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Autore: babykit87l    20/11/2020    0 recensioni
Primo tentativo di Alternative Universe, in cui Martino e Niccolò si conoscono in discoteca e... beh leggete perché già dal primo capitolo succedono cose :)
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note Iniziali:

Ci siamo questo è l'ultimo capitolo. Con questo si conclude questa storia. Enjoy it!

Chapter Text

CAPITOLO 14  

 

Venerdì 14 Dicembre h. 22:14    

Cammina su Viale  Tupini  scendendo verso Piazzale Parri dove già da lontano si intravede la scalinata del Palazzo della Civiltà Italiana. Ha le gambe che fremono per correre, ma ha deciso di prendersi il suo tempo, non vuole arrivare lì con il fiatone. Ha già il cuore che palpita come un forsennato. Non c’è praticamente nessuno per strada e anche le macchine parcheggiate ai lati della strada sono poche. Quando arriva davanti alla scalinata, alza lo sguardo e sorride.  

“… Mi hai portato nel tuo posto speciale?”  

“Grazie comunque di avermi portato nel tuo posto speciale!”  

È lì, seduto su uno dei gradini sulla metà più alta. Ha lo sguardo rivolto verso il cielo e all’inizio non si accorge della sua presenza, almeno fino a che Martino non sale e gli si siede accanto. A questo punto Niccolò si volta verso di lui, ha gli occhi tristi leggermente rossi, segno evidente che deve aver pianto fino a poco fa.  

“Come hai capito che ero qui?” Mormora Niccolò, distogliendo lo sguardo.  

“Mi sono ricordato che mi hai detto che vieni qui quando le cose non vanno. E ho pensato che questo potesse essere uno di quei momenti.”  

“Già...” Niccolò torna a guardare il cielo completamente coperto dalle nuvole. C'è un silenzio surreale, nonostante non sia poi così tardi. “Perché sei qui?”  

“Stasera sono andato a casa di mio padre. Cioè della sua nuova compagna. E stavamo parlando, io e mio padre. A un certo punto, mi ha chiesto di mia madre e della sua depressione e mi fa tipo ‘io e te siamo uguali, quando una persona sta male ce ne dobbiamo allontanare.’ E non ti dico che per qualche tempo, prima di conoscerti, non abbia pensato anche io che quando una persona non sta bene con la testa l’unica cosa che puoi fare è starci il meno possibile perché senno rischi di uscire di testa pure tu.” Si ferma un momento e Niccolò abbassa lo sguardo. “Però poi ho conosciuto te e mi sono innamorato di te. Quando stasera mi ha detto che io e lui siamo uguali, ho realizzato che non voglio essere così. Non voglio essere egoista e vigliacco. Non voglio essere uno che si allontana da qualcuno che ama solo perché non sta bene.”  

“Quindi?” Le prime lacrime  iniziano  a scendere dal volto pallido e scavato del ragazzo.  

“Quindi... ti chiedo scusa Nì, per come ho affrontato questa situazione. Perdonami se ci ho messo più tempo del previsto per rendermi conto che... che non me ne frega un cazzo del tuo disturbo.”  

“E hai cambiato idea così all’improvviso?”  

“Ho avuto un’illuminazione!”  

“E sei sicuro di voler stare con me? Perché non sarà ‘ na  passeggiata e te lo dico, se pensi di non farcela, se hai ancora dei dubbi, dimmelo subito perché non ho bisogno di un’altra persona che mi molla e-”  

“Lo so che non sarà facile. Mi sono informato tantissimo nelle ultime settimane, so delle crisi depressive e della possibilità di attacchi psicotici maniacali. So tutto. E non ti nascondo che mi sono spaventato all’inizio, non di quello che è il disturbo in sé ma del fatto che non fossi in grado di gestirlo perché ho capito che è grave. Ma ho capito che non devo fare niente se non starti accanto, non ti devo curare, e allora va bene così.” Poi si mette sul gradino più basso, proprio di fronte a Niccolò e gli prende le mani tra le sue. “Nicco io voglio stare con te. Tu non vuoi stare con me?”    

Niccolò annuisce, stringendo le mani dell’altro. “Sì che voglio.”  

“Bene!” Si sporge e prendendogli il volto tra le mani gli bacia le labbra umide di lacrime. Poi lentamente si alza e gli porge la mano per far alzare anche lui. “Andiamo via da qui.”  

“E dove andiamo?”   

“Eh non lo so. A casa mia c’è mia madre ma se non ti senti a disagio, possiamo andare da me.”  

“E se venissi tu da me? I miei sono a cena fuori e non so a che ora tornino, ma di solito non prima dell’una. A volte non tornano proprio.”  

“Okay!”   

“Vieni, sono venuto in macchina.”   

Così salgono in auto e tenendosi ancora per mano, con quella di Martino sopra quella di Niccolò poggiata sul cambio, si immettono nel traffico del Lungotevere.   

***  

Venerdì 14 Dicembre h. 23:03  

Sono sdraiati sul letto di Niccolò, poggiati sul fianco e si stanno guardando, solo i loro respiri a riempire il silenzio della casa. I genitori di Niccolò non sono ancora rientrati e possono godersi ancora un po’ di tempo da soli.   

Martino non riesce a non sorridere mentre gli accarezza il volto, mentre il ragazzo si sta rilassando sotto quel delicato movimento e chiude gli occhi, così nel buio della stanza, Martino trova il coraggio di parlare.   

“Nì, mi hai scritto che provi un senso di vuoto che non sai spiegare e che ti senti dannatamente solo.”  

“Vero...” Niccolò non osa aprire gli occhi ma la voce trema comunque.  

“Ma non lo sei. Non più. Non sei solo, hai capito? E ti aiuterò io a riempire quel vuoto.”  

Gli occhi sono chiusi ma questo non impedisce alle lacrime di scendere, lente e inesorabili sulle guance. Rimane un momento così ad assaporare ancora le sue parole, poi si slancia per abbracciarlo stretto a sé, lasciandosi andare a un pianto che sa di liberazione e sollievo. Sembra quasi che possa tornare a respirare di nuovo dopo un indefinito tempo rimasto in apnea. “Mi sei mancato da morire!” Sussurra direttamente al suo orecchio.  

“Anche tu!” Martino ricambia la stretta e si sente di nuovo a casa. E capisce quanto la paura di affrontare una situazione del genere abbia rischiato di distruggere tutto quello che avevano creato. E la colpa è solo sua. “Scusami se ti ho fatto soffrire, Nì.”   

“Scusami tu. Sapevo che ti avrei fatto un sacco di male in qualche modo, distruggo tutto quello che tocco. E alla fine rimane solo l’odio.”  

“Non è vero!” Martino scioglie l’abbraccio e gli prende di nuovo il volto tra le mani. “Non potrei mai odiarti. Ci ho provato per un momento, ma anche dopo che ci siamo allontanati, dopo che mi hai detto del disturbo, quello che provo non è stato scalfito nemmeno un po’.”  

“Davvero?”  

“Davvero. Ero solo tanto preoccupato per te. E a ragione, quant’è che non dormi? O mangi?” Niccolò alza le spalle come se non fosse importante e Martino scuote la testa, sospirando pesantemente. “Dai, ora riposiamo un po’. Io sarò qui con te. Okay?”  

“Non te ne vai?”  

“No, rimango qui. Con te.”  

“Ti stancherai di me. Dei miei sbalzi d’umore, della mia depressione. Di come sono.”  

“No, non succederà.”  

“So come vanno queste cose. Ti renderò infelice.”  

“Potrebbe succedere anche il contrario, sai?”  

“Impossibile.”  

“E perché per me dovrebbe essere diverso?”  

Niccolò non sa come ribattere a questo, così rimane in silenzio.   

“Non pensiamo al futuro, a quello che potrebbe succedere. Cerchiamo di goderci il momento, il presente, e poi quello che sarà... Sarà. E se dovesse finire, ma non credo proprio, non avremo rimpianti. Potremo dire di averci provato, nonostante tutto. Okay?”  

“Non sono abituato a pensare al presente. Guardo sempre avanti.”  

“Eh ma con me non funziona così. Ci stai?”  

Niccolò annuisce e in breve scivola in un sonno profondo, probabilmente il primo sonno vero da giorni, abbracciato a Martino che per un po’ rimane a guardarlo e fissare nella mente ogni singolo dettaglio del suo volto. Quanto gli è mancato tutto di lui, il calore della pelle, il suo profumo, il modo in cui respira leggero senza far rumore mentre dorme.   

Poi prende il telefono e legge il messaggio della madre, che gli era arrivato mentre saliva in casa sua.  

Quando chiude il telefono e lo poggia sul comodino affianco alla lampada, si sente più tranquillo e può riposare anche lui. Chiude gli occhi ed esattamente come Niccolò anche Martino si addormenta, finalmente in pace con tutto.   

*** 
Sabato 15 Dicembre h. 06:28 

Tutto è in penombra, ma il sole sta già sorgendo, dietro la cupola di San Pietro. Martino non vuole ancora aprire gli occhi, ma si stiracchia e allunga il braccio verso la parte di Niccolò trovando il posto vuoto, così si decide a svegliarsi del tutto e nota che effettivamente il suo lato del letto è vuoto, si guarda intorno e trova il ragazzo in piedi alla finestra, che guarda il panorama dell’alba tra i palazzi di Borgo Pio, che si staglia di fronte a sé. Si alza anche lui e lo abbraccia da dietro, poggiando il mento sulla sua spalla. Niccolò si volta di poco con un sorriso appena accennato, mentre le mani si poggiano su quelle dell’altro, godendo del calore del corpo di Martino così vicino al suo.   

“Hai dormito un po’?” Martino sussurra, spezzando la quiete della stanza.   

“Un po’ sì. Sempre convinto?” Chiede poi facendo sorridere Martino, che scioglie l’abbraccio e lo prende per mano per riportarlo sul letto.  

“Assolutamente sì!”   

Si sdraiano entrambi e Niccolò si accoccola sul petto del ragazzo, sentendo il battito regolare e scandito del cuore. Il calore che emana il suo corpo, il suo odore e la piena consapevolezza della sua presenza, lo fanno quasi piangere, ma riesce a trattenersi  e,  liberando quelle emozioni con un semplice mormorio soddisfatto e beato, un pensiero gli attraversa la mente, rimanendo ancorato lì nel cervello: Martino è la sua isola felice, quel porto sicuro e tranquillo che lo protegge dalla bufera del mare aperto.   

“Marti.” Lo richiama con la voce soffocata. “Davvero ti sei informato sul mio disturbo?”  

“Sì! Sono stato dallo psicologo della scuola, il dottor Spera.”  

“C’è uno psicologo a scuola?”  

“Sì ed è pure bravo.”  

“E ti ha spiegato tutto?”  

“Più o meno. Anzi, ti volevo chiedere una cosa, ma prima non mi sembrava il caso.”  

“Puoi chiedermi tutto quello che vuoi.”  

“ Ecco...  Spera mi ha detto che, anche se non è frequente, sono possibili degli attacchi maniacali. Tu ne hai avuti?”  

“È successo, qualche volta.”  

“Ti va di raccontarmi? Mi piacerebbe capire meglio...”  

Niccolò sospira piano e si stringe un po’ di più a Martino, provando a rispondere alla domanda, anche se a fatica. Diamine se ne aveva avuti! Ma come può raccontarglieli? Tutti i ricordi sono confusi e spesso ha ricostruito la memoria di quei momenti attraverso i racconti delle persone accanto a lui, sua madre e la sua ex in primis.   

“Non è che ricordi perfettamente tutto quello che succede durante le crisi. Però mi faccio raccontare i vuoti e ricostruisco ogni episodio maniacale, come se non accadesse a me personalmente. Come fossi uno spettatore. Però te ne posso raccontare uno: avevo 16 anni ed ero in vacanza con i miei in Umbria, dai miei nonni. Ricordo che non volevo andarci e mi hanno un po’ costretto, perciò mi sono sentito sempre più nervoso e arrabbiato. Poi non ricordo come ci sono arrivato, i miei non c’erano in quel momento e non mi hanno saputo dire niente, ma sono finito in un supermercato e ho rubato una bottiglia di vino, ma devono avermi beccato perché ricordo che ho spinto una guardia a terra e la bottiglia è caduta, rompendosi, poi mi hanno fatto calmare e hanno chiamato i miei.”  

“Ah cavolo. Ma tu come ti senti quando la crisi finisce?”  

E Martino dimostra una sensibilità incredibile, che nessuno gli ha mai riservato. Ma d’altronde nessuno gli aveva neppure mai chiesto delle crisi maniacali o cosa prova ad avere questo disturbo. E così decide di fidarsi ancora una volta ed essere sincero.   

“Svuotato, completamente. E quando mi rendo conto di cosa ho fatto, vorrei sotterrarmi. Mi vergogno da morire.  E mi sento un fallimento su tutta la linea.”  

Martino gli alza il volto e gli lascia un bacio leggero sulle labbra. “Non lo sei affatto. Non devi vergognarti di qualcosa che non puoi controllare. C'è qualcosa che ti fa stare meglio?”  

“Disegnare, suonare. Cose così...”   

“Un giorno dovrai suonare per me allora.”  

Un giorno? E che fine ha fatto ‘viviamo il presente’?”  

“Beh possiamo sempre sognare, no?” Risponde Martino con un sorriso che Niccolò non può che descrivere come il più dolce mai visto.   

*** 
Sabato 15 Dicembre h. 10:06  

“Senti ma i tuoi non diranno nulla del fatto che sono qui?” Martino si sta rivestendo con gli abiti con cui è arrivato a casa Fares, prima di andare in cucina a fare colazione.  

“Non ci sono. Ieri notte mi hanno mandato un messaggio per avvertirmi che rimanevano fuori. A volte capita, soprattutto quando sono con certi amici loro.”  

“Okay. Meglio. Vorrei conoscerli in una situazione meno imbarazzante dell’essere rimasto a dormire qui senza il loro esplicito permesso. Non vorrei che mi odiassero ancora prima di conoscerli.”  

“Mah figurati... Ti adoreranno i miei.”  

“Davvero?” Chiede, avvicinandosi a Niccolò e baciandolo a fior di labbra, con un sorriso che non riesce a reprimere.   

“Sì, decisamente. E i tuoi?”  

“Mia mamma lo sa già, più o meno... cioè non sa di te, ma sa che sono innamorato di un ragazzo che mi ricambia. Di mio padre non me ne frega un cazzo. Non dopo quello che mi ha detto ieri sera su mia madre. E lei sono sicuro che ti amerà, quasi quanto me.”  

Niccolò si apre in un sorriso a tutta faccia e si avvicina fronte contro fronte chiudendo gli occhi. Martino non resiste e lo bacia di nuovo. Quanto gli era mancato poterlo fare nelle ultime settimane.   

Fanno colazione con calma, continuando a sorridersi tutto il tempo. Martino ha l’impressione di essere finalmente in pace col mondo e si sente un idiota ad essersi tirato indietro per così tanto tempo. La paura lo stava fottendo alla grande.  

***  

Sabato 15 Dicembre h. 12:32    

Rimangono in camera per tutta la mattina, sdraiati sul letto a scambiarsi baci e carezze, a voler recuperare il tempo che avevano perso, poi Martino si alza e si infila le scarpe, mentre Niccolò lo abbraccia da dietro e gli lascia dei baci leggeri sul collo e dietro l’orecchio.   

“Perché ti metti le scarpe?”   

“Credo di dover tornare a casa adesso. Dovrò dare un po’ di spiegazioni a mia madre.” Poi si gira con un sorriso verso di lui e non riesce a fermarsi dal baciargli le labbra. È quasi come fosse un riflesso condizionato, ogni volta che lo guarda non può farne a meno.  

Niccolò lo accompagna alla porta e lo abbraccia per la vita, mentre le braccia dell’altro si poggiano subito sulle sue spalle.  

“Sei sicuro che non vuoi che ti accompagno a casa in macchina?”  

“Sì, davvero. Voglio che ti riposi.”  

“Mi chiami quando arrivi a casa? Mi basta anche un messaggio.”  

“Certo!”   

Lo saluta per un’ultima volta ed esce da quella casa con una nuova consapevolezza di sé e di quello che è successo. Ancora non ci crede che in una notte tutto sia andato al suo posto. Sa che sarà dura, ma quello che ha detto a Niccolò è vero, deve solo stargli vicino e per il resto ci penseranno quando e se accadrà.   

Mentre sale sull’autobus, prende il telefono in mano e apre la chat dei ragazzi. Ci sono almeno 10 messaggi. Forse è il caso di rispondere.  

***  

Sabato 15 Dicembre h. 13:17  

Quando apre la porta di casa, trova sua madre al telefono che cammina avanti e indietro per il corridoio che porta alle camere. La saluta con un sorriso, poi va in camera a cambiarsi: si guarda allo specchio e si vede una luce totalmente nuova, differente. Si sente leggero, come non succedeva da tanto, ogni lineamento del volto è disteso e rilassato, e il sorriso gli stira le labbra, creando delle fossette ai lati della bocca. È un sorriso così aperto, sincero e spontaneo che si sente quasi ridicolo a guardarsi eppure allo stesso tempo non può fare a meno di farlo. Quando è stata l'ultima volta che ha messo su un'espressione del genere? Niccolò è stato in grado di placare il suo animo in tumulto degli ultimi mesi e soprattutto delle ultime settimane.   

“Come mai sorridi così allo specchio?” Sua madre lo riporta alla realtà. Ha chiaramente terminato la chiamata e ora lo guarda curiosa.  

“Niente... con chi stavi al telefono?”  

“Con zia. Vorrebbe che andassi da lei a Cecina.”  

“Dovresti farlo. Ti farebbe bene.”   

“Non lo so, ci devo pensare. C'è pure Natale tra poco...”  

“Appunto. Approfittane adesso.”  

“Vabbè senti non sviare il discorso adesso. Che è successo ieri sera?”  

Martino si siede sul letto e sospira, passandosi la mano sul collo. “Ci sono andato da papà. Però poi...” Non vuole raccontarle di quello che suo padre ha detto, la farebbe soffrire ancora e sta migliorando quindi perché rovinare tutto? “Ho capito che... dovevo chiarire le cose, con quel ragazzo.”  

Lei si siede accanto a lui sul letto e poggia delicatamente la mano sul suo ginocchio. “E non potevi aspettare oggi?”  

“Sì... ma no. Perché non ci parlavamo da due settimane e non volevo aspettare un minuto di più.”  

“Okay, ma almeno hai risolto?” Chiede a quel punto lei con un sorriso.  

Martino annuisce con quello stesso sorriso che aveva notato allo specchio. “Sì, stiamo di nuovo insieme.”  

Simona si alza con un sorriso sornione e si avvicina alla porta. “Me lo farai conoscere prima o poi? O deve rimanere l’uomo del mistero?”  

E improvvisamente gli torna in mente quando Niccolò gli aveva proposto la prima uscita e gli aveva sussurrato all’orecchio “sono l’uomo del mistero... ”  E che mistero che è stato fino all’ultimo.  

“Vediamo!”  

“Che paraculo. Guarda che lo so che in Martinese vediamo vuol dire no.”  

Martino ride e si avvicina a lei, abbracciandola stretta a sé. “Stavolta è un vediamo vero.”  

“Va bene. Preparo qualcosa da mangiare, okay?” Dice stringendolo un po’ di più. Poi scioglie l’abbraccio e mentre esce dalla stanza Martino la sente urlare. “E chiama tuo padre!”  

Martino scuote la testa e annuisce, prendendo il telefono. Non vuole chiamarlo, non vuole sentirlo. Soprattutto non oggi, dopo la nottata che ha passato con Niccolò. Così gli manda un messaggio.   

Blocca il telefono e va in cucina, pronto ad aiutare sua madre a cucinare. È diventato piuttosto bravo ai fornelli da quando suo padre se n’è andato di casa e sua madre è peggiorata.   

“Gliel’ho detto.”  

“Di che parli?”  

“Papà. Gli ho mandato un messaggio e gli ho detto che ho un ragazzo e che tu già lo sai.”  

“Hai fatto bene.”  

“Sì? Dici?”   

“Te la sentivi di dirglielo?”  Martino annuisce, convinto. “E allora hai fatto bene.”  

“Da quando sei così saggia?” Chiede poi lui ridendo.  

“Oh vaffanculo, vuoi che ti lasci a cucinare da solo?”  

“No, no dai.”   

E non riesce a smettere di sorridere.  

***  

Sabato 15 Dicembre h. 18:02  

È seduto su una delle panchine del Ponte della Scienza e quasi si rivede due settimane fa proprio lì quando Niccolò si era aperto a lui, mostrando la parte più nascosta e fragile di sé, fidandosi di lui. Chissà magari si sarà sentito tradito in questa fiducia dal suo comportamento. Di sicuro deluso. Lui lo è stato, di sé stesso.  

Vede i ragazzi arrivare insieme, Giovanni sullo skate e gli altri in bici. Sorride e si alza, salutandoli appena sono davanti a lui.  

“Allora? Che è successo?” Giovanni si siede sulla panchina e subito chiede informazioni.  

“Eh che è successo? Ho avuto un’illuminazione. Ho capito che non volevo perderlo e me lo sono andato a riprendere.”  

“Ma quindi non sei andato da tuo padre?”   

“Sì, ci sono andato ma poi me ne sono andato. In effetti dovremo recuperare in settimana.”  

“Quindi sei ufficialmente fidanzato?”  

“Vabbè  Elì  detto così pare che me sto a sposa’. Però sì, io e Nico stiamo ufficialmente insieme.”  

“Posso dire ‘era ora cazzo!’?”   

“Sì, fra’. Scusate se vi ho rotto i coglioni per tutto sto tempo con sta storia.”  

“Vabbè  zì  ti sei pure trovato in una situazione un po’ di merda.”   

“E ci stava che eri preso a male.”  

“Eh sì, t’è tipo scoppiata una bomba in faccia!”   

“Raga se state cercando di rassicurarmi, non è il modo giusto ve lo dico...”  

Gli altri si mettono a ridere e Giovanni gli dà uno scappellotto sul collo come è sua abitudine.   

***  

Martedì 18 Dicembre h. 22:29  

 

***  

Giovedì 20 Dicembre h. 13:38  

***  

Giovedì 20 Dicembre h. 21:17  

È andato a prenderlo sotto casa con la bici e quando lo ha visto, Martino ha iniziato a ridere perché tra il telefono anni Novanta e la bici anni Ottanta, Niccolò è del tutto anacronistico ed è una delle cose che lo hanno fatto innamorare di lui. Si era lasciato guidare tra le vie di Roma fino a quello che ormai può essere considerato il loro posto, sulle scalinate sotto il Palazzo della Civiltà Italiana. Si sono sdraiati sui gradini, uno accanto all’altro, guardando le stelle, in parte coperte dalle nuvole.  

“Cazzo, fa freddo.”  

“Nì, stamo a Dicembre, se non fa freddo mo’...”  

Niccolò rabbrividisce poi si sposta dalla sua posizione per mettersi davanti a Martino, in mezzo alle gambe, poggiando la testa sul petto dell’altro, che lo abbraccia lasciandogli un bacio sulla nuca, tra i capelli.  

“Meglio così?”  

“Sì, decisamente. Tu stai bene?”   

Martino annuisce e sorride perché Niccolò ha sempre queste piccole attenzioni nei suoi riguardi, è la persona più gentile che conosca. Ed è sorprendente che Niccolò non riesca a vedersi, è del tutto ignaro di quanto in realtà sia meraviglioso.    

Rimangono in silenzio per un po’ e Martino lo guarda di sottecchi e non può fare a meno di pensare che questo ragazzo incasinato e bellissimo è ormai parte della sua vita e che, al momento, è tutto il suo mondo. Quando Niccolò si accorge del suo sguardo, gli sorride e Martino si rende conto che non avrebbe potuto fare altrimenti che innamorarsene, perché è quasi impossibile non innamorarsi di lui. Niccolò sorride e non si riesce a non sorridere con lui.   

Martino si guarda intorno e ricorda quando lo ha portato lì la prima volta. E con esso, ricorda tutti i momenti passati insieme, la paura, il dolore, le lacrime che avevano versato e l’amore che si erano donati l’un l’altro. La strada non è stata facile e sicuramente ci sarà ancora tanta fatica e ostacoli, piccoli e grandi, che li renderanno insicuri e spaventati, ma sanno che ora combatteranno insieme perché le cose funzionino e raccoglierne i frutti.  

Martino gli prende il volto tra le mani e lo volta così che possa poggiare le labbra sulle sue. Poi Niccolò si sposta per avvicinare la bocca al suo orecchio e intona una canzone che riconosce subito.  

“L'amore, amore, amore... Ha vinto, vince, vincerà!”  

E loro hanno davvero vinto.  

 

FINE  

 

 

 

 

 

 

 

Notes:

Eccoci qui... è ufficialmente finita! Tutto si è messo al suo posto e tutto si è risolto... Siete soddisfatti? Pareri? Impressioni??
Mi piacerebbe sapere che ne pensate ^.^ Quindi please scrivetemi un commento <3
Un saluto e alla prossima storia (che però non arriverà molto presto, sorry)
Babykit

 
   
 
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