Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Evali    18/11/2020    0 recensioni
Spin off che scaverà in profondità nei personaggi di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark; un'ipotesi, o meglio, una mia versione, di come potrebbero essere andate le cose al tempo, una storia che non tratterà strettamente solo l'amore scoppiato tra i due, ma anche l'intero contesto in cui il nostro eroe e la nostra eroina vivevano, nonché gli anni del regno del Re Folle. Potrebbe esserci qualche piccola modifica rispetto alle informazioni rivelate nei libri.
Appartenente ad una saga, ma non è necessario aver letto le altre due storie per iniziarla.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aerys II Targaryen, Arthur Dayne, Elia Martell, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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L’inverno sta arrivando
 
La seconda giornata di torneo era scorsa velocemente e senza intoppi.
La rinnovata presenza del Cavaliere dell’Albero che Ride non fu una grande sorpresa per la folla di spettatori, generando meno dissensi o lamentele di quanto il giovane drago si sarebbe aspettato.
Raggiunta la fonte d’acqua più vicina al castello di Harrenhal, Rhaegar infilò le mani nella superficie fresca, immergendosi fino ai polsi coperti ancora dall’armatura, così come il resto del suo corpo.
Si bagnò viso e collo, due delle poche parti di pelle scoperte dal pesante strato di metallo, sciacquando via almeno la polvere e la leggera patina di sudore della mattinata.
- Non puoi gironzolare senza scorta come e quando ti aggrada – lo rimproverò bonariamente Arthur, sorprendendolo da dietro.
Rhaegar non gli rispose, continuando a spalmarsi l’acqua addosso.
- Come mai questa impellente necessità di sostare in una pozza, senza aspettare di tornare al castello? – continuò il dorniano, cominciando a immergere le mani a sua volta.
- Per nessun motivo in particolare.
- Stai ancora pensando al modo in cui tuo padre fissava la tua compagna travestita da cavaliere? Credi che abbia creduto alla versione che gli hai raccontato ieri?
- Quando siamo passati a “compagna”?
- Circa da ieri, quando mi hai raccontato del vostro incontro nel bosco.
Quando passerà dalla tua “compagna” alla tua “lady”, sarà lì che dovrai preoccuparti.
Speriamo non accada mai.
Rhaegar si voltò verso di lui. – Cosa stai cercando di dirmi? Tutto ciò che ci lega è un accordo: lei non parlerà ad anima viva della cospirazione ed io la coprirò con mio padre.
- Non sto insinuando niente, difatti.
- Arthur.
- Cosa? Perché devi nutrire questa costante malafede nei miei confronti?
Il giovane drago pose le braccia conserte, in attesa, fin quando il dorniano non si decise a parlare.
- Devi essere prudente, Rhaegar.
- Ne sono più che consapevole. Qual è il punto?
- Elia potrebbe non essere l’unica ad uscirne distrutta.
Potresti ferirne molti altri.
Rhaegar si massaggiò le tempie con le dita, sospirando. – Perché ora? Perché di nuovo questa discussione?
Prevedo sin troppo bene la mole del disastro che potrei provocare se tutto ciò venisse alla luce del sole.
Ormai non posso più tornare indietro, quel che è stato è stato.
Alla fine del torneo sarà come se tutto ciò non fosse mai accaduto.
Che bisogno vi è di ricordarmi continuamente quanto io stia rischiando?
Qual è l’insano piacere che nutri nel torturarmi chiedendomi se so quante altre persone potrei distruggere?
Vuoi che te le elenchi, Arthur …? Vuoi che io ti menzioni, nome per nome, le vittime che potrei condannare ad una sola distrazione? Vuoi che ti dica il tuo nome, quello di mia figlia, quello di Elia, quello di Ashara, quello di mia madre, quello di Lyanna Stark?? – esalò cominciando a spazientirsi, percependo la testa pulsargli ininterrottamente.
- Tu – gli rispose Arthur, serio, granitico, guardandolo negli occhi. – La persona che ne uscirebbe frantumata sei tu, Rhaegar.
Io non posso proteggerti da tutto.
- Non ti ho mai chiesto di farlo – gli rispose secco, velenoso. – E comincio a convincermi di essere costretto ad ordinarti di allontanarti da me per liberarmi della tua asfissiante e stomachevole presenza – pronunciò sprezzante, facendo per andarsene, lasciando l’altro perplesso.
- Cos’è, gli dèi ti hanno maledetto prima di farti alzare questa mattina?? O le tue fantasiose allucinazioni stanno finalmente riuscendo nell’intento?! – pronunciò il dorniano mentre vedeva il principe dargli le spalle e allontanarsi da lui, la voce macchiata di sgomento misto a rabbia.
Era la prima volta che accadeva qualcosa di simile tra loro.
Il dorniano avrebbe voluto dire a se stesso che non fosse nulla, che in breve sarebbe tornato tutto alla normalità.
Ma Rhaegar era diventato imprevedibile nelle ultime settimane.
Arthur deglutì e rimase immobile, attendendo che il timore brulicante nelle sue vene si disperdesse lentamente.
 
Il principe drago rientrò nel castello in seguito alla discussione con Arthur, si precipitò nella camera reale e si spogliò dell’armatura, vestendo gli abiti di corte.
Di Elia non vi era traccia, sicuramente la principessa si trovava nello studio del Gran Maestro, pensò.
Dopo aver tentato inutilmente di calmare i nervi che sembravano volerlo animare come bestie affamate, assunse un atteggiamento composto e scese al piano inferiore.
Ciò che vi trovò, esattamente nel mezzo dell’enorme salone, lo pietrificò.
Suo padre era seduto dinnanzi all’immenso tavolo vuoto, solo, eccetto per un’altra presenza seduta accanto a lui.
La principessina Rhaenys sedeva accanto a suo nonno, sforzandosi di mantenersi pacata e posata, mentre egli le accarezzava i capelli ricci con i lunghi artigli scheletrici, guardandola con un sorriso che fece divenire ghiaccio il sangue del principe drago.
Stranamente, nessun membro della Guardia reale era nei dintorni.
Si mosse a grande falcate, raggiungendoli immediatamente, ritrovando la forza e la volontà di far assumere senso e consistenza alla sua voce. – Padre …?
I suoi occhi sgranati, le pupille inghiottivano quasi le iridi viola, il respiro pesante e la bocca schiusa.
Fissava quelle dita luride posarsi per la prima volta sull’unico inestimabile tesoro della sua vita, contaminandolo.
A ciò, Aerys si voltò distrattamente verso suo figlio. – Oh, mio diletto. Ti stavamo aspettando. Vero, mia cara? – pronunciò mellifluo, spostando una ciocca di vaporosi capelli dietro l’orecchio della bambina. – È vero che non vedevi l’ora di vedere tuo padre? – le domandò nuovamente, vedendola annuire.
- Che cosa stai facendo …? – esalò il principe drago, compiendo uno sforzo ultraterreno nel rimanere con i piedi ancorati lì dov’era, guardandoli a distanza, mentre stringeva i pugni fino a ferirsi i palmi.
- Che cosa vuoi dire, figliolo? Non è ovvio? Sto recuperando un po’ del tempo perduto con la mia adorata nipote – rispose viscido il re, continuando a carezzare la principessina. – Anche lei è lieta di trascorrere del tempo con suo nonno. Vero, Rhaenys? – le domandò guardandola.
Ella annuì di nuovo velocemente, per poi spostare gli occhioni scuri e vivaci su suo padre, lievemente turbata.
Rhaegar compì un altro inumano sforzo per non fiondarsi da lei e strapparla immediatamente dalle grinfie di quella serpe, temendo che ogni suo movimento, avrebbe potuto peggiorare la situazione, rendendola irrecuperabile.
Si sentiva delle catene legate ai polsi e alle caviglie, immobilizzato e impotente come non lo era mai stato.
- Che cosa vuoi da me…? – sussurrò duro, vibrante, non riconoscendo neanche la propria voce come la sua.
A ciò, il re folle fece virare gli stralunati occhi viola nuovamente dritti sulla figura di suo figlio. – Io? Da te?? – chiese cominciando ridere sguainato. – Io da te non voglio nulla, figlio mio! Non ho mai voluto nulla! – esclamò alzandosi in piedi e girando intorno al tavolo, facendo segno alla principessina di rimanere seduta lì dov’era.
Rhaegar se lo ritrovò davanti a sé, ma quasi non se ne accorse, poiché i suoi occhi erano perennemente puntati su sua figlia.
Aerys sorrise. – Mi sembra quasi di guardarmi allo specchio, venti anni fa – pronunciò, attirando l’attenzione di Rhaegar su di sé. – Quando qualcuno si avvicinava a te. Io perdevo il senno. Ogni parte di me rifuggiva al mio controllo, si distanziava dal mio corpo e diveniva fuoco, liquido.
Quando qualcuno ti toccava non capivo più nulla.
Dire che ero furioso è una degradante minimizzazione, poiché diventavo qualcosa di diverso da me, mi sentivo invincibile, inumano, una creatura scolpita dalle mani degli dèi per ripulire il genere umano dal suo marciume.
Tutto ciò lo provavo solamente quando qualcuno ti posava le mani addosso.
Con tua madre non accadeva lo stesso.
Quando accadeva a lei vi era solo un’incontrollabile ferocia ad invadermi, null’altro.
Ma quando eri tu ad essere contaminato da mani estranee, diventavo esattamente come sei tu, in questo momento – gli disse Aerys con una calma che non gli apparteneva, non staccando mai gli occhi dai suoi.
Il principe rimase in silenzio.
- Puoi dire tutto di me, Rhaegar. Tutto, tranne che io non ti abbia difeso da chiunque minacciasse anche solo lontanamente la tua vita e la tua incolumità.
- Chiunque … - ripeté il principe drago sorridendo sprezzante, mentre una valanga di terribili ricordi d’infanzia invadeva la sua mente, rimembrandogli il dolore dei graffi sulla pelle e degli schiaffi brucianti ricevuti dall’uomo dinnanzi a sè. – Chiunque…? – ripeté in un fil di voce.
Capendo ciò a cui si riferisse, Aerys sorrise a sua volta. – Io non conto. Io potevo e posso farti del male perché tu sei di mia proprietà. Da sempre – rispose con naturalezza il re.
- Tu eri l’unico a minacciare la mia salute fisica e mentale.
Sei sempre stato l’unico – ribatté il principe drago tra i denti.
- E dato che io ho sempre avuto tale riguardo nei tuoi confronti, il quale potrebbe sembrare possessivo visto esternamente, me ne rendo conto … - continuò il re, ignorando le parole di suo figlio. - … ho sempre creduto e preteso che anche tu mi avresti mostrato lo stesso trattamento, proteggendomi a spada tratta da chiunque avesse osato minacciare la mia vita e la mia posizione.
Ma ora … ora capisco che ho sempre commesso un immenso errore nel riporre tanta fiducia nei tuoi confronti.
A te, a te che sei sempre stato un dannato ingrato, un parassita impudente, proprio come tua madre.
Non avrei dovuto aspettarmi nulla da te. Niente.
Organizzare un alto tradimento alle mie spalle, esattamente sotto il mio naso, per sprezzo, per sfregio, per farti vanto della tua infamia dinnanzi ai miei occhi!
Tu hai sempre e solo aspirato a vedermi strisciare a terra mentre tu te ne stai seduto sul trono di spade sottratto a me!! – urlò Aerys avvicinandoglisi ad un palmo dal viso.
Rhaegar non mosse un muscolo, mantenendo il contatto visivo con suo padre, senza esitazione.
- Sai cos’è che voglio davvero da te, figliolo …? – gli domandò il re annullando ogni distanza. – … che tu abbia il fegato e la decenza di porre fine alla mia vita con le tue stesse mani, senza lasciare che un branco di viscide sanguisughe nobili si intrometta nelle nostre questioni di famiglia – gli sussurrò tagliente come una lama. – Perché, in ogni caso, è una faccenda che riguarda la nostra famiglia. È sempre una faccenda di famiglia.
E tu, tu hai voltato le spalle alla famiglia – concluse allontanandosi di poco, per guardarlo dritto negli occhi.
Detto ciò, Aerys fece cenno a ser Oswell Whent di prendere la principessina.
Alla vista delle braccia del cavaliere che avvolsero il corpicino di sua figlia, alzandola su da terra, le iridi del giovane drago si iniettarono di sangue.
Il suo corpo si animò di lava incandescente, eruttando tutto il suo fuoco corrosivo nelle falcate che lo condussero a schiantarsi dritto sul corpo massiccio del cavaliere, strappandogli dalle mani la piccola, la quale si aggrappò immediatamente alle spalle di suo padre non appena entrò in contatto con lui, come se ne andasse della sua vita.
Rhaegar, con il braccio libero dalla presa di sua figlia, colpì il cavaliere tanto violentemente da farlo atterrare sul pavimento gelido come un grosso tronco abbattuto, provocando un tonfo che risuonò per tutto il castello.
Il fiatone gli stava togliendo il respiro, tanto da farlo quasi tremare, mentre l’antidoto di lord Varys sembrava perdere il suo effetto, facendo riemergere alla sua mente, in tutta la loro imponenza, le insinuanti voci.
“Proteggi la prima testa di drago.
Proteggila.”
Rhaenys era sua figlia. Non la prima testa di drago, ma sua figlia.
E lui l’avrebbe protetta, l’avrebbe protetta sempre e comunque da qualsiasi cosa, a prescindere.
Questa volta, la voce che gli risuonava insinuante e insistente nelle orecchie, era quella di sua madre.
“Lui non sa.
Lui non conosce.
Lui non vede.
Nessuna sa, nessuno conosce e nessuno vede.
Non puoi fidarti.
Non puoi fidarti di nessuno” diceva la voce tormentante di Rhaella.
Rhaegar la ignorò per quanto possibile, carezzando venerante la guancia di sua figlia e chiedendole immediatamente come stesse.
Non appena la bambina lo rassicurò sul suo stato, il volto di Rhaegar ritornò sulla figura tronfia di insana soddisfazione di suo padre.
- Non meriti di morire per mia mano.
La morte. Un tal dono dal morbido sapore … per te, sarebbe totalmente sprecato.
Non la meriti.
Non meriti niente – esalò semplicemente, per poi voltarsi e prendere la scalinata che avrebbe portato lui e Rhaenys verso le camere.
 
Aveva bisogno di uscire da quel castello, di respirare un’aria diversa da quella che gli stava rubando dai polmoni suo padre.
Aveva bisogno di avere delle risposte immediate, per alleviare quelle voci.
Non aveva bisogno di antidoti, di svago o di mastodontici tomi. Aveva bisogno di risposte.
Per qualche motivo, lady Lyanna sembrava possedere un destino condiviso con il suo, basandosi su tutti i segnali che gli dèi gli stavano mandando.
Ella aveva un ruolo determinante, per il compimento del suo destino, quel destino crudele che l’aveva messo al mondo per uno scopo preciso.
Gli alchimisti che facevano esperimenti sotto la Sala d’Estate non c’entravano.
Non vi erano più spiegazioni logiche, non vi era più modo di riuscire a giungere alla soluzione di quel dilemma da solo.
I nervi gli continuarono a pulsare per le seguenti ore, anche quando rimase da solo in camera, quando Rhaenys venne prelevata da Ashara, quando di Elia non vi era ancora nessuna traccia.
Al calar del sole, finalmente, qualcuno bussò alla porta.
Dopo il quinto colpo di nocche privo di risposta, lord Varys aprì la porta della camera reale, affacciando solo la testa calva, rispettosamente. – Maestà? – tentò con accortezza e delicatezza, osservando la figura slanciata del principe ereditario stesa sul letto enorme a faccia in su, come un corpo morto, i diamanti viola vitrei e lucidi, rivolti verso l’alto e le labbra serrate.
- Maestà, disturbo? – ritentò il Ragno Tessitore.
Rhaegar schiuse la bocca, senza muovere un muscolo. – Sì?
- Vi sentite bene?
- Sì, benissimo – la voce totalmente svuotata di sostanza.
- Vostra moglie è ancora dal Gran Maestro a causa delle false doglie.
Ser Dayne è qua fuori da un po’ oramai. Ha chiesto a me di entrare, per sapere come state, mio principe.
- Arthur crede che io sia adirato con lui, Varys – spiegò il giovane drago, voltando lievemente il viso verso la porta dalla quale lo stava interrogando il Ragno. – Potete avvicinarvi? – gli domandò con la stessa inflessione che un bambino avrebbe usato con sua madre.
A ciò, Varys si affrettò ad obbedire, entrando totalmente dentro la stanza e chiudendo la porta dietro di sé.
Rhaegar, finalmente, tirò su il busto con estrema lentezza, per poi far scendere le gambe giù dal letto, restando in posizione seduta.
Fatto ciò, fece segno al Ragno di accomodarsi sul materasso accanto a lui.
Nonostante la strana richiesta, Varys obbedì nuovamente, prendendo posto affianco al principe e fissandolo, fissando il suo sguardo confuso, la chioma disordinata, le nocche spigolose sbiancate, la mascella perennemente in tensione, le spalle tese come quelle di un manichino.
- Dovete fare qualcosa per me – esalò il giovane drago.
- Tutto ciò che desiderate.
- Dovete far reperire un mio messaggio nell’accampamento.
- I miei uccellini saranno estremamente discreti e accorti, mio principe. Il destinatario?
- Lady Lyanna della casata Stark.
Varys annuì con solennità. – Il contenuto del messaggio, mio signore?
- “Questa sera, alla locanda” – disse semplicemente, tenendo gli occhi fissi dinnanzi a sé.
- Consideratelo fatto, Maestà.
- E un’altra cosa.
- Certamente.
- Fate entrare Arthur – terminò voltandosi a guardarlo per la prima volta, fissando la sua figura mentre usciva dalla stanza.
Quando fu la sagoma della Spada dell’Alba ad entrare nella camera, Rhaegar si alzò in piedi, avvicinandoglisi di qualche passo.
- Devi dire ad Elia che, per questa notte, dovrò starle lontano.
Non sono in grado di sostenerla nel suo dolore, non sono in grado di starle accanto.
Non stanotte.
- Rhaegar … - lo richiamò il giovane dorniano, cercando disperatamente i suoi occhi, preoccupato.
- Domani mattina mi troverà qui.
Qualsiasi cosa le accada, qualsiasi cosa accada al bambino … voglio essere avvertito, immediatamente.
- Dove andrai? Dove passerai la notte?
- Non qui. Non qui, Arthur – si limitò a dirgli, dandogli le spalle.
- Chi stringerà la mano di tua moglie nei suoi peggiori momenti di dolore questa notte…?
- Sarai tu a farlo – disse granitico il principe, voltandosi a guardarlo, pietrificandolo.
- Che cosa …? Che cosa stai dicendo? Hai battuto la testa, Rhaegar…?
- Devi starle accanto.
Non lo chiederei a nessun altro, se non a te – gli garantì il principe, addolcendo lievemente la voce, avvicinandoglisi ancora.
- Te lo sto chiedendo, Arthur.
Non te lo sto ordinando.
- E io non voglio farlo.
- Non ti sto chiedendo di infilarti nel letto di mia moglie. E, di conseguenza, anche nel mio. Voglio che tu sia per lei la sua roccia, la spalla su cui piangere, al mio posto.
È solo per una notte.
- Lei non lo accetterà mai. Senza di te, io non … noi non possiamo. Perché mi stai chiedendo questo?
- Perché io sarò con un’altra donna questa sera – fu la seconda frase che fece immobilizzare il dorniano. – Ma non per tradirla. Tuttavia, il senso di colpa per non starle accanto in questa fase particolare, mi divorerebbe, se non la sapessi affiancata dalla persona della quale mi fido di più al mondo. Inoltre, è come se saperla tra le tue braccia, possa in qualche modo ripagare il fatto che sarà un’altra a ricevere la mia compagnia stasera.
- Sei malsano … malsano – sussurrò il dorniano, non con cattiveria, ma con una profonda tristezza e vulnerabilità.
A ciò, Rhaegar gli prese la nuca con la mano e lo avvicinò a sé, facendo incontrare le loro fronti. Accennò un amaro sorriso, tanto familiare tra le sue labbra, per rassicurarlo, farlo rilassare in qualche modo.
- Perché ho la sensazione che si stia sgretolando tutto? – sibilò Arthur, trattenendo la nuca del principe verso di sé, a sua volta. – Perché ho paura che, dopo questa notte, cambierà tutto?
- Nulla cambierà nulla, Arthur.
 
Il giovane principe, di nuovo dentro il travestimento di Calen dopo quei pochi giorni che erano parsi secoli, con l’ingombrante cappuccio a coprirgli quasi tutto il volto, entrò nella locanda oramai familiare.
La prima cosa che si premurò di fare, fu dirigersi verso il bancone, quella sera particolarmente affollato.
Si infilò in uno spazio rimasto vuoto tra due popolani che si muovevano animati da un’incontenibile ebbrezza, e si rivolse alla solita locandiera dietro al bancone, intenta a ridere sguaiata e a riempire l’ennesimo boccale, con i ciuffi sudati di capelli lunghi che le ricadevano sulle guance purpuree.
- Shaileene – la richiamò per nome, che aveva conosciuto all’incirca alla quarta o alla quinta serata che aveva trascorso lì.
A quel richiamo, la donna si voltò verso di lui, sorridendogli con i suoi denti grigi e le labbra piene. – Oh, guarda chi si rivede! Mi sei mancato, mio bel forestiero, sai? Dove eri finito?? Non credi che oramai quel cappuccio sia di troppo? Dovresti riuscire a farne a meno dopo un’intera settimana che ci conosciamo! – gli disse allegra e genuinamente maliziosa, come sempre.
- Ho bisogno di una stanza per dormire stanotte. Ne avete una libera? – le domandò, sapendo che quella locanda ospitasse anche per la notte.
- Stai scherzando, tesoro? Una stanza? Per te?? Posso riservartene anche dieci se vuoi! Ti basta solo chiedere – gli garantì lanciandogli un bacio. – Certo, però, che devo ammettere che è una strana richiesta da te!
- Grazie, Shaileene. Hai visto l’anziana donna che sedeva con me e Doen alcune sere?
- La vecchia pazza?? Si è sempre fatta trovare qui, ogni sera, ad aspettarvi, da quando avete smesso di venire, tu e il ragazzino. Sono sicura che arriverà anche stasera!
A ciò, il giovane drago sotto mentite spoglie si fece strada tra la folla al bancone per riuscire ad allontanarsi dall’accalcamento e si guardò intorno, per controllare se lady Stark fosse già arrivata.
La individuò seduta sul solito tavolo, leggermente isolato, con gli abituali abiti cenciosi da ragazzo, i capelli legati e gli occhi tempestosi fulgidi e in attesa.
Si diresse verso di lei prendendo un bel respiro, fin quando non la vide aguzzare lo sguardo e animarsi, non appena si accorse di lui.
- Continuiamo ad usare le nostre false identità, come al solito. Non corriamo rischi – si affrettò a dirle prima che lei aprisse bocca.
Lyanna annuì, vedendolo sedersi di fronte a lei, come era abituata a vederlo fare, quando ancora non sapeva chi fosse.
Ora era tutto diverso. Sapeva chi aveva dinnanzi, conosceva la celeberrima identità del giovane dinnanzi a sé.
Conosceva il suo volto, quel volto che aveva tanto bramato conoscere.
Era davvero tutto diverso?
Dovette ripetersi più volte, mentalmente, che davanti a lei non vi era Calen, bensì Rhaegar, l’erede al trono, il cavaliere che l’aveva salvata dal morso di un serpente, che aveva mantenuto il segreto del Cavaliere dell’Albero che Ride con il proprio padre, il re, e che stava cercando di salvarli tutti da quest’ultimo, rischiando la vita nell’intento.
Tuttavia, era anche colui che le aveva spudoratamente mentito, facendole credere di essere al suo livello, illudendola di essere capita e di poter capire lui.
Il giovane drago si strofinò le mani, voltandosi verso l’esterno, in cerca di qualcuno.
- Perché mi avete fatta venire qui? – trovò la forza di domandargli Lyanna. – Credevo fosse una storia passata, terminata, oramai.
- I nostri destini sono legati, Doen – le disse, facendola rabbrividire. – Lo avete sentito anche voi, dalle parole dell’indovina. Ho bisogno di rivederla, per ricevere delle risposte. Non posso più andare avanti senza sapere.
- E io a cosa vi servo?
- Riguarda anche voi, in prima persona. Siete coinvolta quanto me in questo futuro scritto per noi, che ancora non conosciamo.
- Non condividiamo la stessa opinione riguardo al futuro, Calen – si affrettò ad informarlo ella. – Il mio futuro non verrà definito da nessuno.
A tali parole, Rhaegar sorrise, un sorriso amaro e disilluso. – Siete così giovane.
Quella frase non suscitò altro che l’effetto di far adirare la giovane lupa di una frustrazione, una rabbia e una tristezza quasi incontenibili.
Strinse il legno del tavolo fino a farsi sbiancare le nocche, cercando di trattenersi. - Che cosa intendete dire con questo, ora?? Solamente perché non condivido le vostre convinzioni io sarei solo una bambina che vive nel mondo dei sogni?? Sapete che cosa ho dovuto passare per riuscire a partecipare a quel torneo sotto mentite spoglie?! Sapete quanto devo combattere ogni giorno per farmi valere con gli imponenti e ostinati uomini della mia famiglia e della mia vita?! Sapete qualcosa di me, che possa davvero portarvi ad affermare che io ragioni come una bambina??
Non sono una bambina – concluse riprendendo fiato, calmandosi gradualmente, accortasi di aver attirato qualche sguardo intorno a loro.
Dopo qualche secondo di pausa che pesò come un macigno sulle spalle della giovane lupa, il principe drago schiuse le labbra per parlare, con tutta la tranquillità del mondo: - Proprio a causa di questa reazione, riaffermo più convinto di prima, che siete ancora troppo giovane.
- Troppo giovane per cosa …? Per comprendere che non posso cambiare il corso degli eventi, neanche se lo volessi con tutto il cuore?
 - Mi piace stare con voi proprio per questo motivo.
La vostra innocenza. La vostra fiducia. Per il futuro.
I sentimenti che vi colorano le guance con tanta impetuosità, rendendovi trasparente.
La vostra ingenua curiosità e combattività.
Crescendo, cambierete, come siamo cambiati tutti.
I vostri occhi non saranno più così limpidi come li sto vedendo e ammirando ora.
Vi renderete conto di non poter mai agire direttamente su una vita che non vi ha mai lasciato alcuna possibilità di scelta, dalla nascita alla morte.
Vi accorgerete di non riuscire più ad amare un uomo.
Gli occhi della giovane lupa si fecero improvvisamente lucidi. – Parlate come se aveste vissuto tre vite messe insieme. In realtà, avete pochi anni in più di me.
Quando vi siete reso conto di non essere in grado di amare una donna, mio principe?
Quell’appellativo usato all’improvviso fece irrigidire il giovane drago. – Vi avevo detto di non …
- Non posso accontentarvi – lo interruppe lei. – Ho realizzato di non riuscire a considerarvi come due persone diverse, Rhaegar e Calen. Non chiedetemi più di farlo – rispose con decisione.
I due rimasero in silenzio per un po’, fin quando il principe non lo ruppe. – Non posso costringervi a stare qui. Non è giusto, né rispettoso nei vostri confronti. Siete ovviamente libera di andarvene quando volete, se non volete rimanere qui – affermò, facendola irrigidire, sapendo di averla messa con le spalle al muro.
- Siete sleale – disse ella in un sussurro.
- Non lo sono. Vi sto rendendo noto quel che dovrebbe essere già noto.
- Come avrei potuto ignorare la richiesta del futuro re dei sette regni …?!
- Da quei pochi incontri che ci hanno visti protagonisti, a volti scoperti, avete avuto modo di conoscere almeno un minimo il mio atteggiamento nei confronti dei miei “sudditi”. Sapete che non vi sarebbe stata alcuna conseguenza se non aveste acconsentito alla mia richiesta questa sera.
- Volete che ammetta che volevo rivedervi? E voi? Vi era davvero il bisogno di rendermi noto il destino che ci accomuna, stasera? – lo ripagò con la stessa moneta.
- Vi volevo al mio fianco – ammise egli, sorprendendola. – Vi volevo vicina quando avrei saputo ciò che attendo da una vita di sapere, poiché abbiamo condiviso tanto e non posso negarlo, neanche a me stesso.
Dopo qualche minuto di silenzio, anche Lyanna si espose. – Volevo vedervi. Volevo rivedere Calen, ma volevo rivedere anche voi. Per questo non posso più dividervi, nonostante, talvolta, mi sembriate tanto diversi.
Improvvisamente, l’attenzione dei due venne attirata dalla figura familiare della vecchia indovina, la quale varco la porta della locanda, guardandosi intorno con i suoi occhi stralunati.
Quando li individuò seduti su quel tavolino, il suo sguardo non sembrò sorpreso come si aspettavano. Ella si avvicinò a loro autonomamente, prendendo posto accanto al giovane drago.
- Mio principe – lo salutò questa volta.
- Immagino voi abbiate saputo sin da subito – dedusse Rhaegar.
Ella si limitò a sorridere in risposta, per poi posare lo sguardo anche su Lyanna. – Siete tornati per interrogarmi ancora, miei giovani amanti sfortunati?
Lyanna rise istericamente, ancora indecisa se reagire a ciò piangendo, urlando o infuriandosi, o tutte e tre insieme. – Il vostro scopo è condurci ad avverare le vostre previsioni, spingendoci verso di loro con il solo rivelarle?? Cos’è, ora volete raccontarci un’altra favola come quella di Amore e Psiche??
Le proteste della ragazza non fecero altro che divertire l’anziana donna. – Senza che sia io a dirvelo, sapete, in cuor vostro, che avrete tutto il tempo necessario per innamorarvi di lui ardentemente e per accettare l’idea di amarlo, selvaggia condottiera.
Lyanna ammutolì.
- E voi, figlio del fuoco che tutto rade al suolo – continuò voltandosi nuovamente verso il principe. – Sarete voi a portarla a farlo. Non potete opporvi a questo. Le voci che vi parlano e richiedono la vostra attenzione hanno bisogno di essere ascoltate da voi, per placarsi definitivamente.
Arriverà, un giorno, un male peggiore di quello che, nei secoli andati, fino ad ora, i figli degli uomini hanno mai lontanamente sperimentato.
Il fato viene plasmato dalle azioni degli uomini e gli uomini vengono plasmati dal fato.
È un circolo vizioso che non può essere spezzato.
Senza la vostra unione, la minaccia futura che incomberà sui sette regni, potrebbe portare all’estinzione della vita umana.
Non importa se voi non riuscite ad amare – gli disse la donna, posandogli una mano sulla guancia coperta. – Non importa più. L’importante, è che lei, la lupa, la culla della vita che porterà in grembo, sia in grado di farlo.
- Quale sarà, questa minaccia? – domandò Rhaegar, deglutendo il groppo in gola formatosi alle parole della donna, cercando di mantenere un tono fermo.
- Non è vostro dovere conoscerlo. Neppure io riesco a vederlo. Ma lo sento. Lo tocco. Lo percepisco, incombente.
Il Nord ulula da un po’ oramai, consapevole … consapevole che l’inverno sta arrivando.
- Io non vi credo – affermò la voce tremante e rotta di Lyanna.
-  Leggervi dentro, non ne sono in grado, bambina – le rispose la donna. – Ma potete farlo voi. L’amore e la forza guiderà le vostre azioni dolorose, facendovi prendere scelte disastrose ma necessarie. Amerete la vita che ospiterete nel ventre più di voi stessa, mentre crescerà dentro di voi.
E l’unica cosa che odierete … sarà di non esservi pentita di nulla, di non esservi pentita di aver amato troppo, né di esser scappata da una vita che non vi apparteneva, né di aver contribuito all’avverarsi delle parole di una povera vecchia come me.
- E tutte le persone che si ritroveranno nel nostro cammino? – domandò improvvisamente il principe. – Che ne sarà di loro?
- Dovranno adattarsi.
Salvare tutti non lo si può, ma non condannare a morte un’intera specie, questo sì.
Detto ciò, la donna fece per alzarsi.
- Aspettate – la bloccò Rhaegar. – “Il drago ha tre teste”. Vi dice qualcosa?
A ciò, la vecchia sorrise ancora. – La vostra mente tormentata sta distorcendo ciò che le voci maledette le urlano accanitamente. Quante teste sono necessarie per generarne una nuova? Di quante teste il drago ha bisogno, per venire al mondo?
Padre, madre e figlio.
Ogni uomo nascituro e perituro ha tre teste.
Così come ogni drago.
Ci rincontreremo – concluse l’indovina, andandosene, sparendo dalla loro vista.
Dopo un tempo che parve loro infinito, in totale trance mentale e fisica, la locandiera di loro conoscenza attirò l’attenzione dei due.
- Ehi, morti viventi … cos’è questo spirito?? Vi porto qualcosa o volete continuare a rimanere imbambolati?
Rhaegar fu il primo a rinsavire. – No, grazie. Il mio amico se ne sta andando.
A ciò, Shaileene girò i tacchi e si diresse da un altro paio di clienti.
Lyanna si riprese a sua volta, guardando il suo interlocutore. – Voi restate qui?
- Dormirò qui questa notte. Non tornerò al castello.
La ragazza annuì, alzandosi in piedi, ancora scossa.
- Buonanotte, principe Rhaegar.
- Buonanotte, lady Lyanna.
La giovane lupa uscì dalla locanda, andando incontro al venticello freddo serale, con un turbinio di pensieri in testa, vorticanti come un uragano.
Mentre camminava al buio, ripensò ad ogni singola parola che aveva scambiato con il principe, e ad ogni sillaba uscita dalla bocca dell’indovina.
Tremò, per il freddo, per la paura, per la malinconia, per l’esigenza, l’esigenza di rivederlo per discutere di cosa avevano appena udito.
Non aveva mai creduto a stregoni e a indovini. Mai.
Eppure, nessuno sembrava averla scrutata dentro come quella donna.
Avvertì una fastidiosa nausea che le fece avere un conato di vomito, costringendola a fermarsi in mezzo alla strada per tossire la saliva.
Aveva bisogno di tornare da lui per parlargli, per comprendere cosa avesse intenzione di fare.
Cambiò direzione e prese a camminare spedita, nuovamente diretta verso la locanda.
Non seppe per quanto tempo era rimasta fuori, quanta strada avesse fatto, se fosse quasi arrivata all’accampamento quando aveva deciso di tornare indietro, o se avesse mosso a malapena dieci passi.
Il tempo sembrava aver perduto spessore.
Rivarcò la porta, con uno stato d’animo totalmente diverso rispetto a quando l’aveva varcata poco prima, non trovando la figura incappucciata del giovane drago da nessuna parte.
Il fatto che la locanda si fosse radicalmente svuotata le fece comprendere che, effettivamente, fosse trascorso più tempo di quanto si aspettasse da quando era uscita.
Attraversò il salone semivuoto, che sembrava molto più grande senza l’affollamento di persone che lo riempiva abitualmente, e raggiunse il bancone, dietro il quale Shaileene stava iniziando a pulire e a sistemare le caraffe di vino vuote, insieme ad altre locandiere.
- Shaileene – la richiamò attirando la sua attenzione, accorgendosi di non aver arrochito la voce come al solito.
- Ehi, dolcezza. Che ci fai di nuovo qui? – le domandò lei, apparentemente non accortasi che la voce del giovane popolano dinnanzi a sè fosse più acuta e dolce del solito, somigliante più a quella di una ragazza. Doveva essere molto stanca anche lei.
- In che camera alloggia Calen? – chiese a bruciapelo.
A tal quesito, gli occhi della locandiera sembrarono affilarsi lievemente. – La porta per raggiungere le camere è quella laggiù – le disse indicandogliela con la mano. – È nella terza sulla sinistra – rispose senza fare ulteriori domande.
- Grazie – le disse avviandosi verso la porta indicatale e imboccando il corto corridoio che divideva le cinque camere di destra dalle altre cinque di sinistra, percependo una veemente fretta muoverle con decisione i passi veloci.
Bussò alla terza porta di sinistra più volte, senza attendere che egli rispondesse, temendo che dormisse già. – Calen! – lo richiamò, per non rischiare che gli ospiti delle altre camere udissero ciò che non avrebbero dovuto udire. - Calen, sono io! Sono Doen! Ho bisogno di parlarti, ti prego.
Dopo qualche secondo, la porta si aprì.
La giovane lupa si ritrovò dinnanzi alla figura scoperta del principe, libera dall’ingombrante mantello e dal cappuccio.
Egli indossava solamente dei morbidi pantaloni e una tunica senza maniche come sottoveste, con un lungo spacco aperto sul davanti, terminante a metà torace.
Era lì, dinnanzi a lei, senza alcun ornamento, né orpello innecessario, svestito di ogni maschera e in senso letterale.
Forse, sin troppo svestito.
La ragazza ingoiò a vuoto, non lasciandosi distrarre.
Lo guardò nei grandi occhi vividi, immergendosi nelle sue iridi viola abbaglianti, rimembra dell’ultima volta che le aveva viste, il giorno prima in mezzo al bosco, col sol calante.
Riprese a respirare normalmente solamente quando lui le fece cenno con la testa di entrare, spostandosi lievemente con il corpo, per lasciarle spazio.
Muovere il primo passo per entrare in quella stanza richiese uno sforzo inumano, pregno di tutta la sua forza di volontà.
Non appena fu dentro la piccola camera modesta, provvista solo di uno spazioso letto singolo, di un comodino e di una candela, dovette aggrapparsi al tessuto spesso della propria casacca, per reggersi a qualcosa.
- Eravate … - esalò bloccandosi, rimanendogli di spalle, rivolta verso il letto e le coperte scomposte sopra di esso, mentre lui si accingeva a richiudere la porta dietro di lei. - Eravate a letto?
A ciò, egli la superò, dirigendosi verso il giaciglio. – Sì. Ma non stavo dormendo – le disse facendole segno di sedersi.
Ella prese posto sul materasso, rimanendo a testa bassa, mentre il giovane drago le si sedeva accanto.
Nonostante i loro corpi non fossero in contatto, quell’inaspettata vicinanza provocò delle piccole scosse sulla pelle della ragazza.
I battiti le mancarono più volte mentre con la coda dell’occhio scorgeva le braccia nude del giovane drago in tensione, con i palmi della mani stretti alle ginocchia.
Non era l’unica ad essere agitata.
Quelle inopportune sensazioni, quegli invadenti segnali che il suo corpo le stava mandando nell’averlo tanto vicino, così sensibile e reattivo alla presenza di lui, contrastavano enormemente con il devastante spaesamento e il turbamento per ciò che aveva udito pronunciare dall’indovina.
E non andava bene, no, non andava bene sentirsi così, provare quelle incontrollate sensazioni, perché si sarebbe fatta del male, e lo avrebbe fatto alle persone che aveva accanto.
Non andava bene sentirsi deboli, vulnerabili, in tal modo.
Non andava bene essere tanto insicuri riguardo al proprio futuro, avere ogni certezza gettata in fumo.
Ma, forse, almeno in quello, non era l’unica a sentirsi tanto impotente dinnanzi ad un avvenire fuori dalla propria portata.
Lentamente e discretamente, voltò lo sguardo verso di lui, verso il suo profilo.
Egli fece lo stesso, facendo nuovamente incontrare i loro sguardi.
Era la prima volta che lo vedeva perso, spaesato.
Eppure, restava comunque fermo e stabile nella sua instabilità, qualcosa di totalmente inconcepibile per la mente della giovane lupa.
- Cosa avete intenzione di fare d’ora in avanti? – chiese con un fil di voce Lyanna, timorosa di udire la risposta, qualsiasi essa fosse stata.
- Non lo so – le rispose sinceramente quello che, per la prima volta, le parve come un ragazzo di ventidue anni, lacerato e consumato dalla tempesta che era una vita divorante, troppo affamata di lui. – Non lo so, Lyanna.
- Neanche io. Ho paura – ammise ella, stringendo il tessuto dei propri pantaloni con le dita, riabbassando lo sguardo. – Quello che ha detto … è fuori da ogni concezione, da ogni previsione ...
- Ha parlato di una minaccia incombente.
Lyanna tornò a guardarlo a quelle parole, fissandosi sul suo profilo delineato dalla luce fioca della candela sul comodino. – Credete che sia vera?
- Sì – rispose con convinzione egli. – L’ho visto nei suoi occhi. C’era … una sorta di terrore mentre lo diceva. Un tipo di terrore che non ho mai visto negli occhi di nessun altro.
Calò qualche minuto di pausa tra i due, spezzato da Rhaegar. – Per quanto riguarda tutto il resto, stento anche io a crederci. Secondo le sue parole … è come se fossimo quasi costretti ad amarci.
Lyanna pietrificò di nuovo. – Si può amare una persona dopo pochi giorni che la si è conosciuta? – domandò.
- No, non si può. Serve tempo, dolore e sacrifici. E poi, voi siete …
- … troppo giovane? – terminò la frase lei per lui, facendolo lievemente sorridere.
- Secondo lei non lo sono, per amare in tal modo.
- E voi? Voi come vi sentite? – le domandò voltandosi a guardarla.
Ecco la domanda che la giovane lupa temeva.
Era finalmente giunta.
- Volete davvero saperlo? Volete sapere cosa provo accanto a voi? – rispose ella.
Amore … ora che ti ho visto, dopo tanta attesa, solo ora ti vedo davvero, dentro e fuori.
Vedo tutto di te e comprendo molte cose.
E, disgraziatamente, non c’è niente che non mi spinga ad avvicinarmi ancora.
Mai provai qualcosa di simile, nella mia breve esistenza.
Rhaegar non rispose a quella domanda.
- Per quale motivo non riuscite ad amare una donna? – domandò dopo qualche minuto Lyanna, sorprendendo il giovane drago.
- Non so spiegarmi neanche questo.
- Vale anche per vostra moglie?
- Sì – ammise sommessamente il principe.
- Ella ama voi?
Egli annuì, guardandola.
- Lo immaginavo – disse Lyanna riabbassando lo sguardo sulle sue gambe, per poi rialzarlo di nuovo. – Sicuramente, vi starete pentendo di avermi conosciuta – aggiunse.
- No – affermò con convinzione il principe. – Di questo non mi pentirò mai. Siete una ragazza molto coraggiosa.
- Io non mi sento affatto coraggiosa.
- Lo siete, credete alle mie parole. Siete la persona più coraggiosa, determinata e sensibile che abbia mai conosciuto.
Sono fiero di aver avuto modo di incontrare un animo raro come il vostro.
In quel momento, calò come un sipario su di loro, che li rinchiuse in una dimensione senza tempo, o almeno, fu così che la percepì la giovane lupa.
Si ritrovò ancor più vicina a lui, senza capire né ricordarsi di essersi mossa.
Voltati uno verso l’altra, si guardarono, guardarono il viso e il corpo l’uno dell’altra.
Lyanna fece vagare le iridi per la prima volta impudicamente, impunemente su di lui, sui suoi capelli sciolti, sugli occhi, sulle labbra, sul collo e sul petto, percorrendo sempre traiettorie diverse.
Di nuovo, le scosse e i brividi divennero maggiormente prepotenti, dominando il suo corpo appena sbocciato, ancora vergine e inesperto, impaurito e curioso insieme, mentre le preoccupazioni venivano piano piano sommerse, alleviate, per lasciarle un breve attimo di tregua.
Tuttavia, tutte quelle emozioni e sensazioni insieme stavano provocando qualcosa di inaspettato in lei, fuori dal suo dominio.
Tante domande affollavano la sua mente, tanti dilemmi e dubbi che avrebbe voluto soffocare dando sfogo a quei dolci e seducenti istinti che avevano preso il controllo del suo corpo, assecondando la voglia di saggiare quella pelle chiara, liscia e dal buon profumo, e di lasciarsi toccare da lui.
Ma quello stesso corpo, imprevedibile e contraddittorio, agì senza il suo consenso, senza avvertirla, non riuscendo a gestire quella valanga di impulsi e sensazioni sconnesse.
Improvvisamente, i suoi occhi si inumidirono, divenendo sempre più lucidi, fin quando dei grossi lacrimoni non fecero capolino da essi, piombando sulle guance arrossate.
Rhaegar sgranò gli occhi a tale vista. – Lady Lyanna? Lyanna, va tutto bene? Perché state piangendo?
Ella si asciugò frettolosamente, vergognandosi, ma, al contempo, non riuscendo a trattenere altre lacrime, non conoscendo neanch’essa, di preciso, il motivo specifico di quello sfogo improvviso. – Non è niente …
- Non può non essere niente. Che vi succede?
- Non lo so. Non so cosa fare, né cosa dire … non so come comportarmi, come agire d’ora in poi … non so cosa sento, non capisco che succede in me … è vero, è vero, sono una bambina che non vuole crescere, probabilmente avete ragione …
Ma se diventare adulti significa questo, non voglio farlo! Non voglio dover scegliere di far soffrire delle persone, non voglio scegliere di scappare … non vorrei neanche desiderare di fuggire da una vita che non voglio, non voglio dover credere alle nefaste parole di quella donna … non voglio rendermi conto che sposerò un uomo per cui non provo altro che ribrezzo, mentre con tutta probabilità, dopo il torneo, non rivedrò mai più l’uomo che fa battere il mio cuore in maniera inumana!
Nell’udire tali parole, il giovane drago non poté fare a meno di far fronte alla sorpresa, mettendosi da parte per lasciare spazio solo all’anima dolce, sensibile e scheggiata dinnanzi a sé.
Le si avvicinò e la avvolse tra le sue braccia, offrendole tutta la consolazione e il conforto di cui avesse bisogno, carezzandole la testa con una mano.
In risposta, Lyanna sfogò il suo pianto premendo il viso sul petto del principe, e stringendo la sua tunica sulla schiena convulsamente, lasciandosi cullare.
- Troveremo il modo di far andar bene le cose. Ve lo prometto. Ci penserò io, al da farsi. Voi dovete solo non pensare a ciò che avete udito questa sera e a terminare questo torneo a cui avete tanto desiderato partecipare, in qualità di Cavaliere dell’Albero che Ride. Dovete pensare solo a vincere il torneo e a null’altro. Non pensate a me, né all’indovina. Ne riparleremo. Ci rincontreremo a tempo debito e ne riparleremo con calma. Abbiamo tutto il tempo per farlo, non temete. Ora pensate solo al torneo e a stare con la vostra famiglia – detto ciò, si staccò da lei e si pose con il viso davanti al suo, asciugandole le ultime lacrime sulle guance, per poi premere le labbra sulla sua fronte, lasciandovi un lungo bacio.
Nel mentre, Lyanna posò timidamente le dita fredde sui suoi polsi in tensione, senza stringerli troppo, ma carezzandoli con delicatezza.
- Posso rimanere a dormire qui anche io, per stanotte? – domandò improvvisamente la giovane lupa, ancora reduce di tutte le emozioni provate.
A ciò, Rhaegar la guardò in volto e le sorrise premurosamente. – Tornate a casa, milady. I vostri fratelli si preoccuperanno se non vi troveranno nel vostro letto domani mattina.
La giovane lupa annuì e, dopo qualche altro minuto che impiegò a riprendersi, si rialzò in piedi e uscì dalla stanza e dalla locanda, riprendendo la strada verso l’accampamento.
 
La mattina seguente, all’alba, il giovane principe rientrò nella camera reale, nel castello di Harrenhal.
Tutte le sue speranze che Elia fosse riuscita ad appisolarsi almeno qualche ora in sua assenza, nonostante i dolori, andarono in fumo non appena la vide seduta davanti alla finestra che lasciava entrare le prime luci mattutine, di schiena.
Non appena il principe entrò in stanza, richiudendosi la porta dietro di sé e avvicinandosi di qualche passo a lei, la principessa si alzò immediatamente dalla sedia, gli andò incontro e gli riversò un violento schiaffo sulla guancia, il quale gli fece rigirare la testa di lato.
Rhaegar rimase impassibile, immobile, come se lo aspettasse.
Quando si rivoltò verso di lei, le trovò la faccia stravolta dalla nottata insonne e rigata di lacrime secche.
La giovane dorniana, con espressione granitica, lo fulminò con i suoi occhi scuri. - Dove sei stato? Per quale crudele scherzo divino hai chiesto al tuo cavaliere personale di restare con me per le notte, al tuo posto? Volevi che colmasse la tua assenza …? Volevi che ti sostituisse come si sostituirebbe una bambola per una bambina …?
Credi davvero che io possa accettare la presenza di qualcun altro che non sia tu …?
Credi che io possa sopportare qualcosa come quello che è accaduto stanotte?
Rispondimi, Rhaegar.
Il principe la guardò negli occhi scuri con uno sguardo indefinibile, immergendosi prima in uno, poi nell’altro, con estrema lentezza, senza aprire bocca.
Le labbra della principessa tremarono quando le aprì di nuovo.
- Dove sei stato, stanotte …? – ripeté, scandendo bene ogni singola parola.
- Sono stato con una donna – le disse, facendola impietrire. – Ma non è accaduto nulla tra noi. Niente di niente.
- Come posso fidarmi delle tue parole …?
- Fidarti o no, sta solo a te, amore mio.
- Non chiamarmi così … - sussurrò tra i denti, colpendolo al petto con i pugni, spingendolo lontano da lei, senza successo.
A ciò, Rhaegar le permise di sfogare ancora un po’ della sua rabbia, lasciandosi colpire di nuovo, poi le afferrò i polsi sottili tra le dita e la avvicinò a sé all’improvviso, baciandola come non la baciava da molto, con veemenza, passione, sensualità e un’impetuosità da farle rabbrividire le membra dall’interno.
Elia provò a divincolarsi dalla sua stretta ai polsi solo per un istante, poi arrendendosi a lui, lasciandosi baciare e ricambiando quel potente contatto con la stessa energia trascinante e vincolante.
Quando il principe staccò la bocca dalla sua, rimanendo così vicino da farle ancora sfiorare tra loro, le sussurrò a fior di labbra. – Mi dispiace di non poterti dare ciò che desideri che io ti dia … mi dispiace di non esserne in grado … ma ti giuro, sugli antichi dèi e su quelli nuovi, ti giuro sulle gesta dei miei antenati e sulla cosa più bella che abbiamo, sulla meravigliosa, unica, piccola donna che dà senso alle nostre vite … ti giuro su tutto questo, che, se potessi, se ne fossi in grado, te lo darei, ti darei tutto quello che desideri, che meriti e che vorrei darti.
Lo darei a te, amore mio e a nessun altro … - sibilò con la voce rotta, portandosi immediatamente una mano della donna sulle labbra, baciandogliela febbricitante, mentre delle calde lacrime bagnarono inaspettatamente i suoi zigomi definiti.
Atterrita, sconvolta, rincuorata e animata insieme, Elia prese quel viso che amava ardentemente tra le mani, perso e bagnato da quelle sottili gocce luminose e salate così rare su di lui, e gli asciugò le guance con premura e dolcezza.
Quella mattina, il principe drago raccontò tutto alla sua sposa.
Ogni singolo dettaglio, tutto ciò che era accaduto nella settimana passata, fino a quel momento, non mancò di narrarglielo.
La principessa dorniana venne a conoscenza dei suoi incontri alla locanda con Doen, di lady Lyanna, del Cavaliere dell’Albero che Ride, dell’incidente nel bosco, della maledizione che Visenya aveva tramandato a lui, dei suoi tentativi di scongiurarla, di ciò che le voci nella sua mente gli ripetevano strenuamente, della profezia dell’indovina.
Ascoltò tutto in silenzio, seduta sul talamo accanto a lui, mentre il sole, gradualmente illuminava le loro figure, scaldandoli.
 
Quella stessa notte, quando Lyanna tornò finalmente nella sua tenda, in punta di piedi per non svegliare Aileen, si tolse i vestiti da ragazzo, indossò la sua sottoveste, liberò i capelli dalla costrizione dei nastri stretti, e si infilò nel suo letto, sotto le coperte spesse, cercando di ignorare il terribile mal di testa che le faceva pulsare gli occhi e le tempie.
Dopo qualche secondo, con la coda dell’occhio, intravide l’ombra di qualcuno avvicinarsi alla sua tenda ed entrare.
La sagoma buia e familiare si avvicinò al suo letto silenziosamente, rivelandosi a lei.
Lyanna sorrise a suo fratello Ned, mentre lo vedeva sedersi in fondo al suo letto.
- Ehi – le sussurrò lui, con lo sguardo insonnolito e preoccupato insieme. – Sono andato a urinare e ti ho vista rientrare furtivamente nella tenda. Aileen ti ha coperta, dicendo a tutti che volevi coricarti presto oggi. Dovresti erigere un piedistallo per quella ragazza.
Lyanna sorrise lievemente in risposta, accucciandosi tra le coperte. – Lo so. È fantastica.
- Non voglio farti la predica, né chiederti dove sei stata. Voglio solo sapere se stai bene, Lya.
A ciò, la giovane lupa lo guardò adorante, imprimendosi ogni dettaglio di lui e del suo volto tanto amato a fuoco nella mente. – Oh, Ned …
Cosa farei senza di te…?
- Parlami, Lya. Sono qui.
- Ned … se io scomparissi, all’improvviso … tu che cosa faresti?
- Ti cercherei fino in capo al mondo.
E ti troverei.
Ti troverei ovunque.
 
 
 
 
   
 
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