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Autore: Biblioteca    14/11/2020    2 recensioni
Dopo che Mrs Purr è stata pietrificata, Gazza decide di vegliarla tutta la notte in infermeria. All'alba viene raggiunto da Minerva McGranitt, che condivide con lui il suo dolore, poichè anche a lei è successo, molti anni prima, di perdere una caro amico gatto...
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Argus Gazza, Minerva McGranitt, Mrs Purr, Poppy Chips
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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(Da poco tempo è venuta a mancare la nostra gatta, che ha vissuto con noi per più di dieci anni. In coincidenza con la sua dipartita, avevo riletto "La camera dei segreti" e mi sono resa conto di quanto, nell'universo di Harry Potter, il personaggio di Gazza sia poco approfondito, quasi una macchietta, quando invece può rappresentare qualcosa di tristemente reale: il fatto che molte persone, ormai, riescono a amare solo gli animali. Quando lui ha pianto per Mrs Purr, ho quasi pianto anch'io. E già che c'ero ho anche provato a immaginare perchè tra i tanti animagus esistenti, la McGranitt abbia scelto proprio un soriano. Dedico questa storia alla mia gatta e a tutti quegli esseri umani che hanno perso un amico animale.)

Sulla soglia dell’infermeria, Minerva McGranitt osservò la schiena di Argus Gazza, ricurvo nel fondo della sala sul corpo di Mrs Purr.
Una flebile luce dalle finestre illuminava l’intera stanza insieme alle candele. Su un letto, uno studente Grifondoro russava sonoramente. Probabilmente aveva passato la notte intera a vomitare dopo aver mangiato troppi dolcetti. Su un altro letto, la battitrice di Corvonero dormiva mentre la sua mano riprendeva la giusta forma dopo che un bolide preso male l’aveva distrutta.
Madama Chips si avvicinò alla McGranit.
“Non parla, non piange, non vuole neanche sedersi. Ho provato a offrirgli una sedia ma con un cenno l’ha rifiutata. Sta così in piedi da tutta la notte, fissa solo la sua gatta per cercare un qualche movimento che confermi quanto gli ha detto Silente.” Sussurrò l’infermiera, con una punta di pena nella voce.
“È così? Il gatto si riprenderà?” domandò la professoressa.
“Servirà del tempo, ma il filtro contro la pietrificazione è stato ampiamente testato sugli animali e posso dire che quasi si riprendono meglio degli esseri umani.”
La McGranitt annuì.
“Speriamo che però non ci sia bisogno di usarlo sugli esseri umani.” Aggiunse “Non sono molto ottimista, ma una parte di me continua a sperare che tutto questo sia stato solo il brutto scherzo di qualche studente. In ogni caso, andate pure a fare colazione. Vorrei parlare con Gazza, forse riuscirò quantomeno a convincerlo a uscire per lasciarvi fare il vostro lavoro.”
“Sarebbe davvero utile. Se qualche altro studente arriva, non esitate a chiamarmi.” Disse grata l’infermiera Chips, allontanandosi.
Minerva si avvicinò prendendo una sedia.
Poppy Chips aveva messo il corpo della gatta su un tavolino coperto da un candido lenzuolo e la testa stava su un asciugamano ripiegato a formare un piccolo cuscino. Un gesto di rispetto che impressionò molto la McGranitt.
Poggiò la sedia vicino a Gazza, ma lui la ignorò.
“Madama Chips ha detto che siete stato in piedi tutto il tempo a osservare la gatta. Dovete almeno sedervi.”
Argus Gazza  non rispose subito. Minerva notò che il suo aspetto era anche peggiore del solito. Più che un magonò pieno di rabbia e rancora, sembrava un uomo qualunque distrutto dal dolore.
Minerva gli poggiò una mano sulla spalla, ma l’uomo non si mosse.
Era rigido, come se fosse stato pietrificato anche lui.
Minerva allora si allontanò e prese dal tavolino poco lontano la teiera incantata, sempre calda, e mise del tè in una tazza.
Si avvicinò per porgerla a Gazza, quando finalmente lui la guardò negli occhi. Un barlume luminoso brillava nelle sue pupille nere.
“Credo che abbia mosso un po’ il naso! Allora è vero! Non è morta!”
Minerva sapeva che era impossibile. Probabilmente si trattava di un’illusione ottica dovuta all’aver fissato per molte ore la povera Mrs Purr. Ma non se la sentì di dirglielo.
“Se Silente ha detto che può farcela, probabilmente è vero. Dovete fidarvi di lui.”
Gazza annuì e finalmente si sedette sulla sedia: “Il professor Silente è un grande mago, lo so bene. Ma… anche i grandi sbagliano.”
“Vero anche questo.” Minerva gli porse la tazza.
L’uomo bevve un sorso, ma continuò a tenere gli occhi fissi sul corpo dell’animale.
“Dovevano fare a me… questo scherzo. Dovevano pietrificare me. Non Mrs Purr.”
Minerva si stupì di quella considerazione.
“Mrs Purr non farebbe male a nessuno, se non per difendere me. Sono sicuro che ha sentito qualche studente pianificare lo scherzo e ha voluto proteggermi! Lo ha sempre fatto! È l’unica creatura che mi ha accettato per la nullità che sono! Se lei muore, morirò anch’io! Mentre lei senza di me avrebbe una possibilità!” all’improvviso Gazza ricominciò a singhiozzare “Non è giusto!”
Minerva sentì il cuore riempirsi di tristezza. Anche perché, pur non avendo mai amato Argus Gazza sia come persona che come lavoratore della scuola, in quel momento lo capiva benissimo.
Prese una sedia e si sedette accanto a lui. Attese che i singhiozzi si calmassero. Poi disse: “Anch’io avevo un gatto che amavo molto, quando ero più giovane.”
Gazza tornò a fissarla: il suo viso pieno di lacrime mostrava chiara sorpresa.
“Era uno splendido animale: un gatto soriano grigio, con una distribuzione perfetta delle sue strisce. Lo trovai una sera sotto la pioggia ancora cucciolo, quando non sapevo ancora nulla della mia magia. Aiutata dai miei genitori l’ho allattato ogni giorno davanti al caminetto, fino allo svezzamento. Mi ha seguito anche ad Hogwarts. Gli ho fatto da mamma, poi da padrona. E lui è cresciuto con me. Era un gatto qualunque, ma anche i gatti normali sembrano avere dentro di loro la magia, è riuscito a raggiungere quasi i vent’anni in piena salute. Una sera, mentre ero di nuovo a casa con i miei genitori, è uscito di casa e una macchina l’ha investito.”
Gazza tremò.
“Investito? Volete dire, schiacciato?”
“Esatto. Ho trovato io il corpo, sull’asfalto, sempre sotto la pioggia. E sì, quell’estate il mondo mi  è crollato addosso, in quel momento. Anche perché in casa non era un periodo facile, tra i miei fratelli più piccoli e i miei genitori, e mi sembrava che solo il mio gatto potesse capirmi. E lui non c’era più.”
Sotto le lenti degli occhiali, gli occhi della McGranitt brillarono, come se fossero sul punto di lasciar uscire tutte le lacrime fino a quel momento trattenute.
Argus Gazza aveva sempre trovato la McGranitt antipatica, pur apprezzando la sua severità. Ma in quel momento provò molto rispetto per quella donna che capiva davvero cosa significasse vivere con il solo amore di un animale, e ammirò il profondo controllo che aveva delle sue emozioni. Con una goffa gentilezza, fu il suo turno di poggiare una mano sulla spalla della donna.
“Sapete Gazza, la magia che unisce un animale al suo padrone è un dono straordinario; non si può avere con pozioni o incantesimi, o c’è o non c’è. E voi, siete fortunato: Mrs Purr starà con voi per tanti anni ancora. Io invece, dopo il mio primo gatto, non sono più riuscita a legarmi a altri animali. La magia è morta con lui.”
Gazza si dispiacque molto per quella precisazione, ma la capì. Anche lui era sicuro che dopo Mrs Purr non avrebbe più incontrato nessuno.
“Adesso devo andare. Prendetevi pure del riposo, tornate al lavoro solo quando vi sentirete; e vi prego, non accusate i ragazzi, non sappiamo ancora se qualcuno di loro sia colpevole; in cuor mio spero di sì. Se si trattasse di un’altra minaccia… credo che avremmo molta difficoltà a combatterla.”
“Se il colpevole verrà fuori” mormorò Gazza “voglio punirlo personalmente.”
Minerva ripensò a tutti gli incantesimi che aveva fatto in quella notte di pioggia, violando il regolamento peraltro, per cercare di individuare quantomeno il modello di auto che aveva investito il suo micio.
Pensò al fatto che non le era importato nulla della possibilità di essere espulsa e di come fortunatamente non era accaduto.
Pensò alla rabbia per lo sconosciuto che aveva ucciso il suo migliore amico e a quanto tempo c’era voluto prima che se ne andasse.
“Il preside non sarà d’accordo ma avrete il mio appoggio. E sicuramente ci sarà un’espulsione!” disse. Poi si alzò e uscì dall’infermeria.
“Grazie per il tè!” gridò Gazza alle sue spalle.
Ma Minerva non replicò. Doveva correre nella sua stanza per asciugarsi le lacrime, prima di andare a fare colazione nella sala grande.
 
FINE
  
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