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Autore: FrenzIsInfected    19/11/2020    6 recensioni
Erik Jarprsson, un giovane vichingo, è alla vigilia del suo primo raid. Ma parecchi dubbi attanagliano la sua mente.
«Partecipa alla sfida “Prompts, our Wires” indetta da Soul Dolmayan su EFP»
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Storia vichinga

La notte era ormai scesa sul fiordo. Erik Jarprsson lasciò la sua tenda, guardandosi intorno. Il villaggio era immerso nella quiete più totale; gli unici rumori erano prodotti dagli uccelli notturni e dal vento che muoveva le fronde degli alberi. I guerrieri si riposavano in vista del viaggio verso le nuove terre scoperte di recente. Venti sarebbero salpati l’indomani a bordo di due knarr.

Ed Erik era tra loro.

Sarebbe stata la sua prima missione. Prima di allora, era sempre rimasto tra gli uomini lasciati a difendere la tendopoli e la sua gente. Vedeva i suoi amici tornare colmi di ricchezze e cibo, spesso ancora macchiati di sangue, che sfoggiavano con onore le ferite che si erano procurati in battaglia, e il ragazzo anellava il momento in cui anche per lui sarebbe arrivato il momento di macchiare la sua ascia col sangue dei suoi nemici.

Stavolta, però, non si sentiva totalmente tranquillo. L’ultima volta che erano partiti, i guerrieri erano tornati senza nemmeno un graffio, colmi di carne e verdura. Avevano sterminato due famiglie di contadini. «Non hanno nemmeno provato a reagire. Mugolavano cose incomprensibili prima di essere uccisi.» Rideva Galmr, il più bruto del gruppo. «In lontananza abbiamo visto una specie di fortezza, ma non ci siamo arrivati.» Diceva Ragi, suo mentore e amico, poco più grande di lui. «Torneremo e razzieremo anche quel posto.». Erik però non si aspettava minimamente che avrebbero fatto il suo nome a Hallaðr, il capo dei guerrieri, per il prossimo raid. «È il momento del tuo battesimo del fuoco», gli aveva detto Ragi.

Ed ora eccolo lì, alla vigilia della sua prima razzia, con mille dubbi che si insinuavano nella sua testa.

Andò verso il bosco, lasciandosi guidare dal rumore sempre più vicino delle onde che si infrangevano lungo la costa. Cercò di fare meno rumore possibile, evitando di calpestare rami e cespugli, seguendo gli insegnamenti di Ragi. Lo prese come una sorta di allenamento non richiesto.

Adorava la quiete notturna dei boschi attorno al villaggio, ma lasciarsi cullare dal rumore delle onde non aveva prezzo per lui. Quando aveva particolarmente bisogno di rilassarsi, mollava tutto e andava a ridosso dei pochi metri di spiaggia che separavano la terra dal mare, e se ne stava lì, sdraiato, fin quando non aveva recuperato la serenità e la carica per tornare ad affrontare la vita di tutti i giorni. Un minuscolo assaggio di Valhalla, per certi aspetti.

Arrivato sulla costa, si sedette a terra sospirando, e lasciò vagare i suoi occhi tra il paesaggio circostante del fiordo. La luna illuminava le foreste silenziose e le acque gelide, il tutto in perfetta armonia con la quiete notturna. Tolse la sua ascia dalla cinta, osservando le rune incise nel ferro dallo sciamano del villaggio mesi prima, quando aveva ricevuto in dono l’arma dal padre, Jarpr.

Quanto sangue scorrerà a causa di quest’arma? Quante vite spezzerà, per la gloria della mia gente e degli dei?, pensava.

Erik finora aveva ucciso solo lepri, conigli e cervi, nelle varie battute di caccia a cui aveva preso parte. Ma, si sa, uccidere un uomo e uccidere un animale non è la stessa cosa. Si toglie ugualmente una vita, ma se uccidere un animale serve per sfamarsi, fare lo stesso con un uomo, specie se innocente e indifeso, non serve a nulla. Cosa avrebbe fatto al posto di Galmr, avendo davanti a se un contadino che implorava pietà? Avrebbe sferrato il colpo che lo avrebbe ucciso, oppure si sarebbe tirato indietro, disonorando se stesso di fronte agli altri seppur evitando un omicidio gratuito e insensato?

Un rumore alle sue spalle interruppe il suo flusso di pensieri.

«Hai la stessa delicatezza di un orso nei movimenti, Bolli Eldjárnsson

Il corpulento Bolli, suo migliore amico e compagno d’armi, spuntò dalla boscaglia. Lo aveva seguito da quando aveva lasciato la sua tenda.

«Non c’è più gusto a provarci. Mi becchi sempre.» disse imbronciato.

«Dimentichi che ho fatto il cacciatore, e che ti conosco da una vita. Il mio udito non è come il tuo, così come la tua mascella non è la mia.» rise Erik, senza voltarsi.

Bolli scosse la testa, dondolando i suoi capelli rossi, arrivando alle sue spalle.

«Anche tu non riesci a dormire?» chiese.

«Già.» fece Erik, continuando a guardare il fiordo.

«Eccitato?»

«Tutt’altro. Ho atteso questo momento per tutta la vita, e ora che sono alla vigilia, vorrei ripensarci.»

«Giusto. Altrimenti non saresti venuto qui.»

L’amico si sedette accanto a Erik.

«Cosa ti preoccupa? Voglio dire, hai sentito Galmr: andiamo a razziare qualche fattoria, uccidiamo un po’ di gente, stupriamo qualche donna…»

«Ne parli come se fosse normale

«Per Thor, Erik. Siamo vichinghi. Facciamo queste cose da sempre

«Non ho deciso di unirmi ai guerrieri per uccidere innocenti o stuprare donne

«Sarà come andare in gita, Erik. Una gita per divertirsi e fare esperienza.»

Stavolta, Erik si voltò verso Bolli.

«Ne sei così sicuro?» gli chiese.

L’altro annuì, ostentando sicurezza. Tornò a guardare il mare.

«Non so, Bolli. Sono cresciuto ascoltando i racconti su Ragnar, e mi sono sempre ripromesso che un giorno sarei diventato quanto di più simile a lui. Forte, coraggioso, abile con le donne… non un assassino. Se proprio devo uccidere qualcuno, voglio avere un motivo per farlo.»

«I motivi sono semplici: gloria e onore

I due si voltarono. Dietro di loro, statuaria, si ergeva Hjördís Sverrirsdóttir, l’unica componente femminile del gruppo dei guerrieri. Anche lei un tempo cacciatrice, si era stabilita al villaggio diversi mesi prima. Unitasi per puro caso al gruppo dei guerrieri, Hjördís si scoprì essere un’abilissima spadaccina, capace di ipnotizzare i nemici con la sua chioma bionda e i movimenti tanto sgraziati quanto efficaci. Si era guadagnata rapidamente il rispetto degli altri combattenti, a furia di buone prestazioni durante le razzie e le esercitazioni.

La donna guardò i due ragazzi colti alla sprovvista rialzarsi in maniera impacciata.

«Il tuo udito questa volta ha fatto cilecca, Erik.» disse la bionda, rivolta al ragazzo con la barba nera.

«Perdonaci, Hjördís.» fece Erik, mortificato. «Non dovremmo essere qui.»

«Già. Non dovreste. Ci aspetta un lungo viaggio. E non fareste una bella figura se alla vostra prima razzia vi presentaste stanchi.»

«Hai ragione.» disse Bolli. «Ce ne andiamo immediatamente.»

Lui ed Erik iniziarono ad andarsene, quando la bionda riaprì bocca.

«Erik, fermati qui. Tu, Bolli, torna nella tua tenda. E non far rumore passando nel bosco.»

Il rosso restò sorpreso dalla richiesta, ma obbedì, lasciando i due soli.

Erik si sentiva a disagio. Non gli era mai capitato di restare da solo con Hjördís, che temeva e rispettava. Per non parlare dell’innegabile bellezza selvaggia di cui era dotata.

Si grattò la barba, nervoso. La donna accennò un sorriso.

«Facciamo due passi.» disse, iniziando a percorrere la spiaggia a ritroso, prendendo una strada alternativa che li avrebbe riportati indietro.

Erik la seguì, restando sempre alle sue spalle.

«Hai sentito i nostri discorsi?» le chiese, interrompendo il silenzio.

«Sì. Stavo terminando un giro di ronda, quando ho sentito dei rumori nei pressi della boscaglia. Mi sono avvicinata, e ho visto Bolli cercare di fare meno rumore possibile. Gli sono andata dietro, e il resto lo sai.»

«Non ti ho sentita arrivare. Come hai fatto?»

«Faccio la cacciatrice da più tempo di te, Erik. Non pensi che possa avere più esperienza, oltre che anni sulle spalle?»

Erik tacque, accusando il colpo e rendendosi conto di quanto avesse peccato di superbia.

«Come ti senti?» gli chiese la vichinga.

«Nervoso.»

«Pregherei Odino per sentirmi di nuovo come te in questo momento. La tensione, le domande che fai a te stesso… poi arrivi sul campo di battaglia, e la tensione fa spazio all’adrenalina

«Com’è stata la tua prima volta?» domandò Jarprsson.

Hjördís sospirò e chiuse gli occhi.

«Fu in una delle ultime battaglie contro gli uomini di Brynjólfr Framarrson. Il suo luogotenente, Gautrekr, non appena mi vide, rese chiare le sue intenzioni: voleva stuprarmi prima di uccidermi. Durante lo scontro, lo disarmai e, accecata dalla rabbia, gli trafissi la gola. Intorno a me era come se non ci fosse più nulla. Presi la sua ascia e gli distrussi il volto. Dopo qualche momento, quando gettai via l’ascia, mi resi conto che la battaglia era finita, e i miei compagni mi stavano guardando come se avessero visto un mostro, prima di riportarmi in trionfo verso il villaggio.»

«Una prima volta da ricordare.» convenne Erik.

«Già… non la dimenticherò mai.»

I due continuarono a camminare in silenzio, fino a raggiungere il porto delle barche. Le due knarr che li avrebbero portati verso le nuove terre erano pronte a salpare.

«Bene, Erik.» fece Hjördís, interrompendo il silenzio. «Ora faresti meglio a tornare nella tua tenda.»

«E tu? Non vieni?» le chiese Erik.

«Devo prima finire il mio giro. Non starò via ancora per molto.»

«Va bene. Allora… buonanotte.» fece il ragazzo, iniziando ad allontanarsi.

«Sai, Erik? Io e te potremmo agire molto bene, in coppia.» fece Hjördís, con una punta di ironia.

Il ragazzo si voltò.

«Tu credi?»

«Certo. Abbiamo molte cose in comune. Più di quanto tu possa immaginare. Prima, però, dovrai farti “battezzare” dalla battaglia. Non posso fare affidamento su chi non ha mai partecipato nemmeno a una razzia. Se vuoi combattere con me, devi diventare un uomo.»

«Domani ucciderò degli innocenti, Hjördís. Lo sai.»

La vichinga sospirò.

«Non siamo tutti fortunati, Erik.»

Poi, la donna se ne andò, lasciandolo solo con le sue domande.


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N.d.A.

Ho cercato di documentarmi come meglio potevo riguardo il mondo vichingo, non essendo un appassionato. Spero di non aver fatto grossi errori.

Alla prossima,

Frenz
  
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