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Autore: DhakiraHijikatasouji    14/11/2020    0 recensioni
Siamo in tempo di guerra, anno 1916. Nessuno però sa che sotto un bunker una donna sta partorendo e un bambino alla luce sta dando. Questo cucciolo però non sa che dovrà crescere affrontando un’orribile infanzia da orfano dove scoprirà la sua vera natura che in tutto il racconto non riuscirà a negare a sé stesso. Soprattutto quando incontrerà l’aspirante artista Bill Kaulitz. E lì riuscirà a capire tutti i ritratti del mondo…del loro mondo.
INCEST NOT RELATED
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
Capitoli:
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Kapitel 7


Bill quella mattina si era svegliato di buon umore. Il padre gli aveva comunicato di partire per un viaggio di lavoro, e da quel giorno sarebbe rimasto da solo in casa per qualche settimana. Aveva pensato di utilizzare quel tempo per allestire la propria mostra. Innanzitutto aveva fatto venire un organizzatore di eventi a casa sua. Aveva cercato nelle pagine gialle per contattarne uno che stava nelle vicinanze e avere un colloquio. Quando quest’uomo si recò a casa Kaulitz, inutile dire che rimase stupito dalla cura del giardino, dalla grandezza della costruzione, ma soprattutto il fiato gli venne totalmente portato via alla vista di quei quadri. Quella stanza faceva una certa impressione, in quanto sia di giorno che di notte era sempre poco illuminata e quindi sembrava che le figure rappresentate volessero impossessarsi dei corpi degli spettatori.

- Lei dipinge con tutta questa oscurità?- Era una domanda logica. In fondo i tratti di pittura erano così precisi che sembrava quasi impossibile.

- Sì, è il mio ambiente ideale-

- E’ veramente stupefacente. Posso?- Chiese allungando esitante una mano verso la tela.

- Certo, faccia pure- L’uomo la sfiorò seguendo i tratti del dipinto.

- Ha una tecnica veramente interessante, signor Kaulitz. Sarò veramente contento di allestire questa mostra per lei-

- Penso che possiamo discutere al piano di sotto delle varie trattative. Gradisce una tazza di tè, signor Heinrich?- Egli accettò di buon grado, e quando furono in salotto, uno davanti all’altro, Bill congedò la domestica, in quanto sapeva quanto potesse essere pettegola la servitù. Bill non voleva rendere niente pubblico fino a che non sarebbe stato tutto pronto, perché prima doveva calcolare i vari imprevisti. Il signor Heinrich si mostrò molto amichevole e alla mano. Gli disse che la sua mostra l’avrebbe allestita in uno stanzone al museo situato nell’elegante quartiere di Charlottenburg. Successivamente tornarono nella stanza dei quadri per selezionare quelli che erano degni di essere mostrati al mondo. Bill li scelse accuratamente, e ci mise tanto tempo. Ovviamente doveva ancora comprare le cornici, ma per quello optò di attendere fino a che il numero dei quadri non sarebbe stato definito dallo spazio disponibile. Passarono addirittura dei giorni dove Bill non uscì di casa e spendeva tanto tempo al telefono con il signor Heinrich, il quale si trovava al museo Berggruen (NdA. Un museo realmente esistente, ma che nella realtà venne inaugurato anni dopo). Andava a letto con il mal di testa, ma sapeva di star facendo tutto questo per sé stesso e per il suo futuro. Alla fine ordinò delle cornici fatte da uno dei migliori falegnami della città. Le voleva di legni differenti, ma con degli intagli precisi che richiamavano la rappresentazione. Desiderava che fosse tutto al meglio, e poi non poteva presentarsi nel quartiere di Charlottenburg, uno dei più illustri e chic di tutta Berlino, con qualcosa di mediocre e poco raffinato. Però in alcuni momenti in cui la sua testa aveva tempo per vagare pensava a Tom. Certe volte si scusava con sé stesso per essere costretto ad ignorare certi pensieri, siccome doveva lavorare. Era terribile dover costringere la propria mente a ritagliare del tempo apposito per meditare su sé stesso e su ciò che stava accadendo dentro di lui. Suo padre, Herr Kaulitz, desiderava che suo figlio si sposasse e avesse una famiglia, dove avrebbe mantenuto moglie e figli con i propri guadagni, ma Bill non ci si vedeva in quel futuro. Voleva essere libero di amare chi voleva e dipingere. Più volte si era immaginato in amori occasionali e poco duraturi a causa del suo girovagare per il mondo, intento a diffondere la propria arte. Non credeva neanche di essere in grado di occuparsi della prole. Certo, adorava i bambini, ma un conto era se appartenevano ad altri, un altro se era responsabile della loro esistenza e quindi doveva crescerli. Non sapeva cosa poteva insegnare  loro della vita, probabilmente niente. Era solo arte, colori schizzati su una parete che alla fine non definivano nulla di concreto. Invece Tom, pur essendo in grado di capirlo, non era per niente indefinito. Sapeva ciò che voleva e non gli importava dei pensieri altrui, avrebbe fatto quello che voleva in qualsiasi caso. Forse non aveva un obiettivo, o magari la sua meta era proprio la sua anima, il riuscire a realizzarla in un mondo che non la accettava. In quel momento gli venne un’idea e si buttò giù dal letto. Non aveva tempo per dormire, doveva assolutamente farlo ora. Passò tutta la notte a dipingere, ma nessuno se ne accorse, in quanto dall’esterno era possibile solo scorgere il buio dentro la stanza.

 

***

 

- Tom!- Saphira giunse a svegliarlo presto. Aprì la porta, scostò le tende della finestra facendo penetrare il sole nella stanza e gli saltò letteralmente addosso. - Svegliati immediatamente!- Il ragazzo stava prono sul letto, con la guancia incollata al cuscino e gli occhi chiusi. Respirava ancora tranquillo, nonostante la mole della ragazza stava balzando sul suo osso sacro. - Sei veramente un pigrone, ora vedrai- Scese dal letto, artigliò le lenzuola e le tirò via. Tom reagì mettendosi di lato e appallottolandosi leggermente su sé stesso.

- Saphira...ma che fai?- Chiese mugugnando. La ragazza gli andò davanti per controllare se almeno aveva gli occhi aperti. Li vide che stavano combattendo contro la luce del giorno.

- Sono arrivate delle lettere! Devi assolutamente guarda…!- Si interruppe improvvisamente arrossendo come una fragola. Tom non capì il motivo di quella reazione tutta d’un tratto, però vide che il suo sguardo andava verso il basso, così lo seguì. Anche lui sussultò prima di coprirsi con le mani il gonfiore alle proprie parti intime. Afferrò la coperta e vi si arrotolò. - Ehm...se hai bisogno di qualche minuto…-

- E’ una cosa naturale, succede tutte le mattine. La prossima volta impari a svegliarmi in questo modo- Si atteggiava a bambino offeso, e gli riusciva piuttosto bene con quel broncio che si ostinava ad assumere quando era irritato da qualcosa. - Spero che il motivo sia plausibile- E anche le sue guance si erano imporporate. Era in evidente imbarazzo.

- Se vuoi te lo dico a colazione…-

- Ormai credo sia doveroso che tu ti esprima-

- Wow, che linguaggio…-

- Mi stai contagiando con tutti quei libri che mi costringi a leggere!-

- E non ti fanno altro che bene, smettila di lamentarti-

- Ma io non mi sto lamentando-

- E invece sì-

- Invece no-

- E invece sì- Si sedette sul letto quando Tom le fece un po’ di spazio sbuffando per non riuscire ad aver ragione. Saphira ridacchiò. Proprio un infante. - Comunque tieni, leggi tu stesso- Gli passò le carte che Tom prese e portandosele davanti agli occhi. Non erano esattamente lettere, parevano più degli inviti. C’era scritto “Offizielle Einladung zur Kunstausstellung im Berggruen Museum für Tom und Saphira Winkler”. Il ragazzo assunse un’espressione confusa. Era stato invitato insieme a Saphira alla mostra d’arte che si sarebbe tenuta al museo Berggruen di Berlino. Come mai solo loro due e non tutta la famiglia? Saphira colse la smorfia confusa che si dipinse sul volto di Tom e intervenne. - Gira, guarda chi è il mittente- Appena lo fece e lesse quel nome il suo cuore fece un salto e sul suo viso un sorriso prese automaticamente forma. - Sai una cosa? Penso che ci sia il tuo zampino dietro a tutto questo- Gli diede una leggera spinta sulla spalla e Tom era ancora incredulo. Davvero alla fine aveva preso coraggio e aveva trovato il modo di uscire allo scoperto? Era molto contento per lui, e sì, aveva intenzione di accettare, assolutamente.

- Io gli ho semplicemente detto che se quello che vuole è essere artista, non deve lasciare che persone come il signor Kaulitz gli impediscano di raggiungere i suoi sogni-

- E lui ti ha ascoltato. Penso che voglia ringraziarti di persona- Al sol pensiero di rivederlo, l’adrenalina stava salendo su per il petto di Tom...o almeno credeva fosse quella. Era felicità, era qualcosa di indescrivibile, che poche volte nella sua vita aveva provato. Con Oskar non era mai successo perché lo aveva sempre avuto vicino, bastava si girasse o allungasse la mano e lo trovava. Il fatto che Bill gli fosse distante alimentava il fuoco in lui tutte le volte che sapeva che lo avrebbe rivisto, o anche solo quando se lo ritrovava inaspettatamente davanti, come era successo alla biblioteca. Tante notti si era ritrovato a sognare il loro bacio. Una volta ci stava pensando anche a tavola e più volte Frau Winkler aveva dovuto richiamare la sua attenzione, per poi chiedergli: “Come mai sei così distratto, si può sapere?” e lui le aveva semplicemente risposto di star pensando alla scena di un libro che stava leggendo e che gli era piaciuta particolarmente. Non avevano chiesto più niente, né il titolo della storia né quale passo del romanzo in particolare...ma le loro facce sembravano sempre con la puzza sotto il naso. Saphira lo aveva guardato e forse aveva capito che era una bugia, anzi sicuramente, ma anche lei successivamente non si era pronunciata oltre. - Sai che cosa vuol dire questo?-

- Cosa?-

- Andremo a fare shopping, così come dicono gli inglesi-

- E cosa vuol dire?-

- Tu alzati e basta, vestiti e scendi per la colazione. Ti spiego dopo- Tom non aveva perso tempo. Solitamente ci metteva molto ad alzarsi, ma per quell’occasione si era catapultato giù dal materasso. Si sentiva energico come mai. Volò letteralmente nel bagno, si vestì e corse giù per le scale fino a raggiungere il tavolo dove stava seduta solamente Saphira. - Se ti stai chiedendo dove sono i miei genitori, sono a messa-

- Sono religiosi? Ma se non pregano mai a tavola prima di mangiare-

- Questo perché tu arrivi sempre in ritardo e perciò non vedi, ma lo fanno tutte le volte. Sono cattolici ai limiti del disgusto- Tom ridacchiò e si sedette. La tavola era come sempre imbandita e c’era l’imbarazzo della scelta. In Germania era così, la colazione era importantissima. Infatti il ragazzo non sapeva come, per esempio, in Italia facessero a mangiare così poco la mattina, o almeno così gli era giunta voce. Non aveva avuto modo di verificare, ma probabilmente era meglio rimanere nel suo paese, in quanto ad un italiano avrebbe svuotato la dispensa e non sarebbe stato molto carino. Una volta finito di mangiare, Sarja si avvicinò per sparecchiare.

- Dove andate di bello oggi?-

- Porterò Tom a fare shopping-

- E che cosa è?-

- Me lo chiedo anche io. Sai, conosci troppe parole strane- Disse Tom riferendosi alla sorella, la quale sorrise compiaciuta e un po’ orgogliosa di sé stessa siccome sapeva tre lingue: francese, inglese e logicamente il tedesco.

- Andiamo a comprare dei vestiti nuovi per stasera. Sai, Sarja, Bill tiene una mostra d’arte al museo Berggruen e vogliamo essere bellissimi per l’occasione- Fece l’occhiolino al ragazzo che sorrise complice mentre si metteva un acino d’uva tra le labbra. 

- Il signorino Kaulitz è un artista?- Chiese visibilmente stupita.

- Pochi ne erano a conoscenza. Era un segreto che mi aveva chiesto di mantenere quando eravamo ancora bambini, ma adesso non sarà più così. Muoio proprio dalla voglia di vedere le facce dei critici quando vedranno i suoi quadri. Sapete, lui dipinge al buio- 

- Cosa? E come fa a vedere?- Domandò Tom. 

- Nessuno lo sa. Lui mi ha sempre risposto con queste parole: “E’ il mio ambiente ideale”. Non dà un motivo più plausibile, non argomenta. E’ la sua tecnica e va accettata- Se possibile, Tom rimase ancora più esterrefatto. Non aveva mai sentito di persone che lavoravano senza luce e che comunque erano in grado di creare dei capolavori. - Bene, direi che possiamo andare- Si recarono fuori e Tom si sentiva sempre un po’ a disagio. Molti per strada lo guardavano o gli davano il buongiorno, come se lo conoscessero, e lui non c'era ancora abituato. 

- Ho una domanda-

- Dimmi-

- Ma queste persone sanno che noi non siamo realmente fratelli, vero?- Saphira ridacchiò.

- Beh, penso che se ci fosse stato un primogenito maschio nella mia famiglia ne sarebbero stati tutti al corrente da un po’-

- No, intendo...magari potrei essere quel figlio perduto e ritrovato...nel senso...abbiamo lo stesso cognome adesso e noi dovremo...sposarci- La ragazza arrestò il suo passo improvvisamente, come se avesse visto un fantasma. I suoi occhi divennero pensierosi e quasi tristi. - Scusa, forse non avrei dovuto tirare fuori l’argomento- Lei scosse la testa.

- La gente sa tutto quello che non le dovrebbe interessare sapere...ma sa, quindi non preoccuparti di questo- Mormorò leggermente risentita da questo fatto, ovvero che le persone avessero le orecchie e la bocca più grandi dello stomaco. Ripresero a camminare e arrivarono dalla sarta del paese, per vedere se aveva dei nuovi modelli o se dovevano ordinarli per il giorno stesso. Fortunatamente la donna aveva già fatto alcuni vestiti che aveva messo in esposizione e, per non riempirla di altro lavoro, Saphira e Tom decisero di accontentarsi. No che quello che era già fatto fosse brutto, anzi. La ragazza optò per un abito color crema con la gonna a balze leggermente rigonfia. Tom invece andò su una camicia blu, di un tessuto molto morbido al tatto, e su dei pantaloni neri. Molto semplice, ma comunque d’effetto. - Ti sta proprio bene- Disse Saphira avvicinandosi da dietro e abbracciandolo mentre egli si stava guardando allo specchio del camerino. 

- Sì...è…-

- Attraente. Bill non avrà scampo- Tom avvampò in quel momento e si voltò verso Saphira in cerca di spiegazioni a quell’affermazione. - Avrà l’impulso di farti un ritratto appena ti vedrà- Sì...un ritratto, certo. Il ragazzo sospirò sollevato. Per un attimo aveva pensato che la “sorella” avesse intuito qualcosa. Non voleva ferirla. Era destinato a unirsi in matrimonio con lei, e non era giusto che lo scoprisse pensare ad un'altra persona, per giunta ad un uomo! Non l’avrebbe presa bene...forse l’avrebbe anche detto ai Winkler e chissà quale sarebbe stata la sua fine. Oddio, Tom si fidava di Saphira, ma si sa, la gente, soprattutto se presa dalla tristezza o dalla rabbia, può fare o dire cose delle quali poi si pente. Ma non avrebbe avuto senso pentirsi, ormai.
Andarono a pagare gli abiti e tornarono a casa per il pranzo. Il pomeriggio avrebbero fatto un altro giro per il paese, poi avevano in programma di dedicarsi ancora alla lettura. Quando i signori Winkler seppero di questa mostra, non la videro come una cosa sbagliata, ma quanto una nuova occasione per Tom e Saphira di stare insieme. Speravano sempre nella nascita di qualcosa che non sarebbe mai avvenuta, perché loro volevano essere solo ottimi amici, non sposi. E sembrava che tutto ciò che circondasse Tom fosse una realtà impossibile dove prima o poi ci avrebbe sbattuto la faccia.

 

***

 

Il cielo aveva cominciato presto ad imbrunire siccome l’inverno si stava facendo sentire. Anzi, guardando il cielo, esso era stato completamente bianco durante tutto il giorno e Saphira aveva detto che era segno di nevicata imminente. Lei si prese uno scialle di pelo bianco per coprirsi le spalle, mentre Tom una giacca. Lo chauffeur li guidò fino all’elegante quartiere di Charlottenburg. Inutile dire che era qualcosa di spettacolare. Tutta la gente si abbinava alla finezza del posto. Erano tutti veramente sofisticati. Quando arrivarono al museo, pure la struttura faceva la sua bella figura: non era enorme, anzi, sembrava essere piuttosto contenuta, ma infatti la mostra di Bill non era privata, e ci sarebbero stati solo pochi ospiti. 

- Sono così emozionata!- Saphira gli prese il braccio e lo trascinò dentro. Tom si era come congelato. Aveva una certa ansia che gli stava montando il petto. L’idea di presentarsi a questo evento...era panico puro. Il cuore gli stava battendo come se stesse avendo una tachicardia in corso e si fermò tutto insieme non appena riuscì a scorgere Bill tra la folla. Anche lui era elegante, come sempre. Vestito di nero, come di consuetudine. Per lui sembrava non esistessero altri colori. Molto probabilmente pensava che stessero bene solamente su tela e non sul suo corpo. In quell’instante Tom pensò a qualcosa di così lussurioso e divertente che avvampò. - Tom, stai bene?- Saphira si stava preoccupando. Sembrava che Tom avesse qualcosa che non andava. 

- Certo, sto...sto perfettamente. E’ il solito sentirsi un po’...fuori luogo- 

- Non dovresti, Bill è con noi. Sai quando ero piccola, Bill era come una casa vera per me. Con lui potevo essere come volevo- Presero due bicchieri di champagne, che Tom sicuramente non avrebbe bevuto tutto. - Pensa, è a lui che ho dato il mio primo bacio- E infatti gli andò di traverso e cominciò a tossire. - Come puoi biasimarmi? Bill era un vero ladro di cuori- Tom non aveva neanche modo di biasimarla, doveva prima ritrovare l’ossigeno. - Eh sì...erano proprio bei tempi quelli. Ora non so cosa gli sia successo, tende a nascondersi. Il fatto che ha allestito questa mostra mi ha sorpresa molto proprio per questa ragione, e pensare che è merito tuo...devo ringraziarti anche io, Tom- Il ragazzo sorrise timidamente arrossendo un po’. Se veramente era così, doveva ritenersi solamente orgoglioso di sé stesso. Quando finalmente le due persone che stavano parlando a Bill si allontanarono, i due ragazzi si sentirono liberi di avvicinarglisi. Appena il moro alzò lo sguardo e li vide avanzare, anche il suo cuore ebbe un leggero arresto momentaneo. Tom era bellissimo quella sera.

- Ciao-

- Ciao- Sembravano due fidanzatini timidi. Avevano le guance rosate e non riuscivano ad abbassare lo sguardo, gli occhi perennemente incatenati. - Sono davvero contento che siate qui-

- Ci faresti un tour personale dei quadri? Dio, sembrano tutti così belli!- Saphira era eccitata solo guardandosi attorno, invece per Tom bastava guardare Bill per provare quell’ebrezza. Doveva solo stare attento a non lasciarsi troppo andare o avrebbe creato una situazione molto spiacevole per tutti.

- Con molto piacere, seguitemi- E “ciao” fu l’unica parola che Bill sentì pronunciare da Tom in tutta la serata, in quanto ad ogni quadro egli non aveva detto niente. Restava a fissare ogni opera per minuti interi, con gli occhi sgranati e la bocca leggermente dischiusa. Non riusciva a capacitarsi del fatto che quadri del genere fossero risultato di una pitturazione eseguita a luci spente. Erano...perfetti. Bill aveva capito che il suo era stupore, e ne era rimasto molto intenerito. Quel nasino a patata che aveva lo faceva apparire come un bimbo che aveva appena visto la cosa più spettacolare nella sua vita. Ad un certo punto si fermarono davanti al quadro che colpì Tom più di tutti gli altri. Quell’opera era qualcosa di inumano, proprio come il tema che la caratterizzava. C’erano tanti uomini, donne e bambini. Erano tutti ammassati l’uno sull’altro e guardavano verso l’alto. Un cielo scuro si apriva sulle loro teste. I colori dominanti erano il rosso, che indicava l’apparizione imminente della Bestia, e il bianco giallastro della luce che rappresentava Dio. Gli angeli erano rappresentati sullo sfondo in caduta libera, ma apparivano come tante stelle comete dotate di corpo. La cosa però che colpì Tom fu che in mezzo alla mischia di persone, le quali erano nude e inondate di sangue, c’erano due figure, le uniche che invece di scavalcarsi parevano abbracciarsi...come a volersi proteggere. Non era possibile identificare di che genere fossero. Potevano essere un uomo e una donna, come anche due uomini. A quel pensiero Tom sollevò lo sguardo incontrando gli occhi di Bill, i quali lo stavano fissando da tempo con quell’oscurità intrinseca che lo fece rabbrividire. - Il signor Heinrich mi ha consigliato di portare almeno un quadro a tema religioso, così ho scelto “Il giudizio universale”...il giorno dove tutti avremo ciò che meritiamo realmente- Non staccò gli occhi da Tom un secondo, e il ragazzo deglutì. Al sol pensare che quelle due figure potessero essere loro, lo colse un tremore interiore. La sensazione era strana. Se davvero un giudizio universale sarebbe avvenuto, avrebbero meritato il loro castigo, ma Tom lo aveva giurato. Aveva giurato di proteggere Bill a qualsiasi costo e sì, non gli sarebbe importato di niente della furia di un ipotetico dio. 

- E’ davvero...stupefacente- Disse Saphira sfiorando la tela con la punta delle dita. - Mi fa venire la pelle d’oca-

- E’ quello l’effetto che speravo facesse- Si accostò a Tom e gli sussurrò all’orecchio: - Casa mia è libera stasera se vuoi vedere altre mie produzioni- Si rimise composto sistemandosi la cravatta e si allontanò con la scusa di dover rispondere alle domande degli altri ospiti, ma non mancò di voltarsi l’ultima volta per lanciare un’occhiata a Tom. Era un chiaro messaggio. Voleva essere seguito. Il ragazzo guardò Saphira, la quale era ancora catturata dalla bellezza dei quadri. Non poteva lasciarla sola. Beh, avrebbe potuto raccontarle la verità e vedere come l’avrebbe presa. Non vedeva alternative. 

- Ehi…- La ragazza si girò per dargli attenzione. - Bill mi ha invitato a casa Kaulitz per farmi vedere la stanza dove dipinge, così da ringraziarmi personalmente senza tutta questa gente in giro. Non so per quanto la cosa si possa protrarre e...uff, mi dispiace, sembra che tutte le volte io voglia scappare da te- Saphira sorrise come una mamma sorriderebbe al figlio e gli accarezzò una guancia.

- Tom, non devi sentirti in dovere di dirmi nulla. Sei un uomo in fondo, e puoi fare quello che vuoi. Non sei il mio cane, non è così?-

- Mi dispiace per quelle parole- Lei lo sapeva. Tom tendeva a sentirsi in colpa perché pensava di farle un torto, quando invece era un uomo libero da questo punto di vista, almeno per lei. Non sapeva cosa avrebbero detto i suoi genitori, ma avrebbe cercato di fare il possibile per evitargli un’altra ramanzina.

- Va’- Gli sussurrò solamente prima di voltarsi e di andarsene con le altre persone che stavano pian piano lasciando la sala. A Tom dispiaceva. Sapeva che Saphira lo faceva per lui, e che non ci era rimasta benissimo con la consapevolezza che sarebbe dovuta tornare a casa da sola. Tuttavia quella era un’occasione per Tom, e doveva coglierla. Si sarebbe fatto perdonare. Andò alla ricerca di Bill, ma sembrò non trovarlo inizialmente. Poi sentì che una mano afferrò il suo polso e lo condusse in una stanza.

- Bill?- Il moro stava correndo in una direzione senza accennare a mollare la presa.

- Shh, vieni con me- Aprì una porta e il gelido delle strade di Charlottenburg li invase le loro membra facendoli rabbrividire. 

- E’ una fuga?-

- Eccome!-

- Ma i tuoi ospiti?-

- Ho lasciato scritto al signor Heinrich di salutarli da parte mia, e che sono dovuto andare via perché avevo delle faccende burocratiche da sbrigare-

- E i tuoi quadri?-

- Tom, andrà tutto bene. Adesso sali, per favore- Gli aprì lo sportello di una macchina e Tom non perse tempo. Si fiondò all’interno e si agganciò la cintura. Bill si mise al posto guida e fece partire la macchina con una sgommata. - Fiuuu...non dovrebbero averci visti- Aveva il fiatone dato dalla corsa e le mani candide e gelate gli tremavano sul volante. Tom non fece alcuna domanda. Lo eccitava da morire questa cosa della fuga, ma si tratteneva dall’ammetterlo. Allungò una mano per toccare la sua, la quale smise di tremare. - Hai le mani così calde-

- Non posso dire lo stesso delle tue- Bill ridacchiò con gli occhi fissi sulla strada. Avrebbe tanto voluto fermarsi e baciarlo fino a non poterne più, ma potevano essere visti da chiunque e non era proprio il caso. - Mi stai portando seriamente a casa tua?-

- No, in realtà pensavo ad un bordello omosessuale- Tom arrossì tutto insieme. Le immagini che passarono per la sua testa furono...strane. - Ma siccome non esistono, al momento credo dovrai accontentarti di casa mia...anche perché non sono pronto a condividerti...con nessuno- Inserì la marcia e accelerò ancora di più attraversando le strade di Berlino. Aveva un’adrenalina che gli scorreva per le vene. L’eccitazione era alle stelle, non riusciva più a trattenersi. Doveva sfogarsi in qualche modo e la velocità della macchina glielo stava permettendo almeno un po’. Tom rimase a riflettere su quelle parole, il quale gli fecero lo stesso effetto di un dopante, avevano contribuito a metterlo su di giri. Erano entrambi due bombe pronte ad esplodersi addosso. Quando arrivarono a casa Kaulitz, Bill parcheggiò l’auto nel cortile e scesero subito per dirigersi dentro casa. Stavano fremendo dentro, ma c’era la servitù a giro e non potevano rischiare. Esisteva però un unico posto dove i domestici non potevano entrare ed era lì che stavano andando. Salirono le scale e giunsero ad una porta in fondo ad un corridoio buio. Entrarono e la stanza dei quadri si aprì ai loro occhi. Era immensa e Tom deglutì dimenticandosi per un attimo dei suoi pensieri. Si sentiva così piccolo. Bill chiuse la porta a chiave per precauzione. Superò il ragazzo dirigendosi verso una tela ancora coperta da un lenzuolo bianco, che tolse con un gesto secco rivelando un volto. Tom si avvicinò e si accorse che era Bill. - Ci ho provato, così come mi hai detto tu- Era impressionante. Sembrava quasi una fotografia, se non fosse che era troppo grande. La tecnica utilizzata era il bianco e nero, e il volto era voltato di tre quarti. L’espressione era serena, non era facile capire che emozioni stesse provando.

- Sai...non ti rende giustizia- 

- Ah no?- Tom scosse la testa. Bill assunse un sorrisino e cominciò a sbottonarsi la propria camicia nera rivelando il petto candido. - I miei quadri non rendono giustizia a nessuno- Tom si sentiva ipnotizzato e attratto da quella voce. Il modo che aveva Bill di parlare lo ammaliava. Era lento, come se volesse soggiogarlo, ma non lo faceva attendere. - In questo mondo la giustizia non esiste...quindi...perché non commettiamo l’ennesimo peccato?- Lasciò cadere la sua camicia a terra. Era un chiaro richiamo che Tom non poteva ignorare. - Sai, i miei quadri sono come il corpo nudo di una donna. Sono così aggraziati che vorresti vederli sempre, anche laddove non puoi- 

- O come quello di un uomo- Bill sorrise capendo che ci era arrivato. - Il tuo corpo sarebbe una tela perfetta- A quelle parole gli occhi di entrambi assunsero lentamente una sfumatura diversa. La lussuria si stava impadronendo di loro e non poterono fare a meno di obbedirvi. Tom lo tirò a sé in un bacio molto passionale. Iniziarono a strapparsi i vestiti di dosso con una frenesia così grande che tremavano loro le mani. Bill scorse un telo messo a terra, che preveniva gli schizzi di pittura sul pavimento, e vi si stese sopra trascinando Tom con sé. Non gli importava se era sporco, era l’unico posto dove potessero farlo comodamente e senza soffrire troppo il freddo. Non staccarono le labbra neanche per un istante, fino a che non si trovarono completamente nudi uno di fronte all’altro. In quel momento ci fu una certa staticità. Si presero il tempo per guardarsi negli occhi e per osservare ogni centimetro di pelle che avrebbero toccato e baciato durante tutta quella notte. Bill aveva la pelle bianca, come quella di un angelo. Era molto magro, quasi ai limiti dell’anoressia, ma per Tom era bellissimo. Aveva un viso che ripagava tutto quello che poteva mancare. Tom invece era più abbronzato, si vedeva anche da quello che non era di nobili origini. Aveva un fisico leggermente muscoloso e asciutto, e Bill non vedeva l’ora di essere suo. Tom si chinò a baciarlo. La sua bocca percorse il suo collo, il suo petto, e scese più giù. Leccò il suo inguine facendolo attendere apposta. Era bello sentire la sua pelle calda fremere sotto la sua lingua. Non era la prima volta che accoglieva nella propria bocca un membro, quindi alla fine lo fece senza problemi, e Bill fu quasi colto di sorpresa.

- Ah...Tom...- Era stato così bello tutto quello, che il moro si sentiva di poter venire troppo presto. Beh, essendo la prima volta, quelle erano tutte sensazioni nuove, e si stava accorgendo di non saperle reggere così bene. Piuttosto l’alcool, ma il piacere no. Forse la cosa che lo eccitava maggiormente era che tutto quello non sarebbe dovuto accadere. Stavano commettendo un peccato, qualcosa di sporco e imperdonabile. Bill alla fine dovette tapparsi la bocca con la mano per non gemere troppo forte. Non voleva che la servitù sentisse e si facesse delle domande. - Certo che...potresti essere un po’ meno bravo- Tom sorrise maliziosamente e tornò su inchiodando gli occhi nei suoi. Bill aveva già le guance rosse e pareva molto accaldato. Doveva essere l’imbarazzo del momento, molto probabilmente. Non si era mai mostrato nudo a nessuno, e invece con Tom era venuto tutto molto naturale.

- Io non sono bravo, è perché tu non l’hai mai fatto- Ed ecco che la sua modestia tornava a galla. Bill sapeva che se lo avesse detto ad un uomo qualsiasi non avrebbe ottenuto una risposta del genere. Molto probabilmente si sarebbe inorgoglito ancora di più, pur essendo magari un incapace. - Sto solo cercando di capire quello che ti piace- 

- Al momento non ho preferenze, mi piace tutto- Risero piano e si baciarono dolcemente. Tom era così attento con lui. Si prendeva cura del suo corpo come se fosse stato una preziosa reliquia. Forse non era quello che contava? Non era necessario che facesse sesso con lui come nessun altro, che lo sottomettesse e che lo lasciasse senza forze. Non erano quelle le sensazioni che Bill voleva sentire...o almeno non quella volta. Sperava tanto che non sarebbe stata l’unica. 

- Bill…- Improvvisamente il tono di Tom divenne serio e preoccupato.

- Cosa?- Sussurrò sulle sue labbra.

- Quello che stiamo per fare...ti può provocare davvero molto dolore…- Lui lo sapeva. Certo, quando lo aveva fatto con Oskar poi il giorno dopo aveva fatto lezione in piedi prima dell’arrivo dei Winkler e prima che succedesse quella strage. Non voleva che Bill sentisse male, ma sapeva di non poterlo evitare.

- Sopporterò. Voglio farlo, Tom-

- Tu non ti rendi conto…-

- Meglio per te, no?-

- Bill…!- Sospirò calmandosi. Non aveva senso innervosirsi. Doveva fare in modo che Bill non si gettasse in questa cosa a capo fitto. Non aveva diritto di farlo soffrire solo per far piacere a lui. -...promettimi che mi fermerai se dovesse essere troppo per te- Il moro annuì. Si era un po’ pentito di aver detto quella frase, prima. Aveva dato per scontato che Tom volesse solamente godere, e non aveva pensato che potesse ferirlo. 

- Sinceramente ho un po’ di paura- Mormorò alzando gli occhi da cerbiatto sui suoi.

- Lo so...ma ci sono io con te, va bene? Mi prenderò cura di te- Gli divaricò leggermente le gambe e si posizionò per entrare, ma Bill non smetteva di guardare verso il basso, chiaro segno di ansia. - Bill, guarda me- Tom riportò il suo sguardo su di sé. - Rilassati, non irrigidirti- Il moro annuì non del tutto convinto, perché il cuore gli batteva come un ossesso nel petto. Tom provò ad entrare piano e Bill assunse una smorfia di dolore ed iniziò a respirare più velocemente.

- Vai avanti. Non pensarci troppo- Tom gli poggiò una mano sul viso e si abbassò per distrarlo con un bacio mentre si spingeva ancora di più in lui. - Ah! Tom…!- Gli artigliò le braccia gemendo di dolore.

- Shh...ti fa molto male?-

- E’...davvero...doloroso- Disse trattenendo il dolore nella voce senza successo. - Ma non fermarti, non prendere neanche in considerazione l’idea-

- E’ una minaccia?- Chiese con una certa ironia nel tono.

- Eccome se lo è- Tom sorrise perché era bello il fatto che la sfumatura tragica tipica di quella situazione si era trasformata in qualcosa di quasi divertente. Con un ultimo scatto del bacino arrivò a toccare l’inguine di Bill totalmente. Lo lasciò abituarsi, mentre lui realizzò di essere dentro al suo corpo ed era la sensazione più bella del mondo. Era terribilmente caldo e accogliente. Stava impazzendo. Doveva farlo suo quella sera, senza attendere oltre. Aspettò che Bill gli desse un segnale, ovvero un leggero movimento di bacino. Poi in quel momento un’ombra lussuriosa calò sullo sguardo di entrambi e i gemiti riempirono quella stanza. Stavano abbracciati perché fuori aveva iniziato a nevicare e in quella stanza il riscaldamento non c’era. Però stavano bene. - Ah!...Mh…- Il fatto di non poter esprimere liberamente il piacere che provavano era qualcosa di terribile. Bill voleva quasi urlare, ma non poteva. Desiderava tanto che quella specie di soffitta fosse un casolare di campagna abbandonato in mezzo ai campi. Lì solo la natura avrebbe potuto giudicarli. Quando sentì di esserci, prese il viso di Tom tra le mani e lo tirò a sé per baciarlo, così da poter racchiudere i suoi gemiti nella sua bocca, ma questo intento fallì quasi del tutto, in quanto l’orgasmo arrivò prima e lo scosse. La sensazione più bella però arrivò qualche secondo dopo, quando sentì il seme caldo di Tom riempirlo e il corpo del ragazzo crollargli addosso sfinito. Era stata la cosa più spettacolare mai vissuta per Bill. Rimasero per qualche secondo fermi a riprendere fiato. Mossero entrambi le mani cercando l’una quella dell’altro e alla fine si trovarono. - Voglio rifarlo- Quelle parole ruppero il silenzio e scoppiarono a ridere piano. 

- Anche io- Tom si sollevò leggermente guardando gli occhi di Bill. Si gettò sulle sue labbra e ricominciarono nuovamente a fare l’amore.

   
 
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