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Autore: Ms_Hellion    18/11/2020    0 recensioni
Izaya ha trascorso la sua vita proteggendo un complicato segreto, frutto di un passato tormentato che ha lasciato segni tanto sul suo corpo quanto sulla sua psiche: il famigerato informatore di Shinjuku soffre di un disturbo dissociativo dell'identità.
Quando però il suo segreto viene minacciato sia da un individuo misterioso che da un ben noto rivale, Izaya è costretto a rivalutare di chi fidarsi e ad affrontare i demoni del suo passato.
Genere: Hurt/Comfort, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Hey there, homies! ヾ(^-^)ノ

Uff, non sono molto soddisfatta di questo capitolo. Che è il motivo per cui alla fine ho deciso di pubblicarlo e basta, altrimenti sarei rimasta bloccata qui per i prossimi trent’anni.

Be’, eccolo qui! (/ω\)

L’altra cosa è che probabilmente il prossimo capitolo sarà l’ultimo che pubblicherò per un po’… con l’ombra funesta degli esami che si avvicina non c’è molta scelta.

Tuttavia! Non sparirò del tutto, e spero di poter riprendere a pubblicare in modo più regolare a febbraio.

Per ora, buona lettura (ノ◕ヮ◕)ノ*:・゚✧


 

 

6.


 

Shizuo arrivò al lavoro con la chioma bionda selvaggiamente scompigliata e un profondo paio d’occhiaie. Era consapevole di non apparire esattamente al meglio – persino la sua preziosa uniforme, solitamente così ben curata, era fuori posto – tuttavia doveva essere più evidente di quanto avesse sospettato, perché il suo superiore gli chiese subito se si sentisse bene, e se fosse malato.

“La notte scorsa non ho dormito un granché, tutto qui”, rispose Shizuo, strofinandosi il volto per scacciare le ultime tracce di sonno.

Era un eufemismo. Dopo la rivelazione che Izaya, il suo più acerrimo nemico, gli aveva salvato la vita, Shizuo non era riuscito nemmeno a chiudere occhio. Per qualcuno abituato a dormire regolarmente almeno otto ore a notte come lui, era stato a dir poco destabilizzante.

Ancora una volta, dunque, l’origine dei suoi problemi era la dannata pulce e le sue azioni insensate. Eccetto che, stavolta, la dannata pulce era anche la ragione per cui era ancora in grado di lamentarsi e sentirsi stanco ed esistere in generale.

Aveva passato tutta la notte a rigirarsi nel letto, pensando a tutte le possibili ragioni per cui la pulce avrebbe fatto una cosa simile. Non poteva credere che Izaya lo avesse aiutato per bontà del suo cuore, non dopo le numerose occasioni in cui si erano giurati morte a vicenda. Quindi, doveva avere avuto ulteriori intenzioni. Un doppio scopo. Una motivazione losca.

O forse è semplicemente impazzito, rifletté il biondo, ripensando al momento in cui aveva trovato la pulce in un vicolo, impegnato in un acceso dialogo con… be’, nessuno.

Di sicuro, nessuna persona sana di mente salverebbe il proprio peggior nemico.

Il biondo fu insolitamente tranquillo durante la mattinata. Tom-san con la sua solita cortesia si astenne dall’offrire commenti, almeno finché un idiota per strada non lo insultò dopo essersi scontrato con lui, e Shizuo… Shizuo non reagì.

“Sei sicuro di stare bene?”, insistette Tom, non riuscendo più a trattenersi. “Mi sembri un po’ distratto.”

Shizuo borbottò una risposta affermativa. L’inferno sarebbe gelato prima che il biondo ammettesse che, se non riusciva a concentrarsi, era perché la sua mente era praticamente intasata da pensieri riguardanti un certo informatore.

O prima che ammettesse di pensare a lui in generale, sebbene quello fosse a suo malgrado un evento ricorrente.

L’ora di pranzo li trovò nelle vicinanze del Russia Sushi, e i due decisero presto di fermarsi al ristorante russo. Al loro arrivo, Simon indirizzò loro un largo sorriso.

“Tom e Shi-zu-o! È bello vedervi”, li salutò con il suo tono cantilenante.

I due collettori di debiti risposero al sorriso.

“Ciao, Simon. Oggi ci fermiamo per pranzo”, disse Tom.

Simon si illuminò. “Bene! Questo è bene! Sushi è bene. Sushi è buono. Sushi riempire lo stomaco e portare gioia al cuore. Venite, amici, venite!”

Simon li condusse all’interno del locale. Vedendoli entrare, Dennis rivolse loro un cenno dal bancone, a cui loro risposero con educazione. “Accomodatevi pure dove volete”, disse il russo dagli occhi slavati.

Shizuo fece scorrere gli occhi sull’interno del ristorante e subito sentì il suo corpo rilassarsi. Erano stati fortunati. Quel giorno, il Russia Sushi era piacevolmente vuoto. C’erano appena una manciata di clienti: una vecchia coppia accanto alla finestra, un paio di ragazzi seduti al bancone e più in là, disposti attorno a un tavolo…

“Dotachin! Guarda, c’è Shizu-Shizu!”

Il biondo fece una smorfia come uno strillo acuto gli trapassò i timpani.

Ritiro tutto.

“Ah, hai ragione. Shizuo, Tom, come state?”

Era proprio la gang di Kadota radunata intorno a un tavolo – Kadota stesso, il tizio che guidava il furgone, Yumasaki e la ragazza perennemente esaltata, Karisawa.

Shizuo grugnì internamente. E così se ne andavano i suoi sogni di un pranzo tranquillo e indisturbato.

“Perché non vi unite a noi?”, offrì Yumasaki, e Karisawa annuì entusiasta.

“Non vorremmo intrudere”, disse Tom, esitante.

“Non state intrudendo affatto”, replicò Kadota. “Prego, unitevi a noi.”

Tom sorrise. “Be’, in tal caso…”

“Oi Simon, potresti portarci altre due sedie?”, fece il guidatore del furgone ad alta voce. Shizuo si sforzò di ricordare il suo nome. Sibu… Sadu… Sabu? Sabu-qualcosa?

“Voi mangiare insieme? Mangiate sushi insieme! Sushi rendere tutti amici!”, esclamò Simon tutto contento. “Voi siete amici. Voi mangiate sushi”, continuò, portando loro le sedie.

Tom sorrise caldamente all’uomo. “Grazie, Simon”, disse, e prese posto al tavolo.

Shizuo tentennò un solo istante, quindi si sedette a sua volta. Dopotutto, Kadota e la sua gang erano amici, per quanto non condividessero il suo ideale di una vita tranquilla.

“Shizuo, sei ferito?”, domandò Kadota all’improvviso.

“Mmh?”, fece Shizuo, confuso.

“La tua mano.”

Ah già.

Shizuo abbassò lo sguardo alla sua mano destra, che era avvolta in fasciature bianche. “Non è niente di che”, borbottò. “Soltanto un ricordino da parte della schifosa pulce.”

Tom e la gang del furgone si scambiarono occhiate allarmate nel sentire menzionare Izaya. Kadota impallidì un po’, mentre il guidatore mosse persino la sedia indietro, il corpo teso come per prepararsi alla fuga. Karisawa – che per qualche motivo aveva un enorme ghigno sul volto – aprì la bocca, e fu immediatamente silenziata da Yumasaki.

Shizuo li ignorò. Stava ripensando all’occasione in cui si era fatto quella ferita.

Era andato a Shinjuku per prendere Izaya a calci, dopo che il pidocchio aveva mandato una gang a ucciderlo – la stessa gang da cui poi lo aveva salvato, realizzò. Izaya gli aveva trapassato la mano con un coltello per liberarsi dalla sua presa. Avevano combattuto, finché Shizuo non era riuscito ad agguantarlo di nuovo. A quel punto, il biondo era stato più che pronto a torcere quel collo sottile. Ma poi…

Istintivamente, portò la mano al cerotto sul lato del collo, l’altra ferita che Izaya gli aveva lasciato in quell’occasione.

Il resto del tavolo sembrava confuso dal fatto che nulla fosse ancora stato distrutto. Eccetto per Karisawa, la quale fissava il cerotto di Shizuo come se fosse un regalo di Natale. Un sorriso furbo si dipinse sul volto della ragazza.

“Ne, Shizu-Shizu”, fece la ragazza con tono apparentemente casuale. “Come ti sei fatto quella ferita sul collo?”

Shizuo grugnì. “Quella stupida pulce mi ha morso.”

Seguì l’attimo di silenzio più denso della sua vita. Shizuo si chiese se avesse detto qualcosa di sbagliato quando vide Kadota, Yumasaki e il tizio con i capelli lunghi assumere espressioni di puro orrore. Quanto a Karisawa… la ragazza sembrava sul punto di esplodere.

E un attimo dopo, esplose davvero.

“COSA?!”, strillò, alzandosi così in fretta da rovesciare la sedia.

Tom sobbalzò e persino Shizuo sussultò leggermente, scioccato allo scoppio improvviso. “…hah?”

BOYS’ LOVE!”, urlò la ragazza.

“Presto, fermatela!”, gridò Yumasaki.

“IO LO SAPEVO!”

Yumasaki si gettò sulla ragazza, subito imitato dal guidatore. Tentarono di placcarla, ma lei se li scrollò di dosso con una forza impressionante per un corpo così piccolo.

Era inarrestabile.

“Cupido ha parlato! La furia e la violenza si sono rivelati per quello che erano in realtà: un’avvolgente passione omoerotica! Un puro amore yaoi! …Puro? Hihihi, no, decisamente non puro! Finalmente Shizu-Shizu e Izayan hanno ceduto ai loro violenti desideri carnali! Il leggendario tsun-tsun e il più sexy bishounen del mondo si sono uniti in un vortice di passione e- oh! Chi è il seme? Izayan è l’uke, vero? Shizu-Shizu dev’essere il seme, è così forte e grosso-”

Ci fu un sibilo improvviso, seguito da un tonfo come un coltellaccio da cucina si conficcò nel muro sopra al tavolo. Un singolo capello di Karisawa cadde volteggiando al suolo.

Tranciato di netto.

“Se volete fare casino, uscite dal mio ristorante”, disse Dennis, lucidando minacciosamente un altro coltello.

Karisawa si rimise a sedere senza aprire bocca.

Shizuo era incerto se sentirsi preoccupato per l’improvviso pallore della ragazza, o sollevato perché quella aveva finalmente cessato di strillare frasi incomprensibili.

Sollevato, decretò alla fine. Decisamente sollevato.

“Ehm… Ti chiedo scusa, Shizuo. Di solito non è così”, disse Kadota, riferendosi alla ragazza ancora sotto shock.

“È letteralmente sempre così”, borbottò Sabu-qualcosa.

Kadota tossicchiò. “In ogni caso, mi auguro che le tue ferite guariscano presto.”

“Cosa, questi graffi?” Shizuò scrollò le spalle. “Ormai sono praticamente guariti. La pulce ha fatto di peggio in passato. Sono più incazzato per il suo comportamento, se devo essere sincero. È perfino peggio del solito, e non pensavo neanche che fosse possibile.”

Kadota corrugò la fronte. “Che cosa intendi?”

“Mah, non so. Si sta comportando in un modo assurdo. L’altro giorno mi ha-” Shizuo si interruppe bruscamente. Non era certo sul punto di ammettere di fronte a tutti che il pidocchio gli aveva salvato la vita. “Mi ha morso”, disse invece. “Non è una cosa molto normale, no?”

“Stiamo parlando di Izaya”, replicò Kadota, cauto. “La parola normale non si è mai applicata a lui.”

“Lo so bene”, sbuffò Shizuo. “Mi fa incazzare. Non capisco che cosa gli passi per quella sua testa pidocchiosa. L’altro ieri l’ho beccato in vicolo a parlare da solo… Bah, forse parlava con il suo amico immaginario, dato che non ne ha…”

“Aspetta, cosa?”

Shizuo si fermò, sorpreso. Kadota aveva assunto un’espressione preoccupata.

“Qualcosa non va?”, gli chiese il suo amico guidatore.

Kadota esitò. “Non sono esattamente affari miei, perciò non so se ho il diritto di discuterne con voi. Posso solo dirvi che Izaya ha avuto dei… problemi, diciamo… alle superiori.”

“Che tipo di problemi?”, domandò Yumasaki, tutto interessato, e persino l’espressione impassibile di Karisawa assunse una sfumatura di curiosità.

“Ehm…”

“Ti riferisci a problemi di salute mentale?”, chiese Tom con delicatezza.

Kadota tentennò ancora per un istante, quindi sospirò. “Già. Spero solo che non stia succedendo di nuovo.”

“Aspetta un attimo”, esclamò Shizuo. “Vuoi dire che la pulce è davvero malata di mente?”

D’un tratto, tutti i suoi peggiori sospetti furono confermati. E Kadota aveva detto che andava avanti fin dalle superiori…

Un milione di domande gli turbinarono nel cervello. Quando era successo? Come? E perché Shizuo non si era accorto di niente fino a quel momento?

Kadota fece una smorfia. “Non lo so. Forse. So soltanto che ha passato un periodo difficile durante il nostro ultimo anno alla Raijin. Ricordi quanto ha praticamente smesso di venire a scuola?”

“In effetti, la pulce non si è fatta vedere un granché negli ultimi mesi”, mormorò Shizuo. Ricordava il sollievo di ogni giorno trascorso senza traccia dell’irritante individuo. “Pensavo fosse impegnato in attività losche o simili. Oppure che si sentisse troppo superiore per andare a scuola come noi comuni mortali.”

“Quindi Izaya è un pazzo furioso. Che colpo di scena”, esclamò Yumasaki. “È come Johan Liebert… anzi, è come Yagami Light! Completo di piani malvagi e risata psicopatica!” Il ragazzo sembrava fin troppo entusiasta all’idea.

“A me non sembra ‘sto gran colpo di scena”, sbuffò il guidatore. “Ho sempre pensato che c’era qualcosa di sbagliato con quel tipo.”

Kadota aggrottò le sopracciglia in una smorfia contrariata. Aprì la bocca per intervenire, ma prima che potesse spiccare parola, Karisawa lo anticipò.

“Non dovreste scherzare su queste cose.”

La ragazza attirò su di sé gli sguardi sorpresi del resto del tavolo – prima di tutto perché sembrava essersi ripresa dallo shock, e in secondo luogo, perché si era fatta improvvisamente seria.

“Le malattie mentali sono tanto serie quanto qualsiasi malattia fisica”, continuò Karisawa. “Non so cosa sia successo a Izaya, però… se Dotachin dice che Izaya non era più in grado di venire a scuola… allora deve trattarsi di qualcosa di serio. Non dovreste scherzarci sopra.”

Yumasaki e il ragazzo dai capelli lunghi sembravano mortificati.

“Era solo una battuta innocente, Karisawa-san…”

“Non stavamo cercando di offendere nessuno…”

“Aspetta un attimo”, esclamò Shizuo, rivolto a Kadota. “Finisci la storia. Cos’è successo esattamente alla pulce?”

Ignorò l’occhiataccia di Karisawa. D’accordo, forse non erano affari suoi – tuttavia, Izaya era sufficientemente pericoloso nel pieno delle sue capacità mentali; senza quelle, chissà cosa avrebbe potuto combinare. Per il bene di Ikebukuro e dei suoi abitanti, Shizuo doveva sapere.

“Te l’ho detto, Shizuo, non conosco l’intera vicenda”, sospirò Kadota. “So soltanto quello che mi ha raccontato Shinra. Se vuoi altre informazioni, ti suggerisco di rivolgerti a lui. Meglio ancora, dovresti chiedere direttamente a Izaya, dato che questi sono affari suoi…”

“Tch. Okay”, borbottò il biondo, senza alcuna intenzione di chiedere a Izaya. La pulce gli avrebbe probabilmente mentito.

Non era sicuro di cosa c’entrasse Shinra, ma avrebbe fatto in modo di scoprirlo. Se era fortunato, non avrebbe neanche dovuto parlarne direttamente con quel dottore pervertito…

Appena fu fuori dal ristorante, Shizuo si scusò con Tom e tirò fuori il cellullare per digitare un messaggio.


 

[A: Celty, 13:43

Yo. Più tardi hai un po’ di tempo libero?]


 

. . .


 

Shizuo portò la sigaretta alle labbra e inspirò profondamente. Subito si rilassò al familiare, ricco sapore sulla lingua. Espirò con lentezza, lasciando che il fumo caldo gli solleticasse le narici prima di disperdersi nella fresca aria notturna.

Il parco era silenzioso e immobile; gli unici suoni provenivano dalla brezza tra le fronde degli alberi, l’occasionale tubare di un uccello notturno e i rumori della città in lontananza: grida, risate, la musica di un locale, il suono dei clacson delle automobili e il rombo dei motori – solitamente così travolgenti, e al momento del tutto tollerabili.

Il biondo rilassò il proprio corpo contro lo schienale della panchina, godendosi appieno la sensazione di pace, così rara e preziosa nella sua vita.

Se soltanto ogni giorno fosse stato così…

Ah, ma allora non più sarebbe la mia vita, vero?, pensò con una punta di amarezza.

Non quando il caos – causato da lui stesso o da altri o legato alla città – era così radicato nella sua esistenza quotidiana, da rendeva difficile immaginare un’alternativa.

Non significava che non potesse godersi i singoli momenti di quiete, però.

Il rombo di una motocicletta, seguito da un nitrito, lo riscosse dai suoi pensieri. Sorrise alla vista familiare di una moto nera, montata da un centurione con un casco giallo. Alzò la mano in un cenno di saluto, subito ricambiato.

Celty scese dalla moto e la condusse per mano attraverso il parco fino alla panchina su cui era seduto il collettore di debiti.

[Ciao, Shizuo. Scusami, sono in ritardo], scrisse la dullahan sul suo palmare.

“Figurati”, replicò Shizuo. “Ti è successo qualcosa?”

[Ah, niente di che… Sono stata inseguita e ci ho messo un po’ a seminare i miei inseguitori.]

Shizuo sgranò gli occhi. Inseguita?!

“Stai bene? Chi è stato?” Serrò i pugni. “Dimmi il nome di quei bastardi e li ridurrò in poltiglia!”

Celty scosse velocemente il casco. Si affrettò a scrivere sul palmare.

[No, no! Lascia perdere! È stata la polizia stradale.]

Il biondo aggrottò la fronte. “La polizia?”

La dullahan annuì. Rabbrividì visibilmente.

[Sono spaventosi], scrisse. [Veramente spaventosi!]

Rabbrividì di nuovo e scosse il capo.

[Scusami… Sto bene, comunque. Grazie per avermelo chiesto. Ma non siamo qui per me… Di che cosa volevi parlarmi?]

Bastò quella semplice domanda a infrangere qualsiasi illusione di pace. Shizuo indurì la mascella, ricordando il motivo per cui si trovava in quel parco in primo luogo. Il semplice pensiero di quella pulce fu abbastanza per fargli bollire il sangue nelle vene.

Diede un altro, lungo tiro alla sigaretta. Il cielo sapeva quanto avrebbe avuto bisogno di quella nicotina.

“Riguarda la pulce”, disse infine.

[Izaya? Cos’ha combinato, stavolta?]

Celty ebbe un pensiero improvviso e digitò furiosamente sul palmare.

[Non l’hai ucciso, vero?!]

“Cos- No!” Shizuo scosse il capo, affrettandosi a negare. “Cioè, mi farebbe piacere, ma no!”

La postura di Celty comunicò sollievo.

[Okay, scusa se te l’ho chiesto. Cosa volevi dirmi?]

“Prima di tutto, voglio specificare che detesto quel pidocchio e non potrebbe fregarmene di meno di cosa gli succede”, dichiarò Shizuo. Sebbene fosse ovvio, ci teneva a non lasciare spazio a dubbi. “L’unico motivo per cui mi sto interessando a questa storia è perché sono preoccupato per quello che il bastardo potrebbe fare a ‘Bukuro…”

Shizuo tacque per alcuni secondi, riordinando i suoi pensieri. Quindi, prese un profondo respiro e iniziò a raccontare. Spiegò gli avvenimenti degli ultimi giorni, dallo scontro con la gang che il corvino aveva mandato a ucciderlo, al combattimento a Shinjuku, e quindi l’incontro a Ikebukuro, quando Shizuo aveva trovato Izaya in un vicolo, impegnato in quella che pareva a tutti gli effetti una conversazione con una persona invisibile.

Infine raccontò quanto era avvenuto il giorno precedente, di come la medesima gang avesse cercato di ucciderlo una seconda volta, fino ad arrivare all’intervento di Izaya, il quale, invece di dargli il colpo di grazia, lo aveva aiutato.

Celty intervenne per la prima volta dall’inizio della narrazione. [Non pensi che Izaya possa avere avuto un secondo fine per le sue azioni?]

“Ovviamente sì. Quella è ancora la mia prima ipotesi”, borbottò Shizuo. “Anche se non sono sicuro di cosa avrebbe avuto da guadagnarci…”

[Forse stava cercando di ottenere la tua fiducia, salvandoti dalla gang che lui stesso aveva mandato a ucciderti?], suggerì l’altra. Nemmeno lei però sembrava troppo convinta dal suo stesso suggerimento.

Shziuo sbuffò. Come se una cosa simile fosse sufficiente per fare ottenere a Izaya la sua fiducia…

Lo disse alla dullahan.

[Okay, forse no. Izaya è molte cose, ma stupido non è una di quelle.] La dullahan esitò, quindi scrisse: [Conoscendo Izaya, deve avere avuto un secondo fine. Però non ho idea di quale possa essere. Mi dispiace…]

“Siamo in due”, sospirò l’ex bartender.

La prima sigaretta era già finita da un pezzo. Shizuo ne tirò fuori un'altra dal pacchetto.

“C’è altro, però.”

A quel punto, il biondo raccontò del suo incontro con il gruppo di Kadota al Russia Sushi, saltando le crisi isteriche di Karisawa, e riferì quanto l’uomo gli aveva detto.

Seguirono alcuni momenti di silenzio come Celty rifletteva su quanto aveva appena sentito. La dullahan digitò qualcosa sul suo palmare, lo cancellò, quindi digitò ancora prima di mostrarlo al biondo.

[Wow… non so cosa dire. Non ne avevo idea. Izaya non sembra proprio il tipo da avere quel genere di problemi.]

“Davvero?” Shizuo sbuffò. “Tutti gli altri sembravano pensare che fosse abbastanza ovvio… siccome Izaya è strano e tutto il resto…”

Celty esitò.

[Izaya è un individuo insolito, sì. Però essere eccentrici e avere una malattia mentale non sono la stessa cosa.]

A Shizuo vennero in mente le parole di Karisawa.

Scrollò le spalle. “Mi basta sapere che non causerà problemi a Ikebukuro. Per il resto, chi se ne frega di cosa succede in quel cervello pulcioso”, grugnì. Per sottolineare la sua irritazione, gettò a terra il mozzicone di sigaretta e lo schiacciò ferocemente sotto la suola.

[Stiamo parlando di Izaya, no?], commentò Celty, che era il suo modo per dire: ovviamente causerà dei problemi. Izaya causava sempre problemi, era praticamente la sua firma.

[Vorrei esserti d’aiuto, ma purtroppo non ne so nulla a riguardo. Però se vuoi posso provare a chiedere a Shinra.]

Shizuo annuì. “Grazie, Celty. Mi faresti un favore.”

[Si sta facendo tardi. È meglio che torni a casa prima che Shinra inizi a preoccuparsi. A meno che non ci sia altro…?]

Shizuo scosse il capo. La compagnia di Celty gli faceva sempre piacere, tuttavia non voleva abusare della sua generosità. Si alzò dalla panchina. “È ora che vada anch’io, in ogni caso. Grazie per essermi stata a sentire.”

[Naturalmente. È a questo che servono gli amici!], gli disse la dullahan, e Shizuo non aveva bisogno di vedere il suo volto per sapere che stava sorridendo.


 

. . .


 

[ABITANTE DEL LUOGO SCOMPARE MISTERIOSAMENTE.

È stata denunciata da poco la scomparsa di Imamura Eito, sessantadue anni, professione psicologo psicoterapeuta, residente da tre anni a Osaka. L’ultima volta è stato avvistato da un suo paziente, il quale riferisce che Imamura-sensei sembrava tranquillo e in perfetta salute quando ha lasciato lo studio. L’uomo non è più tornato a casa, e la denuncia è stata fatta dalla moglie il giorno successivo. Le ricerche proseguono…]

[Ancora nessuna notizia sulla sorte di Imamura Eito. Dopo più di due settimane, la polizia non crede più che arriverà una richiesta di riscatto da parte di un rapitore. Tuttavia, la famiglia di Imamura-sensei continua a sperare…]

 

Izaya chiuse l’articolo. Appoggiando i gomiti alla scrivania, si prese la testa tra le mani.

Imamura Eito…

 

Mi sembri di ottimo umore oggi, Orihara-san.”

Izaya fece il suo ingresso nel piccolo ufficio ben illuminato dalla luce che entrava attraverso la finestra, un largo ghigno stampato sul volto. Raggiunse il divano con passo allegro e, dopo essersi lasciato cadere sui cuscini, incrociò comodamente le gambe.

Ne, sensei. Si ricorda quando ha detto che la comunicazione è la chiave?”

L’uomo di fronte a lui inarcò uno spesso sopracciglio. Era sulla cinquantina, calvo, con una corta barba color sale e pepe e un paio di occhiali rotondi che coprivano occhi acuti.

Non disse nulla, ma la sua espressione si tinse di una sfumatura interrogativa.

Il ghigno di Izaya si allargò. “Indovina, sensei~?”

Non vorrei rovinarti il piacere di dirlo tu stesso”, commentò l’uomo, strappandogli una risata.

Se proprio insiste~.” Si sfiorò lievemente la tempia con un dito, gli occhi brillanti con un luccichio compiaciuto. “Abbiamo creato una chat.”

L’uomo sbatté le ciglia, stupito – e subito dopo, estremamente soddisfatto.

Queste sono ottime notizie, Orihara-san. Ben fatto, a tutti voi. È senza dubbio un importante passo in avanti… sebbene ci sia ancora molto lavoro da fare.”

Izaya assunse un piccolo broncio. “Suvvia, Imamura-sensei, non sia un guastafeste!”

Imamura Eito sorrise. “Non era mia intenzione. Ora, perché non approfitti del meraviglioso strumento che avete creato per metterti in contatto con Kanra? Mi piacerebbe che provaste a scambiarsi di vostra spontanea iniziativa…”

 

Izaya esalò, massaggiandosi le tempie.

Aveva conosciuto Imamura-sensei a diciannove anni. L’ultima volta che lo aveva visto risaliva a tre anni prima, quando l’uomo si era trasferito a Osaka.

Da cui era recentemente scomparso.

Ora, Izaya credeva alle coincidenze. Sarebbe stato da sciocchi non farlo, poiché, di fatto, il caso esiste ed è più potente di qualsiasi dio.

Izaya credeva alle coincidenze, finché era ragionevole crederci. Spesso e volentieri, quando due eventi capitano con un tempismo troppo perfetto perché si tratti di una coincidenza, semplicemente non lo è.

L’informatore gettò un’occhiata al telefono appoggiato alla scrivania e strinse le labbra. Al suo interno, erano conservati i messaggi dell’Anonimo – come Izaya si era trovato a riferirsi, tra sé, al misterioso individuo – l’uomo che in qualche modo sapeva fin troppo sul conto dell’informatore.

Izaya era sempre stato meticoloso – no, Izaya era stato pressoché paranoico nel suo sforzo di mantenere tali informazioni segrete.

Ora, c’erano esattamente tre persone al mondo che avrebbero potuto vanificare i suoi sforzi. Una di esse era Orihara Izaya stesso, inteso come un sistema di numerose personalità, di cui ognuna avrebbe potenzialmente potuto rivelare il segreto; ma poche di loro avrebbero mai commesso un tale errore… e chi tra di loro era sufficientemente sbadato da lasciarsi sfuggire qualcosa, veniva ben tenuto d’occhio dagli altri.

La seconda persona di quel gruppetto di tre, quando il corvino l’aveva interrogata a riguardo, aveva giurato di non avere mai rivelato quell’informazione a nessuno; Izaya gli credeva.

La terza persona era l’uomo che era stato rapito due settimane prima.

Orihara Izaya credeva occasionalmente nelle coincidenze, ma se questa era una coincidenza, lui e Shizu-chan erano migliori amici.

Il buon Imamura-sensei…

Izaya produsse un lieve sorriso al pensiero dell’uomo, che presto si spense come ricordò il suo fato.

Lanciò un’occhiata alla sua destra, dove era posato un file sottile contenente i dettagli del caso – non molti, sventuratamente. La polizia era stata incapace di scoprire alcunché. Nessun testimone aveva assistito al rapimento, che per giusta era avvenuto in un’area priva di telecamere – Izaya ne era ragionevolmente certo, avendo già esaminato diversi filmati di quel giorno.

Più in là, sulla scrivania, giacevano cartelle ben più pesanti… i dati dei suoi clienti, dei suoi nemici e di chiunque avrebbe tratto vantaggio dall’arrecargli danno. Inutile dirlo, era una lunga lista. L’Anonimo avrebbe potuto essere tra di loro – oppure no.

Incrociando i dati a sua disposizione, Izaya aveva scoperto che: soltanto due dei suoi clienti erano entrati in contatto con la gang di Takahashi; almeno una dozzina tra i suoi clienti e nemici erano stati a Osaka negli ultimi anni; nessuno soddisfaceva entrambi i requisiti.

Quanto all’altro indizio di cui disponeva…

Mi piace pensare di sì. Mi piace pensare di conoscerti, Izaya-kun.”

Fece una smorfia. Si trattava di un vero conoscente – oppure di un qualche umano instabile, ossessionato da lui?

Ah, allora è così che ci si sente a essere osservato, pensò, sorridendo con amara ironia al pensiero delle innumerevoli volte in cui umani inconsapevoli erano stati spiati da invisibili occhi vermigli.

Invisibile, inconsistente – così appariva il suo piccolo stalker, considerando che non era riuscito a rintracciarlo neppure a partire dai messaggi telefonici, neppure impiegando alcuni dei suoi hacker migliori.

Questo tizio è bravo.

Izaya si morse il labbro inferiore.

Nella sua mente passarono come un lampo tutte i modi in cui l’Anonimo avrebbe potuto sfruttare un simile segreto… tutte le possibilità… ricattarlo, naturalmente, era una di esse, ma anche spargere la voce per metterlo in difficoltà con i suoi clienti, o ancora scoperchiare i suoi punti deboli e attaccarlo proprio dov’era più vulnerabile – attaccare direttamente gli alter più “fragili”, persino.

Le spalle di Izaya sussultarono in una risata silente.

Era divertente, decise.

Il grande informatore, ridotto all’incertezza come un idiota qualsiasi, mentre un uomo senza volto si divertiva a farsi gioco di lui; costretto a dare la caccia alle ombre, in una gara contro il tempo che non offriva alcuna garanzia, ma mille presagi di un imminente pericolo.

Tutti quegli anni, tutti gli sforzi per mantenere il suo segreto, per mantenere un minimo di padronanza sulla sua miserabile vita – e ora, era così che finiva?

Era ingiusto, davvero. Izaya non sapeva nemmeno dove aveva sbagliato.

Ma non aveva importanza, ne? Proprio come gli umani con cui giocava così spesso non conoscevano la ragione per cui aveva scelto loro. E alla fine, contava soltanto il risultato – qualcosa che nella maggior parte dai casi, sfuggiva dal loro controllo…

Erano impotenti, volta dopo volta e… Izaya lo adorava! Ogni singola volta, era spettacolare! Così divertente! Così interessante!

Dita ancora intrecciate tra i capelli si serrarono a pugno, stringendo la presa. Incurvato sulla scrivania, il corvino era sconquassato da risate che pure rimanevano mute, spalle magre scosse da violenti sobbalzi.

E pensare che un tempo aveva creduto di essere un Dio…

Ha!

Era esilarante!

Davvero esilarante!

Non si accorse che, nonostante la risata che si arrampicava per la sua gola, sul suo volto non vi era traccia di gioia.


 

Messaggio privato da: Sakuraya

 

Sakuraya: Izaya-kun, se ricevi questo messaggio, per cortesia rispondi.

 

Izaya: Sono qui, Sakuraya-san

 

Sakuraya: Stai bene?

 

Izaya: Haha, naturalmente!

 

Izaya: Hai saputo dello stalker?

 

Sakuraya: Kanra-san me l’ha riferito.

 

Izaya: Ha preso Imamura

 

Izaya: Ha preso Imamura, Sakuraya-san. Lo sai cosa significa?

 

Izaya: Significa che sa tutto! Oh, e probabilmente Imamura-sensei è morto. Un vero peccato, eh?

 

Sakuraya: Mi dispiace, Izaya-kun. È una situazione stressante per tutti. Non siamo abituati all’idea di essere allo scoperto. Mi piacerebbe poterti aiutare a risolvere questo problema.

 

Izaya: Aiutarmi? Sakuraya-san non è un informatore…

 

Sakuraya: Lo so. Non è per questo che sono qui.

 

Izaya: Oya?

 

Sakuraya: Sei troppo stressato, Izaya-kun. Devi riposare.

 

Izaya: Ahh. Stai per prendere il controllo, vero? E costringermi a dormire?

 

Izaya: Grandioso! Proprio fantastico!

 

Sakuraya: Mi dispiace, ma anch’io ho il compito di proteggerci.

 

Izaya: In tal caso, forse Sakuraya-san dovrebbe lasciarmi fare il mio lavoro, mmh? Così posso trovare Mr. Stalker prima che ci rovini la festa?

 

Sakuraya: Izaya-kun… non ti accorgi che stai tremando, in questo momento?


 

Ah… aveva ragione.

La risata si era spenta da un pezzo, ma i tremiti erano ancora tutti lì.

Izaya esaminò la propria mano, quasi affascinato dai lievi sussulti che l’attraversavano. Era una reazione comune tra gli esseri umani, considerò la parte più distaccata nella sua mente; e se si fosse trattato di qualsiasi altro umano, avrebbe persino provato ad analizzare il fiume di emozioni alla sua origine. Chissà, magari si sarebbe anche fatto una risata nel vederlo con le spalle al muro.

Ma così…

Rilassati, Izaya-kun.

La visione di Izaya si fece sfuocata come la voce rassicurante di Sakuraya risuonò nella sua mente.

Izaya fu quasi tentato di assecondarla, eccetto che non poteva rilassarsi. Non poteva dormire, il lavoro da svolgere era troppo. Non solo scovare l’Anonimo – il carico di Nibu sarebbe arrivato al “porto” il giorno seguente, e lui doveva essere pronto.

Lottò per restare cosciente – eppure, con il passare dei secondi, le motivazioni della sua resistenza allo scambio apparivano sempre meno importanti.

I suoi pensieri rallentarono come sentì il torpore diffondersi nelle membra. Di colpo, Izaya realizzò quanto fosse esausto. Di certo sarebbe stato piacevole lasciarsi le sue preoccupazioni alle spalle, anche se solo per una sera…

No! Non posso… devo-

Domani. Per oggi hai fatto abbastanza. Possiamo occuparcene domani.

Oh, come era tentato dall’idea.

Si ritrovò a rilassarsi contro lo schienale della sedia, la silenziosa resa manifestata con un sospiro. Chiuse gli occhi quando la sua vista si fece troppo sfuocata e il corpo smise di rispondere ai suoi comandi.

Domani, concesse con stanca rassegnazione.

Quindi, sprofondò in un’incoscienza priva di sogni.
 

   
 
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