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Autore: Seiryu4    20/11/2020    5 recensioni
E' risaputo che i gatti sono attratti particolarmente proprio da chi li evita e li ingnora; d'altra parte ho sempre pensato che tra Vegeta e Scratch, il gatto del Dr Briefs, ci sia stata, fin da subito, una notevole affinità elettiva. E' anche una dichiarazione d'amore per i gatti in generale e per la mia adorata micetta nera.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Vegeta si era trasferito a vivere alla Capsule corporation da poche settimane e già trovava troppe cose urticanti. Era urticante non avere un posto adatto all’allenamento, certo la Terra era piena di vallate, canyon, deserti desolati, luoghi immensi in cui avere spazio sterminato e nessuna presenza indesiderata, la stessa Capsule corporation aveva intorno all’edificio principale diversi ettari di parco a disposizione, ma nessuno di questi era un’area da allenamento attrezzata e dare calci e pugni all’aria o fare serie infinite di piegamenti e flessioni non riuscivano a garantirgli miglioramenti efficaci in tempi rapidi.
Era urticante incrociare nei giardini o nei lunghi corridoi dell’edificio i Namecciani ancora privi di un pianeta   cui far ritorno, avere addosso i loro sguardi carichi di odio e rancore.
Era urticante incrociare anche la padrona di casa: la signora Bunny Briefs. La donna non pareva proprio avere capito con chi aveva a che fare e continuava a ululare il suo nome, con una tale mai autorizzata confidenza ogni volta che lo intravedeva, per intrappolargli il braccio e offrirgli tè, pasticcini, biscotti o mostrargli la fioritura delle begonie o la schiusa delle uova dei passeri.
Altrettanto urticante era la figlia, Bulma che con la madre condivideva la totale mancanza di paura nei suoi confronti, sempre pronta a dirgli cosa fare, come comportarsi e costantemente e immotivatamente protettiva nei suoi confronti, attenta a ogni nuovo graffio (graffio per come lo vedeva lui, ma generalmente si trattava di squarci profondi fino ai tendini) con cui ritornava dopo una sessione di allenamento.
E, ultimo nell’elenco, ma non per entità del fastidio, trovava estremamente urticante quella palla di pelo nero del gatto del Dr Briefs. Perché era sempre lì a fissarlo. Quando la mattina si alzava all’alba e riscaldava i muscoli nel bosco della Capsule corporation, lui era lì su un albero a osservarlo intensamente. Durante la meditazione se lo ritrovava dopo pochi minuti in braccio sprofondato nel sonno. Se si rintanava in cucina a rifocillarsi, nelle ore più improbabili in modo da stare solo, potete stare certi che compariva in pochi attimi e si appolaiava sulla sua spalla fino al termine del pasto. Era urticante anche il “Meow” con cui rispondeva alle minacce di venire cucinato da un fascio di ki.
Quella mattina Vegeta si era svegliato come sempre presto, prima del sorgere del sole, ma non aveva voglia di cominciare l’allenamento: non riusciva a smettere di pensare a Kakaroth e a quel ragazzo tramutatisi in Super Saiyan davanti ai suoi occhi, quell’atmosfera di enorme potenza ma allo stesso tempo di pace furiosa che sprigionavano; e lui ancora non riusciva a raggiungerlo, questa ennesima disfatta ossessionava il suo orgoglio e gli sottraeva fiducia. L’allenamento degli ultimi giorni sembrava gli stesse togliendo energia piuttosto che rafforzarlo, si sentiva svuotato.
All’improvviso un tonfo leggero sulle coperte, impossibile lo aveva raggiunto anche lì, sfruttando l’occasione della porta lasciata un filo aperta la sera prima: il gatto nero del Dr Briefs zompettava leggiadro sulle coperte del letto di Vegeta, la coda alta, incurante del fastidio generato nel Saiyan che prontamente con una manata lo scacciò giù dal letto e tornò ai suoi pensieri.
Dopo pochi minuti sentì una pelliccia calda a contatto con il malleolo: il bastardo si era infilato sotto le coperte… Seguì una linguetta tiepida e rasposa che gli grattava la caviglia. Non fece in tempo a muovere la gamba per scalciarlo che il gatto era già tra le sue gambe e risaliva verso il tronco. Lo sentì quindi approdare sull’addome, dove cominciò a impastare con le zampe anteriori la pancia muscolosa del Saiyan per tre minuti buoni. A questo punto al nervosismo di Vegeta si era aggiunta anche la curiosità di vedere fino a che punto si sarebbe spinta la sfacciataggine di questo animale che osava così tanta confidenza con lui.
Infine si appolaiò sullo sterno del Saiyan in modo tale che se Vegeta avesse sollevato la coperta se lo sarebbe ritrovato a pochi centimetri dal suo naso, e cominciò a fare le fusa.
Prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr, prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr
La sensazione era indubbiamente piacevole e rilassante e Vegeta vi si soffermò con maggiore attenzione: la vibrazione era sicuramente ben chiara a livello del petto, ma si propagava, in realtà, lungo tutto il suo corpo: poteva sentirla fino alla punta dei piedi o alla cima della testa e, se si concentrava un po’ di più, persisteva come un leggero formicolio anche sulle sue labbra e si approfondiva sotto la pelle fino alle ossa. E mentre la sentiva dentro il corpo, la ascoltava anche nelle orecchie, come suono, provenire dal gatto, ma impregnare anche tutto l’ambiente circostante: gli sembrava di poter percepire la vibrazione delle singole molecole che componevano l’aria.
La sensazione non gli era sconosciuta: si ricordò quando da bambino, all’età di circa 4 anni, cominciava a imparare le tecniche di controllo del ki sotto la guida dei suoi insegnanti di arti marziali sul pianeta Vegeta. “Respira come se l’aria entrasse in ogni cellula del tuo corpo e percepisci il flusso d’aria come la vibrazione di ogni singolo nervo” gli dicevano. E in effetti lui sentiva un fremito nascere dall’interno, trascendere il confine della sua pelle, diventare calore che poteva concentrare tra le sue mani fino a creare tra esse una sfera di energia. E ricordava che inizialmente quando si allenava, quella sensazione di vibrazione era solo una piacevole carezza, delicata. Da quante tempo non provava più una sensazione simile quando combatteva: negli ultimi vent’anni della sua vita, passati al servizio di Freezer, il suo modo di combattere era stato animato solo dalla rabbia, dall’odio e dalla furia; i suoi muscoli erano perennemente contratti nel tentativo di trattenere emozioni inesprimibili, anche ora, a letto, riusciva a sentire tensione nelle spalle e nella mandibola. Tornò quindi a percepire le fusa e le vibrazioni che nascevano dentro di lui e non riusciva più a distinguere quali fossero le sue e quali quelle della palla di pelo, i muscoli sempre più rilassati. Pensò che forse per trovare il Super Saiyan il suo allenamento doveva ripartire da lì. Concentrò quindi la vibrazione nella sua mano, la sentì espandersi e diventare sempre più calda, finchè sulla punta del suo indice non comparve una piccola gemma di luce,  sollevò quindi la coperta e trovò un ammasso di peli neri appallottolato, di cui non  riconosceva le zampe, sepolte sotto la pancia, e gli occhietti, chiusi in dormiveglia e avvicinò al musetto la sfera di luce, a quel punto vispi occhi gialli si dischiusero e lo fissarono impassibili ma dolci: “Meow”. La sfera evaporò e Vegeta appoggiò il dito sul piccolo e vellutato muso nero.
  
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