Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: JulKat_5384    17/11/2020    1 recensioni
IN FASE DI REVISIONE
[Modern!AU] ||Mini-long|| |Ereri|
Trovare l’anima gemella è difficile quanto cercare un ago in un pagliaio, specie se il pagliaio è il mondo intero. In pochi hanno il coraggio di abbracciare il proprio destino, preferendo invece ignorare quella sensazione di mancanza che affligge il petto di ogni essere umano; e così ha fatto Eren. Ha vissuto, evitando di non pensare che da qualche parte sulla Terra ci fosse qualcuno che lo stesse cercando, che stesse aspettando solo il loro incontro. Ma Eren si era reso conto che quella era solo una scusa per sopravvivere, che adesso è più che deciso a vivere appieno la propria vita, e con ritrovato coraggio, decide di imbarcarsi in quella ardua ed estenuante ricerca.
[dal testo]
Eren non sapeva come ribattere. In fondo Jean aveva ragione: perché aveva continuato a frequentare quel ragazzo per un anno intero, mettendo da parte le paure e i timori ed affidandosi a lui completamente se non era la sua anima gemella? E poi Eren credeva davvero che un giorno avrebbe incontrato questa suddetta persona?
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across Time'
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Finding-COVER

Find me soon because I'm in my head


Una fresca brezza marina scompigliò i capelli di Eren, in netto contrasto con il calore che ancora emanava la sabbia sotto i suoi piedi. Inspirò l’aria di mare dandogli una sensazione di libertà e leggerezza mai provate prima.
Aveva visto l’oceano tante volte – casa sua non era tanto distante dalla costa – ma mai come adesso gli aveva regalato delle emozioni così forti, come se quella fosse effettivamente la prima volta che vedeva il mare.
Eren puntò le iridi smeraldo sull’orizzonte e si beò dello spettacolo che il tramonto regalava in quell’angolo di paradiso.
I raggi del sole si riflettevano sulla superficie dell’immensa distesa d’acqua, il cielo era limpido, colorato dei toni caldi dell’astro che stava lentamente scomparendo oltre la linea dell’orizzonte, mentre il suono delle onde faceva da sottofondo musicale a quel paesaggio tanto bello da sembrare un quadro dipinto dal più abile dei pittori.
Nonostante il caldo di quei giorni avesse invogliato molte persone a concedersi una giornata al mare, la spiaggia in quel momento era deserta, fatta eccezione per due persone – in piedi vicino al bagnasciuga – con lo sguardo perso davanti a loro, come se la natura stesse concedendo solo ai due di poter ammirare quello spettacolo meraviglioso e a dir poco unico, eppure così comune.

Una mano pallida afferrò quella naturalmente abbronzata del più giovane, il quale non perse tempo a restituire la presa, intrecciando le loro dita affusolate. Non serviva girarsi, Eren sapeva perfettamente chi avesse al suo fianco: lo intuiva dalla grandezza della mano, più piccola rispetto alla sua, dal profumo di muschio e menta che invase le sue narici quando una nuova folata di vento scompigliò i capelli di entrambi, dalle farfalle nello stomaco che gli davano la sensazione di essere sulle montagne russe, ogni qual volta il corvino gli fosse vicino.
«È bellissimo» sussurrò il minore, come se parlare a voce alta potesse rompere quell’atmosfera perfetta dai tratti quasi onirici.
«Ne sono contento, ma le sorprese non sono ancora finite moccioso» rispose l’uomo «Vedi quel ristorante di là dalla strada? Adesso noi andiamo a cena così festeggiamo come si deve» proseguì portando una mano sulla guancia del castano per farlo voltare, si avvicinò e face combaciare per un istante le loro labbra.

Avevano mangiato bene al
Marley – così si chiamava il ristorante – ed ora se ne stavano seduti uno davanti all’altro, parlando del più e del meno completamente immersi nelle iridi del compagno, circondati da una bolla che li estraniava dal resto del mondo.
«Ti ho… preso una cosa» pronunciò improvvisamente l’uomo dagli occhi metallici.
«Sei serio? Prima il ristorante e adesso anche il regalo. Non avevamo concordato che quest’anno avremmo festeggiato senza colpi di testa?» si lamentò Eren.
«Beh, allora mettiamola così: io ti do il regalo e tu mi dai qualcosa in cambio.
“Do ut Des” . Accetto anche in natura» rispose con voce roca ammiccando maliziosamente, cosa che fece tingere di rosso le gote del minore.
Senza aspettare una risposta, tirò fuori da una tasca una piccola custodia di raso blu, puntando le iridi chiare in quelle smeraldo di Eren per non perdere neanche la più piccola sfumatura delle emozioni che le avrebbero attraversate di lì a poco.
Il festeggiato prese il cofanetto tra le mani, esaminandolo attentamente: il raso era lucido e morbido al tatto, notò anche l’assenza di un qualsiasi logo o scritta riportante il nome della gioielleria; esaminò le dimensioni della scatola, decisamente insolite e sentendo chiaramente un leggero, ma secco tintinnìo, quando la scosse leggermente. Aprì lentamente quel piccolo contenitore, sgranando gli occhi quando ne vide il contenuto: un semplice cordino nero con una chiave dorata, rifinita nei minimi dettagli e decorata con minuziose incisioni.

«Oddio! Sei impazzito per caso?! È stupenda!» esclamò Eren attirando l’attenzione delle persone dei tavoli vicini. Quella che aveva tra le mani era una vera e propria opera d’arte in miniatura e si domandò quanto tempo, ma soprattutto quanto denaro avesse speso l’uomo.
«Oi moccioso non fare quella faccia! E prima che tu me lo chieda, l’ho fatta fare da un…
vecchio amico» disse, incrociando le braccia al petto e distogliendo momentaneamente lo sguardo.
Era imbarazzo quello? Pensò Eren.
«C-come...»
«Sai come sono… un uomo dalle mille risorse. All’inizio, quando portai quella chiave vecchia e arrugginita da quel disgraziato di un orafo, non ne voleva proprio sapere… ma alla fine lo convinsi e a lavoro ultimato, gli piacque così tanto che mi pregò di portargli altri lavori se mai ce ne fosse stata l’occasione» pronunciò lentamente, come se avesse ponderato ogni parola con attenzione; come se fosse combattuto dal rivelare o meno quel dettaglio.

La sua spiegazione, per quanto poco esaustiva, lasciò però il compagno senza parole. Sapeva che l’uomo era un mistero avvolto da una stretta coperta di segreti, e che i silenzi o le risposte elusive erano all’ordine del giorno, ma Eren aveva capito che forzarlo a parlare non avrebbe portato a niente, se non irritare il maggiore.
È così il castano – da sempre impulsivo e testardo – aveva imparato l’arte del pazientare, beandosi di quei momenti in cui il corvino si apriva e si confidava.
«Quindi, questo vuol dire che vedrò presto una di queste al collo di altre persone?» chiese il minore ondeggiando la collana tra le mani, una volta ritrovato l’uso della parola e sviando volontariamente il discorso.
«No, fui chiaro anche su questo punto e comunque di quella chiave non esistono copie. Quello è un pezzo unico, come unico è colui che lo porterà al collo. Buon compleanno Ren»


∼ ∼ ∼ ∼ ∼

Eren credeva che quello sarebbe stato un giorno come un altro: si sarebbe alzato, avrebbe seguito i pochi corsi di quell’ultimo giorno di lezioni, prima delle vacanze di Natale, e sarebbe tornato a casa a studiare per quel maledetto esame di Matematica che ormai si trascinava dal primo anno.
Ma una volta lasciata la facoltà, la presenza del corvino – che lo attendeva pazientemente appoggiato sulla fiancata dell’auto – mandò a monte il suo piano di passare il pomeriggio in biblioteca.

«Che ci fai qui?» chiese lo studente curioso; il fiato caldo che formava una nuvoletta di condensa.
«Ti ho mandato un messaggio, ma a quanto pare non l’hai letto» rispose facendo il giro della macchina e aprendo la portiera del guidatore.
«Sali» comandò il maggiore con tono deciso.
Eren non se la prese; aveva imparato a guardare oltre quella maschera di indifferenza che il corvino sembrava indossare come una seconda pelle, a leggere ogni sfumatura della sua voce, a sfamarsi di ogni luccichio che illuminava le sue iridi metalliche ogni qual volta che lo fissava, credendo di non essere visto.
«Sì Capitano» rispose Eren accomodandosi sul sedile del passeggero, mentre l’altro lo fulminava con lo sguardo per l’uso di quel nomignolo con il quale il ragazzo ogni tanto lo chiamava.
Tirò fuori dallo zaino il cellulare per controllare i messaggi: oltre a quelli della chat di gruppo dei suoi amici – che ignorò momentaneamente – vide quello che l’uomo al suo fianco gli aveva mandato in mattinata e lo lesse.

-Il tuo amico biondo mi ha chiesto di
aiutarti per l’esame di matematica.
Passo a prenderti appena esci.


Sorrise immaginandosi un Armin timido e impacciato, impallidire di fronte allo sguardo glaciale e intimidatorio dell’uomo – capace di incutere paura anche al più grosso dei pugili – mentre cercava di formulare quella semplice richiesta.
Prima di riporre il telefono nella tasca dello zaino, aprì la chat di Armin digitando velocemente un messaggio.


-Grazie per la lezione di recupero.
Quando torno a casa faccio le
pulizie per un mese. Promesso.


L’auto partì, immettendosi nel traffico pomeridiano. Il calore del riscaldamento sciolse i muscoli intirizziti dal freddo invernale di entrambi, regalando loro una piacevole sensazione.
Di sicuro avrebbe nevicato presto, creando l’atmosfera perfetta che ogni bambino ha sempre desiderato: il Natale con la neve. E in fondo Eren, un po’ bambino, lo era ancora.
I due vennero avvolti dal silenzio, smorzato ogni tanto dalle imprecazioni poco velate – ma decisamente molto colorite e originali – che il guidatore borbottava a denti stretti, rivolte ora a un ciclista imprudente, ora ad un altro sfortunato conducente.
Eren però accoglieva quei momenti con gioia, perché gli permettevano di osservare il corvino senza essere visto e studiò quel viso, di cui conosceva i lineamenti a memoria.
I capelli perfettamente ordinati nel loro taglio undercut, le ciocche nere come la pece che incorniciavano una pelle pallida e priva di ogni imperfezione, le ciglia lunghe, ma non abbastanza da celare quelle iridi color ghiaccio in cui Eren amava perdersi. Seguendo il profilo, si soffermò sul naso, piccolo e con la punta leggermente rivolta all’insù; scese ancora fino ad arrivare a quelle labbra – due linee sottili rosa tenue – che in quel momento avrebbe tanto voluto baciare.
Era così concentrato sul profilo del maggiore, che neanche si accorse che la macchina si era ormai fermata e il motore spento.

Il suo appartamento non era lontano dalla sede universitaria, ma quando si guardò attorno, si rese conto di non riconoscere il paesaggio circostante. Si trovavano in pieno centro città, dove le vetrine dei negozi di alta moda – addobbate con le decorazioni natalizie – erano le padrone indiscusse di quella strada tanto grande quanto affollata, mentre i grattaceli svettavano alti sopra le loro teste. Erano nel quartiere
“In” di Trost, molto lontani dalla zona semiperiferica del suo appartamento ed Eren si rese così conto di aver passato quasi più di mezz’ora ad osservare il volto del maggiore.
«Dove siamo?»
«A casa mia moccioso» rispose semplicemente l’altro, indicando un palazzo dai colori chiari, lo stile moderno e l’enorme portone in vetro. Era ovvio che un architetto del suo calibro, non abitasse in periferia; il ragazzo si aspettava magari di ritrovarsi nella zona residenziale – quella con tutte quelle villette a schiera dai giardini sempre curati – e non in un attico in pieno centro città.
«E perché siamo qui? Non dovevi aiutarmi a studiare?»
«Ed è proprio quello che farò, ma non avevo alcuna intenzione di fare lezione ad altri due studenti oltre a te. Qui staremo tranquilli come in biblioteca, ma senza quella rompiscatole della bibliotecaria»

«Pensavo che ci sarebbe voluto più tempo per inculcarti, in quella zucca che ti ritrovi al posto della testa, queste nozioni moccioso»
«Non sono un idiota. E comunque, ho un buon insegnante»
Eren si rese conto che il corvino era riuscito, in un pomeriggio, a fargli assimilare tutti i concetti matematici che lui non era riuscito a comprendere in quattro mesi di studio.
Certo, non era stato facile mantenere alta la concentrazione, seriamente messa alla prova dalla costante – e soprattutto molto vicina – presenza del maggiore.
Stavano insieme da un anno ormai, ma Eren sentiva ancora le farfalle nello stomaco, il battito del cuore accelerare e il respiro farsi irregolare, quando percepiva anche solo la presenza del compagno. Il profumo di menta e muschio gli invadeva le narici, annebbiandoli la mente e facendolo rabbrividire, mentre sentiva la pelle andare a fuoco – quando il corvino gli sfiorava il braccio o la spalla – tanto da credere di morire per autocombustione da un momento all'altro.
Nonostante ciò, il ragazzo aveva tutte le intenzioni di continuare a studiare quella materia fatta di formule, lettere e numeri.
Puntò i suoi occhi sul libro di testo, fingendo di rileggere un paragrafo; l’uomo si era fatto più vicino ed Eren tentava di aggrapparsi a qualunque cosa pur di mantenere la lucidità: strinse la penna tra le dita, si concentrò sul ticchettio di un orologio, nel vano tentativo di regolarizzare il respiro e il battito cardiaco.

Ma tutti i suoi buoni propositi vennero – ancora una volta – fatti saltare nel momento in cui il maggiore annullò la poca distanza rimasta tra loro, baciandolo con foga.
Era raro che fosse il corvino a prendere l'iniziativa delle loro effusioni, sia in pubblico che in privato, lasciando ad Eren il ruolo di eterno romantico. Ma forse l'essere da soli e al sicuro all'interno delle proprie mura casalinghe, aveva dato al maggiore il giusto coraggio per assaggiare le labbra carnose e dolci del ragazzo.
Per questo Eren, dopo i primi secondi di stupore, si era ritrovato a rispondere al quel bacio con altrettanta foga e passione, portando le braccia attorno al suo collo e affondando una mano nei capelli neri come la pece per stringerlo ancora di più a sé.

Non sapeva come né quando, i due si erano spostati dal salotto, ma Eren capì di essere nella camera del corvino nel momento in cui la sua schiena impattò contro il materasso.
Si osservarono per un momento che parve infinito – carico di domande e di risposte – poi il ragazzo, tirandosi sui gomiti, annuì silenziosamente.
Il maggiore si allentò la cravatta per poi distendersi su Eren e tornare a lambire quelle labbra già gonfie per i baci. Si sistemò sul grembo del ragazzo, le loro intimità vicine ma separate dalla stoffa; il castano incrociò le braccia attorno al collo del compagno, mentre questi inseriva le mani fredde sotto al bordo della felpa per lasciare una scia di carezze su quella pelle bollente e naturalmente abbronzata.
Si staccarono solo per togliersi gli indumenti, ormai superflui, per poi riavvicinarsi subito, come due calamite che si attirano, incapaci di stare lontane; pelle contro pelle, i respiri l’uno sull’altro.
Con un colpo di reni, Eren ribaltò la posizione, sistemandosi tra le gambe del corvino. Gli carezzò la guancia pallida, fissando le sue iridi verdi in quelle di ghiaccio, in una muta richiesta.
Stavolta fu l’uomo ad annuire, riprendendo possesso della bocca del giovane, mentre questi si faceva largo dentro di lui. Il maggiore strinse le gambe attorno ai fianchi del ragazzo, avvicinando ancora di più i bacini e guidandolo nei movimenti, mentre l’altro affondava sempre più in profondità; in un gioco di potere le cui regole venivano imposte da entrambi, ma nessuno dei due le rispettava, perché entrambi volevano avere il controllo e a sua volta essere controllati, volevano mangiare ed essere mangiati, da quella fortissima passione.
Le spinte si fecero irregolari, Eren stringeva quel corpo più piccolo tra le braccia, mentre il corvino gli graffiava le spalle, lasciando dei segni rossi sulla pelle. Raggiunsero l’apice del piacere insieme, soffocando i gemiti labbra contro labbra, sussurrandosi i loro nomi all’orecchio, mentre i loro cuori battevano veloci, ma all’unisono. Perché ora non erano più due esseri separati e distinti, ma un’unica entità che finalmente si era ricongiunta.

La luce del sole filtrava dalle tende, illuminando debolmente la stanza. Eren si svegliò sentendo un leggero tocco che gli accarezzava la testa. Aprì lentamente gli occhi, incapace di trattenere un sorriso per quel gesto semplice ma incredibilmente intimo.
Il castano si avvicinò all’altro, stringendo a sé quel corpo più piccolo del suo, lasciando una scia di baci partendo dalla spalla, seguendo la linea della clavicola, risalire dal collo e infine seguire il profilo della mascella.
Il suono della risata dell’uomo sorprese il minore, interrompendosi per guardarlo. Era un suono roco, flebile, eppure Eren lo percepì benissimo, amplificato dai sentimenti che provava per lui.
Ed era bellissimo.
«Perché ridi? Ho fatto qualcosa che-»
«No moccioso. Anzi… stavo pensando che non sarebbe per niente male potersi svegliare così tutti i giorni» rispose baciando il ragazzo sulla fronte.
A quelle parole il cuore nel petto di Eren fece ben più di una capriola, tanta era la felicità per quella semplice frase pronunciata, però, con estrema serietà e determinazione.
«Vogliamo provare?» si schiarì la voce il castano.
«Cosa?»
«Chiudi gli occhi»
L’altro lo assecondò, abbassando le palpebre e nascondendo le sue iridi a quelle smeraldo del giovane.
Eren poggiò le labbra su quelle del compagno, in un bacio leggero, eppure carico di tutto l’amore che provava per lui.
Si staccò appena, le fronti unite, i respiri che si intrecciavano, tanto erano vicini e le labbra che di sfioravano ad ogni minimo movimento.
«Buongiorno» disse poi sorridendo.
«Buongiorno Ren»
∼ ∼ ∼ ∼ ∼

Eren sentì di nuovo il terreno sotto ai piedi. Tornò a percepire l’odore pungente del gas di scarico delle auto, il suono del chiacchiericcio delle persone intorno a lui; poi ritrovò anche la vista e lo vide.
Aveva la sua stessa espressione dipinta in volto – lo sapeva – eppure c’era qualcosa nella rigidità delle sue spalle, nel suo sguardo che esprimeva stupore, sì, ma anche una incalcolabile tristezza, che destabilizzarono il castano.
L’uomo dai capelli neri e gli occhi di ghiaccio, sollevò una mano pallida e tremante coprendosi la bocca, ma Eren poté comunque sentire quell’unica parola pronunciata con voce roca e tremante, come se fosse stata urlata attraverso un microfono.
«Ren»







  N/A
Ciao a tutti! Ecco qui il secondo capitolo.
Spero non ci siano errori e perdonatemi perché questa è in assoluto la prima volta che mi cimento nello scrivere una scena… * blush * sì insomma avete capito.
Comunque (scleri a parte), le due visioni di Eren sono due scene random del loro futuro; non vi dico la fatica per evitare di scrivere il nome del nostro corvino, ma era necessario poi capirete il perché di questa scelta.
Vi informo che il prossimo capitolo sarà l’ultimo, ma che (molto, molto e sottolineo molto) probabilmente questa storia farà parte di una serie. Quindi preparatevi!
Julz
  
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