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Autore: Red Owl    19/11/2020    1 recensioni
Quando il suo convento viene saccheggiato, la giovane Neve, figlia dei Conti di Nevelunga, si ritrova nelle mani di briganti senza scrupoli. Quando scoprono la sua identità, i suoi rapitori decidono di chiedere un riscatto a suo fratello, l'attuale Conte, e di riconsegnarla alle sue amorevoli cure.
Falco e Neve non si vedono da più di dieci anni, ma la ragazza non ha dubbi: sarebbe meglio vivere da schiava, piuttosto che tornare da lui. Ma l'accordo è ormai fatto e Neve non vi si può sottrarre. E allora è forse giunto il momento di fare ciò che sua madre le ha raccomandato prima di scomparire per sempre dalla sua vita: smettere di avere paura e avviarsi lungo la Strada del Lupo già percorsa dai suoi antenati.
C'è solo un problema: Neve ha capito ormai da molti anni di essere tutt'altro tipo di animale.
Storia di un viaggio solitario (o forse no), prologo di un vecchio racconto che forse prima o poi pubblicherò, ma che può esistere benissimo anche da sola.
AVVERTIMENTI: contiene scene di violenza, sesso e dinamiche famigliari tutt'altro che idilliache.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Con le guance in fiamme, Clara si alzò e raggiunse la ragazzina, prendendo con cautela la padella che quella le stava porgendo.

Ci puoi portare anche una coperta o qualcosa da appendere?” le chiese Neve, indicando l’angolo della tenda in cui Clara stava sistemando la padella.

La nuova arrivata annuì e poi la scrutò da capo a piedi. “Sei tu Neve?” indagò. Quando la giovane bionda fece un cenno d’assenso, sorrise soddisfatta. “Io sono Ciela” si presentò. “Mikel dice che devo venire con te da Lord Falco. Dice che avrai bisogno d’aiuto e che quella lì non è probabilmente in grado di essere una buona ancella.”

Sentendosi nuovamente chiamata in causa, Clara si rabbuiò e si strinse nervosamente le braccia esili attorno al petto.

Piccola maleducata, pensò Neve guardando con aria severa la giovane dalla pelle scura. “E tu pensi di essere una buona ancella?” le chiese in tono scettico.

Quella scosse il capo. “Proprio per niente” ammise in tutta tranquillità. “Ma Mikel vuole che ti segua, quindi io obbedisco.”

Neve sbuffò con sdegno. “Mi piacerebbe capire perché Mikel creda che mi servirà tutto questo aiuto, una volta che tornerò a Nevelunga.”

Ciela inarcò le sopracciglia scure. “Tutte le signore nobili hanno bisogno di qualche tipo di servitù” osservò con aria confusa. “Non è così?”

Non quelle che sono state dieci anni in convento” ribatté con una risatina amara. “E non quelle che hanno a che fare con mio fratello. L’hai mai incontrato?”

La ragazzina fece un segno di diniego. “No, ma mio padre ci ha parlato un paio di volte e mi ha detto che è un tipo strano. Credo che mi piacerebbe conoscerlo.”

Perché?” indagò Neve, avvicinandosi fino a trovarsi a meno di un metro da lei. Malgrado fosse con ogni probabilità più giovane di lei di diversi anni, la ragazzetta era piuttosto alta e non aveva alcuna difficoltà a guardarla dritta negli occhi. No, decisamente non aveva la stoffa dell’ancella.

Ciela si strinse nelle spalle, mentre un angolo delle sue labbra si sollevava in un mezzo sorriso. “Così. Mi piacciono i tipi strani. È vero che può trasformarsi in un lupo?”

Davanti a quella domanda diretta, Neve esitò, poi optò per una verità formale. “Nessun uomo è in grado di mutare forma e assumere l’aspetto di un animale. Solo un idiota o un pazzo può dire di aver visto mio fratello trasformarsi in un lupo.”

Forse allora non cambia il suo aspetto”, ribatté prontamente Ciela, “ma diventa comunque come un lupo. È così?”

Neve aggrottò la fronte. “Non so di cosa stai parlando” sbottò, scoprendosi però incapace di sostenere lo sguardo della ragazzina.

Ciela incrociò le braccia davanti al petto e inclinò il capo di lato, fissandola con aria impertinente. “Certo che no” sogghignò.

Neve avrebbe potuto ribattere, insistere, ma aveva l’impressione che quell’atteggiamento non avrebbe fatto altro che rafforzare ancor di più le convinzioni della ragazzina. Forse quei briganti sapevano veramente più cose sul conto di Falco di quante non ne sapesse lei. Forse suo fratello non si faceva alcuna remora a mostrare la sua natura: in quel caso, la reticenza di Neve sarebbe apparsa ridicola agli occhi di uno spettatore ben informato. “Come credi” sospirò allora, lasciando cadere il discorso. “Adesso possiamo avere quel telo che ti ho chiesto, se non ti dispiace?”

Va bene” sorrise la ragazzina, con una nota canzonatoria nella voce. Poi aggiunse, come per un ripensamento: “Mia Signora” e fece un piccolo inchino impacciato, simile a quello di un uccellino che si piega per becchettare qualche granaglia.

Quando Ciela svanì oltre la soglia, Neve storse la bocca, confusa da quell’incontro. “Strana ragazza” osservò incontrando gli occhi di Lisi.

Sono parecchie le cose strane, qui” mormorò di rimando la giovane bruna. Quando non aggiunse altro, Neve decise ancora una volta di lasciar cadere la questione. La tensione all’interno della tenda era comprensibilmente alta e lei era abbastanza lucida per capire che anche l’osservazione più innocente avrebbe potuto essere male interpretata e dar vita a un litigio. Non potevano permettersi discussioni: in quelle circostanze avevano bisogno di restare unite com’era sempre stato quando si erano trovate tra le mura del convento. Per mantenere alto l’umore, si disse Neve, e per non permettere che nessuna perda la testa a causa della disperazione.

Lisi e Clara, doveva ammetterlo, avevano ancora meno punti di riferimento di lei. Se non altro, lei aveva una vaga idea di cosa aspettarsi: sapeva dove si trovava Nevelunga, sapeva quanto era distante dal convento e, quindi, dal punto in cui erano tenute prigioniere, e conosceva Falco. Cosa sapevano le sue due amiche? Se Clara poteva indovinare il suo destino, Lisi si trovava di certo completamente allo sbaraglio: “al di là dell’oceano” non era un luogo, ma un’espressione che racchiudeva in sé una vita intera. Oltretutto, ragionò, le mezze parole e le allusioni fatte sul conto di suo fratello avevano con ogni probabilità aumentato i dubbi e le incertezze delle altre due fanciulle.

Per le ore successive, le ragazze sedettero in silenzio sui rispettivi materassi, in attesa che qualcuno portasse loro qualche notizia, buona o cattiva che fosse. Nessuno aveva dato loro una torcia e così restarono a guardare mentre la luce che filtrava attraverso le chiome degli alberi e la spessa tela della tenda si faceva sempre più fioca; e le ombre della sera sempre più lunghe. Fatta eccezione per Ciela, che portò loro il telo che le era stato richiesto, nessuno fece loro visita. La sera divenne notte e le giovani iniziarono a sentire i morsi della fame. Quando i suoni del campo dei briganti si acquietarono, uno degli uomini di guardia portò loro una pentola che conteneva una sorta di brodaglia spessa, dalla quale emergevano un paio di patate e qualche carota. L’uomo si ritirò prima che Neve o una delle altre fanciulle potesse aprire bocca.

Passarono tre giorni che a Neve parvero i più lunghi della sua vita. Non era abituata all’inattività: in convento c’era sempre qualcosa da fare, piccoli compiti ripetitivi che l’aiutavano a riempire la giornata. Le occasioni di conversare con Lisi e Clara si fecero sempre più scarse. Una volta che ebbero esaminato in lungo e in largo la sfortunata situazione in cui si trovarono, le ragazze si trovarono a corto di argomenti di cui discutere: del resto, nessuna di loro era dell’umore adatto per chiacchierare del più e del meno.

Per quanto si sforzassero di tendere le orecchie e di cogliere qualche dettaglio, qualche frammento di conversazione che permettesse loro di capire cosa stesse accadendo al di fuori della loro piccola prigione di stoffa, pareva che i loro carcerieri fossero ben attenti a non dar loro alcun appiglio. Parlavano sussurrando, in un tono troppo basso perché le giovani potessero distinguere le parole.

Cionondimeno, qualche suono filtrava comunque. Colpi sordi e nitrire di cavalli, risate e insulti urlati, ma anche grida di terrore e pianti soffocati. Erano sempre voci femminili a emettere quei suoni che avevano il sapore della disperazione, e le ragazze chiuse nella tenda non avevano bisogno di confrontarsi per capire chi fosse a gridare e a piangere: alle loro consorelle era stato evidentemente riservato un trattamento meno favorevole.

La mattina del quarto giorno, la tenda si aprì cogliendole di sorpresa. Le uniche visite che ricevevano durante il giorno erano quelle dell’uomo e della donna che servivano loro pranzo e cena e che si occupavano di mantenere un minimo decoro nella tenda e per questo non si aspettavano l'arrivo del bandito dalla pelle scura che aveva ucciso la Superiora: non di prima mattina, se non altro. Le tre ragazze, che erano balzate in piedi quando la tenda si era aperta, retrocedettero d'istinto come un sol uomo. 

"Tu", disse il brigante tendendo una mano verso Lisi, "vieni con me."

Le gote della giovane mora si fecero ancora più pallide del solito. “Perché?” chiese con un filo di voce. Senza nemmeno rendersene conto, Neve e Clara le si strinsero ai fianchi, quasi intendessero proteggerla dall’uomo che torreggiava su di loro.

Mikel vuole così” replicò il bandito in tono brusco, senza sbilanciarsi. “Puoi seguirmi sulle tue gambe oppure puoi farti portar via di peso: scegli tu.”

Lisi si guardò attorno come alla ricerca di un appiglio, gli enormi occhi verdi carichi di smarrimento. “Ma…” la voce le si affievolì e scomparve prima che la giovane riuscisse a esprimere la propria obiezione.

Forse d’istinto, Lisi guardò Neve come alla ricerca di un aiuto. La giovane bionda non riuscì a fare altro che aprire e chiudere stupidamente la bocca per un paio di volte, incapace di pronunciare parole di senso compiuto. Neve non si stupì nello scoprire che, nonostante il senso d’orrore che le stritolava il cuore, non c’era nessun fremito di rabbia nelle profondità del suo petto: alla bestiolina che vi abitava non era mai interessato un granché del benessere degli altri.

La ragazza deglutì più volte nel tentativo di scacciare il nodo che le stringeva la gola e poi gracidò: “Non puoi portarla via!”

Il brigante si voltò per fulminarla con gli occhi, una reazione che non si era aspettata. “E tu invece hai il diritto di portare via mia figlia?”

C-come?” balbettò Neve, presa in contropiede. Ci mise qualche secondo per collegare tutti gli elementi. “Oh… Ciela è tua figlia?” chiese.

Già” annuì l’uomo con un brusco cenno del capo.

Non ho chiesto io che venisse con me!” ribatté la ragazza, piccata da quell’accusa infondata. “A quanto pare è stato il tuo capo a decidere di spedirla con me a Nevelunga!”

E adesso Mikel ha deciso di tenersi la tua amica. Direi che non possiamo fare altro che accontentarlo” replicò il bandito, come se vi fosse un qualche tipo di equilibrio in quella sorta di scambio di ostaggi.

... vuole tenermi con sé?” sussurro Lisi in un tono che Neve non seppe interpretare alla perfezione. C’era una nota di timore, certo, ma…

Il bandito esalò con forza dal naso. “Cerca di mostrarti dispiaciuta, ragazza.”

Lisi avvampò. “Lo sono!” sibilò, ritrovando il proprio spirito combattivo. “Non ha alcun diritto di tenermi con sé, né di vendermi a qualcuno o, o… di fare qualsiasi altra cosa, con me!”

L’uomo le puntò addosso i suoi occhi neri. “Preferiresti quindi essere venduta al mercato degli schiavi?” la provocò.

La ragazza bruna aggrottò la fronte e chinò gli occhi a terra. “No” ammise in un soffio.

Non che fare da puttana a quello là sia una sorte molto migliore, sussurrò una voce nella testa di Neve, e la ragazza arrossì, mortificata da quel pensiero volgare e assolutamente non in linea con quello che pensava della sua amica. Da dov’era sbucato? Non era da lei giudicare in maniera tanto superficiale le scelte e i pensieri dell’altra giovane.

Nemmeno tua figlia sembra dispiaciuta di venire a Nevelunga” disse allora, inserendosi nel discorso e rifiutandosi di interrogarsi oltre su quello che avrebbe potuto essere il rapporto tra Lisi e Mikel.

Ciela non ha ancora quindici anni” sbottò il bandito. “È troppo giovane per sapere quello che vuole. Sta a me decidere per lei. Proteggerla è compito mio!”

Nemmeno Clara ha ancora quindici anni”, ribatté Neve, indicando la ragazzina, “eppure guardate che trattamento le state riservando.”

Sul volto dell’uomo passò un’ombra veloce e la giovane si chiese se si sentisse in colpa per le proprie azioni. Poco dopo il brigante si strinse però nelle spalle. “I suoi genitori l’hanno venduta al convento: le hanno tolto la libertà di decidere del proprio futuro parecchio tempo fa.”

I miei genitori sono mortiesalò Clara e, per la prima volta, a Neve parve di cogliere una nota di sdegno nelle sue parole.

L’uomo la guardò con una smorfia. “Peggio per te” replicò. Doveva avere fretta di chiudere il discorso, perché non aggiunse altro e afferrò con malagrazia un polso di Lisi. Con uno strattone deciso, costrinse la ragazza ad allontanarsi dalle amiche e ad accostarsi a lui.

No!” protestò la giovane dimenandosi.

Finiscila!” ringhiò l’uomo, prendendola per le spalle e scuotendola con forza. “Cosa speri di ottenere? Non hai ancora capito qual è la tua situazione?”

Lei emise un gemito e gli occhi le si fecero lucidi, ma smise di lottare. Non rispose dalla domanda del bandito - che era comunque retorica - ma l’uomo parve interpretare il suo silenzio come un assenso. “Andiamo” le disse, tornando a stringerle il polso con quella che a Neve parve una presa più delicata rispetto a quella di poco prima.

Quando la giovane fu scomparsa oltre l’apertura della tenda, Neve si mordicchiò pensosamente le labbra. Meglio con Mikel che con Falco, probabilmente, considerò. Spero solo di riuscire a salutarla.

Si sentiva come svuotata. Lisi, un’amica che l’era tanto cara da considerarla quasi una sorella, era stata portata via ed era forse uscita per sempre dalla sua vita, ma lei non avvertiva altro che un vago senso di mancanza.

Clara le si avvicinò e le prese una mano tra le sue. “Siamo rimaste sole” le disse in un sussurro.

Neve guardò nei suoi grandi occhi scuri e vi lesse tutto lo smarrimento che in quel momento rischiava di soffocare la ragazzina. “Lo so” sospirò cingendole le spalle con un braccio. “Noi due resteremo insieme, però. Non hanno alcun interesse a dividerci.”

Clara annuì e le si strinse al petto, nascondendo il volto nel suo collo. Neve le accarezzò la schiena in cerchi lenti, cercando di confortarla. Il corpo ossuto della ragazzina sobbalzò sotto l’impatto dei singhiozzi silenziosi e senza lacrime che la stavano scuotendo e la giovane si sforzò di trovare parole che fossero in grado di consolarla e di confortarla.

La sua mente rimase però perfettamente vuota, quasi distaccata dal suo corpo fisico. C’erano i concetti di compassione e pietà, Neve li riconosceva nella loro dimensione astratta e sapeva che quei sentimenti avrebbero dovuto riempirle il cuore e la testa, ma in lei tutto era stranamente silenzioso: taceva la parte razionale del suo essere e taceva allo stesso modo la creatura rannicchiata sotto le sue costole.

Quel silenzio era un’anomalia e Neve si scoprì a temerlo.

   
 
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