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Autore: SilkyeAnders    18/11/2020    2 recensioni
Ambientata nella stagione "A New Era".
Diciamo che è un "come mi piacerebbe che andasse", mi concentrerò sui sentimenti di Erika e su come i cambiamenti attorno a lei le causino disagio.
Ezarel le manca così come tutti i suoi amici, dovrebbe cedere e dirgli che si è svegliata?
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Eldarya 2020 New Era GOCCE DI MEMORIA

Capitolo 1: Il risveglio

Sette anni.
Sette anni aveva detto Huang Hua.
Sette anni di coma, o meglio, di sonno.
Valkyon era morto, questo lo ricordava. Alajea, Sonze e sua sorella erano partiti. Anche Kero era partito, Ykhar era morta... Certo, era triste.
Era triste ma non era disperata, almeno finché non le avevano detto che Ezarel se n'era andato per sempre.
Dove? Erika non lo sapeva.
Il suo intero mondo crollò sotto ai suoi piedi, un peso sulle spalle a rendere ancora più grande l'incrinatura che la risucchiava verso il centro della Terra.
Rimase immobile sul letto dell'infermeria a fissare gli occhi di Huang Hua e poi di Ewelein.
Non le stava guardando davvero, guardava solo un punto astratto dietro le loro teste.
-Erika...- provò Ewelein.
-Non sono nemmeno riuscita a salutarlo- sussurrò l'aengel.
Era un sussurro strozzato, quasi inudibile.
-Erika, ti prego- incalzò l'elfa.
Huang Hua rimase indietro ad osservarle, la pelle color ebano illuminata dalla luce fioca che penetrava dalla finestra.
L'infermeria era come la ricordava: una piccola stanza sui toni del rosa con due lettini divisi da una tenda, una finestra in fondo alla stanza e un ruscello interno a dividere le due aree. Stipati nel muro a destra c'erano ancora tutti gli scaffali ricolmi di medicinali ed unguenti.
L'odore che si respirava non era come quello degli ospedali sulla Terra, ad Eldarya l'infermeria odorava di zucchero filato. Odorava di Ewelein.
Erika avrebbe voluto gridare, era tutto così uguale eppure così diverso.
I lunghi capelli color castagna di Huang Hua ora erano corti e spettinati, il fisico una volta giunonico era ora asciutto e atletico ma una cosa era rimasta la stessa: i suoi bellissimi occhi color miele.
In loro c'era la stessa intensità di sette anni prima, lo stesso amore.
Anche Ewelein era diversa. La sua pelle lilla virava ora più al malva chiaro, i suoi capelli argentei erano ancora più lunghi di un tempo e la sua figura era più magra e slanciata.
I suoi occhi erano gli stessi, comprensivi e severi.
Erika rivolse uno sguardo perso verso Huang Hua.
La fenghuang si avvicinò a lei cingendole dolcemente le spalle.
-Erika, lo so che può sembrarti terribile ora ma, a volte, il cambiamento è necessario-.
La sua voce era profonda e rilassante come un tempo.
-Chi... Chi è a capo della Guardia d'Assenzio ora?- chiese Erika con voce tremante.
-Mia sorella- rispose Huang Hua.
Era una frase lapidaria, così chiara che non lasciava spazio a nessun dubbio.
Ezarel se n'era andato veramente.
Huang Hua sorrise appena con compassione, estrasse una chiave dalla tasca e porse a Erika una mantella ripiegata ai piedi del letto.
-Indossa questa mantella e vai al laboratorio di Alchimia-.
L'aengel non sapeva se sarebbe riuscita a mettersi in piedi sulle sue gambe, l'energia che sentiva in corpo era come intorpidita dal nuovo turbinio di emozioni che le vorticava in testa.
Riuscì ad alzarsi e a muoversi lentamente fino allo specchio, guardò la sua immagine riflessa.
Era sempre lei: occhi viola e grandi, pelle pallida, fisico snello ma... I capelli, i capelli color cioccolato erano ora lunghi fino al costato.
Ricordava di averli tagliati fino al mento qualche mese... No, sette anni prima.
Non era invecchiata di un giorno, il suo viso era come quello della ragazza di appena diciotto anni che era arrivata al QG.
Mise la mantella rimanendo nel più totale silenzio, era come se Huang Hua ed Ewelein trattenessero il respiro dietro di lei.
Senza parlare Erika uscì dall'infermeria, la Sala delle Porte era diversa ma uguale a come la ricordava. Come tutto il resto.
Percorse il corridoio del soppalco e arrivò alla prima porta a destra, la solita porta ad arco dai ghirigori dorati.
Inserì la chiave nella serratura con il cuore pesante e le mani tremanti, non sapeva cosa avrebbe trovato al di là della porta e questo la terrorizzava.
Sarebbe stato tutto uguale? Sarebbe stato differente? Le girava la testa.
La porta era aperta.
L'odore di lavanda le invase le narici, la lieve nebbiolina verde era la stessa di sette anni prima.
Ezarel le aveva spiegato che a produrla era un'erba medicinale che utilizzava per una pozione curativa.
L'elfo dai capelli blu ripercorreva spesso con lei gli scaffali del laboratorio e le indicava i vari ingredienti spiegandole il loro utilizzo.
Entrò richiudendo la porta alle sue spalle.
Non sapeva cosa stava cercando di preciso ma non appena fu dentro sentì subito un immenso conforto avvolgerle il corpo.
C'era un armadio in fondo alla stanza in un angolo buio, Erika sentì immediatamente il bisogno di aprirlo.
Dentro c'era la giacca di Ezarel.
Il profumo di muschio bianco la inebriò totalmente, crollò sulle ginocchia scossa dalle lacrime.
Prese un bigliettino posato con cura sul fondo dell'armadio.
"Se stai leggendo questo, è perché non siamo riusciti a salutarci.
Avrei tante di quelle cose da dirti e so che le leggeresti tutte e ti arrovelleresti pensando a cosa potevi fare per farmi restare.
Ti risparmio la fatica: nulla. Non potevi fare nulla.
Avrei voluto portarti con me ma sapevo che eri destinata a grandi cose, l'ho saputo sin dal primo momento in cui ti ho vista.
Testarda, determinata e fastidiosa... Non potevi che essere colei che avrebbe riportato Eldarya al suo antico splendore.
Non ti dirò quanto ti amo, quanto ti ho amata... Questo lo sai e spero che il tuo corpo lo ricordi ancora.
Ti lascio la mia giacca invece perché di me hai avuto tutto. Anima e corpo.
Ti manca solo qualcosa che ti ricordi di me anche quando non vuoi ricordarmi, qualcosa da stringere quando tutto attorno a te sembrerà muoversi troppo in fretta.
-Ezarel"
Le lacrime erano ora un fiume in piena che scorreva lungo le guance dell'aengel, si costrinse ad alzarsi e ad afferrare la giacca. La strinse a sé con forza inalando il profumo che una volta conosceva a memoria.
Il suo corpo rabbrividì in automatico. La sua schiena era fredda nel punto in cui solitamente lui posava le mani durante un bacio, le sue labbra formicolavano quasi a ricordare una sensazione perduta da tempo eppure, a lei, sembrava passato un giorno.
Lentamente, contro ogni predizione, i singhiozzi si placarono e rimase solo la nostalgia.
Infilò il biglietto nella tasca della mantella e raggomitolò la giacca sotto braccio.
Non fu sorpresa di trovare Huang Hua davanti alla porta quando uscì.
-Ezarel ha sempre comunicato a modo suo...- mormorò.
La fenghuang sorrise dolcemente, un sorriso carico di sottointesi che solo Erika poteva cogliere.
-Da quanto stai con Ewe?- chiese poi.
-Non pensavo si notasse-.
-Ho sempre avuto spirito di osservazione-.
-In un momento del genere ti metti ad osservare gli altri? Non smetti mai di stupire- sospirò la donna.
-Quindi? Da quanto?- incalzò Erika con un sorriso.
-Qualche anno più o meno-.
-Sono tanto felice per voi-.
Ed era vero, era felice per le sue amiche.
-E' stato felice di sapere che eri ancora viva- disse Huang Hua, il tono serio.
-Gli dirai che mi sono svegliata?-
-Vuoi che lo sappia?- chiese la fenghuang.
-No- sospirò Erika :-Ha la sua vita ora, conosco Ezarel... Se sapesse che sono sveglia vorrebbe tornare a trovarmi e se dovesse tornare non riuscirei a lasciarlo andare-.
-E' una scelta molto matura- commentò l'altra.
-E' una scelta che speravo di non dover mai fare... Mi passerà, ho affrontato cose peggiori-.
-C'è qualcuno che vorresti vedere prima che annunci a tutti il tuo risveglio?-
-Leiftan...- la mente di Erika tornò a quel giorno.
Il Sacrificio Bianco. Lei e Leiftan si erano sacrificati per salvare Eldarya: due aengel, una coperta di luce e uno avvolto dalle ombre. Il peso degli omicidi commessi sulle spalle e la redenzione ad illuminargli il volto.
-Non si è ancora ripreso-.
-Ho capito- mormorò Erika :-Chrome allora-.
Huang Hua la prese per mano e la condusse in biblioteca, dall'altra parte del corridoio.
-Dai a me le cose di Ezarel, le metterò nella tua nuova stanza-.
Nuova stanza. Quelle parole furono come una pugnalata al cuore.
La sua vecchia camera l'aveva addobbata Ezarel, ci era voluto un intero pomeriggio per farla e in seguito era diventato il loro luogo speciale. Lì dormivano insieme, facevano l'amore e sognavano di fuggire lontano e di costruire il loro futuro insieme.
-La tua vecchia camera abbiamo dovuto cederla-.
-Lo capisco- mentì l'aengel.
Non lo capiva, non voleva capirlo.
Sette anni erano tanti certo, di sicuro molti di loro pensavano che né lei né Leiftan sarebbero più tornati... Ma la sua camera, il luogo in cui aveva vissuto e in cui si era rifugiata tutte le volte che sentiva di voler tornare a casa.
Non le rimaneva nulla della sua vita lì, solo quella giacca e un biglietto scritto con una grafia ampollosa ma stranamente tremante.
_____ ______ ______ ______

Erika fissava le due statue al giardino del Vecchio Ciliegio, una dedicata a lei e una a Leiftan.
-Com'è imbarazzante- borbottò a denti stretti.
-Non so, io trovo che non ti renda giustizia- commentò una voce suadente alle sue spalle.
La kitsune bianca che aveva conosciuto al laboratorio di Alchimia il giorno prima.
Si avvicinò a Erika con fare provocante e le cinse la vita con il braccio tirandola verso sé.
-Tu sei davvero un tipetto- rise Erika.
-Non mi sembra che ti dispiaccia-.
-No, in un certo senso mi ricordi qualcuno...-.
La mente di Erika virò verso Nevra, il tenebroso vampiro che era a capo della Guardia d'Ombra.
Quando lo aveva conosciuto Nevra ci provava con qualunque cosa respirasse e, doveva ammetterlo, aveva il suo fascino.
I capelli corvini che ricadevano sul viso pallido e mascolino, l'occhio destro totalmente bianco e tagliato in due da una cicatrice, le labbra carnose che incorniciavano i pericolosi canini appuntiti e il fisico scultoreo ovviamente.
Nevra aveva avuto più di una relazione al Q.G ma nessuna era durata molto, ora era diverso.
Sembrava così serio... Ma dopotutto la morte di Valkyon doveva essere stata un duro colpo per lui.
Valkyon...
Erika sospirò e una lacrima le scivolò beffarda lungo la guancia sinistra.
-Tutto ok dolcezza?- chiese Koori.
-Sì, non preoccuparti... Koori, vorrei rimanere sola se non ti spiace-.
-Che noiosa... Anche ieri te ne sei stata tutta sola. Stamattina non hai voluto parlare con nessuno, insomma cerca di riprenderti!- esclamò la giovane kitsune.
-Scusami tanto se non riconosco più questo posto! Non so se lo sai ma sono sette anni che dormo come un sasso convinta di essere morta! I miei amici se ne sono andati quasi tutti e uno di loro, anzi... Più di uno...- le lacrime furono inarrestabili, la gola le faceva male per aver gridato.
Koori scostò le braccia dal suo corpo e le posò entrambe le mani sulle spalle con fermezza.
-Ascolta, io non so com'era la vita qui sette anni fa e non mi interessa saperlo. Quello che so è che sei qui adesso, ti è stata data una seconda possibilità e io non la sprecherei piangendomi addosso come una sfigata- disse seria :-Le cose che hai perso non possono tornare indietro, il tempo che non hai vissuto non può esserti restituito ma adesso sei qui, trai il meglio da questa esperienza-.
Erika rimase a fissarla con gli occhi sgranati.
-Noi non ci conosciamo Erika, di te non so nulla se non quello che continuano a ripetere tutti da sette anni-.
Erika non si mosse.
-Sai cosa dicono?-
L'aengel scosse il capo lentamente.
-Che sei coraggiosa... Dimostrami che non si sbagliano-.
Koori se ne andò lasciando Erika sola, immobile di fronte alle statue in marmo bianco.
Il vento le carezzava dolcemente le punte dei lunghi capelli lisci solleticandole la schiena, il profumo del ciliegio si disperdeva attorno a lei lasciandole addosso un senso di pace.
Lì il tempo sembrava fermarsi.
Era come se le fondamenta dell'albero ben radicate a terra impedissero alle cose intorno di mutare troppo, come quell'albero anche Erika si sentiva radicata a qualcosa... Qualcosa che nel suo caso non esisteva più.
Forse Koori aveva ragione, star lì a commiserarsi non sarebbe servito a nulla e non sarebbe stato utile a nessuno.
Se si era svegliata c'era sicuramente un motivo come per quando era giunta ad Eldarya.
Forte di questo nuovo obbiettivo decise di provarci, insomma tentare non era vincolante era solo il minimo che poteva fare.
Avrebbe solo voluto che tutti la smettessero di correrle incontro e ringraziarla trattandola come una dea, il suo sacrificio non era voluto per fare in modo che tutti la considerassero un'eroina, era stato un atto necessario.
Era passata dall'essere nessuno ad essere forse una delle persone più importanti e di rilievo alla Guardia di Eel, tutti la rispettavano e la veneravano.
Non le piaceva.
Voleva essere come tutti gli altri, essere avvicinata per fare due chiacchiere come una volta e non con lo scopo di prostrarsi ai suoi piedi e ringraziarla per aver solo compiuto il suo dovere.
Sospirò, in fondo poteva andare peggio.
Si chiese se era stata costruita una tomba per Valkyon o se avessero scelto un modo per ricordarlo, se un segno della sua presenza fosse rimasto impresso fra le mura del Q.G.
Doveva ricordarsi di chiederlo a Huang Hua e doveva anche ricordarsi di chiedere chi fosse il nuovo capo dell'Ossidiana ora che Valkyon non c'era più.
Non era Jamon, l'orco dal cuore d'oro che ora forgiava armi e gioielli alla fucina.
Non era Mathieu, l'altro umano piuttosto avvenente che era stato inserito nella Guardia d'Assenzio.
La sua mente pensò a chi altri poteva aver preso il posto di Valkyon ma, la verità era che, nessuno le sembrava adatto quanto lui a ricoprire quel ruolo.
Sospirò una volta in più.
Aveva superato il passato una volta, poteva farlo di nuovo.
Si costrinse a sorridere e si diresse a forza verso la piazza del mercato, era tempo di socializzare.


   
 
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