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Autore: Zikiki98    16/11/2020    0 recensioni
- Avevo iniziato a scrivere questa storia qualche anno fa, lasciandola incompleta. La sto modificando e sto aggiungendo delle parti per renderla più piacevole e completa. Potete trovarla sia su Wattpad sia qui su Efp. I primi 9 capitoli li ho pubblicati tutti insieme, in modo che la storia segua lo stesso ritmo della pubblicazione su Wattpad. Spero vi piaccia -
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E se Bella provenisse da un mondo diverso da quello in cui siamo abituati a vederla?
Dopo la battaglia terrificante contro i demoni, avvenuta circa cento anni fa, non si è più sentito parlare di Shadowhunters, ovvero, di Cacciatori di Demoni. Da quella strage di Nephilim, tutte le creature del mondo invisibile, vale a dire vampiri, licantropi, maghi e fate, hanno creduto che si fossero estinti.
E se non fosse così? E se si fossero solo nascosti?
I demoni stanno ripopolando il mondo e la vita, non solo degli esseri umani, ma anche delle creature mitologiche presenti nelle favole dei bambini e nei racconti terrificanti degli adulti, è a rischio.
Chi li manda? Come possono uscire dalla loro dimensione? La terra potrà tornare ad essere un pianeta "sicuro"?
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Instagram: _.sunnyellow._
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FanFiction su Twilight e Shadowhunters.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clan Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Quileute | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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THE WORLD OF DEMONS
IL PORTALE DEI DEMONI


14: NO ONE WILL HAVE MERCY ON YOU

 
[POV ISABELLA]

Portarono tutti in ospedale per degli accertamenti, me compresa, nonostante avessi insistito sul fatto che stavo bene e che non avevo bisogno di cure.
Ci avevano portati in pronto soccorso. Ogni lettino era diviso da una semplice tendina tirata. Questo mi permetteva di non vedere i miei compagni, ma purtroppo riuscivo comunque a sentirli, soprattutto quella lagna isterica di Mike Newton. Era terrorizzato all’idea di dover mettere dei punti al braccio.
Non era ancora arrivato nessuno a visitarmi e, onestamente, mi stavo spazientendo. Non avevo bisogno di stare qui, dovevo solo avere abbastanza intimità da prendere lo stilo e disegnarmi sulla pelle la runa di guarigione. Solo così sarei stata meglio.
Mi balenò in testa l’idea di svignarmela. Alla fine, chi se ne sarebbe accorto? Infermiere e medici erano impegnati a controllare gli studenti che palesavano una diagnosi più seria della mia: fratture, squarci sulla pelle, isterismi. Io mostravo semplicemente una caviglia slogata ed ero tranquilla.
Feci per alzarmi dal letto quando la mia tendina si aprì, rivelando la figura di Edward mentre mi coglieva sul fatto.
Gli venne quasi da ridere – Dove pensavi di andare? -.
Sbuffai roteando gli occhi mentre prendevo di nuovo posto sul lettino – Da nessuna parte -.
- Ah – e mi sorrise – Credevo te ne stessi andando via senza aver fatto nemmeno la visita di controllo -.
- No, ti sbagli – mentii, anche se lui sapeva benissimo qual era la verità.
Strano che non avessero voluto controllare anche lui. Probabilmente aveva usato le sue capacità da vampiro per risparmiarsi questo incomodo. Perché anche noi cacciatori non potevamo avere questa qualità? Ci sarebbe tornata molto utile.
- Beh, non temere. Sono qui per salvarti -.
Stavo per chiedergli a che cosa si stesse riferendo quando, accanto ad Edward, proprio in quell’istante, arrivò un dottore. Era alto e giovane, non doveva avere più di trent’anni. Aveva i capelli biondo platino, gli occhi dorati e la pelle pallida, proprio come Edward. Sul camice, in corsivo, c’era cucito il suo nome: Dottor Carlisle Cullen.
Doveva essere il creatore di Edward e dei suoi fratelli.
Il dottore, con un bel sorriso, superò Edward e si avvicinò a me accanto al lettino – Buongiorno, signorina Durwood. Sono il Dottor Cullen, il padre di Edward. Come ti senti? -.
Saltai i convenevoli e andai dritta al punto – Io sto benissimo, posso andare a casa? -.
Evitò di rispondere alla mia domanda, con un’altra domanda – Mio figlio dice di averti vista zoppicare. Ti fa male la caviglia? -.
Sostai lo sguardo sul mio compagno di banco di biologia e lo incenerii - Niente che un po’ di ghiaccio e riposo non possano guarire -.
Il Dottor Cullen mi sorrise cordialmente – Ne sono certo, ma vorrei verificare. Per scrupolo -.
Cercai con tutta me stessa di trovare un’altra scusa, ma non mi venne in mente nulla. Se avesse sollevato la stoffa dei jeans per valutare le condizioni della mia caviglia, avrebbe visto le rune e, probabilmente, essendo un vampiro anziano, avrebbe capito che cosa ero. Ci mancava soltanto che mi facessero fare degli esami del sangue!
Stavo cercando di inventarmi una scusa al più presto, quando sentii una voce familiare chiamarmi.
- Bella, Bella dove sei?! Mi porti immediatamente da mia figlia! – sentii urlare Marie a pochi metri di distanza - Senta, non mi interessa se il dottore la sta visitando. È minorenne e io sono la madre, voglio vederla! -.
- Mamma, sono qui – la chiamai nella speranza che mi sentisse.
In un secondo, le tendine si scostarono e me la trovai accanto al letto mentre mi abbracciava e mi coccolava. Ricambiai tutte le sue attenzioni.
- Come stai, amore mio? -.
Sospirai – Sono tutta intera -.
Per un secondo, mi dimenticai che non eravamo sole e che, soprattutto, i nostri spettatori non solo erano vampiri, ma che Marie non ne sapeva niente. Nella mia testa si scatenò il panico. Come potevo spiegare a Marie il segreto che avevo promesso a Stephan di mantenere? Lo sapevo, questa situazione era un disastro annunciato, eppure, per proteggere mio fratello e i suoi desideri avrei fatto qualsiasi cosa.
Con la testa appoggiata sulla spalla di Marie, guardai Edward e suo padre terrorizzata, che a loro volta mi osservarono confusi. Ero spaventata dalla reazione che avrebbe potuto avere mia madre non appena li avesse guardati. Chissà a che conclusioni sarebbe giunta.
Stava per staccarsi dall’abbraccio, quando la strinsi a me ancora più forte. Non ero ancora pronta per sbatterle la verità in faccia.
- Sai, mamma, ho avuto tanta paura – cercai di prendere tempo.
Molto, ma davvero molto confusa di avermi sentita dire una frase del genere, mi cullò fra le sue braccia con sospetto. Il mio comportamento al momento non rispecchiava quello di una cacciatrice in piena regola.
- Adesso sono qui – mi rassicurò, reggendo il gioco, anche se non ne aveva capito nulla – Non ci pensare, andrà meglio -.
Quando si staccò dall’abbraccio e si voltò verso le altre due figure presenti in quello spazio angusto e intimo creato dalla tendina, trattenni il respiro e chiusi istintivamente gli occhi, come se mi dovessi aspettare una scenata. Riflettendoci bene però non sarebbe arrivata, o almeno, non in quel momento. L’avrebbe posticipata di sicuro nel momento in cui fossimo rimaste da sole.
Vidi il suo corpo paralizzarsi e il respiro accelerare. A me, per l’ansia di quella situazione, mancò l’aria.
Il dottor Cullen e Edward, palesemente a disagio e preoccupati, non dissero nulla.
Cercai di interrompere quel gioco di sguardi – Mamma, possiamo andare a casa? -.
Ci mise ancora un attimo prima di reagire e voltare nuovamente lo sguardo su di me. Quando finalmente lo fece, avrei tanto preferito sotterrarmi.
- Sì – mi rispose, gelida – Dobbiamo proprio andare a casa -.
Mi prese per il braccio e mi fece saltare giù dal lettino bruscamente. Prese i miei oggetti personali dal comodino accanto al letto e si diresse in fretta e furia verso la tenda per scostarla e andarsene, ma il Dottor Cullen la precedette.
- Non potete andarvene, non ho ancora potuto visitare Isabella – provò a fermarla Carlisle, confuso da quella reazione imprevista.
Marie mi tirò verso di lei, stringendomi a sé e, con uno sguardo di sfida e un tono minaccioso disse – Azzardatevi soltanto a guardare, parlare, toccare o pensare a mia figlia e non avrete più un altro giorno da vivere della vostra schifosa esistenza su questo mondo -.
Sentendo quella frase, mi sentii morire dai sensi di colpa. Mormorai a voce molto bassa uno “scusa”, in modo tale da farmi sentire solo da Edward e suo padre: erano sconvolti.
Voltai loro le spalle e mi feci trascinare da Marie, senza dire una parola, nei corridoi dell’ospedale in direzione dell’uscita. Anche se zoppicavo e sentivo un dolore lancinante alla caviglia, non provai a lamentarmi nemmeno per un secondo, non tentai nemmeno di farmi sfuggire un gemito sofferente. Non ci tenevo a peggiorare la situazione.
Quando arrivammo nella hall dell’ospedale, mi sentii chiamare e Marie si fermò. Dannazione.
Marie mi incenerì con lo sguardo, mentre Angela mi correva in contro, felice di vedermi viva.
Quando la mia amica fu abbastanza vicina, mi abbracciò.
- Ero così preoccupata – mi sussurrò all’orecchio – Appena a scuola si è sparsa la voce di quello che è successo, ho preso tutte le mie cose e sono arrivata subito -.
- Sto bene – risposi secca, nel tentativo di mantenere almeno un certo distacco davanti a mia madre.
Angela era talmente su di giri per via della situazione che non percepì nemmeno il tono glaciale che avevo usato per risponderle – Ma come è potuto accadere un incidente del genere? -.
Stavo per inventarmi una scusa, quando Marie mi precedette – Mi dispiace Cara, ma adesso devo portare mia figlia a casa. Avrete tempo per rifarvi in chiacchiere successivamente -.
La mia amica, sorpresa da quell’interruzione, si fece da parte per farci passare. Dall’espressione sul suo viso, notai palesemente la sua delusione. Si era preoccupata talmente tanto per me e voleva solamente assicurarsi che stessi bene. D’altro canto, lei non conosceva la mia vera identità, mentre la mia famiglia non conosceva la mia vita scolastica. Non potevo sbilanciarmi troppo da nessuna delle due parti. Di conseguenza, mi lasciai trascinare via da Marie, con il cuore colmo di sensi di colpa.
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- Non so nemmeno spiegarti quanto sono furiosa, sai? – urlò, mentre era alla guida di uno dei nostri Range Rover.
Non mi aveva nemmeno fatta spiegare. Appena salite in macchina, aveva cominciato a gridarmi contro per non smettere più. Non che avesse totalmente torto, sia chiaro. Ma quando provavo a spiegarle la mia versione dei fatti, attaccava di nuovo. Non mi faceva fiatare. Così, optai per il silenzio assenso.
Semplicemente, le stavo facendo sfogare tutta la sua rabbia nei miei confronti. Io, nel frattempo, ero seduta nell’ala posteriore della macchina, in modo tale che potessi allungare comodamente le gambe sui sedili per disegnarmi un Iratze sulla caviglia dolorante.
- Ti sei esposta, mi hai nascosto la presenza dei vampiri qui in zona, hai persino fatto amicizia con una mondana! – continuò, battendo la mano con forza contro il volante della macchina – Non sono furiosa, sono incazzata! Sei così sconsiderata, che cosa credevi di fare? -.
Non provai nemmeno a rispondere, considerando i tentativi falliti delle volte precedenti.
- Cos’è? Hai perso la lingua? Parla! -.
- Ma stai scherzando? – sbottai a quel punto – Come faccio ad interrompere il tuo monologo da madre incazzata? -.
- Non mi rispondere con quel tono, non ci provare! – mi rimproverò, lanciandomi un’occhiataccia sfruttando lo specchietto retrovisore.
Sospirai e abbassai lo sguardo sulla mia runa ancora calda e bruciante. Il dolore alla caviglia pian piano stava sparendo, era un buon segno.
Ci fermammo ad un incrocio davanti ad un semaforo rosso. Vidi Marie mettersi le mani fra i capelli e si lasciò andare in uno sbuffo nervoso.
- Penso di essermi calmata – disse, ad un certo punto, quando il semaforo tornò verde e lei poté rimettere in moto l’auto – Raccontami quello che è accaduto, dall’inizio – sottolineando l’ultima parola.
Così, cominciai a raccontarle quello che era successo in queste settimane da quando vivevamo qui, a Forks. Le parlai dell’incontro con la famiglia Cullen, che erano dei Nascosti, ma non erano i soliti vampiri convenzionali. Cominciai a spiegare le loro differenze a partire dal colore degli occhi: non il classico rosso che richiamava il colore del sangue umano, ma di un caldo castano dorato. Parlai del loro rapporto con gli esseri umani, distaccato e vigile, e che, secondo i pettegolezzi che giravano per la contea, da quando il Dottor Cullen aveva preso a lavorare in ospedale, c’era stato un notevole calo dei morti. Infine, le raccontai dell’incidente di quel giorno, che in base a quello che avevo visto e a quello che ricordavo, a mio parere, era stato un demone a colpire l’autobus e farci andare fuori strada. Probabilmente era diretto verso di me, confessai, ma Edward si era messo in mezzo e mi aveva protetta. Chissà quanto gli era costato quel gesto eroico.
Ormai, quando finii il mio racconto, eravamo quasi arrivate a casa. Si fermò nel sentiero del bosco a qualche metro dalla casa, un po’ nascoste dagli alberi, per far sì che potessimo avere ancora qualche attimo di intimità dalla nostra famiglia. Apprezzai il gesto, anche se non mi sorprese.
Marie si arrabbiava tanto perché mi amava più della sua stessa vita, come amava gli altri suoi figli. Ma non era come gli altri Shadowhunters. Prima di essere una cacciatrice, era una madre, e sapevo che non avrebbe spifferato niente a Jonathan o al Conclave. Sapevo che mi avrebbe protetta con tutte le sue forze.
- Animali… - sussurrò Marie, interrompendo il corso dei miei pensieri.
Mi voltai verso di lei, palesemente confusa – Come? -.
Si girò per guardarmi e, con l’espressione di chi aveva appena avuto una rivelazione, rispose – I Cullen, si nutrono di sangue animale -.
- E tu come lo sai? – domandai, sbalordita.
- Ho avuto a che fare con un vampiro, molti anni fa – e notando il mio viso sconcertato, aggiunse – È una storia molto lunga e, soprattutto, appartiene al passato. Fai come se non ti avessi detto nulla, ma so per certo che i Cullen si nutrono di sangue animale -.
- Adesso mi hai messo curiosità… -.
- Non ti racconterò mai questa storia – concluse, chiudendo quel discorso prima ancora che cominciasse.
Annuii, ancora incuriosita da tutto quel mistero. Come aveva fatto Marie ad incontrare un vampiro in passato, se fino a qualche mese fa per il Conclave dovevamo restare tutti segregati ad Idris?
- E non dirò niente a Jonathan di quello di cui abbiamo parlato oggi, riguardo ai vampiri – mi rassicurò – Gli parlerò solo dell’incidente con l’autobus e che dici di aver visto un demone venirvi addosso. Ma mi devi promettere, anche per tuo fratello Stephan, che farete più attenzione d’ora in avanti. Non possiamo permettere che qualcuno di noi si esponga per sbaglio, soprattutto se ci sono di mezzo vampiri secolari che potrebbero riconoscerci – e poi mi supplicò, accarezzandomi dolcemente una guancia – Stai attenta, Amore mio. Non siamo a Idris, questo mondo è crudele, spietato e, di conseguenza, se si venissero a scoprire le tue azioni ad Alicante potrebbero essere giudicate molto severamente, con conseguenze devastanti. Niente vale di più della tua vita, abbine cura e rispetta le regole, altrimenti, nessuno avrà pietà di te -.
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Appena Marie parcheggiò la macchina in garage, mi diressi verso la mia stanza per riposare, mentre lei decise di raggiungere Jonathan e gli altri in palestra per allenarsi.
Mi distesi sul mio letto a due piazze e cominciai a pensare. La giornata di oggi, sia fisicamente, sia psicologicamente, era stata davvero pesante, eppure non potevo fare a meno di sentirmi sollevata.
Percepivo dei nuovi sentimenti positivi dentro di me, perché avevo capito che i Cullen non erano malvagi e non avevano secondi fini. Ero finalmente arrivata a comprendere che cercavano semplicemente di sopravvivere in questo mondo come meglio credevano, rispettando un codice morale che li rendeva più umani di molti esseri umani stessi.
Nella mia mente, era rimasto fisso lo sguardo ferito di Edward davanti alle parole taglienti di Marie in ospedale. Domani gli avrei assolutamente chiesto scusa. L’incidente di oggi aveva generato un cambiamento in noi o, comunque, di sicuro lo aveva innescato in me. Mi promisi che mi sarei comportata meglio con Edward e la sua famiglia. Non saremmo di sicuro diventati amici del cuore, ma decisi di provare a fidarmi prendendo spunto da Stephan, che non aveva mai sbagliato sul loro conto.
Alla fine, che colpa avevamo tutti noi di essere ciò che eravamo?
Infine, mi misi anche a riflettere sul misterioso passato di Marie. Chissà che cosa nascondeva di così sconvolgente da non parlarne nemmeno con la sua stessa famiglia. E Jonathan, il suo stesso marito, ne era al corrente oppure Marie aveva preferito tenere all’oscuro di tutto anche lui?
Qualunque cosa fosse successa, sentivo di doverla sapere e avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per venirne a capo. E lo giurai sull’Angelo Raziel.
 

 

Zikiki98
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Besos :-*

 
 
 
 
 
 

  
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