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Autore: Noa    19/11/2020    1 recensioni
Storia che segue i primi due Libri della saga, fino alla fuga di Thorn dalle prigiorni nel libro "Gli scomparsi di Chiardiluna". Si incentra su una diversa problematica investigativa dei segreti degli spiriti famigliari e del misterioso Dio/Mille-facce.
Thorn fa ritorno a Polo pronto ad affrontare il suo processo, ma troverà una situazione davvero unica ed inattesa.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'estate su Anima era come una bolla di quiete animata dagli acquazzoni.
Per Ofelia avrebbe dovuto diventare la sua parentesi decisionale il suo ritorno a casa. Il suo momento di riflessione per decidere come procedere, lasciar sfiammare il caos lasciato al Polo e poi abbracciare il futuro, magari con un indizio da Thorn o un segno, anche minimo, che le indirizzasse la via. Purtroppo non era accaduto nulla di tutto questo ed i giorni si era semplicemente impilati uno dietro l'altro.
Aveva passato settantasette tramonti con la sua famiglia, nel più traumatico guazzabuglio famigliare che ormai la giovane animista non era più in grado di gestire o sentire come proprio. Amava Anima, questo non era cambiato, ma lei non vi era semplicemente più adatta. Avere il prozio vicino era importante, un'ancora di salvezza dal troppo affetto, troppo invadente, di madre e sorelle, di cugini e zii, che non sapevano bene come appellare questa parente sposata con un marito scomparso, ma non era più abbastanza. Solo zia Roseline capiva.
Non riceva notizie da Berenilde o Archibald, non sapeva come Faruk avesse deliberato alla sua sequela di mozioni di appelo a nome e per conto del marito perchè le condizioni concordate non variassero prima di aver ritrovato Thorn. Non sapeva nulla e viveva in una bolla, con la drammatica sensazione che il rito del gemellaggio fosse più di una procedura di "pesca e inietta" un nuovo potere.
Il suo animismo era cambiato, si era fatto controverso e invadente, sentiva gli oggetti in modo diverso, li manipolava ad un livello che non era certo fosse tipico su Anima e poi c'erano gli artigli. Incontrollati e inizialmente ingovernabili, sembravano averle sferzato anche il carattere, tantè che ora alzava anche la voce. Scoccava occhiate di pietra, si ritrovava a fare analisi elaborate al limite del maniacale, era come se Thorn le avesse lasciato qualcosa di sè di ben più profondo del suo essere un drago.
Non disse nulla a nessuno ovviamente. Certe cose semplicemente non cambiano, non trovava logica nel perturare i parenti e questo non poteva proprio cambiare nel suo modo di agire.
Proprio mentre la pazienza esauriva i suoi ultimi spasmi che qualcosa giunse, ma non era Thorn.

-Fermatevi immediatamente!- la voce concitata della madre di Ofelia invase l'ingresso di casa. Gracchiante ed irritata.
-Siete Lady Ofelia?- tono piatto ed annoiato, come di un contabile puntiglioso alle prese con un caotico cliente.
-No, certo che no. Ma Ofelia è mia figlia e non tollero manovre sui miei figli!-
-Allora non siete rilevante, spostatevi-
A parlare era un uomo sulla trentina, capelli neri ebano e occhi viola come due ametiste, alto, anche se il concetto era stato rivisto dopo Thorn. No, non era così alto, ma almento un due spanne più alto di Ofelia era sicuramente, indossava una specie di divisa nera con delle bordature rosse. Insegne mai viste.
-Io sono molto rilevante giovanotto! Si fermi immediatamente! Mi ha sentito? Questa è casa mia!!!- la madre ancora gracchiava esagitata inseguendolo saltellante come un fungo rosso.
Il prozio e la zia Rosaline, più qualche altro cugino di passaggio, avevamo fatto capolina all'ingresso incuriositi dalla baraonda.
L'avanzare imperioso dello straniero si bloccò quando anche Ofelia raggiunse il drappello di parenti ed i due si trovarono faccia a faccia. La perplessità ben dipinta sul viso.
L'uomo guardò un documento che teneva nella mano e poi squadrò la ragazza.
-Siete Lady Ofelia moglie del Duca Thorn della famiglia del Drago?-
Silenzio. La risposta doveva essere si, ma non la disse. Fissò inebetita l'uomo incapace di proferir parola.
-Cara?- incalzò in aiuto la zia nello stallo, mentre un cugino cercava di tenere buona la madre.
-Sono Ofelia- disse lei in panne "non sapevo fossi Lady" pensò impacciata, anche se era vero che Faruk avesse riconosciuto il titolo nobiliare a Thorn.
-Finalmente, poniamo fine allo strazio, questo è per voi- le porse un rotolo di perganamena, sembrava uscito dal un archivio storico. Aveva tanto di ceralacca rossa e nastro.
-Se siete pronta andiamo, ho perso veramente troppo tempo su quest'arca, avevo dimenticato gli Animisti e ora mi serviranno anni per dimenticarli di nuovo- stizzito l'uomo.
Aveva tratti severi e un viso affilato, la pelle chiarissima e uno sguardo truce che le ricordò tremendamente un certo Intendente.
-Non... non credo di capire signor?-
-Arbitrante, sono qui per trasferirvi. Leggete la pergamena-
-Non capisco- la faccia di Ofelia era una cartina geografica di caos allo stato puro.
-Non avete ancora letto-
-Venite dal Polo?-
-Leggete!- perentorio, la voce stentoria.
La frutrazione stava un secondo degenerando. L'uomo era tutt'altro che affabile e prono alle spiegazioni e la rumorosa famiglia si stava tutta accalcando. Alla fine Ofelia lesse.
Ma dovette rileggere tre volte prima di essere sicura di aver capito bene e con le urla della madre in sottofondo non fu cosa da poco.
-Il Processo di Thorn è sospeso ?- proruppe in un misto di gioia e sgomento, non era certa fosse una buona notizia, non da quel che leggeva. - E' un nobile ora vero? Con diritto di difendere il suo nome davanti ad una corte di suoi pari. Avete sue notizie? Cosa c'entra il mio trasferimento?-
-E' la clausola per la sospensione, molti nobili hanno chiesto di procedere anche in assenza dell'imputato, con l'intervento dell'Arbitrato il tutto è sospeso, fino a che non farà ritorno e non perderà nessuno dei vantaggi acquisiti, inoltre sire Faruk non può rimangiarsi la parola- la ressa e il caos non sembravano pane per il misterioso ospite, che si stava spazientendo e lanciava occhiate omicide.
-Non... non capisco-
-Ora siete sotto gli Eruditi, che vi piaccia oppure no. Il vostro atipico gemellaggio ha comprato la grazia a vostro marito, fossi in voi non cavillerei sui dettagli-
-Faruk in persona lo ha graziato-
-No, mia cara, l'ha liberato dal suo essere un mezzosangue senza titolo. Ora può giocare alla pari, ma ha un processo pendente sulla testa e non è presente per difendersi- aspro il tono nel mettere i puntini sulle i.
-E se non non volessi venire con voi?-
-E' una scelta poco saggia-
-E' solo un'ipotesi-
La faccenda si faceva complessa.
-Gli Eruditi si ritireranno dal tavolo delle trattative e Faruk potrebbe e probabilmente rivedrà la sua decisione in merito all'Intendente. Si è stato anche reintegrato-
-Perchè?- sgomenta.
-E' la legge. Ordinamento di accordo tra Polo e gli Arbitranti, articolo 13 paragrafo 7- era metodico come un fiscalista, non c'era alcun dubbio. Di nuovo Ofelia ebbe la fastidiosa sensazione di familiarità con Thorn, i suoi modi da Intendente dedito alle procedure gli si sovrapposero quasi. La cosa le dava noie.
-Come hanno convinto Faruk?- insistette nella caccia alle risposte. Tutto era troppo assurdo e la sua caotica famiglia che urlava commenti nel mezzo non era molto di aiuto.
-Esigo una formale spiegazione! O non vi lascerò più parlare con mia figlia- proruppe la madre di botto, liberatasi della zia e di un cugino che la tenevano indietro fisicamente, abito da mongolfiera semovente incluso.
L'Arbitrante aggrottò irato la fronte, il macello allo stato puro lo stava urtanto in via esponenziale.
-Avrete le risposte che cercate, ma ora dovete venire con me. Lasceremo Anima immediatamente, la cosa non è negoziabile-
Il vociare della madre esplose all'ultimatum, anche il prozio contestò e uno dei cugini si unì al coro di proteste.
-Potete darmi un momento? Non posso uscire di casa e basta. Onorerò l'accordo, ma datemi un attimo- proruppe la ragazza in panne, soverchiata dalla notizia e dalla propria famiglia.
-E sia- sentenziò l'uomo, - ci vediamo tra un'ora al porto degli aeromobili, attracco sette. Non constringeti a venirvi a prendere di peso- tonante al punto che tutti tacquero, madre inclusa, si girò impettito sul posto e lasciò la casa a spron battuto.

La famiglia di Ofelia cadde nella classica modalità caotica, con una rassomiglianza che ricordava la mancata cena di famiglia con Thorn quando venne ad Anima per incontrare la sua controparte di contratto. Chi gridava indignazione, chi urlava all'oltraggio, chi pretendeva spiegazioni. Le uniche a restare in silenzio furono il prozio, zia Rosaline ed Ofelia a cui bastò restare in silenzio per sgusciare via dal comizio di opinionisti di famiglia ed usare al meglio l'ora rimasta.

-Bambina mia, non so se sono io che voglio fare un salto di ottimismo, ma sono buone notizie. Se togliamo il fatto che dovete andare con loro, certo- borbottò la zia con in mano la pergamena ufficiale degli Eruditi. Camminava inquieta per la stanza.
Ofelia non era d'accordo, non del tutto almeno, eppure aveva riempito un borsone conscia che avevano solo altri quaranta minuti e dovevano andare all'imbarcadero.
-Non so nemmeno cosa sia questo andare con loro, ma se è l'unico modo per tutelare la posizione di Thorn direi che non è una scelta questa, ma qualcosa da fare e basta- si forzò di essere determinata, ma la voce che uscì fu flebile e insicura. Sentiva l'ansia anche nei suoi artigli di drago, che trattenava con forza per evitare di far danno alla zia e di cui aveva ben poco controllo.
-E se gli chiedessimo di farmi venire con te?- esitò Rosaline nervosamente.
-Mi piacerebbe, ma hai visto cosa dice la pergamena. E' per me solamente il trasferimento, ogni deviazione dall'accordo originale creerà conseguenze di indagine- citò dubbiosa, qualsiasi cosa volesse dire.
La zia sospirò annuendo aiutandola con la borsa.
L'animismo della ragazza stava mostrando per lei il nervosismo, la sciarpa le si era avvinghiata addosso e l'orologio di Thorn, che non aveva più segnato l'ora giusta dalla sua partenza dal Polo, continuava ad aprirsi e chiudersi con un rumore fastidioso. Alla fine tra un commento e una crisi d'ansia le due finirono sul giardino sul retro, l'unico modo per procedere era abbandonare la ressa casalinga. Anche se significava scappare alla chetichella senza saluta nessuno.

...

L'imbarcadero era deserto sotto la pioggia scrosciante, zia Rosaline aveva una postura rigida e una faccia cineria, abbracciata all'ombrello come se dovesse sorreggerla. All'attracco sette vi era parcheggiato un dirigibile dalle dimensioni modeste, chiaramente per uso privato e non di trasporto pubblico, aveva insegne che le due donne non riconobbero. Il ponte di salita era aperto.
-Come sapremo che stai bene?- esitò la zia tirandola per un braccio quando arrivarono alla tettoia di accesso.
-Non lo so- disse Ofelia ancora nel caos.
-E se Berenilde avesse notizie e dovesse provare a contattarti? Se Thorn dovesse contattarti!- incalzante. Alla ragazza sembrò crollare lo stomaco sotto i piedi.
-Non lo so- ancora una volta, con l'ansia che le si appiccicava addosso insieme alle ciocche di capelli che sfuggivano dal cappuccio e le bagnavano il viso.
Erano arrivate alla porta a fine del ponte oscillante, doveva salire. L'ora era scaduta o stava per scadere e lei si sentiva smarrita come al suo primo giro a Città-cielo, ignara di tutto, incapace di valutare, come se non avesse fatto un passo da allora.
-Trova il modo- supplicò la zia lasciandole il braccio quando ormai era alla porta. Solo gli occhi carichi di preoccupazione a salutarla ora.
-Puntuale quantomeno- la raggiunse la voce dell'Arbitrante, aveva un orologio da tasca in mano che chiuse con un gesto violento del polso, prima di infilarselo nel panciotto.
-Non costringetemi mai più a questo inferno- intimò poi seccato avviandosi verso la cabina passeggeri senza degnarla di una spiegazioine.
Ofelia era completamente interdetta, lasciò cadere la borsa a terra e lo inseguì impacciata e goffa, attenta a non impigliarsi da qualche parte.
-Aspettate, aspettate un secondo- cercò di riguadagnare terreno, - dove stiamo andando esattamente? Passeremo da Città-cielo?-
-Vorrete scherzare, questo giochetto mi è costato fin troppo tempo. No, andremo direttamente ad Albedo-
-Albedo?- sempre più smarrita, il nome non le ricordava nulla. La voce era un filo appena udibile.
-L'arca minore sede degli Alchimisti-
-E gli Eruditi?- azzardò nel pallone più completo.
-Gli Alchimisti sono Eruditi- calcò seccato il temine e tagliò corto andando a sedersi in una poltrona nell'alloggiato per i passeggeri. Qui prese una specie di cornetta dell'interfono.
-Ariane parti. Abbiamo l'Attraversaspecchi-
Ofelia sentì solo un vociare nel microfono, ma non colse davvero parole. Fissava contrita l'uomo, di cui nemmeno conosceva il nome e occhieggiava l'interno del piccolo dirigibile con fare sempre più confuso. Voleva arrabbiarsi a questo punto, non voleva più essere la sempliciottta che non batteva ciglio quando il mondo veniva sconquassato, come quando ricevette la notizia del suo matrimonio sensazionale. Ma non lo fece.
-Che cosa c'entro io, con gli Alchimisti?- mugugnò infine, più a se stessa, fissando dal finestrito nel nuvole. Dicendo addio ad Anima un'altra volta ancora.
-Voi sarete un Alchimista-

  
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