catapulte di macigni per abbattere quattro insetti solo un po’ meno comuni rispetto alla media.
<< Il villaggio! >> grido.
<< Questa poi … >> si lascia andare Orso. << La grandine piove soltanto sullo scudo. Ce l’ha proprio con noi. Mi raccomando, resisti! >>
<< Perché non mi dai una mano, Paparino? >> imploro mentre le gambe si piegano facendomi perdere centimetri in altezza. Le piccole comete che la tempesta ci scaglia contro non intaccano la solidità dell’armatura ma ne ammaccano la superficie e la spingono verso la sua fonte. << Sto per andare in riserva >>.
Furia Buia sembra non curarsi della sfida in corso. Osserva tutto e non presta attenzione a niente, se ne sta in piedi tra me e Musashi, assorto come se cercasse di capire o, peggio, di pianificare qualcosa. Lo so che è un buon segno ma << ti sbrighi?! >>
<< Sta perdendo forza >> risponde ancora pensieroso e nella sua voce non trovo niente di rassicurante.
Un colpo più forte mi costringe a svuotare un’altra tanica di benzina. I capillari cedono e il naso sanguina.
Un altro battito fuori tempo.
 
Asuka stringe il mio naso tra le dita mentre le sue labbra si incollano alle mie e la sua lingua cerca impacciata di far vivere la mia lingua. Avrei voluto rispondere a quel bacio pur sapendo che non era me che voleva. Temevo che, se avessi accettato di giocare mi avrebbe spinto via, temevo che se avessi partecipato alla festa non mi avrebbe più invitato perché io ero Ikari Shinji e sbagliavo sempre, qualunque cosa facessi. Quelle dita mi stavano togliendo la vita e il suo alito nella mia bocca non saziava la fame d’aria dei polmoni.
La sua mano accarezza la mia guancia e poi … Ogni suo tocco è l’anticamera del dolore, ogni sua parola è una punizione. Non vorrei conoscere cos’ha nel cuore perché lei non ha mai voluto sapere cosa ci fosse nel mio. Eppure allo stesso tempo desidero conoscerla perché è simile a me e l’occhio non può vedere se stesso. E desidero conoscermi perché forse potrei trovare il coraggio di farla alzare da quella sedia e  abbracciarla invece di sporcarla.
Perdonami, Asuka. Perdonami
 
<< Shinji! >> sento esultare Orso. << Ce l’hai fatta. Si ritira >>.
Uno squarcio nel soffitto notturno lascia passare un raggio di luce che illumina una piccola oasi scintillante nel deserto scuro della terra e lancia tutt’intorno schizzi di colore sfruttando il riflesso prodotto dal ghiaccio che si scioglie.
Riduco l’intensità dello schermo per rifiatare ma non spengo del tutto la concentrazione, né abbandono la postura che la facilita.
<< Papà >> mi rivolgo stremato a Furia Buia, << è finita, vero? >>
Il Paparino guarda oltre la barriera in direzione della falla nella nave nemica da cui timidamente si affacciano nuovamente piccoli ricci bianchi di vapore condensato. La sua espressione è indecifrabile, forse sta cercando indizi che gli permettano di rispondermi. Dopo un po’ spezza le impalcature dello stentato sorriso che i secondi di quiete stavano costruendo sul mio viso. Abbassa il capo e sospira rassegnato.
<< Nooo >> esala inorridito Musashi con gli occhi e la bocca spalancati.
La tempesta ha tappato il buco e, esiliato di nuovo il sole, ora caccia un latrato lugubre di intensità crescente. Il mio scudo, che ormai è ridotto a poco più di un velo, si deforma e inizia ad ondeggiare sotto la spinta di un vento micidiale.
Il Paparino si volta verso di me. << Mi spiace, Shinji, non vuole arrendersi >>.
Dal cuore pulsante del fortunale inizia a prodursi un gigantesco vortice che, come un orizzonte degli eventi, ricombina la forma del fronte e svela al suo interno una sfera massiccia che fagocita la luce.
<< E’ il suo occhio >> Musashi pensa ad alta voce.
Nessuno risponde, io non oso farlo perché la memoria mi ha appena suggerito una spaventosa associazione.
Il vortice ricopre l’occhio del dio che per pochi secondi aveva svelato e punta verso terra formando una colonna che si restringe in basso. E ora procede veloce sospinta dall’alternanza di contrazioni ed espansioni che ne deformano il corpo.
<< Quella cosa respira >> dice Orso che poi aggiunge puntando un indice in avanti: << che strano tornado. Guardate! >>
In effetti la nuova espressione della tempesta dalla natura ha soltanto preso in prestito una forma riconoscibile, mentre la sua vera sostanza si rivela nei dettagli. La superficie, infatti, è composta da gigantesche lamine di metallo il cui corpo è così liscio da essere perfettamente aerodinamico al contrario del bordo irregolare, quasi rugoso. Le foglie d’acciaio si incastrano tra loro come le scaglie di un serpente e ognuna partecipa del moto uniforme del tutto roteante, che dà l’idea di un gigantesco trapano azionato da una mano invisibile.
Il finto tornado sembra saltellare sul terreno e non divelle la terra al suo passaggio, non abbatte i radi tronchi che non si trovano sul suo cammino. Eppure è al tempo stesso vento impetuoso - così arriva a noi attraverso la barriera che non ho più energia per rinforzare - come una corrente inarrestabile, come la pioggia di lance che preannuncia il corpo a corpo tra soldati già in formazione da battaglia.
I fulmini cadono dall’apice della tempesta lungo i suoi fianchi come ciocche spettinate di capelli dorati.
<< Non è un tornado >> trovo, nonostante la disperazione che mi atterrisce, il coraggio di parlare: << è un Angelo >>.
<< No >> ribatte il Paparino che si è appena avvicinato a me. << Gli Angeli non hanno né coscienza né volontà. Distruggono senza saperlo. Quell’essere sa perfettamente cosa sta facendo >>.
<< Papà, aiutami! Non ce la faccio da solo >>.
<< Guardami, Shinji! >> Furia Buia si è avvicinato ed ora al mio fianco protende il braccio sinistro già piegato e si posiziona in una guardia speculare alla mia. << Lo sai che i nostri muri sono differenti perché restano individuali. Pertanto, verranno travolti facilmente. Sai anche >> continua mentre il suo occhio magico lentamente si apre << che due at field che impattano tra loro o si respingono o si annullano come ci è capitato con Gendo poiché la loro essenza è la separazione e la loro forma è un confine >>.
<< Ti pare il momento? >>
<< Ascoltami, Shinji! >> ordina e la sua iride s’illumina. << Devi fidarti di me. Devi capire che un at field è un limite e che è necessario come la terra sotto i nostri piedi. La separazione crea relazione e l’opposizione, la guerra, è solo una possibilità. Noi, però, riusciamo a proteggere anche altri con le nostre barriere, noi riusciamo ad includerli come se fossero noi. L’uomo riflette se stesso nella sua casa e nelle persone che l’abitano e lui e la sua casa sono una sola persona; si estende fino a comprendere un villaggio e lui e il villaggio sono una sola persona; si specchia nel mondo e lui e il mondo sono una sola persona.
<< E’ così anche all’interno >> continua a voce alta. << Noi stessi siamo un mondo popolato da tante persone, tutte separate tra loro. E anche questo è un bene o niente esisterebbe, niente sarebbe vivo. Nella relazione tra le sue parti l’uomo può scoprire l’armonia >>.
Ascolto le sue parole e la mia ansia si placa.
<< Tanti sono gli strumenti, in noi c’è una moltitudine di strumenti, noi stessi siamo uno dei molti strumenti di un intero universo. Ma, se non fossero separati, nessuno di questi potrebbe suonare le sue note particolari. La MUSICA è sempre una, è ciò che armonizza le parti >>.
<< Perché mi stai dicendo tutto questo? >>
<< Per distrarti >> risponde sorridendo con un’innocenza che non so come interpretare << Osserva!>> indicando la barriera. << Ti sei fidato di me e, mentre mi ascoltavi, hai lasciato che accordassi i miei strumenti ai tuoi >>.
Mi volto anch’io e riconosco il muro di at field uguale eppure diverso da quello che finora avevo mantenuto con le mie sole forze. Sento scorrere, attraverso la superficie elettromagnetica, proiettata dalla mia anima per mezzo dell’immaginazione, un’energia che mescola più vibrazioni e produce un suono unico, intenso come la rinnovata resistenza che oppone alla minaccia e avvolgente come la protezione che ci offre.
<< Ora, combattiamo insieme >> si gasa il Paparino che getta altra legna sul fuoco. Mentre avanza con il busto, quasi volesse colpire la tempesta con una testata, il suo occhio rilascia un bagliore talmente intenso che mi impedisce di distinguerne le fattezze.
Vi ho visti camminare insieme come fratelli, aveva detto il Vecchio.
<< Che facciamo, Musashi? >> grida Orso.
<< Non c’è niente che possiamo fare >> gli risponde il Biondo con fare rassegnato. << Potevamo solo decidere se restare e l’abbiamo fatto … Ora lasciamo lavorare i nostri due diavoli custodi. Siamo nelle loro mani >>.
Il tornado di metallo colpisce e mette alla prova la solidità della difesa che io e il Paparino stiamo facendo vivere, dimostrandomi ancora l’intima connessione che c’è tra me e l’at field.
La mazzata si infrange contro il muro e io sento di esser stato colpito. Un altro colpo e sento stridere le ossa della faccia, un terzo e nelle orecchie scoppiano migliaia di fischi, un quarto e il sibilo dalle orecchie passa a entrambi gli occhi trasformando le onde sonore in bagliori di luce.
La tempesta carica e colpisce, carica e colpisce, ora flessibile e sinuosa come un serpente che si inarca e si drizza prima di allungarsi e mordere, ora rigida e pesante come un gigantesco pistone. La sua bocca talvolta si chiude a punta, come il pungiglione di uno scorpione, per trapassare la pelle e far penetrare il suo veleno, talvolta si spalanca come le fauci di un gigantesco verme, per inghiottirci in un sol boccone.
Un nemico, normale o straordinario, investe energie nel combattimento e così facendo le spreca. Ma la mostruosità che continua ad abbattersi su di noi è oltre le regole della natura a cui ha rubato le sembianze. Ogni assalto è più potente di quello precedente e l’intervallo si riduce come lo spazio da difendere e il braccio con cui idealmente mantengo in sospensione lo scudo di energia perde il suo angolo, un grado dopo l’altro.
<< Papà, facciamo un passo indietro >> ululo affaticato mentre la mano è quasi arrivata a lambirmi il petto. << Sto per cedere >>.
<< Non possiamo >> risponde paonazzo e ingobbito. << Se indietreggiamo colpirà il villaggio. Non ci darà tregua >>.
<< Solo un passo indietro >> ripeto. << Dobbiamo sistemarci meglio. Ti prego! >>
<< No, non possiamo >> replica.
<< Brutto stupido! >> perdo le staffe. << Non puoi farci morire per il tuo dannato orgoglio >>.
<< Non è per orgoglio, Shinji >> mi dice mentre con la mano destra spinge sull’avambraccio. << Non possiamo perché … >> copiose lacrime iniziano a colare dal suo occhio umano,<< mi dispiace, non serve a niente >>.
Furia Buia grida e dà fondo alle ultime scorte per tappare i buchi che la violenza di quel pestaggio continua ad aprire nella nostra guardia.
<< Perché, perché? >> domando non so se a lui o a me. << Perché allora dovremmo combattere? Perché combattere se non serve a niente? Perché resistere se … abbiamo già perso? >>
La tempesta annusa la paura e lo sconforto che avanza nei cuori dei difensori, comprende che la capitolazione è solo una questione di tempo e si inebria del profumo della vittoria. Scalcia e percuote con selvaggio vigore e fa tremare l’atmosfera che si satura, fino a scoppiarne, del chiasso della morte. Non sono più i pugni di una bambina, non è più il gorgoglio di una rabbia che sta per trasformarsi in pianto. Questi sono i colpi di una donna adulta e potente che scatena su di noi la sua natura incontenibile.
Un bagliore più intenso, un battito nuovo.
 
Sono seduto di fronte ad Asuka in quella che da tempo ho rinunciato a reclamare come casa mia. Soryu ha posato una mano sul mio ginocchio. I suoi occhi sono così caldi, il suo viso è triste, la sua mano è bella da vedere nonostante le nocche pronunciate e la sua voce è tanto amorevole che mi chiedo se sia davvero lei, dal momento che tutte queste attenzioni le sta riservando a me.
<< Credi che delle scuse sarebbero sufficienti? >> mi chiede o mi rinfaccia, << E, se così non fosse, dimmi: esiste una parola o anche un gesto, per quanto assurdo … esiste secondo te un semplice gesto, purché sincero e coraggioso, che possa aiutarmi a tornare a casa? >>
Con una mano stringo la mia arma e irrigidisco il braccio affinché il comando non venga eseguito, l’altra è chiusa a pugno e trattiene il tessuto del pantalone per non cedere alla tentazione di interrompere il gesto più simile ad una carezza che mi abbia mai regalato.
Non avevo capito che, a modo suo, voleva suggerirmi una via d’uscita, la soluzione ai problemi di una vita trascorsa di fallimento in fallimento alla ricerca di un riscatto. Lei aveva capito come abbattere il muro che ci divideva e aveva visto il muro che mi divideva da me stesso. Eppure neanche lei sapeva esattamente tradurre in azione una tale conoscenza, altrimenti avrebbe parlato più chiaramente. Offrendomi un consiglio, mi aveva chiesto allo stesso tempo di aiutarla a superare la sua stessa divisione, altrimenti avrebbe scelto un altro momento, altrimenti mi avrebbe dato la possibilità di capirla.
Ma io non capii e conclusi che aveva appena condannato a morte la speranza di porre rimedio ai miei torti e dichiarato l’inutilità di tutti gli sforzi e di tutti i sacrifici che avevo sopportato per ristabilire un po’ di ordine nel nostro caos.
<< Hai ragione, Asuka >> risposi. << Non c’è! >>
 
<< Perché mi fai questo? >> levo il mio lamento alla tempesta. << Perché vuoi ucciderci? Chi diavolo sei? >>
La colonna si alza fino a metà della corsa, la bocca si spalanca mostrandoci il cuore massiccio del dio o del diavolo che la governa. L’occhio sembra ancora più grande e più nero e profondo, eppure la superficie è talmente lucida che possiamo indagarne l’interno. Strisce colorate nascono da quell'oscurità indescribile e si affacciano sul confine della sfera risputando parte della luce che essa aveva inghiottito; si mischiano tra loro e ruotano e fuggono finché non generano un’immagine, un volto.
<< Quella è la mia faccia! >> esclamo sbalordito mentre braccia e gambe si svuotano di colpo.
<< Sono io! >> ansima Furia Buia.
<< Non ho la barba, io non ho la barba >> si dispera Orso toccandosi il viso, anche lui ipnotizzato da ciò che vede nel cuore del gigantesco occhio.
<< Ma quello sono … quello … >> balbetta Musashi, << quello è, quello è … Chi è quello? >>
<< Se tanto mi dà tanto >> reagisce Orso, << sei tu, imbecille >>.
<< No >> si arrabbia Musashi dimenticando che la falce già ci punge la gola. << Quello non mi assomiglia affatto. Sembra Matsuda >>.
Che la visione fosse una risposta data dal mostro alla mia domanda o il riflesso del timore più profondo che per mesi noi quattro avevamo condiviso o addirittura il più subdolo dei trucchi, la tempesta ha conquistato un definitivo vantaggio e, approfittando della ridotta concentrazione dei suoi avversari, assesta la più tremenda delle percosse.
<< Arrivaaaa! >> ha giusto il tempo di gridare Furia Buia.
La barriera si sbriciola e l’onda d’urto ci scaraventa a terra.
Mentre cado, l’ennesimo battito fuori tempo mi informa che un altro pezzo dell’esistenza di Shinji chiede di parlare alla mia coscienza.
Non ho neanche l’animo di spaventarmi, perciò lo lascio passare sperando che faccia buona compagnia ai miei ultimi istanti e, intanto, osservo il Paparino che già supino a fatica si dimena per recuperare dalla botta e rimettersi in piedi.
 
Ho la febbre e la faccia mi fa male. Non mi sono del tutto ripreso dall’anestesia e non mi curo di cambiare i vestiti ancora imbrattati di sangue, prevalentemente mio. Mi hanno detto che è andato tutto bene ma voglio esserne certo. Un occhio solo mi basta.
Asuka non risposa nel nostro letto, ha l’aria stremata mentre osserva con gli occhi lucidi un fagotto rosa che dorme accanto a lei a portata di mano. Mi ha visto ma finge di non accorgersi della mia presenza.
Parliamo o forse no, tutto si confonde in una nebbia che dà sonnolenza. So solo di essermi perso nella visione di una neonata, che non resisto alla tentazione di toccarla per sincerarmi che non stia sognando, che ho paura di infettarla tanto sono malmesso.
La nebbia si rianima e torna a comporre momenti che ho già vissuto.
Sto uscendo dalla stanza, come al solito con la coda tra le gambe. Asuka si è girata dall’altra parte e oppone le sue spalle alle mie. << Comunque >> mi rivela quando sto per chiudere la porta dietro di me, << è tua figlia >>.
Terrore e gioia mi inchiodano alla parete facendomi esclamare:<< io sono padre. Io … >>
 
Non posso morire!
 
Dal centro di non so quale parte di me giunge altro carburante che riattiva entrambi gli occhi e fa sfrigolare il braccio che un Eva mi ha prestato.
Scatto in piedi e carico il mio colpo.
Devo resistere, resistere alla tempesta dell’anima. Se nel mio cuore riesco a resistere al caos e alla dispersione, allora potrò ancora aggiustare una vita storta, allora potrò ancora riportarla a casa e tornare con lei. Se resisto ho ancora una possibilità di scovare un principio di ordine nel caos. Io sono un cacciatore e me ne basta mezza.
Concentro l’energia lungo l'arto completamente steso. Imbraccio il fucile e prendo la mira puntando al cielo il palmo della mano.
Furia Buia ha trovato un senso; anzi, lui è diventato il senso stesso che genera i motivi con cui può direzionare il suo moto. E’ diventato tutt’uno con una volontà che ha scoperto per grazia di un amore che non so neanche come immaginare e ama ciò che per necessità ha scelto di essere. Io non conosco ancora l’amore e non sono ancora abbastanza maturo per diventare il creatore dei miei significati. Io, però, non ho mai perso il senso di una missione da compiere, non sono riuscito a fuggire abbastanza lontano da dimenticarla poiché è stata scolpita nel mio cuore anche da Asuka. E’ stata proprio lei a scegliere i caratteri che sono in grado di leggere ma non di comprendere. Le parole che la racchiudono hanno continuato a mantenere il loro valore. Mi sono ingannato e ho ingannato i miei fratelli perché avevo paura. Non temevo di essere un inetto, temevo che per l’ennesima volta avrei scoperto che combattere era inutile.
Inquadro il bersaglio, l’occhio che ci guarda e ci riflette.
<< Io non mi arrenderò >> urlo a quel dio o diavolo. << Io sono ancora in piedi, io ho ancora una possibilità e ne troverò altre finché avrò vita >> anche se ciò che devo fare è insignificante per il mondo, anche se la mia missione è inutile.
Sparo la fucilata elettromagnetica e un fascio multicromatico divide l’aria e centra il cuore della tempesta che non ha neanche cercato di difendersi.
Strozzo un grido di esultanza e assisto angosciato allo spreco dell’ultima chance di vittoria.
L’occhio del ciclone infatti non è stato attraversato, non è stato trapassato, ha letteralmente ingoiato il fascio di energia facendosi beffe dei miei giocattoli.
La colonna fino a quel momento in attesa a mezz’aria si ritira creando un unico, uniforme cerchio  di nubi cariche di pioggia che ruota intorno alla massa globulare. L’occhio ora è fornito di palpebre e i fulmini che si allungano e si ritirano come gli artigli di un felino sono le ciglia.
<< E’ finita >> mi dico. Indietreggiando inciampo in una piccola irregolarità del terreno e, privato anche della forza di resistere, crollo di schiena.
<< Paparino, ne hai ancora? >> chiede Musashi che timidamente prova ad alzarsi.
Furia Buia, invece, o perché ha rinunciato o perché non ce l’ha fatta, rimane a terra e osserva l’occhio scuro con uno stupore infantile dipinto sul viso. << Forse >> risponde, << ma ci farebbe guadagnare solo qualche secondo >>.
<< A me piacciono i secondi >> risponde il Biondo.
<< Ahahahahah >> il Paparino non si trattiene e ride di cuore. << Ha vinto! >> ammette. << E’ più forte di noi perché noi l’abbiamo alimentata. Gli invincibili cacciatori sono stati sconfitti, siamo noi la causa della nostra sconfitta >>.
<< Che ci trovi da ridere? >> lo interroga Orso.
<< Rido perché abbiamo perso … finalmente >>.
<< Non riesco mai a capirti, Paparino >> sospira Musashi accovacciato con un ginocchio a terra.
<< Allora siamo in due >>.
<< Il villaggio almeno è salvo? >> domando.
Orso si gira su un fianco e allunga il collo per esaminare le condizioni delle case alle nostre spalle. << Così pare >> ci informa coricando di nuovo la testa. << In fondo, mi sta bene >>.
<< Cosa sta facendo la tempesta? >>
<< Non lo so, Shinji >> confessa l’omone. << Forse aspetta di finirci >>.
<< No! >> Furia Buia, come colpito da una frustata, con un colpo di reni si mette seduto e, voltandosi verso me, dice: << aspetta di fare un passo >>.
<< E perché non lo fa allora? >>
<< Perché non sa come farlo >> risponde con sicurezza il Paparino. << Anzi … >> dà un’occhiata al villaggio e bisbiglia a se stesso: << non possiamo solo distruggere >>.
Furia Buia lentamente si alza, riprende ad indagare l’occhio gigantesco ma senza dare l’impressione di volerlo sfidare, avanza di un passo e slaccia il cinturone. Lascia cadere le armi accompagnandole finché il braccio lo permette.
<< Che fai? >> gli chiedo sorpreso. Ho sempre pensato che Furia Buia non sarebbe mai morto disarmato.
<< Provo a capire la tempesta >> svela il suo assurdo piano. Poi parla al dio: << tu non hai ancora deciso se fare o meno un passo. Tu non hai ancora deciso cosa vuoi, ho ragione? >>
Il globo nero si deforma e il cerchio di nubi tutt’intorno si stira e i fulmini salgono in cielo.
<< Se quello è l’occhio di dio >> considero a mente, << allora dio ha appena sgranato l’occhio. Quel diavolo di Furia Buia lo ha sorpreso >>.
<< Tu continui ad opporti a te stessa >> insiste il cacciatore che avanza ancora << e cerchi di uccidere le persone a cui chiedi aiuto, anche se fai finta di non averne bisogno. Beh, se ci uccidi, resterai per sempre ciò che sei, non potrai cambiare, rimarrai divisa nelle tue stesse contraddizioni e, quando te ne sarai pentita, scoprirai che non si può tornare indietro. Nessuno può farlo, neanche tu che esprimi il dio di questo mondo. Se ci uccidi non potremo aiutarti a compiere un passo >>.
<< Bravo, Paparino! >> si complimenta Musashi che, primo tra noi, si era mosso per affiancare il fratello.
<< MA >> il cacciatore magico aumenta il volume, << se credi di poter delegare a noi tutto il lavoro, allora hai capito male. Se pensi che saremo noi e soltanto noi a farti cambiare e a portare equilibrio dentro di te, allora sei proprio stupida! >>
<< Ma porca puttana! >> sbotta il Biondo che allarga disperato le braccia e, muovendosi in tondo, batte il terreno con i suoi scarponi.
L’occhio si illumina di un rosso incandescente.
<< No, dico, non avrai davvero creduto >> continua imperterrito il Paparino, << che ti avremmo permesso di aggrapparti a noi? Assumiti le tue responsabilità e CRESCI, MALEDIZIONE! >>
<< Ti pare il momento di farla incazzare? >> anche Orso ne ha abbastanza e si mette in piedi.
Dalla sfera esce un ruggito.
<< Che significa? >> chiede Musashi. << Che sta facendo? >>
<< Ti sembro uno psicologo per divinità >> replica sottovoce il Paparino prima di tornare a parlare alla tempesta: << ti è chiaro o no? Non potrai mai veramente cambiare se non è quello che vuoi. Non potremo mai farti fare un passo se non ce ne dai la possibilità. La scelta spetta solo a te >>.
<< Continua così >> gli dico schiodandomi da terra sostenuto da un nuovo ottimismo alimentato proprio dall’inerzia del dio o del diavolo che, per qualche ragione, sembra subire la reprimenda del cacciatore.
<< Si, continua così >> ripete Orso. << Cerca di guadagnare tempo >>.
<< Vedi di fare in fretta, però! >> come se il cacciatore con la barba non gli avesse detto niente, Paparino tende al massimo la corda. << Devi decidere ora! Non abbiamo tempo da perdere con una mocciosa indecisa e a me non va di aspettare >>.
Le nuvole intorno alla sfera turbinano e scintillano trasformandosi nuovamente in lamiere di metallo.
<< Sei un diplomatico di merda! >> si infuria il bestione.
<< Se ci pensa troppo siamo fottuti >> ribatte il Paparino che torna a parlare alla tempesta: << non c’è da pensare, devi prendere una posizione >>.
La divinità, che si presenta a noi come fenomeno atmosferico, si arriccia e si infuoca come se cercasse di raccogliere sufficienti energie non so se per polverizzarci o insultarci.
<< E ora, genio? >> sbuffa Musashi.
<< E ora aspettiamo >> Furia Buia ci squadra uno per uno. << Aspettiamo in piedi. Se dobbiamo morire, facciamolo come da tradizione. Siamo giapponesi o no? >>
<< E io che ne so? >> Orso smonta la deriva epica del Paparino. << Non conosco neanche il mio nome >>.
<< Affrontare la morte con gli occhi aperti e digrignando i denti come consiglia l’Hagakure? Bello ma è un cliché, non trovi? >>
Furia Buia guarda perplesso il fratello. << Di’ la verità >> lo esorta, << vuoi mostrarle il culo alla Braveheart, vero? Anche quello è un cliché >>.
<< Si ma sbeffeggiare il vincitore non ha prezzo, soprattutto se stringe la falce e indossa il cappuccio >>.
<< Sono d’accordo ma ho paura che ci attacchi con il pungiglione >>.
Musashi riflette sull’apparente freddura, poi alza la testa verso l’iride di quella mostruosità, stringe e curva le labbra verso il basso. << A pensarci bene >> la sua voce trema mentre poggia una mano sulla spalla del fratello, << io ho sempre rispettato le tradizioni, anche quelle che non conosco >>.
<< E io ti credo >>. Ancora una volta Furia Buia scoppia a ridere.
Sebbene mi sia impossibile comprendere da dove scaturisca tanta leggerezza, sono felice che le mie anime dannate, dopo tanto tempo, abbiano recuperato le maschere da spacconi che usavano per farsi strada in un mondo cattivo. E ora ridono davanti ad un dio senza curarsi di offenderlo. Vorrei imitarli ma non posso. Non me ne frega niente del dio o del diavolo che ho di fronte, ho in mente soltanto che non devo morire oggi.
D’un tratto le lastre di metallo si allungano trasformandosi in giavellotti e all’unisono indirizzano le punte contro di noi.
<< Ha deciso di ucciderci >> considera Orso.
<< Allora non diamole soddisfazione! >> ribatte il Biondo.
<< Non posso morire >> sospiro guardando Furia Buia come se, pronunciando tali parole, potessi modificare il corso degli eventi. << Papà, io non posso ancora morire >>.
Furia Buia comprensivo risponde: << non aver paura, Shinji! >>. Quindi, un’ultima volta torna a parlare alla tempesta. << Neanche tu devi avere paura! >> la incoraggia. << Tu conosci già la risposta alla tua domanda. Tu sai già cosa vuoi. Devi solo trovare il coraggio di accettarlo >>.
I dardi partono e una pioggia di aculei fiammeggianti precipita sibilando.
<< La scelta è semplice perché >> prima tuona Furia Buia, a pochi istanti dalla fine, che sussurrando conclude:<< … è come essere innamorati >>.
L’acciaio non ci trapassa; anzi, giunto a contatto con la nostra pelle, si polverizza e diventa vapore che ci passa di fianco e attraverso. La velocità impressa dalla mano che aveva menato il colpo di grazia muta in vento lieve e ci accarezza con il suo profumo di …
<< E’ lavanda >> esalo con entrambi gli occhi chiusi chiedendomi se sono salvo o già morto. Dopo un po’ riapro quello umano mentre il globo del dio che abbiamo combattuto si assottiglia fino a diventare un punto. Poi il punto svanisce.
Il manto, che aveva steso per coprire il cielo, perde la sua uniformità e viene ferito dai raggi del sole. C’è ancora energia nelle nuvole che attendono di dissolversi; la natura è stata scomodata ed ora segue le proprie leggi svuotando le cisterne dell’acqua che era rimasta in cielo.
Una pioggia intensa, fitta e sottile, inizia a cadere bagnando la terra e spegnendo i fuochi. Lava lo sporco lasciato da una guerra appena finita. Lava via anche lo sporco che si era accumulato dentro di noi e in tal modo libera il bene dal male. Eppure non lava tutto lo sporco, lascia intatta proprio quella patina opaca e inspessita che protegge il centro più innocente del cuore. Quello sporco è la nostra corazza. Guai se la pioggia ce lo portasse via, guai se rinunciassimo a difendere il male dal bene poiché allora non vi sarebbero né equilibrio né movimento. Anzi entrambi questi punti di vista, bene e male, non sarebbero poiché l’uno non esiste senza l’altro. 
Furia Buia si affloscia e cade in ginocchio, piange senza alcun freno né vergogna, butta lacrime che pesano come macigni e ulula lamenti come un bambino disperato ma i suoi singhiozzi, man mano che giorni o anni di sconforto colano lungo la sua guancia intonsa, assomigliano alle contrazioni di una madre che sta per partorire una gioia più grande. Il cacciatore lascia cadere libere le braccia lungo i fianchi mentre le mani, prima serrate, adesso offrono indifese i palmi al bel tempo.
<< Quest’uomo ha trovato la sua pace >> penso e provo simpatia per il fratello che si è per la prima volta innamorato. Vorrei dirgli qualcosa, forse abbracciarlo, ma preferisco imitare la silenziosa discrezione di Musashi che rinuncia ad avvicinarsi per non disturbarlo.
Il Biondo deve aver infatti compreso e decide, perciò, di sdraiarsi sull’erba bagnata, incurante del fango che lo costringerà a fare un’altra doccia e un altro bucato. Intinge i capelli in una pozza fangosa appena formata e gioca allargando e richiudendo a tempo le gambe e le braccia stese. Sorride soddisfatto come fa quando sta per infilare una battuta stupida o ha appena piazzato un insulto a bruciapelo al gigante con la barba.
<< Crede di nuovo nel bello >> considero.
Un ostacolo è stato superato, un nodo è stato sciolto. Abbiamo combattuto una vera battaglia, quella dentro di noi e abbiamo vinto … la paura che abbiamo sempre avuto di perdere e di perderci.
L’omone sbuffa come una balena prima di sedersi con una lentezza che pare studiata, come se volesse gustare ogni istante di quell’abbandono dei nervi e del corpo che segue ad ogni scampato pericolo. Incrocia le gambe, anche lui dimentico dell’umidità che invade presto il tessuto del pantalone. Tira fuori dal taschino della camicia ormai fradicia un mezzo sigaro che si sfarina rapidamente nella sua mano callosa sotto il peso delle gocce di pioggia che vi si posano. L’omone sembra compatire il suo piccolo vizio ormai privo della forma che l’uomo gli aveva dato, osserva incuriosito i brandelli di tabacco che nascondono la linea della vita, poi ci soffia sopra e raschia i resti con i polpastrelli dell’altra mano. Prende, quindi, a contemplare la terra che si inzuppa, il villaggio che abbiamo protetto semplicemente restando lontani e noi che siamo la sua famiglia. Scorgo sul suo volto l’espressione serena che assumeva quando leggeva uno dei suoi libri da casalinghe disperate, quella che i profani scambiano per broncio o cattivo umore.
<< Ha ritrovato il suo piccolo rifugio >> mi dico.
Quanto a me, beh, sono ancora in piedi, imprigionato nella posa che avevo assunto per attendere degnamente l’arrivo della morte. Non lo faccio per orgoglio, né per mancanza di emozioni che abbiano bisogno di un gesto originale per esprimersi all’esterno. No, resto imbambolato a guardare i miei fratelli perché non so decidermi. Mi piacerebbe imitare tutti e tre, contemporaneamente, ma proprio perché non riesco a scegliere mi tocca … impersonare il quarto.
<< Va bene così >> sussurro chiudendo l’occhio mentre la testa sprofonda nelle spalle. Solo le mie mani non partecipano alla quiete ritrovata e rimangono chiuse a pugno.
Non sono ancora abbastanza matura per vedere la forma della mia pace, né per gustare appieno il bello, figuriamoci per scoprire quel posto segreto dell’animo i cui tetti non sono mai sconosciuti.
Non sono ancora pronto ad amare perché non so amarmi ma forse, almeno in questo luogo e in questo tempo, potrei tentare un altro passo e … imparare a volermi bene.
Tutto questo, però, non potrò ottenerlo solo con il mio impegno poiché richiede la collaborazione, al di là di ogni spiegazione, della mia Asuka.
Vorrei tanto scoprire cosa c’è … nel cuore di Shinji. Forse, imparerei a parlare al cuore di Asuka.
 
 
*****
 
 
Il Paparino ha ragione. Nessuno dimenticherà ciò che è accaduto in questi mesi, i corpi che giacciono sottoterra continueranno a gridare vendetta nei cuori dei loro cari. La memoria è breve e i sentimenti volubili. Noi siamo gli dei che tutti cercano e nessuno vuole, eppure oggi abbandoniamo le case di coloro che avevamo incontrato per la prima volta da nemici, salutati come eroi. Quelle persone hanno assistito all’infuriare della tempesta perfetta, non avevano compreso che cercasse proprio noi. Ai loro occhi era apparsa per annunciare lo scoccare dell’ultima ora, ai loro occhi quattro beagle in calzamaglia[13] avevano fatto muro contro la natura in rivolta dimostrando che gli individui speciali possono essere talvolta una benedizione.
Quando tutto è finito alcuni si sono inginocchiati al nostro passaggio e c’è voluta più energia di quanta non ne avessimo spesa per contrastare il dio di questo mondo per convincerli a non trasformare un gesto di esagerata ammirazione in un atto di devozione.
<< E’ fatto divieto a chiunque di inginocchiarsi davanti a noi! >>. Musashi aveva colto l’opportunità di cazzeggiare e, dicendo una cosa vera, si è divertito a recitare la parte del profeta per insegnare al popolo superstizioso un nuovo comandamento.
<< Di più >> ha aggiunto Furia Buia. << è fatto divieto a tutti di inginocchiarsi. L’uomo è nato per stare in piedi >>.
<< O sdraiato in dolce compagnia >> ha chiosato il Biondo.
<< Non esagerare! >> lo ha stoppato il Paparino sforzandosi di non ridere. << Noi restiamo in piedi davanti al nemico, davanti alla morte e, perché no?, davanti a dio >>.
<< Disse il diavolo >> è stata la battuta dell’armadio, << che, peraltro, alla fine si è comunque inginocchiato >>.
<< Si >> ha ammiccato il cacciatore dal pessimo carattere che aveva capito la tempesta, << ma l’ho fatto solo per amor di dio >>.
<< Quale? >>
<< Chi lo sa? >> sorridendo malizioso. << Sono o non sono una divinità? Magari l’ho fatto per amor mio >>.
Non siamo riusciti, invece, ad impedire alla fantasia dei bambini di costruire lo scheletro di una fiaba che narra di quattro dei accorsi, da chissà dove, forse da un altro mondo oppure scesi dal cielo, a salvarli da un diavolo travestito da temporale.
A dire il vero, abbiamo volutamente fatto finta di nulla perché, dopo mesi trascorsi a odiarci in quanto espressione del buio, ci piaceva l’idea di impersonare la parte dei cavalieri solari dall’armatura scintillante.
 
 
<< Se quei bambini sapessero che all’inizio le parti erano invertite … >> scherza Orso con un sorriso un po’ ebete e la faccia felice mentre siamo sulla via del ritorno.
<< La verità è troppo complessa e non piace a nessuno >> riflette Furia Buia. <<  I miti sono più affascinanti e poi contengono comunque un po’ di verità >>.
<< E come accade nei miti gli eroi sono sempre belli. Quindi >> il Biondo pungola l’omone, << c’è speranza anche per te >>.
<< Sono anche intelligenti >> ribatte. << Quindi, c’è speranza anche per te >>.
<< E ora che facciamo? >> chiedo. << Siamo eroi, non possiamo riposare sugli allori >>.
<< Ora completiamo questa parte dell’opera >> risponde il Paparino, << così potremo compiere il nostro viaggio >>.
<< Una settimana al mare mi sembra un buon premio >> schiocca Musashi che passa le dita tra i capelli di nuovo puliti.
<< Quindi? >> insisto.
<< Quindi, i nemici ci hanno dato fiducia, gli amici ne hanno, invece, approfittato. Perciò, parleremo con questi ultimi usando un linguaggio che già conoscono. Fine delle ostilità o toccherà a loro >>.
<< E se la tregua non durasse >> confesso i miei timori, << se diventassimo più deboli proprio perché poi ci toccherà … Gendo? >>
<< Per questo quei due gruppi dovevano unirsi >> risponde << e per questo anche loro dovranno sottostare alle regole che imporremo. I vincitori sono piccoli ed egoisti. Costringiamoli a temerci ancora e proteggiamo chi non è come loro, chi non è come noi >>.
<< Veramente vuoi costruire una città? >>
<< Non ne sono capace e voi? >> rivolgendosi agli altri due.
<< Perché come si fa? >>Musashi sta al gioco.
<< Troppo faticoso >> sbadiglia Orso.
<< Aiuteremo quelli che possono farlo >> riprende l’analista degli dei. << In fondo, fa parte del nostro giuramento. Visto che la guerra è ormai finita, stabiliamo alcune leggi per regolare i rapporti tra le tribù. Un giorno i signori della guerra saranno emarginati. Non li lasceremo prosperare in casa nostra >>.
<< E poi, per combattere contro la Nerv >> aggiunge il Biondo, << ci serviranno persone leali. E solo chi ha qualcosa da difendere e non da depredare è pronto a dare tutto >>
<< I rapinatori >> Orso esce dal suo rifugio e aggrotta la fronte << li porteremo con noi, con la forza se è necessario. E allora saranno costretti a battersi. Se non altro di faranno ammazzare per qualcosa di utile visto che Gendo vuole ridurci tutti a ingredienti del suo brodo primordiale >>.
<< Credete davvero che riusciremo ad assicurare un po’ di … giustizia? >> domando incerto. << Si, insomma, che non si verificheranno più … >>
<< Non possiamo salvarli tutti, Shinji >> il Paparino riutilizza una lezione che già conosceva e che per un po’ aveva rifiutato. << Non possiamo proteggerli tutti. Non perché non vogliamo ma perché non abbiamo un simile potere. Non ci resta che fare del nostro meglio e intanto creare le condizioni perché non ci sia bisogno di noi. Per quanto speciali, siamo pur sempre esseri umani, dei punti di vista e … possiamo sbagliare >>.
<< La verità è che >> Orso ora appare desolato, << sebbene questo mondo abbia bisogno del nostro aiuto, sebbene i suoi abitanti abbiano diritto ad un po’ di giustizia, noi non possiamo cambiare il cuore dell’uomo, saremmo dei presuntuosi anche solo a pensarlo. La nostra stessa idea di salvezza, un po’ come accadeva per la nostra visione, che tanti problemi ci ha creato, può essere il peggiore degli inferni per gli uomini >>.
<< Tutti reclamano di essere difesi e dichiarano che il cattivo è sempre l’altro >> anche Musashi abbandona l’espressione strafottente del Biondo. << Possiamo solo difendere ciò che conosciamo e che amiamo. Alla prova dei fatti, quando conta davvero, il mondo ha un volto e un nome >>.
<< E’ facile sognare di lottare e morire per un grande ideale ma, nel momento in cui ti trovi nel cuore della tempesta >> conclude il Paparino, << il grande ideale si sgonfia e svanisce se non incontra una forma familiare, fosse anche semplicemente la nostra >>.
<< Comunque, è importante che tutti sappiano >> Orso stringe i pugni << che se qualcuno tocca quella bambina, farò una strage >>.
<< Però non capisco >> dico grattandomi, confuso, la testa. << Cos’è cambiato allora? >>
<< Tutto >> spiega il Paparino. << Siamo cambiati noi >>.
 
<< E se passassimo dalla grotta? >> propone il cacciatore con la barba.
<< Abbiamo abbastanza scorte per tornare a casa >> ribatte Musashi. << Hai già finito la tua razione? >>
<< No >> si difende Orso. << Pensavo di portare qualcosa al villaggio. C’è tanto da mangiare. Scommetto che troveremo anche della carne fresca >>.
<< A proposito >> mi inserisco nella conversazione dopo aver fatto mente locale, << sbaglio o hai mangiato poco durante il viaggio? >>
<< Mi sono messo a dieta >> risponde a disagio. << Non posso rischiare di spiaggiarmi in qualche landa sperduta. Chi si fida di voi >>.
<< Ti ho visto anche leggere >> lo pungola il Paparino. << Altre schifezze delle tue? >>
<< Perché avevi dubbi? >> si aggrega Musashi.
<< Non rispondo alle provocazioni di incolti scherzaioli come voi >>.
<< Ti riferisci a Shinji? >> ride il Biondo.
<< E ti pareva! >> fingo di prendermela.
<< Daiii, scherzo! Però fino a che la Principessa non ti concederà di assaggiare il miele, farai bene a tenere sotto controllo la … pressione >> .
<< Così >> mi sferza il Paparino << potremo permetterci di dormire a pancia sotto senza temere il pungiglione della tempesta >>.
Non mi dà fastidio essere preso in giro da quei tre stupidi. Mi chiedo, anzi, come abbia fatto a non perdere la ragione senza i nostri sfottò da caserma. E, ciò nonostante, mi scopro ancora a reprimere la voglia di ridere. Rinuncio, perciò, a stare al gioco anche perché distratto dal solito freddo improvviso che proviene dall’interno.
<< Che c’è, Shinji? >>  domanda Musashi che mi pare abbia compreso .
<< Non riesco a ridere>> confesso. << Lo trovo ingiusto >>.
<< Drizza la schiena o ti verrà la gobba >> mi ammonisce con dolcezza il Paparino. << Pensavo che sarebbe stato diverso >> continuo dopo aver obbedito. << Vi prego di non fraintendermi. Sono felice di stare con voi, sono felice di essere come voi ma … penso ancora a tutto quello che abbiamo fatto e a ciò che non abbiamo fatto. E’ che continuo ad essere deluso da me. Speravo che un giorno avrei potuto dimenticare i miei sbagli, non che avrei riempito fino a farlo scoppiare il sacco dei rimpianti >>.
<< Eppure ti avevamo detto che sarebbe andata proprio così >> mi dice Orso.
<< Lo so e, tuttavia … >>
<< Anche prima eri tormentato dai tuoi sbagli e … da quegli altri >> Furia Buia mi blocca. << Tuttavia, ti sei divertito quando hai affrontato la missione Asuka, vero? >>
<< Perché mi ero illuso >> spiego.
<< Devi farci l’occhio >> dice il Paparino aggiustando la benda che non ho ancora imparato a  regolare. << Quell’illusione è stata una cosa buona perché ti ha permesso di vivere un po’ di sana adolescenza … considerate le circostanze, certo >>.
<< Perché voi me ne avete dato la possibilità >> ribatto.
<< Vuoi farcene una colpa? >> scherza il Biondo.
<< Sei stato un adolescente >> riprende il Paparino. << Ora hai cambiato pelle come noi, sei un adulto e devi rifare i conti con ciò che sei, con la tua nuova identità di cacciatore e ora anche con la tua delusione. Considera che persino la tua delusione può essere una cosa buona. Devi accettare le tue responsabilità, ricordi? Dovevi farlo prima di diventare come noi, a maggior ragione dovrai farlo adesso. Non si torna indietro, abbiamo dovuto spiegarlo anche ad un dio. Perciò sforzati di trovare un altro modo per essere felice. Non puoi ripetere ciò che hai vissuto, non puoi vivere di ricordi neanche di quelli belli >>.
<< E, mi raccomando, non prenderti per il culo, Shinji! >> riassume Orso.
<< Voi come fate? >> chiedo.
<< Come sempre ci proviamo o, meglio, ci proveremo >> risponde Furia Buia.
<< Ricordi cosa ti dissi quella notte[14]? >> mi aiuta Musashi. << Cerca di ridere, soprattutto dopo quanto hai vissuto. Del resto >> sorride, << lo fanno gli stronzi. Perché non dovremmo farlo noi? >>
<< Che siamo i re degli stronzi >> commenta Orso.
 
Ci resta poco meno di un giorno di cammino per raggiungere il nostro villaggio. Abbiamo per un po’ costeggiato i confini della zona morta che occupa il centro di questa regione, mantenendo il silenzio, non per rispetto o cordoglio.
Il fatto è che ridere costa molta fatica e bisogna saper riposare per restare in equilibrio. Quando ero ancora un aspirante cacciatore immaginavo che, dopo aver posto rimedio alle conseguenze del passato, avrei trascorso il resto della vita godendo della gioia irresponsabile di un ragazzo, forse addirittura di un ragazzo qualunque. I sogni non vanno rifiutati ma è bene tener strette le briglie o finiscono per diventare incubi. Avevo giurato a me stesso che sarei diventato grande, ho pianto quando ho iniziato a capire quanto fosse caro il prezzo della mia libertà. Ora, guardando i miei fratelli, mi rendo conto che devo imparare ad imitarli e abituarmi alla tristezza che nasce dalla consapevolezza che un bambino non può avere e dalla responsabilità che un ragazzo non dovrebbe conoscere così, tutto d’un botto.
Ho commesso errori terribili, ho compiuto azioni di cui non andrò mai fiero e non ho avuto il coraggio e la saggezza di oppormi ad eventi su cui avrei potuto influire. Ma qualcosa è sopravvissuto a tutte le cadute per il semplice fatto che non poteva essere realmente abbattuto.
L’innocenza di un bambino e la gioia di un adolescente esistono ancora dentro di me; anzi, esistono ancora in noi quattro. Quell’innocenza si è solo disfatta del velo della spensieratezza scegliendo di ripararsi dentro un’armatura, il cuore di un adulto che sono già stato. Me lo aveva rivelato proprio il Vecchio[15]: i miei fratelli hanno protetto un innocente mentre aiutavano un ragazzo a diventare uomo.
<< Paparino, tu credi che nel nostro passato abbiamo conosciuto la felicità? >> pongo la domanda a pochi metri dall’entrata del ventre pieno e generoso del mondo.
Il cacciatore si ferma per riflettere meglio. << Sono curioso di scoprirlo >> risponde << ma in questo momento non mi dispiace essere Furia Buia >>.
<< Secondo te, cos’è qui? >>
<< Non lo so ma è vivo e ha bisogno di noi e noi probabilmente abbiamo bisogno di questa realtà per fare un passo >>.
<< Io so che devo riportare a casa Soryu, qualunque cosa significhi. Però, a questo punto, mi chiedo: e Shikinami? Anche il Vecchio … >>
<< Non accontentarti delle risposte degli altri. Cerca le tue! Sappiamo che, proprio noi che in questo momento parliamo, non siamo di questo mondo. Lo stesso vale per Asuka, per Shikinami, che è una di noi. Se il tuo compito fosse soltanto quello di riportare a casa Soryu, come ti fece intendere il Vecchio, allora la missione non dovrebbe neanche riguardare te ma l’altro Shinji e non è così. Poiché tu sei importante lo è anche Shikinami >>.
<< Ti sei mai chiesto perché siamo divisi, anche dal nostro passato intendo? >>
<< Le tue domande mi colgono impreparato. Però ho l’impressione che non sia corretto, quando ti riferisci a quell’altra realtà, parlare del nostro … passato >>.
<< Non statevene lì impalati! >> grida Orso. << Ho l’impressione che il magazzino sia più pieno di quando l’abbiamo lasciato >>.
<< Arriviamo! >> lo rassicura il Paparino riprendendo a muoversi.<< Scommetto che questa volta ci regalerà un po’ di alcol >>.
<< E’ vero, ora che ci penso non ne abbiamo mai trovato >>.
<< Evidentemente temeva che saremmo diventati degli alcolizzati >>.
<< Timore più che fondato direi >> commento mentre cerco di adeguare il passo al suo sempre al limite del trotto. << A proposito, credi che il dio di questa grotta sia diverso da quello contro cui abbiamo combattuto? >>.
<< Credo di no >> ride. << Temo che questo dio sia problematico, quanto  o più noi >>.
<< Siamo fregati allora! >>
 
 
<< Ecco il ponte! Facciamo un’entrata ad effetto o fingiamo che non sia successo niente? >>
Orso è il più elettrizzato o, almeno, lo dà più a vedere, perché questo ritorno è chiaramente diverso dagli altri.
Il villaggio che ci attende non è l’ultimo rifugio di uomini che si ritirano sconfitti e non è neanche l’ultimo avamposto delle nostre speranze. Quelle le abbiamo lasciate per strada perché erano ingombranti e noi abbiamo i sacchi e le tasche piene di cibo e di attrezzi da regalare.
Il luogo da cui siamo sempre partiti, anche a causa di una certa irrequietezza che non si è placata col tempo, e a cui puntualmente siamo tornati è una strana casa. Una casa che non ci appartiene, un altro posto che ci ospita ma non abbiamo motivo di lamentarci.
La vita è un viaggio e, anche volendo restare fermi, prima o poi bisognerà rimettersi in cammino per rendere onore alla vita stessa o per dirle addio. Tanto vale apprezzare questo posto, il quartier generale della nostra banda e della sua squadra speciale che ha il compito di far compiere un passo nientemeno che al mondo.
<< Pensavi ad un ingresso in slow motion >> gli chiede Musashi << o all’attacco di quattro samurai impazziti? >>
<< Non so decidermi >> risponde l’omone scuotendo la testa. << Comunque, voglio un’entrata che faccia capire che siamo arrivati i quattro della banda di Kosuke, i cacciatori di tempeste. Siamo o non siamo degli eroi nazional-popolari[16]? >>
<< Slow motion allora! >> conclude il Biondo che, invece, sistemato meglio il pesante zaino sulla spalla, inizia a correre per raggiungere il ponte.
<< Bastardo! >> gracchia Orso partendo all’inseguimento.
Guardo il Paparino per capire cos’ha in mente visto che non sono sicuro di volere imitare la strana coppia di cacciatori.
Furia Buia mi fa l’occhiolino per nascondere un accenno di amarezza e stringe le spalle. << Facciamolo anche noi >> mi dice. << Potrebbe essere divertente >>.
Sfioro con due dita la mia cicatrice, indugiando un secondo in più sulla benda, e realizzo che siamo come le cicatrici che portiamo. Ci ricordano cosa abbiamo passato, a cosa siamo sopravvissuti. Non sono medaglie ma dicono che sappiamo combattere e che, poiché siamo ancora vivi, possiamo costruire una vita diversa. L’altra metà del mio viso è quella che può ridere in questa e di questa vita proprio perché ci pensa il lato sinistro di Shinji a proteggere il cammino.
Comunque, avrei preferito un ingresso a rallentatore tanto per fare il figo davanti alle ragazze. Del resto, chi non ama gli eroi?!
 
<< Ma vi rendete conto? >> ansima Musashi piegato in avanti, quasi ventre a terra, a pochi passi dal saloon. << Non ci sta cacando nessuno! >>
Matsuda ha assistito alla gara fumando una sigaretta seduto sui gradini che conducono al locale. << Che imbecilli! >> commenta tenendo il mozzicone tra i denti mentre applaude a ritmo.
Asuka non c’è e neanche Sakura. Non ci sono le persone che, più o meno consciamente, abbiamo cercato ad ogni ritorno. C’è solo il villaggio insolitamente vivo e brulicante di persone come raramente ci era capitato di constatare. I loro volti sono familiari, i loro nomi sconosciuti. Attendono alle (meravigliosamente) ordinarie faccende, lavorano, chiacchierano e non si curano di noi.
Sulla sinistra, la zona alberata che separa il villaggio dal lungolago cede il passo ad una robusta spinta urbanistica. Degli operai, infatti, stanno costruendo altre due case. Tra non molto l’abitato di questo sperduto e anonimo angolo di mondo si congiungerà alla strada ancora malmessa che conduce alle acque dolci.
Una coppia di giovani fidanzati passeggia sull’unica via che taglia il paese come una lunga ferita e che dà al contempo una parvenza d’ordine alla disposizione ancora per poco regolare delle dimore ad un piano. Mano nella mano superano tre uomini di mezz’età che imprecano contro alcuni bambini che si rincorrono e si spingono a vicenda senza curarsi dei fastidi che possono procurare.
Ripenso al mio primo giorno al villaggio e mi fa star bene notare la differenza. Quei bambini, girando l’angolo, non dovranno evitare un cadavere. Un giorno, se ciò dovesse accadere, proveranno orrore alla vista degli effetti che produce la violenza dell’uomo sull’uomo e non indifferenza, non rassegnazione.
Non credo fosse il nostro principale obiettivo, ma voglio illudermi che ciò che siamo e, almeno, alcune delle imprese compiute abbiano, sia pure indirettamente, cambiato in meglio la vita di queste persone.
Anche i miei fratelli si guardano intorno, vagamente spaesati, come se avessimo sbagliato villaggio. Indagano con attenzione ogni volto, ogni movimento e sembrano sorpresi nell’ascoltare i rumori della vita che ci scorre davanti e che non si accorge di quattro eroi appena tornati a casa.
Due donne ci hanno notati ma solo perché hanno frainteso le ragioni della nostra curiosità. Una delle due arrossisce, l’altra sfoggia un’espressione arcigna da rifiuto anticipato per farci capire che non concederà confidenze; aumentano l’andatura e sono già lontane quando Furia Buia per primo si rende conto dell’equivoco. << Dovremo fare attenzione d’ora in poi >> dice.
<< Paparino, pensi anche tu >> chiede Orso << che questa pace possa essere merito nostro, anche solo un poco? >>
<< Chissà?! >> soffia distratto il ciclope. << Piuttosto, stavo pensando che queste persone sanno chi siamo ma io non ne conosco nessuna. E voi? >>
<< Beh … si … tutte >> risponde incerto Musashi.
<< Sai come si chiamano o … >> il Paparino deve essersi reso conto che qui il nome, il vero nome, è un privilegio per pochi, << meglio, cosa fanno per vivere, se hanno dei soprannomi? >>
<< Ovviamente no >> replica il Biondo.
<< Quello che voglio dire è che non conosco questo mondo >> spiega il Paparino. << Non mi sono preoccupato neanche di conoscere le persone che abitano qui. E dire che questa, per certi versi, è casa nostra. Sono stato cieco >>.
<< E adesso che facciamo, pubbliche relazioni? >> chiede Musashi il cui volto, però, non regge a lungo il gioco all’ironia delle battute che spara a mo’ di domande. << Stringiamo la mano a tutti, organizziamo una conferenza stampa? >>
<< Boh! >> Furia Buia, confuso, strofina la mano guantata sulla nuca. << Ma, visto che, tra le altre cose, dobbiamo aiutare il mondo intero a fare un passo, forse potremmo iniziare dal piccolo. Ci sono, per esempio >> indica alla sua sinistra, << quegli operai … >>
<< Non mi ero accorto che il villaggio stesse crescendo >> afferma l’omone.
<< Voi avete mai costruito una casa? >> chiedo sempre più incuriosito davanti ad uno spettacolo tutt’altro che nuovo ma a cui anch’io avevo sempre dato poca importanza.
<< No >> risponde Furia Buia.
<< Magari hanno bisogno di una mano. Si, insomma >> Orso prova a spiegarsi, << io sono forte, poteri far loro risparmiare un sacco di fatica >>.
<< E’ vero >> si accoda Musashi. << Io sono bravo in tutto, per semplice definizione. E tu >> rivolgendosi al Paparino << e Shinji potreste garantire la sicurezza con i vostri at field >>.
<< Non mi sembra male >> concludo accarezzando l’idea di un uso civile del mio giocattolo da guerra.
<< E poi potremmo anche mangiare con loro >> aggiunge l’omone. << Ci siamo caricati apposta >>.
<< Perché no? >> Furia Buia batte le mani. << Tentiamo! Svuotiamo i sacchi e ci mettiamo al lavoro. Ah, io devo prima parlare con Mami. Ne approfitto per chiederle di fare gli straordinari in cucina >>.
<< Ti sei comportato male anche con lei? >> domanda con una nota di biasimo Orso.
<< Esatto! Devo farmi perdonare >> ammette impacciato il cacciatore. << Conoscete il suo brutto carattere. Se non le chiedo scusa me la farà pagare >>.
<< Ammise pavidamente l’uomo che sfidò la tempesta >> lo sfotte il Biondo.
<< Allora dirò che è stata tutta colpa tua >> ribatte il Paparino.
<< Non ti permettere! >> finge di infuriarsi il Biondo. << Non mi farà più entrare >>.
 
 
*****
 
 
<< Non pensavo che l’avrei mai detto >> il cacciatore, tornato da copertina, sembra preoccupato << ma, per favore Orso, sforzati e fa’ almeno il bis >>.
<< E’ vero ne è rimasto ancora parecchio >> prendo atto. << Sarebbe un peccato sprecare tutto questo cibo >>.
< Soprattutto perché l’ho cucinato io >> spiega un po’ acida Mami anche se, probabilmente, il suo fastidio nasce dalla scomodità della posizione. La sua possente costituzione, conseguenza anche di una vita parecchio sedentaria per gli standard del posto, mal si adatta al terreno ruvido e il fatto di poter contare sullo spessore di tutt’e quattro le nostre stuoie da notte non ne allevia la pena.
Non credevo che costruire case fosse così faticoso ma devo ammettere che veder crescere in altezza e larghezza uno dei muri portanti di una nuova abitazione, sapendo di aver anch’io passato la malta e aggiunto mattoni per innalzarlo, mi regala un insospettabile senso di soddisfazione. Del resto, come proteggere una casa e chi ci abita se prima non ne edifichi una.
I giocattoli li abbiamo lasciati a dormire dopo le prime fasi della collaborazione, quando ci siamo accorti che risultavano più dannosi che utili. I nuovi colleghi, però, sono stati gentili (o più probabilmente ancora timorosi) e non ce l’hanno fatto pesare.
Il piano prevedeva l’organizzazione di qualcosa per la serata, magari una festa, aperta tutti. Nel frattempo avremmo ingannato l’attesa trascorrendo con i nostri improvvisati compagni di lavoro la pausa per il pranzo.
Ma i piani, come in questo caso, posso fallire, soprattutto se Mami ha capito male o il Paparino non si è spiegato bene.
E così ora ci ritroviamo a circondare, nella mensa all’aperto più abbondante della storia (conosciuta) del paese, una tale vagonata di vettovaglie che la sola vista sarebbe bastata a far venire un coccolone ai pochi anziani dei due villaggi che avevamo salvato.
Per fortuna la curiosità e non la fame ha attirato altre persone. Non molte ma qui non siamo in molti.
Il nostro gruppo è al completo. Si sono già unite Suzuhara, seguita dall’immancabile Ayanami, e Mari.
Furia Buia si è guardato bene dal tenere a distanza il medico. Sono convinto comunque che, se ci avesse provato, Sakura stavolta non gli avrebbe dato retta. Dopo avergli, infatti, ordinato telepaticamente di sfilarsi il giaccone grigio chiaro e di stenderlo sulla terra battuta per non essere costretta a sporcarsi i vestiti, ottenuta obbedienza si è accomodata al fianco del cacciatore, gli ha preso un braccio e se l’è fatto passare intorno alla vita.
<< Ma così è scomodo >> ha finto di lamentarsi Furia Buia. << Come faccio a mangiare? >>
<< Non mi interessa >> gli ha risposto fingendosi contrariata, << Usa i tuoi poteri! >>
<< Si, Paparino >> Musashi non si è fatto pregare << spalanca l’occhione e teletrasporta il cibo nella tua boccuccia >>.
 
<< Dovresti essere tu a farmi un massaggio >> Makinami rimprovera il Biondo mentre affila le unghia tra i suoi capelli dorati.
<< Lo faccio per te >> risponde Musashi che, con gli occhi chiusi, gusta le tanto agognate coccole della gatta. << Sappiamo entrambi che ti piace toccare i miei bellissimi capelli >>.
<< Così tanto >> ride maligna << che non farò altro per te >>.
<< Dove vuoi che ti massaggi? >> mugola il cacciatore affrettandosi a cambiare strategia.
Ayanami, tra me e Orso, mangia composta la zuppa di miso che Mami aveva preparato, avendo previsto di cucinare anche per esseri umani dai gusti maggiormente diversificati e non per i soliti lupi affamati che riempiono solitamente il suo locale (noi compresi).
<< Ho scoperto che mi piace mangiare insieme a tante persone >> dichiaro. << Però è diverso >>. Guardo soprattutto Orso che, meno distratto degli altri ha potuto prestarmi attenzione. << Ecco, non saprei dire ma è … meno … >>
<< Non puoi fare un paragone con il pranzo che abbiamo consumato a casa dei nostri nuovi amici >> mi spiega il cacciatore con la barba. << In quell’occasione è stato un po’ come fare sesso per la prima volta con la persona che ami. La tensione nervosa che si scioglie, l’energia che viene prodotta sono incredibili. E poi fino a pochi minuti prima avevamo paura che sarebbe finita male. Ora invece sappiamo di essere al sicuro >>.
<< Anche questo momento è importante >> si accoda il Paparino che con un tempo di ritardo ha capito dove cercassi di andare a parare. << E’ solo diverso. Un diverso piacere! Goditelo senza ragionarci troppo. Chissà quando … >> si blocca. << No. Cercheremo di farlo capitare ancora. La prossima volta, però, ci organizzeremo meglio >>.
<< Stai dicendo che ho sbagliato?! >> lo sfida l’oste.
<< Assolutamente no >>. Paparino alza le mani in segno di resa, poi, guardando Sakura, confessa sottovoce: << non lo direi neanche sotto tortura >>.
<< Matsuda, puoi passarmi un po’ di carne? >> chiede il nostro capo. << Mangio io al posto di Orso >>.
<< Stai ingrassando >> lo infila l’armadio << Finirai per spiaggiarti >>.
<< Da quanto sei a dieta >> gli rinfaccia l’orbo più vecchio della banda, << da un’ora? E già rompi come un ex fumatore >>.
<< Perché in quest’ora la mia volontà è stata maschia e inflessibile >> ridacchia Orso che da alcuni minuti si lascia martoriare da due piccole pesti intente a studiarne la barba.
<< Non parlare! >> lo rimprovera uno dei bambini mentre gli pizzica una guancia per tirarne un ciuffo di peli. << Altrimenti non capiamo quant’è lunga >>.
<< Sembra divertente >> commenta con ingenuità Ayanami che, avvicinandosi a me, invece, considera: << a te non cresce bene >>.
<< Già, dovrei tagliarla >> rispondo forzando più del dovuto un sorriso per non mostrarle l’imbarazzo che il quasi impact con il volto di mia madre ha scatenato. La verità è che non mi sono ancora abituato alla cicatrice che mi oltraggia metà del viso e finora non ho trovato il coraggio di avvicinarmi ad un rasoio.
<< Lo sai chi sta arrivando, vero Shinji? >> mi distrae il Paparino che ha già smesso di rimpinzarsi e ora, sdraiato, riposa la testa sulle gambe di Sakura che gli accarezza il petto e i capelli.
Non cerco di capire a chi si riferisca. Ad essere sinceri non ho neanche elaborato la sua domanda. Sono invece concentrato per carpire il segreto di Furia Buia. << Dove trova il coraggio >> mi chiedo << di mostrare, così fiducioso, le sue lacerazioni e i tessuti tesi e irregolari di quella palpebra che riesce a schiudersi solo quando butta male. Come fa a non temere di essere respinto? >>. Forse aveva ragione lui, col tempo potrei imparare ad accettare la mia nuova mezza faccia e allora un giorno mi accorgerò che la paura mi ha abbandonato. Per adesso sono contento di non provare vergogna, non troppa almeno.
<< Dove hai messo la benda? >> mi chiede il cacciatore che, spalancato l’occhio umano, mi fissa interdetto. << L’hai capito che sta arrivando Asuka? >>
Chi se ne frega del segreto di Furia Buia. << O mio dio! >> salto in piedi. << La benda, la benda, dov’è la benda? >> ripeto colto da un attacco d’ansia cercandomi addosso il tesoro dei pirati. << Non la trovo. Come faccio? Asuka … >>
Orso scatta in avanti col busto e gorgoglia come se avesse appena abortito uno starnuto, Furia Buia e Musashi iniziano a spanciarsi.
<< Sei crudele! >> sbotta Sakura tirando uno schiaffo sulla fronte del Paparino. << Mantieni la calma, Shinji! Ce l’hai su … sull’occhio >> mi spiega prima di scoppiare anche lei in una fragorosa risata. << Scusa … scusa >> mi dice in lacrime tappandosi la bocca nell’inutile tentativo di controllarsi. << Non ce la faccio >>.
<< Ma che bastardi! >> mugghiò all’indirizzo dei tre … bastardi, toccandomi nel frattempo la faccia per essere sicuro di trovarvi la benda correttamente posizionata.
<< Rilassati! Col tempo andrà meglio >> mi fa il Paparino. << Quando ti sarai abituato a sfilarla non te ne dimenticherai più >>.
Non mi è difficile cogliere il senso di quelle parole. Non è una minaccia ma la cruda verità. La tristezza del cacciatore accompagna la sua gioia e si fonde con essa arricchendone i toni, proprio come le metà della sua faccia ne formano una sola, eppure ricca di espressioni.
<< Preparati a sfilarla adesso >> consiglia con fare scanzonato il Biondo. Lui ha il viso pulito e bello ma mostra ugualmente due metà di sé come ha appena fatto Furia Buia.
<< L’ultima volta ti ha risparmiato >> si accoda l’omone che mi guarda allo stesso modo  << perché eri brutto e sporco. Ora, però, … non sei sporco >>.
L’inquietudine che mi aveva fatto schizzare come una molla perde energia. << Starò attento >> dico provando ad imitarli. Prendo un bel respiro e parto di gran carriera per raggiungerla a metà strada.
<< La felicità a cui posso aspirare >> penso << avrà sempre questo sapore agrodolce ma sarà anche più resistente >>. 
Il mio viso rispecchia il passato e il presente della mia coscienza e, proprio come davanti ad uno specchio, sento che l’altro Shinji, il passato che mi parla, può scorgere la stessa immagine e interpretarla invertendo i tempi.
Asuka DEVE accettare questo viso!
 
<< Che fai, mi mostri il lato buono? >> mi saluta.
Nonostante i coraggiosi propositi di poco fa, giunto alla distanza di messa a fuoco, non ho saputo resistere ed ho drammaticamente ruotato il busto per mostrarle la metà presentabile della mia faccia.
L’espressione è la solita, seccata e un po’ supponente; il mento leggermente all’insu a mo’ di rampa di lancio per le labbra già sul punto di sputare uno tzk! immotivato, di quelli che Asuka rilascia generosamente giusto per non perdere l’allenamento, le fa guadagnare centimetri, non abbastanza però da permetterle di guardarmi dall’alto in basso, poiché ci è ormai evidente che sono più alto di lei. Volume, tono e timbro di voce sono perfettamente bilanciati nella consueta modalità anti Shinji.
Shikinami affonda le mani nel giacchino amaranto e calza quell’inguardabile cappello a visiera con annesse patacche per bambini. Davanti a me c’è la solita apparenza della Second, eppure ho notato subito qualcosa di diverso. E’ poco di più di una impressione ma certi stati d’animo ho imparato a riconoscerli quasi per naturale sintonizzazione con l’altro. Le esperienze hanno educato il mio istinto al punto che non è costretto a far ricorso alla mia ancora rudimentale conoscenza delle forme non verbali di comunicazione. Succede quando incontrare qualcuno comporta scommettere niente meno che la vita.
In Asuka avverto incertezza e mi è chiaro che l’origine del suo stato non dipende, almeno direttamente, da me. << Forse non ha ancora deciso >> valuto rapidamente << se unirsi a noi >>.
<< Hai perso la lingua? >> mi risveglia con un’altra domanda. Gli indicatori vocali indicano che non ha gradito la mia disattenzione e puntano seriamente sul va’ al diavolo, Shinji!
<< Mi stavo scansando perché ho … ho pensato che volessi passare >> mi butto in una risposta alla cieca.
<< Che volessi passare attraverso te? >> Asuka mi punge ma il corpo dice altro e si chiude rapidamente in difesa.
<< No … volevo … volevo lasciarti spazio per … >>
<< Perché, te ne vai? >> mi prende in giro mentre incrocia le braccia all’altezza del petto abbandonando l’assetto da ufficiale che passa in rivista le truppe.
<< Come? >> domando in totale stato confusionale.
<< O volevi parlare con me? >> insiste senza darmi il tempo di riflettere. << Altrimenti, non mi spiego perché ti ho davanti >>.
Già perché? In effetti, avrei potuto aspettarla “comodamente” seduto vicino ai miei amici. << Volevo … invitarti a stare un po’ con noi >> farfuglio imbarazzato mentre minaccio il mio braccio semi umano di trapassarne il core se non la smette di muoversi. << Ma, ma forse avevi già deciso … di … >>
<< Sembra una festa >> Asuka osserva i commensali alle mie spalle.
<< Non erano queste le intenzioni >> raccatto gli ultimi neuroni ancora funzionanti per offrirle una spiegazione comprensibile. << Ma … non è male. Sembra un grande picnic. Mami ha cucinato bene, ci sono Sakura e Ayanami e alcune persone che ho conosciuto solo oggi >>.
Shikinami si rannicchia mentre il suo occhio azzurro si appanna, strofina con leggerezza le mani sulle braccia come se avesse freddo, un freddo che conosco anche troppo bene.
<< Volevo anche ringraziarti >> provo a distrarla << per l’altra volta >>.
La Second non capisce e mi costringe ad essere più preciso: << sei stata gentile a … comprendere il >> mio << nostro stato d’animo soprattutto quando Mari … >>
<< Stanno ridendo >> commenta dopo aver sospirato. << Anche tu? >>
<< Beh si. La compagnia è … pia … cevole e … >> ho capito dove vuoi andare a parare.
<< E  non provi vergogna dopo ciò che hai fatto? >> arriva al punto investendomi con un suono così flebile e dolce che quasi dimentico di essere stato appena colpito.
Non sta cercando di buttarmi giù, come aveva promesso quel giorno, solo perché ora mi vede meno fragile; non è posizionata contro uno dei tanti Shinji che non le vanno a genio. Vuole davvero sapere come io possa ridere perché lei … si vergogna di me. Sapevo che presto o tardi avrei dovuto affrontare con Shikinami anche il mio breve passato da cacciatore ma << cazzo, ci vai giù pesante! >>
Nasconderle la cicatrice a questo punto non serve a niente. Mi faccio coraggio e, avanzando di un passo, le mostro anche l’altro lato di Shinji opponendo benda a benda. << Stai parlando di me >> le dico con le mani arpionate sui fianchi, << quindi dovresti essere più specifica quando ti riferisci a ciò per cui dovrei provare vergogna >>.
<< Vuoi scherzare? >>. Lo stupore era già in prima fila ma Asuka ha preferito dare la precedenza al disgusto.
<< Magari potessi! Prima mi capitava di riuscirci … di tanto in tanto. In quei momenti riuscivo a fingere che il mio stesso passato non mi riguardasse >> ovviamente taccio su quell’altro. << Inoltre, … c’era la speranza di rimediare. Adesso mi basta guardarmi allo specchio o … >> muovo la benda del Paparino.
<< E speri ancora di rimediare? >> la Second quasi sussurra ma inizia a mostrare i suoi denti bianchi.
<< Ho smesso di sperare, Asuka. Io so che posso, che … possiamo fare qualcosa di buono proprio perché siamo vivi e siamo qui. E … >> tossisco per recuperare, attraverso la voce, il controllo dei sentimenti << si, sono aumentati gli sbagli e i rimpianti e mi sono anche perso, un’altra volta, forse come mai mi era accaduto. Tuttavia, il mio braccio e … questa >> indicando il taglio che divide in due il mio lato sinistro << dicono che sono sopravvissuto perché ... sono più forte >> ringhio per ridurre al silenzio il mio senso di colpa << e perché voglio vivere. Siediti con noi, Asuka! Sta’ in pace con noi! Di questi tempi è un evento più unico che raro. Domani potremmo morire >>.
Anche Asuka combatte la sua battaglia interiore, quella che ancora non le permette di decidere se accettarmi o meno, se riconoscere o no il suo passato. Se potessi fotografare adesso la sua faccia passerei intere settimane a studiarla e, sicuramente, mi sfuggirebbe qualcosa. << Ti accontenti >> non capisco se desideri finirmi o capirmi << di un misero momento, di una piccola biglia come se potesse cambiare tutto?>>
Come fai a sapere delle biglie?
Attendo in silenzio augurandomi che rifletta sulla domanda che mi ha appena posto e, magari, comprenda che la voce che gliel’ha suggerita non è malevola, né indice di pazzia.
<< E’ vero >> mi decido a rispondere, << ciò che vedi alle mie spalle è una biglia e non cambierà di una virgola il mio passato, forse neanche il futuro. Ma la conservo volentieri perché tutto il resto fa schifo, Asuka. Non credere, però, che conservi solo questo genere di biglie per paura di soffrire. Ho cambiato abitudini e ora le conservo tutte, custodisco anche i ricordi spiacevoli e ne ho cura perché esistono e non posso farci niente. Asuka, ciò che conta è che qui >> mi avvicino ancora, << adesso, c’è … pace. Non vuoi riposarti anche solo per un pomeriggio? >>
<< Voi non meritate la pace! >> sputa il veleno che ha dentro, credo più per eliminarlo e liberare lo stomaco che ne era pieno anziché per condannare quattro disadattati dai poteri diabolici.
Tuttavia, non riesco a trattenere un moto di rabbia. << Parli così perché lo credi davvero >> sibilo a denti stretti << o perché sei consapevole che neanche tu fai parte dei buoni? >>
L’occhiataccia della rossa preannuncia cazzotto in arrivo e fine della discussione. Sinceramente non temo più i suoi modi spicci di gestire la mia opposizione ma non posso non considerare che ho esagerato. Mi tornano in mente le parole del Paparino e l’urticante certezza che quelli come me saranno odiati anche o addirittura quando smettono di incarnare il buio. << Lo so che la mia felicità è il più atroce schiaffo alla tua anima >> mi affretto a disinnescare le granate prima che esplodano << ma non curarti di me, fa’ finta che io non ci sia! Ti prego, siediti con noi, dividi il tuo tempo con noi. Io ti starò lontano. Prova a conoscere almeno i miei fratelli. Non ti va di capire i cacciatori? >> visto che lo sei anche tu, Soryu. << Potresti scoprire che non siamo sempre brutti e sporchi. E, se non ti va di conoscerci, considera che c’è tanta carne. Mami ha cucinato anche le bistecche ai ferri che ti piacciono >>.
Asuka sembra calmarsi, forse troppo facilmente; riprende ad osservare con l’occhio sempre più lucido la chiassosa armonia della piccola folla << Dove l’avete presa? >> mi chiede sottovoce.
<<  Stiamo sperperando la ricca eredità … del Vecchio per condividerla con queste persone. Non l’avevamo mai fatto >>.
<< Prima eravamo noi a condividere >> si lascia sfuggire un pensiero che chiaramente non desiderava condividere con me.
Ecco da dove nasce la sua indecisione. Ora è lei che non comprende il suo mondo. << Quando vinceremo … tutti quanti >> prudentemente preciso, << riprenderete a farlo. E’ solo questione di tempo >>.
Shikinami non mi degna di uno sguardo, è come rapita dalla visione dell’eterogenea comitiva alle mie spalle che, composta da cacciatori, da civili e dalle amiche con indosso le divise della Wille, diverse per mansioni e grado, sperimenta nuove forme di convivenza.
La rossa sembra sinceramente tentata di assecondare la sua iniziale determinazione di unirsi a noi. Io, intanto, rivivo il nostro scambio di battute per calcolare i danni prodotti dal mio intervento.
Alla fine, Asuka a malincuore decide. Non prova neanche a modulare il suo broncio da presuntuosa strafottente, non prende il megafono per piazzare uno dei suoi soliti insulti, di quelli che suonano come il grido del comandante prima della carica dell’esercito. Ancora con le braccia conserte a protezione del cuore, lentamente si volta e, mestamente, se ne va.
<< Riportarla a casa sarà un casino >> rifletto mentre la vedo rimpicciolirsi fino a diventare una macchia colorata ormai prossima ad essere inghiottita dalle gigantesche fauci del wunder.
Forse avrei dovuto fermarla.
 
 
*****
 
 
<< Perché non posso venire con voi? >>
In realtà mi è chiaro, anche se non c’è modo di spiegarlo razionalmente, che soltanto ai miei tre fratelli maggiori spetta il compito di andare … in gita al mare. Tuttavia, sin dal nostro ultimo ritorno ho fatto finta di niente e tentato in tutti i modi di ottenere un permesso speciale per far parte della spedizione. Del resto, dopo tutto quello che avevamo passato insieme, ni rodeva alquanto il pensiero di essere escluso dalla rivelazione del nostro comune passato.
<< Prometto che non vi darò fastidio >> ho implorato Furia Buia, Orso e Musashi, mentre, fuori dal locale, effettuavano un ultimo controllo del bagaglio. << Anzi, posso proteggervi a distanza. Così dovrete solo concentrarvi sulla vostra ricerca spirituale che, non per farvi sentire in colpa, probabilmente riguarda più me che voi >>.
<< Quante volte te lo dobbiamo ripetere? >> ha risposto spazientito Furia Buia. << Tocca a noi tre >>.
<< Eh già >> è intervenuto Musashi. << Il quadro ha parlato ed anche la mia gatta. Questa prova dobbiamo affrontarla senza di te >>.
<< E Makinami è stata fin troppo chiara l’ultima volta >> si è aggiunto Orso. << Tu non sei ancora pronto >>.
<< A proposito >> il Paparino, rivolgendosi al Biondo, ha cambiato discorso, << di’ alla tua Quattrocchi che la prossima volta che sputa un oracolo dei suoi io per prudenza mi gratterò. Fa la misteriosa con voi ma a me quella iettatrice ha già predetto la morte due volte >.
<< Come vuoi, o uomo della guerra convertito >> lo ha canzonato il Biondo scattando sugli attenti ed esibendosi in un plateale saluto militare. << Vedi, però, di non grattarti troppo. E’ un po’ dispettosa e potrebbe divertirsi a farti arrabbiare >>.
<< Insomma >> sono scoppiato, << portatemi con voi! >>
<< Dobbiamo seguire gli indizi >> mi ha stoppato Furia Buia.
<< Hai sfidato addirittura il dio o il diavolo di questo mondo perché non volevi seguire gli indizi, ci hai fatto rischiare la pelle e adesso mi piazzi la solita frase come se fossimo tornati al punto di partenza? >>
Il Paparino ha gonfiato le guance e alzato il suo occhio umano al cielo come se volesse ponderare la risposta o reprimere un’imprecazione. << Beh, primo non vi ho mai chiesto di seguirmi. Siete stati voi a decidere di combattere dio insieme a me. In secondo luogo, il fatto che siamo tornati al punto di partenza non vuol dire che dobbiamo ripetere lo stesso giro. Ne inizia un altro, uno diverso e, visto che le domande sono aumentate più rapidamente delle risposte, possiamo solo affidarci agli elementi che abbiamo o, meglio, a quelli che si sono manifestati persino troppo chiaramente >>.
<< E’ che non mi sembra giusto. Anch’io ho diritto a … >>
<< Certo che ce l’hai >> ha confermato il Paparino.
<< Nessuno lo mette in discussione, scemo >> ha aggiunto Orso tirandomi uno schiaffo sulla nuca.
<< Non è detto che noi quattro dobbiamo raggiungere lo stesso, identico, scopo >> ha provato a spiegare Musashi << o che dobbiamo conseguirlo nello stesso momento >>.
<< E poi, lo sai anche tu >> ha continuato Furia Buia << che ricordare il tuo passato, nel tuo caso potrebbe non essere sufficiente. Il destino che devi creare o seguire è legato a quello di una rossa dal carattere complicato >>.
<< Come fai a sostenere che per voi ricordare sarebbe diverso? >>
<< Non lo sostengo ma, se fosse una trappola ideata dal … lato oscuro di questo universo, allora preferiamo saperti qui >>.
<< Dicevo sul serio >> ho brontolato. << Vi proteggerei >>.
<< Lo sappiamo >> è stata la volta di Musashi << ma noi non vogliamo fuggire e vogliamo essere sicuri che, se dovesse andar male, tu sarai ancora vivo per scoprire e portare a termine la missione >>.
<< Chi vi dice che io sarei al sicuro qui? >>
<< Sei in cima alla catena alimentare >> Orso ha iniziato a ridere forte e, non contento, ha accompagnato alle parole un’altra violenta manata che ha colpito le mie povere scapole mozzandomi il respiro. << O scusa, Shinji! Ogni tanto dimentico di avere un superpotere >>.
<< Non devi temere Kaji >> ha cercato di rassicurarmi il Paparino. << Non possono ancora fare a meno di te. E, quando quel momento arriverà, non preoccuparti perché saremo già tornati. Considera comunque che qui non sei solo >>.
<< E se cambiate? Se al ritorno voi … >> dovrebbe esservi chiaro che siete la mia unica famiglia. Il mondo può ribaltarsi all’infinito ma desidero che almeno questo legame resti immutato << … insomma, noi siamo i quattro beagle in calzamaglia. Se scopriste che … >>
Furia Buia aveva già capito e, sorridendo comprensivo, ha risposto alla domanda che non ero riuscito a formulare per intero: << se dovessimo ricordare qualcosa capace di dividere il gruppo, allora fanculo il passato! Considerala, però, un’opportunità >> mi ha esortato poggiando una mano sulla mia spalla << per te di fare nuove esperienze, di conoscere cose che non potresti imparare stando solo con noi >>.
<< Così finalmente sarai costretto a prendere decisioni per conto tuo >> l’omone ha finta di schernirmi. << L’adolescenza è passata, non puoi stare a rimorchio >>.
<< Soprattutto nostro >> ha schioccato il Biondo. << Che razza di uomo vuoi diventare? >>
<< Non smetterò mai di ripeterlo >> alla fine mi sono arreso: << essere adulti fa schifo >>.
<< Non dirlo a noi >> si è associato il Paparino dandomi un buffetto sulla guancia.
 
Li ho accompagnati fino al ponte. Eravamo emozionati ma abbiamo tentato di nasconderlo simulando un virile distacco un virile distacco nel caso qualcuno ci vedesse o (forse è più corretto dirla così) per non portarci sfiga.
Sono fin troppo esperto in separazioni, spesso traumatiche, eppure non avevo mai seriamente considerato che un simile giorno sarebbe arrivato. Il distacco è stato insolitamente rapido e trascinato, doloroso eppure ovattato come accade quando riesci a chiave una parte delle tue emozioni per non farti sopraffare.
<< Ragazzi, non è un addio >> Furia Buia ci ha rimproverati, dopo aver impiegato però quasi venti minuti per farmi un rapido riassunto di tutte le lezioni che insieme agli altri due mi aveva impartito per insegnarmi a sopravvivere.
<< Ma va?! >> di rimando Orso. << Perché già che ci sei non gli ricordi che non deve dar retta agli sconosciuti? Ah, è chiaro, Shinji, che quando incontri qualcuno che non conosci … >>
<< … Devo prima valutare il suo indice di pericolosità >> ho terminato la frase per dimostrargli che avevo studiato << e poi prepararmi comunque al peggio >>.
<< Che dite, andiamo? >> Musashi ha incitato il Paparino e l’omone. << Altrimenti finiremo per restare >>.
<< Si >> ha soffiato a malincuore il Paparino. << Ah, Shinji, se sei nei guai, attivati! Non farti fregare da stupidi discorsi sulla cavalleria. Ognuno cerca di acquisire un vantaggio togliendolo all’avversario. Quindi … >>
<< Lo sa >> lo ha interrotto Orso prendendolo per un braccio. << E tu >> guardandomi con gli occhi già rossi, << fatti trovare al nostro ritorno, tutto intero, mi hai capito? >>
Il Paparino si è morso il labbro e, dopo aver soffiato con forza dal naso, mi ha detto: << ricorda che non sei un inetto. Tutti sbagliamo >>.
<< Ma chi se ne frega! >> ha imprecato Musashi prima di abbracciarmi.
 
Non ho neanche messo piede sul legno degli assi; immobile, su bordo del precipizio che delimita il confine del villaggio, li ho accompagnati con lo sguardo finché non sono scomparsi.
<< A questo giro >> mi sono detto << mi tocca rinunciare a fare un passo. Chissà come saranno cambiati quando li rivedrò? >>
Dal momento in cui Asuka mi strappò dall’abbraccio metallico dell’entryplug di quel simil Eva posseduto da un Angelo i giorni che non ho passato con i miei fratelli potrebbero contarsi sulle dita di una mano.
Quando li ho conosciuti ero certo che la mia vita con loro sarebbe stata un inferno, ora attraverserei volentieri l’inferno mille volte pur di stare con loro.
Mentre si allontanavano in direzione della zona morta, mi è parso di vedere un fronte temporalesco avanzare verso il villaggio. << Ti conviene non far loro del male, dio >> ho parlato a quelle nubi accendendo i miei occhi fino a sentirli pulsare, << o dovrai vedertela anche con me. Ricordati che io difendo la mia casa >>.
 
<< E ora che faccio? >> mi domando fermo al centro dell’unica strada all’altezza dell’infermeria. E’ giorno da poche ore, il villaggio sta ancora sbadigliando mentre attende che la colazione sia pronta. << Non soltanto non ho una missione da compiere >> parlo da solo, intendendo per missione una qualsiasi annotazione in agenda che mi imponga di concentrarmi su un obiettivo concreto e mi aiuti, in tal modo, a impiegare un tempo che finirei certamente per sprecare, << io non so … niente di questo posto. Io sono un cacciatore … Che ci sto a fare a casa? >> aumento i decibel man mano che sale l’ansia. << Io conosco solo i miei fratelli. Non mi va di fare pubbliche relazioni. CHE PALLE! >>
Dalla casa in legno, posto di fianco all’infermeria, giunge squillante la voce di una donna: << così mi svegli il bambino, fa’ silenzio! >>
<< Mi scusi! >> rispondo impacciato assecondando il non troppo implicito suggerimento di levarmi dai piedi. << Accidenti! >> penso mentre mi dirigo verso le nostre terme.  << Devo imparare di nuovo le regole della convivenza civile >>.
 
A guardarle meglio le nostre terme non sembrano poi così piccole.
Tre uomini adulti potrebbero starci quasi comodamente, eppure le abbiamo sempre usate a turno, rigorosamente uno alla volta. Forse è stata proprio questa abitudine a falsare le mie percezioni dandomi l’impressione che la conca d’acqua calda fosse in sostanza una grande vasca a cielo aperto. Non so se i miei fratelli avessero deciso così per godersi meglio, in solitudine, un buon bagno caldo o per difendere il ricordo di un pudore che la vita in prima linea uccide abbastanza presto, comunque, << se dovessi scegliere, preferirei la compagnia di una donna >>.
Probabilmente, non ho ancora realizzato che sono solo o, forse ne sono fin troppo consapevole e cerco di non ammetterlo. La mente partorisce pensieri in quantità industriale e, proprio io, che passavo ore intere a perdermi nel vuoto senza dire una parola, ora sento un poderoso bisogno di ascoltare la mia voce. << Qui, ho fatto il mio primo bagno dopo due giorni terribili o almeno … così ricordo. Non ho bisogno di specchiarmi nell’acqua per contare tutti i passi che ho compiuto >>.
Siamo tutti cambiati, anche Asuka, che, contrariamente alle apparenze, è la più conservatrice, sta cambiando.
Ci sarà sempre in noi qualcosa di caotico, la via non sarà mai dritta e chiara, per mirare al bersaglio dovremo tener conto della forza del vento nell’impostare la traiettoria della freccia della nostra volontà; arriveranno altri rimpianti, si accumuleranno i rimorsi e la paura e la rabbia non smetteranno mai di camminare al nostro fianco. Ma ho finalmente compreso che esiste sempre un principio d’ordine nel caos, anche in me.
I tre cacciatori hanno una strada da seguire e non è detto che coincida con la mia. Io, per ora, ho solo un indirizzo e nessuna mappa, visto che riportare a casa Asuka (e, forse me con lei) compone una formula un po’ troppo generica perché si possa definire via. Un giorno, se la fortuna sarà benevola, noi quattro potremmo trovarci nella condizione di doverci separare ancora per nostra libera scelta.
Voglio credere che, anche per questo motivo, mi abbiano chiesto di restare. Non per abbandonarmi come fece mio padre ma per donarmi un’anticipazione della solitudine che accompagna un adulto, poiché un adulto non può vivere nella costante emulazione dei suoi eroi, né rinunciare a creare o a svelare il proprio particolare mito per accollarsi quello dei suoi padri solo per non perderli. Si, è come un acconto sulla ricompensa adombrata dalla dichiarazione d’intenti con cui Furia Buia accolse il concepimento dello Shinji che sarebbe poi nato cacciatore.
<< Voglio che tu cresca! >> mi disse e mi rendo conto che, al netto di tutte le vittorie, le brutture, le lacrime e le battute sconce, al netto di tutte le missioni, persino di Asuka, i mesi trascorsi sono serviti proprio a questo: a preparare un adulto.
 
E’ proprio così.
 
Finalmente ti fai sentire!
 
Non ho mai smesso di parlarti, ma tu avevi chiuso il tuo cuore e non mi ascoltavi.
 
Però ti ho riconosciuto nel mio cuore.
 
Vuol dire che stiamo diventando una buona squadra.
 
Io ci provo a diventare un adulto, però ... non è che ti va di spiegarmi cosa significa riportare a casa Asuka?
 
Non sono certo di aver esattamente compreso cosa significhi,
né saprei dirti come fare. Per questo è necessario che tu riesca a ricordare.
Forse, a quel punto, avremo maturato entrambi abbastanza esperienza
per rispondere alla tua domanda che è anche la mia.
 
Credevo mi saresti stato più utile.
 
Per chi mi hai preso, per un dio?
 
Se solo ricordassi!
 
Sarebbe più semplice, ovviamente, ma, se c’è una cosa che hai imparato in questi giorni, è che …
 
... Non serve aspettare che sia il mio passato a dirmi chi sono. D’accordo e, allora, che facciamo? Il Vecchio mi disse che devo riportare a casa Soryu e che sarebbe stata un’impresa titanica. Ho provato a scovare Soryu in Shikinami e, così, ho capito molto ma …
 
… Ma ora le domande sono aumentate
e continuano ad essere più numerose delle risposte.
 
Purtroppo è così. Qualche consiglio?
 
Perché me lo chiedi, lo sai già?
 
E’ vero. Ho cercato Soryu e la fine del viaggio. Invece, il viaggio è solo agli inizi. Devo andare per gradi, partire dal piccolo per arrivare al grande, procedere un passo alla volta.
 
E quindi, cosa scegli di fare?
 
Non ho ancora compreso il perché della nostra strana condizione ma, se tu sei legato a Soryu, mi pare evidente che Shikinami sia legata a me. Perciò, partirò da lei. In fondo, il vero nodo è nella relazione tra Shinji e Asuka, vero?
 
Adesso sai anche che la relazione è più complessa.
 
Qui!!!  
Il luogo in cui è possibile agire, che è presupposto, confine e termine della missione che un giorno ho scelto di intraprendere; il luogo in cui si manifesta, contemporaneamente su piani diversi, il nodo che impedisce alla relazione tra Shinji e Asuka di cambiare e che forse è esso stesso una parte del nodo[17].
Osservo uno scorcio di lago in lontananza, il sole è alle mie spalle e ce ne vorrà prima che si immerga nell’acqua dolce. << Non conosco il tuo nome, non so definirti in nessun modo >> improvviso una nuova orazione. << So che devo aiutarti a compiere un passo anche se non ne capisco il perché e non riesco a immaginare come potrei esserti d’aiuto. Ma, che tu sia la tempesta o il ventre generoso a cui ci ha condotto il Vecchio, in te c’è la via che abbiamo scelto di seguire. Non possiedo le certezze di Furia Buia e devo sforzarmi di prestare attenzione agli indizi e aver fede nelle parole che si sono svegliate in questa coscienza di Shinji. Perciò … >> stendo le braccia e chiudo il mio occhio. Sono fermo eppure sento che mi sto muovendo; sono fermo e non sto cadendo, forse perché ho già toccato il fondo o perché, almeno oggi, non devo scavare. << Perciò, proprio io che non conosco l’amore, ho deciso: io ti accetto>>.
Un  profumo di lavanda si leva dal lago e mi accarezza il corpo e l’anima e forma nella mia mente un’immagine conosciuta e desiderabile. Seguo l’intuizione del cuore e sogno di baciarla. << Non è ancora finita >> il mio cuore intona la sua musica e mi istruisce con la sua saggezza. << Torneremo a casa insieme perché io mi assumo le mie responsabilità, io non fuggo, io sono disposto a correre i miei rischi e sopporto le conseguenze delle decisioni che prendo e delle azioni che compio. Io non mi arrendo, Asuka! >>
Shikinami è seduta sul muretto assorta in quei pensieri che vorrei conoscere da tanto tempo. << Che ci fa lì? >> mi dico. << A lei interessano i tramonti … Ehi, un momento! Com’è possibile che riesca a vederla? Da qui saranno almeno cento metri in linea d’aria … >>
Un secondo di riflessione, un minuto buono per caricare la molla dell’entusiasmo e infine esplodere: << Furia Buia, ti ho raggiunto! >> grido alzando le braccia al cielo come se avessi conquistato la medaglia d’oro al fotofinish.
 
L’universo ti è amico. Perché non andiamo da lei?
 
Bloccato dal mio stesso consiglio nella posa dell’eroico vincitore passo in rassegna tutti i possibili scenari. << Naaaaaaah!!! >> giunge il verdetto. << Prima di avvicinarmi a lei dovrò approntare una strategia a prova di bomba. Ecco cosa posso fare! >> esclamo stendendo l’indice della mia mano poco umana davanti agli occhi imitando involontariamente Asuka quando sale in cattedra. << Posso impiegare tutto questo tempo per studiare un piano >>.
 
Cacasotto!!!
 
Quanto inutile veleno!
 
<< Già parli da solo? >>. Matsuda a neanche tre metri mi osserva tra il preoccupato e il divertito.
<< Pensavo ad alta voce >> che aveva ragione il Paparino: quando c’è lei le mie capacità di percezione vanno ancora a corrente alternata.
<< Hai da fare? >>
Certo, che ho da fare. Devo studiare un piano per convincere Shikinami ad aiutarmi a sciogliere il nodo intricato che affligge i nostri due alterego e a capire come muovermi in questo mondo che probabilmente è lo specchio gigantesco su cui si riflette la nostra relazione complicata. << No, non ho impegni >>.
<< Allora, vieni con me. Ti insegnerò come si mette davvero in sicurezza una zona e a pianificare operazioni di guerriglia senza rinunciare ad una buona via di fuga >>.
<< Me l’hanno già insegnato i miei fratelli >>.
< Chi, quei dilettanti? Allora è il caso di farti dimenticare tutte le sciocchezze che ti hanno inculcato, così potremo ricominciare da zero. Per prima cosa ti istruirò sul modo corretto di costruire delle buone trappole. Quindi, imparerai a sfruttare l’ambiente per scegliere dove posizionarle >>.
<< Credo di saperne abbastanza >>.
<< Vuoi continuare a fare affidamento sui tuoi giocattoli? >>
<< Va bene, ti seguo >>, o mio amichevole e fastidiosamente ripetitivo indizio.
<< E’ strano! >> riflette Matsuda a pochi passi dalla fine della strada.
<< Cosa è strano? >> gli chiedo.
<< Era nuvoloso da quella parte >> indicando nella direzione del ponte. << Pensavo si sarebbe scatenato un temporale e, invece, adesso il cielo è limpido >>.
<< Si è trovato sulla strada di quei tre. Avrà avuto paura >> sghignazzo considerando che potrei averci preso.
<< Per via dell’at field del Paparino? >>
<< No >> rispondo. << Furia Buia ha da poco scoperto di essere innamorato. Forse la tempesta ha temuto che potesse farle la proposta >>.
<< Stai diventando diversamente spiritoso, proprio come lui >> si irrita lo stratega.
<< Non sto scherzando >> replico. << La tempesta, in verità, è la forma di un dio >>.
 
O di una dea!
 
 
NdA: ORA Shinji può riavvicinarci ad Asuka (meglio, a quel punto di vista cosciente che si chiama Shikinami).
 

 
 
 
[1]Cfr seconda parte Cap. VI
[2]Cfr Cap. VIII
[3] Cfr seconda parte Cap. VI e prima parte Cap. VIII.
[4] Cfr battaglia sulla colina descritta nell’ultima parte del Cap. XVIII.
[5] Musashi si riferisce alla fortunosa ritirata raccontata nel Cap. VIII.
[6]Cfr Capp. IV e V.
[7] Cfr dialogo tra Shinji e Furia Buia nella prima parte del Cap. XII.
[8] Cfr scontro tra Shinji e Gendo narrato nella prima parte del Cap. XI.
[9] Cfr prima parte Cap. XVIII.
[10] Cfr rispettivamente ultima parte Cap. XVIII e ultima parte Cap. XVII.
[11] Cfr iniziazione di un cacciatore narrata nel corpo del Cap. XVII
[12] Cfr battaglia raccontata nell’ultima parte del Cap. XVIII
[13] Cfr ultima parte Cap. XI
[14]Cfr fine Cap. XVII.
[15]Cfr discorso tra Shinji e il Vecchio nel Cap. XVI.
[16] Citazione da I Pompieri 2. :D
[17] Cfr post appuntamento descritto nell’ultima parte del Cap. XV.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Evangelion / Vai alla pagina dell'autore: bUdson281