Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Segui la storia  |       
Autore: Mr Lavottino    20/11/2020    3 recensioni
STORIA AD OC
In una fredda giornata di Ottobre, Noah Hayden, famoso avvocato, riceve una lettera anonima che lo invita a tornare a Wawanakwa. Una volta giunto all’indirizzo indicatogli, incontra sei ragazzi che, circa sette anni prima, aveva aiutato a salvarsi dal carcere mentendo sulla loro colpevolezza, e scopre di essere all’indirizzo della casa di Dawn, la ragazza uccisa dal gruppo in un incidente d’auto.
Lo spirito di Dawn è tornato per vendicarsi ed il gruppo è rinchiuso all’interno della casa fino a che il fantasma non otterrà ciò che vorrà.
Genere: Horror, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altro personaggio, Emma, Noah, Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
filefoto

Disegno di: reginaZoey1999




L’agente Brick McArthur era nei guai fino al collo. Quando aveva ricevuto la chiamata che lo aveva informato della scomparsa di una giovane adolescente, mai avrebbe immaginato si potesse trattare di Dawn Medrek. Questo perché la notte prima l’aveva vista lui stesso mentre ritornava a casa a piedi passando per la strada meno trafficata di tutta Wawanakwa. D’altronde, la bella biondina abitava in una casa in aperta campagna e, essendo i genitori privi di un mezzo di trasporto, spesso tornava a piedi, nonostante la distanza di parecchi chilometri.  

Brick ricordava di averla vista passare mentre, fermo nella sua auto a bordo strada, stava ascoltando la radio, che raccontava una storia su un autobus infestato dallo spirito di un bambino. Era talmente preso dalla trasmissione che ebbe un sussulto quando vide Dawn passare proprio davanti a lui come se nulla fosse. 

- Signorina Medrek, dove sta andando? - uscì di fretta dall’auto e le andò in contro. Le piaceva parlare con lei, era una ragazza cordiale e socievole, un po’ svampita, ma che sapeva intrattenere una discussione. 

- Oh, agente McArthur, buonasera. - lo salutò con la mano libera – Sono andata a prendere delle erbe nella foresta qui vicina. - tirò su l’altra mano, con la quale reggeva un cestino pieno fino all’orlo di foglie verdastre. 

- Che cosa ci fai con quelle? - subito Brick pensò male, aiutato dalle voci che giravano intorno a quel luogo. 

- Tisane, tè, camomille. Se essiccate possono essere usate anche come condimento per il cibo. Mia mamma ci prepara un curry delizioso. - afferrò una foglia e la accarezzò lievemente. La poca luce fatta dai fanali dell’auto gli permise di vedere la forma circolare della foglia, che lo portò a tirare un sospiro di sollievo. 

- Vedo che te ne intendi di biologia. - commentò. 

- Sì, ho fatto il test di ammissione all’università di Pakhitew. A breve saprò i risultati. - disse Dawn, con un grosso sorriso in volto. 

- Wow, spero tu l’abbia passato. - la ragazza lo ringraziò con un cenno della testa – Vuoi che ti accompagni a casa? Stanotte è particolarmente buio. - le propose il poliziotto, puntando gli occhi verso la strada, praticamente invisibile, alla sua sinistra. 

- No, si figuri. Conosco bene la zona. - Dawn scrollò la testa in segno di negazione – Grazie lo stesso. Arrivederci, agente McArthur. - detto ciò, la ragazza mosse le dita della mano libera in segno di saluto e proseguì per la sua strada. 

Quella fu l’ultima volta che Brick la vide in vita.  Perché poi tre giorni dopo, a seguito di ore ed ore di estenuanti ricerche, avevano trovato il suo cadavere martoriato in un dirupo lungo quella stessa strada che la ragazza avrebbe dovuto percorrere. 

Dopo il ritrovamento del cadavere, Brick era stato ovviamente interrogato. Aveva ammesso di aver incontrato Dawn e di averle parlato, pertanto era già noto a tutti che in quella storia lui avesse un ruolo di primaria importanza. Era l’ultimo, ad eccezione dell’assassino, ad averla vista in vita, a meno che non fosse stato lui stesso l’artefice. Perché il pubblico ministero aveva subito proposto questa ipotesi, visti vari precedenti simili accaduti nella zona. Non era, infatti, difficile assistere ad omicidi di poliziotti ai danni dei cittadini che venivano nascosti e fatti passare per incidenti o per crimini irrisolti. 

Brick ne aveva avuto la prova con l’agente Tyler Oldring, che era finito al centro di un’inchiesta nella quale fu accusato di aver ucciso un protestante durante una manifestazione a favore dei diritti degli afroamericani. In quel clima di tensioni e di incertezze, Brick capì subito che avrebbe dovuto cercare il prima possibile il colpevole, così da evitarsi un bagno di indignazione pubblica che al novanta per cento lo avrebbe avvolto.  

Così iniziò a parlare al detective incaricato senza peli sulla lingua, andando a dirgli per filo e per segno tutto quello che aveva visto in quella sera: aveva iniziato il servizio alle diciannove in punto, appostando la sua macchina nella piccola strada secondaria che collegava Wawanakwa alle abitazioni confinanti con la foresta, perché di recenti gli era stata segnalata la presenza di numerose operazioni di spaccio lì intorno. Poi aveva ascoltato la radio per quasi due ore, senza vedere nessuno passare di lì, del resto era un martedì sera ed era autunno perciò le abitazioni nei dintorni, che erano principalmente adibite ai vacanzieri, erano tutte vuote. Verso le undici meno un quarto aveva incontrato Dawn, le aveva parlato, offerto un passaggio e, al suo rifiuto, l’aveva salutata. Da quel momento in poi, calma piatta, aveva passato tre ore senza vedere un singolo essere vivente, se non due volpi che aveva tagliato la strada per entrare nella foresta. All’una di notte, quando il suo turno era quasi finito, era passata una macchina che aveva fermato per via dei fanali rotti. Ed i nomi dei sospetti principali del caso erano proprio quelli delle persone presenti nella macchina: Abbey Shale, Delfina Lancaster, Aya Rogers, Clara Deville, Ginevra McPherson e Brodie Harper. 

 

 

E, a quel punto, aveva avuto inizio l’inchiesta. Era stata controllata l’auto dei signori Harper, che aveva dimostrato ammaccature plausibili di un incidente simile a quello avvenuto ai danni di Dawn Medrek, avevano interrogato uno ad uno tutti i ragazzi coinvolti e sembrava stesse andando tutto liscio. Erano colpevoli, l’opinione pubblica ne era certa, ma l’intervento di un solo individuo riuscì a stravolgere completamente il processo, fino a ribaltare il verdetto: Noah Hayden, l’avvocato difensore dei sei ragazzi. 

Noah ricordava alla perfezione il giorno in cui aveva conosciuti quei sei. Si erano presentati nel suo ufficio in gruppo e, dopo averli fatti sedere, aveva provato a farsi spiegare la situazione. Le uniche a parlare furono Ginevra ed Abbey, gli altri erano occupati a fare altro: Brodie si guardava attorno con fare paranoico, Delfina cercava di tranquillizzarlo con delle pacche sulla spalla, Clara sbuffava e ruotava gli occhi in continuazione ed Aya si limitava a stare in silenzio con lo sguardo rivolto verso la riproduzione di uno dei “Girasoli” di Van Gogh che Noah aveva appeso dietro di lui. A conti fatti, era stato un confronto a tre facce, dove le due ragazze più argute del gruppo avevano cercato di impacchettare, con l’aiuto di Noah, la perfetta versione da dare al pubblico ufficiale, così da venire assolti. 

In quel periodo Noah era un avvocato brillante ma alle prime armi, eppure riuscì a districarsi fra il codice penale, aiutandosi con menzogne varie, fino a raggiungere un risultato perfetto. Addirittura, l’avvocato disse ai ragazzi, uno per uno, cosa dire durante le deposizioni. Proprio grazie a questa meticolosità di Noah, il processo filò liscio come l’olio. Ci fu qualche svarione di Brodie, che per ben tre volte non si presentò alle udienze, e diversi problemi con Aya, che si rifiutò categoricamente di parlare, ma alla fine riuscirono nell’intento. A pagarne furono soltanto Brodie, che ricevette un’accusa per guida in stato di ebrezza, una sanzione per aver portato con se un totale di sei persone e per aver guidato con i fanali rotti, e l’agente McArthur, che venne sospeso dal suo incarico e risultò agli occhi dell’opinione pubblica il probabile autore dell’omicidio. Noah pensò anche che potesse esserci di mezzo lo zampino di McPherson, ce lo vedeva bene, alla luce di quella parte del suo carattere che aveva scoperto da poco, a passare mazzette ai giudici per far scagionare sua figlia e, di conseguenza, tutti gli altri. 

Da quella causa Noah prese un sacco di apprezzamenti ed applausi, perché aveva dimostrato l’innocenza di quei sei ragazzi che, altrimenti, sarebbero stati sicuramente condannati. La TV parlò di lui come di un eroe che aveva salvato quelle povere vittime innocenti da un’ingiusta incarcerazione. Insomma, lo zampino di McPerson c’era davvero alla fin fine e queste cose glielo confermarono. L’opinione pubblica iniziò a considerare Noah uno dei migliori al mondo e si convinse dell’innocenza dei ragazzi. Tutto bene quel che finisce bene. 

Però qualcuno non si bevve quella bellissima zuppa dal sapore fin troppo amarognolo fatta di bugie e corruzione. Il caso più eclatante fu quello di Scott Wallis. Scott era il ragazzo di Dawn ed aveva incolpato i sei fin dal principio. Del resto, le prove combaciavano alla perfezione. Noah più volte lo aveva visto in aula con lo sguardo freddo e glaciale di chi cercava vendetta senza sosta. Era chiaro il suo sdegno e la sua frustrazione, ma mai Noah avrebbe pensato di poter cadere vittima della sua sete di vendetta. 

Una sera, infatti, mentre tornava a casa dal suo studio, era stato avvicinato da uno sconosciuto incappucciato in una delle vie periferiche da cui passava per tornare alla sua abitazione. 

- Noah Hayden? - domandò quello, facendosi avanti. Al tempo Noah era ancora inesperto ed era nel pieno delle sue manie di egocentrismo. Il pensiero che qualcuno lo fermasse per strada era per lui fonte di orgoglio e vanto. 

- Sì, sono io. Come posso aiutarla? - si era inconsciamente avvicinato a lui, senza pensare a quali rischi sarebbe andato in contro. 

- Perfetto. - solo quando il ragazzo si fece avanti ed il suo cappuccio gli scivolò dalla testa capì cosa stesse per succedere. Era proprio lui, Scott. Il rosso, armato di coltello, provò ad aggredirlo. Ne seguì una breve lotta nel quale l’avvocato fu salvato dall’intervento di un passante nei dintorni. Noah se la cavò con una coltellata ad un fianco ed un taglio sulla spalla, mentre Scott, arrestato poco dopo, fu condannato a due anni di carcere per tentato omicidio. 

Dopo tale avvenimento, Noah mutò radicalmente. Comprese a pieno cosa volesse dire essere dalla parte di chi ha torto e cosa rischiava se seguiva solo i soldi nel suo lavoro. Quello era stato, probabilmente, l’insegnamento più importante che quel processo gli aveva lasciato. 

La cosa, però, che Noah aveva più impressa nella sua testa era l’incontro con i genitori di Dawn. Ricordava bene quel giorno, quando la sua assistente lo chiamò per dirgli che due persone senza appuntamento stavano cercando ripetutamente di andare nel suo studio. Sulle prime le aveva detto di ignorarli, ma dopo un’ora di tentativi da parte della coppia si era deciso ad incontrarli. 

Gli bastò guardarli in volto per riconoscerli: erano i coniugi Medrek, coloro che per tutto il processo erano stati seduti in prima fila con gli occhi rivolti verso il giudice. Non avevano pianto, non avevano mostrato segni di rabbia, al contrario di Scott, né avevano cercato vendetta. Si erano limitati ad accettare silenziosamente la decisione del pubblico ministero affondando nel loro dolore e nella loro disperazione. Una volta entrati, i due si fermarono sullo stipite della porta. 

- Prego, accomodatevi. - Noah fece loro cenno di sedersi e i due, seppur riluttanti, si misero sulle sedie davanti a lui. 

- Signor Hayden, ci scusi per questa introduzione forzata. - iniziò il signor Medrek – Dobbiamo portarle un messaggio. - 

 - Del tipo? - Noah alzò un sopracciglio, completamente spaesato da quelle parole. 

- Nostra figlia. - disse seccamente la moglie, senza cercare di essere più esplicativa. 

- Ci penso io, cara. - il signor Medrek poggiò una mano su quella della moglie per tranquillizzarla – Ci è apparsa in sogno nostra figlia. Ci ha detto di venire da lei per lasciarle un messaggio. - 

Noah non riusciva a credere alle sue orecchie, un misto fra incredulità e voglia di ridere iniziarono a pervadere il suo corpo. 

- Del tipo? - ripeté, cercando con tutto se stesso di trattenere le risate. 

- Dawn dice che se non direte la verità la pagherete, prima o poi. - a quel punto, Noah non riuscì più a trattenersi. Esplose in una sonora risata in faccia ai due coniugi, che rimasero impassibili. 

- Scusatemi, scusatemi. - provò a placare le risate, ma non ne fu in grado. In un certo senso, nemmeno voleva smettere. In quel periodo Noah era nel pieno della sua boria e sentiva di potersi permettere anche un atteggiamento del genere – Allora, dicevamo? - 

- Glielo abbiamo appena detto. - spiegò, con calma surreale, il signor Medrek. Noah abbozzò ad un’altra risata. 

- Pensavo mi stesse prendendo in giro. - ancora un’altra risatina – Ho pensato che mi abbiate preso per un deficiente. - il suo tono passò dal divertito al seccato in pochi istanti. 

- Non la stiamo affatto prendendo in giro, la stiamo avvisando. - furono gli occhi del signor Medrek a farlo arrabbiare, perché li vedeva pieni di dignità anche davanti ad una tragedia simile. 

- Voi osate minacciarmi? - sussurrò Noah. Appoggiò le mani, intrecciate fra loro, sul tavolo e guardò i coniugi dritti negli occhi – Avete davvero la faccia tosta di presentarvi davanti a me e dirmi queste cose? - si morse un labbro. 

- Nessuno l’ha minacciata. - la moglie tentò di intervenire, ma Noah la fulminò con lo sguardo. 

- Ah, no, signora Medrek? - l’avvocato aprì un cassetto e ne estrasse un codice penale – Perché, se ben ricordo male, l’articolo seicentododici dice che “Chiunque minaccia ad altri ingiusto – marcò molto su quella parola – danno è punito”. Penso possa bastare. - chiuse il codice e lo appoggiò sulla scrivania – Ecco, adesso io vi do un consiglio. So che per voi deve essere traumatico aver perso vostra figlia in questo modo ed avete tutto il mio appoggio, ma state oltrepassando il limite. Non solo mi devo sorbire un attentato da parte del fidanzato di vostra figlia, ma anche stare ad ascoltare queste cazzate che, francamente, mi stanno solo facendo perdere tempo. Ed il mio tempo è denaro. - si fermò, giusto per dare un’occhiata ad entrambi – Ora, se volete scusarmi, avrei un appuntamento con un cliente. - indicò la porta ad entrambi che, dopo qualche secondo di esitazione, si incamminarono verso l’uscita. 

- Noi l’abbiamo avvertita, signor Hayden. Se ne ricordi. - detto ciò, il signor Medrek e sua moglie si dileguarono e Noah non li vide mai più. 

Quell’incontro era rimasto impresso nella testa di Noah che, a sei anni di distanza, non lo aveva mai dimenticato. Aveva più impresse quelle parole del dolore di quando era stato accoltellato. E col senno di poi si disperava per non aver dato ascolto ai coniugi Medrek, perché aveva una moglie che lo aspettava a casa con un figlio in grembo ed era bloccato lì per un errore commesso anni prima. D’altronde, il karma prima o poi l’avrebbe dovuto colpire. Ne aveva rovinate fin troppe di vite per seguire il denaro. L’unico modo che aveva per redimersi era, per quanto poco potesse valere, risolvere il mistero che aleggiava attorno a quella sera. 

- Andiamo di sotto, dobbiamo parlare. - disse, invitando i cinque al suo seguito ad andare assieme a lui. 

- Piano, bello mio. Ho ancora un po’ di nausea. - Clara si alzò a fatica, venendo aiutata da Aya. Si sentiva come nei post sbronza di quando andava al liceo, con la differenza del sapore ferroso che sentiva in gola. 

- Ti fa male la testa, non le gambe. - Noah nemmeno la guardò, si limitò ad avvicinarsi ad una delle tante porte sperando si trattasse di quella giusta. 

- Diamole il tempo di riprendersi, ha rischiato di morire. - Ginevra, rimasta immobile davanti alla porta del bagno, richiamò l’avvocato. 

- Non ne abbiamo molto. - l’indiano si morse la lingua. Fremeva dalla voglia di tornare da Emma e da suo figlio. 

- Due minuti in più o in meno non cambieranno le cose. - con schiettezza, Ginevra lo costrinse a demordere – Piuttosto, di che cosa vuoi parlare? - si appoggiò con la schiena ad un muro e gettò gli occhi sulla camicia bianca che portava l’altro. 

- C’è qualcosa che non so di quella sera. - si avvicinò al gruppetto – L’ho sempre sospettato, ma onestamente non me ne fregava poi molto. Però mi pare evidente che per uscire fuori da questo casino dobbiamo indagare a fondo. - concluse. 

- Quindi solo uno di noi sa il motivo specifico per cui siamo qui? - domandò Abbey. 

- Il mio sospetto è quello. - confermò Noah. 

- In effetti questa storia ha sempre avuto poco senso. - anche Ginevra si accodò alla teoria – L’unico che potrebbe sapere qualcosa di più è Abbey. Sei stata tu a – le sue parole vennero interrotte sul nascere. 

- Okay, andiamo giù. Questa discussione incomincia già a darmi sullo stomaco. - Clara si alzò in piedi e, a tentoni, si fece in avanti. 

- Come vuoi. - Ginevra alzò le spalle ed andò dietro a Noah, che nel frattempo si era già avviato verso la porta. 

- Sei sicuro che sia quella giusta? - gli domandò Abbey. 

- Domanda stupida. - l’avvocato spinse in giù la maniglia – Come potrei saperlo? - concluse con acidità, facendo innervosire non poco la castana. Noah aprì la porta lentamente e si trovò davanti ad una rampa di scale che scendeva verso il basso. 

- Vuoi dire che ci hai azzeccato? - lo incalzò Abbey. 

- Queste scale non dovrebbero essere qui, forse Dawn vuole che ci ritroviamo. - l’avvocato era più che sicuro che quella rampa si sarebbe dovuta trovare da tutt’altra parte, ma decise di non soffermarsi troppo sulla cosa. L’unica cosa che gli interessava era sbrigare la faccenda al più presto possibile. 

- Guardate bene dove mettete i piedi. - disse, per poi iniziare a scendere i gradini uno ad uno. Fu una discesa rapida ed indolore, tanto che fecero fatica a credere di essere realmente tornati al piano terra senza essere andati incontro a qualche altro inconveniente. Quando scesa la rampa e svoltato a destra trovarono la sala ad aspettarli si lasciarono andare ad un respiro di sollievo. 

- Che diavolo è successo qui? - domandò Clara, notando le varie cornici spaccate ed i pezzi di vetro che ricoprivano il pavimento. 

- Abbiamo avuto un piccolo inconveniente. - Abbey decise di non approfondire troppo la faccenda. 

- Beh, dovete esservi divertiti. - disse ironicamente Ginevra, mentre con la scarpa schiacciava uno dei cocci di vetro. 

- Diciamo. - la castana si limitò ad accennare una risatina, poi iniziò a guardarsi attorno – Delfina dov’è? - chiese, guardando Brodie. Il ragazzo non le rispose subito, teneva le braccia incrociate e si strofinava le mani sui bicipiti per scaldarsi. 

- Ehi, sta parlando con te. - fu Clara a riportarlo al mondo dandogli una leggera botta sul braccio. 

- Ah, scusate. - Brodie guardò Abbey con la testa inclinata. 

- Ti ho chiesto dov’è Delfina. - ripeté la castana. 

- Non ne ho idea, l’avevo lasciata qui. - il ragazzo scosse la testa. 

- Ci mancava giocare a nascondino. - Noah roteò gli occhi. 

- Dove può essere andata? - chiese Abbey facendo un passo in avanti verso il divano. 

- Da quello che sappiamo, può essere ovunque. - Ginevra alzò le spalle e si guardò attorno – Questo posto è un labirinto. - 

- Dannazione, questa non ci voleva. - Abbey appoggiò una mano sul poggiamano e si rese conto che era rotto – Brodie, questo è – un dolore lancinante la colse al fianco destro. Barcollò per qualche secondo, poi cadde per terra sbattendo proprio sul punto della ferita. Fu tutto così rapido che nessuno riuscì ad intervenire. Videro Delfina spuntare dietro il divano con un pezzo di vetro in mano e gettarsi addosso ad Abbey che, inerme, si reggeva la ferita sanguinante. 

- Muori, brutta puttana! - urlò la mora, prima di conficcarle il vetro all’altezza dello stomaco. Abbey urlò con tutto il fiato che aveva in gola per il dolore, mentre il sangue incominciava ad uscire e ad imbrattare il pavimento. Fu quel grido a risvegliare Brodie dalla sorpresa del momento.  

Il ragazzo le corse incontro e riuscì a fermare Delfina prima che potesse assestare un altro colpo ad Abbey gettandosi contro di lei. La, breve, lotta che ne susseguì fu alquanto squilibrata. Brodie, preso dalla foga, colpì ripetutamente Delfina in volto, tanto da farle perdere coscienza. 

Gli altri quattro rimasero immobili per tutto il tempo. Trovarono la forza, e soprattutto il coraggio di muoversi, solo quando videro Brodie continuare ad infierire sul corpo inerme di Delfina. 

- Fermati, così la ammazzi. - Noah e Ginevra si fiondarono su di lui e, con non poche difficoltà, riuscirono a fermarlo. Brodie stava letteralmente tremando. Sapeva che di lì a poco avrebbe perso nuovamente il senno e quella scarica di adrenalina non aveva fatto altro che diminuire il suo autocontrollo. Si guardò le dita tremanti sporche del sangue di Delfina ed iniziò a respirare affannosamente, poi si ricordò di Abbey e gattonò verso di lei. 

- Abbey! - le alzò leggermente la testa da terra e la guardò affondo: i suoi vestiti avevano una grossa chiazza rossa al centro che continuava ad allargarsi fino a contagiare anche il pavimento attorno a lei. 

 - Dobbiamo fermare la fuoriuscita di sangue. - Ginevra liberò il divano dai cuscini – Portiamola qua sopra, veloci! - e così fecero, distesero Abbey sul divano e tamponarono alla meglio i due squarci che aveva sullo stomaco e sul fianco. Il taglio era molto profondo ed una scheggia di vetro era rimasta dentro alla ferita. Non poteva andarle peggio. 

- Ce la farà? - domandò Brodie, ancora tremante come una foglia. 

- Dovrebbe. Però abbiamo bisogno di un medico. - Ginevra, che di medicina non se ne intendeva poi così tanto, cercò di non mandare tutti nel panico. 

- Per uscire da qui abbiamo un solo modo. - Noah si fece un passo avanti ed attirò l’attenzione di tutti – Dobbiamo risolvere questa faccenda una volta per tutte. - 

 

 

ANGOLO AUTORE: 

Cari miei, ho cambiato ancora una volta il finale della storia. Beh... spero di non aver fatto come in Care Project, ma questa volta sono più che sicuro di aver fatto un buon lavoro. 

Conosciamo Brick, il nostro ex poliziotto preferito! E finalmente Dawn ci parla da viva. 

Il prossimo capitolo è lungo circa 12 pagine word e parla di... lo scoprirete a tempo debito 😉 

Ancora non so se spezzarlo, deciderò sul momento eheheh 

Ringrazio ancora reginaZoey1999 per la bellissima FanArt <3 

Alla prossima! 


 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: Mr Lavottino