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Autore: Sandorbae    20/11/2020    2 recensioni
SanSan / AU
"Di norma odiava andare a fare compere, era un attività che mai lo aveva entusiasmato. Trascorrere ore tra le corsie di un qualsiasi negozio, che fosse d’abbigliamento o altro, lo rendeva nervoso.
Quei corridoi ampi ma sempre pieni di gente, il via vai dei carrelli che riempivano l’aria con l’odioso stridere delle ruote sui pavimenti lucidi, il chiacchiericcio della gente attorno a lui, le luci a neon che gli ferivano gli occhi.
Insomma, quando usciva all’aria aperta si sentiva immediatamente più leggero."
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"Così si accucciò, reggendosi sui talloni, e con un movimento spalancò le ante. Diede un primo sguardo, curioso e al tempo stesso carico di dubbio, all’individuo, venendo ricambiato da un paio di occhi spaventati."
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sansa/Sandor'
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Titolo: You ok?
Personaggi: Sansa Stark, Sandor Clegane, Marianne Clegane
Rating: Verde
Numero parole: 2.270
Note: AU, Fluff
Prompt: I was checking out some furniture at this department store and I opened up a cabinet and you were just sitting in there like that was a normal thing to do. (Fonte: https://colormayfade.tumblr.com/generator)
N.D.A: [35!Sandor, 20!Sansa] ; Marianne è un personaggio che ho creato in altre mie storie, quindi non esiste nell’universo canonico del trono di spade.
 
You ok?
 
Di norma odiava andare a fare compere, era un attività che mai lo aveva entusiasmato. Trascorrere ore tra le corsie di un qualsiasi negozio, che fosse d’abbigliamento o altro, lo rendeva nervoso.
Quei corridoi ampi ma sempre pieni di gente, il via vai dei carrelli che riempivano l’aria con l’odioso stridere delle ruote sui pavimenti lucidi, il chiacchiericcio della gente attorno a lui, le luci a neon che gli ferivano gli occhi.
Insomma, quando usciva all’aria aperta si sentiva immediatamente più leggero.
Poi però Marianne lo aveva guardato con gli occhi dolci e aveva fatto la vocina, la solita che usava fin da quando erano bambini per ottenere tutto ciò che voleva, chiedendogli di accompagnarla da Ikea. A breve si sarebbe trasferita in città e aveva bisogno, voleva, dei nuovi mobili da sfoggiare nel sofisticato monolocale che aveva preso in affitto.
Alle prime tre richieste aveva risposto negativamente, ma quando aveva fatto il fatale errore di incrociare i suoi occhi, supplicanti e già lucidi di lacrime finte, era stata la fine.
Così era disperso nei vasti corridoi di quel fottuto negozio, pieno di famiglie felici che cercavano il modo di arredare al meglio la casa dei propri sogni.
<< Grazie Didi! Sei stato proprio un amore ad accompagnarmi! >> trillò Marianne, aggrappandosi con forza al suo braccio. Sorrideva soddisfatta, cercando di mantenere al meglio l’apparenza di ragazza docile e innocente.
Sandor sbuffò appena, e giurò a sé stesso che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe ceduto ai suoi occhi dolci e alla sua voce da bambina.
<< Devo andare un attimo a vedere il reparto dei bagni, e sarà una cosa lunga, perciò se vuoi precedermi fai pure senza problemi >> Si alzò sulle punte, e dopo avergli schioccato un bacio sulla guancio trotterellò verso la nuova area davanti a loro.
Sandor accolse il suo consiglio e superò quella parte, fra tutte forse la più noiosa, e si ritrovò nella zona per il soggiorno. Per quanto non avrebbe mai cambiato idea, poteva ammettere almeno sé stesso che si era spettato di peggio quando quella mattina era salito in macchina.
Sua sorella, segretamente sadica, godeva nel trascinarlo nei grandi centri commerciali, pieni dii negozi d’abbigliamento e di cosmetica. L’Ikea, per lo meno, si era rivelata un po’ meglio dell’usuale tortura.
Lasciò correre lo sguardo sui letti, dalle piazze singole ai king size, e a tutte le altre cose che, solitamente, stavano in camera da letto. Dal canto suo aveva un monolocale abbastanza spoglio, e l’unica altra cosa presente in camera sua all’infuori del letto era l’armadio, basta.
Non cassettoni, comodini, specchi, scrivanie o chissà cosa. Trascorrendo maggior parte del proprio tempo fuori casa non aveva bisogno di chissà qualche comfort in più, e soprattutto evitava di sperperare gran parte del suo stipendio in negozi come quello.
Passò vicino a delle credenze quando un rumore strano lo fece fermare. Era come se qualcuno stesse piangendo, quasi trattenendo i singhiozzi.
Si guardò attorno, ma le persone incluse nel suo raggio visivo sembravano piuttosto tranquille, se non addirittura allegre, e quel pianto lo sentiva troppo bene per appartenere a qualcuno lontano.
Un altro singhiozzo e il suo sguardo gravitò appena verso il basso. Davanti a lui c’era una credenza, abbastanza grande a essere onesti, e con le antine semi chiuse.
Ma che diavolo
Per quanto gli sembrasse assurdo e improbabile, il pianto sembrava provenire proprio da lì. Si guardò ancora una volta attorno, sperando di scorgere con lo sguardo un bambino che, per diamine, magari era inciampato o qualsiasi altra cosa. O per lo meno qualcosa di più credibile rispetto a una persona, che sperò non superasse i dodici anni, che si era infilata in una credenza in esposizione.
Non sapeva neanche lui perché si stesse prendendo la briga di scoprire chi stesse piangendo, considerò però che le opzioni che aveva non fossero più allettanti di quello.
Così si accucciò, reggendosi sui talloni, e con un movimento spalancò le ante. Diede un primo sguardo, curioso e al tempo stesso carico di dubbio, all’individuo, venendo ricambiato da un paio di occhi spaventati.
Considerando la lunghezza delle gambe della donna e dal viso immaginò avesse più di dodici anni, forse attorno alla ventina. Gli occhi, un azzurro intenso, erano annebbiati dalle lacrime, le labbra piene piegate in un broncio e i capelli legati in una treccia molto approssimativa.
<< Tutto bene? >> domandò, anche se si rese conto immediatamente dell’inutilità di quella domanda. Certo, chiunque avrebbe espresso il proprio stare bene infilandosi in una credenza, non sua fra l’altro, a piangere.
La ragazza lo guardò perplessa, come non fosse sicura di aver afferrato la domanda.
<< Mi sono chiusa qui per avere un po’ di privacy se non le dispiace >> La rossa tirò fuori un tono di voce altezzoso, quasi si fosse introdotto nella sua proprietà. Corrugò le sopracciglia perplesso.
<< Beh, non so se ti sei accorta di essere infilata dentro una credenza >> contestò allora lui, un sorriso a piegargli le labbra. Non gli importava della gente che gli passava di fianco, se fosse perplessa o spaventata non avrebbe saputo dirlo lui stesso.
Quella ragazza però sembrava interessante, di sicuro più dei mobili in esposizione.
<< Certo che me ne sono accorta, ma come avrà visto le antine erano chiuse. Se avessi desiderato che qualcuno mi vedesse mi sarei messa a piangere in corsia >> ribatté stizzita, come stesse ribadendo l’ovvio.
Sandor si lasciò andare a una risata, e ignorando ciò che lo circondava si mise a sedere. La ragazza lo guardò piuttosto stranita, una domanda impigliata fra le labbra.
<< Puoi scommetterci che non ho di meglio da fare >> la anticipò lui, guardandola negli occhi. Era davvero bella, con quella carnagione chiarissima e le labbra rosse, ed era vestita di tutto in punto. Una camicia di raso bianca che le scendeva morbidamente sul corpo e un paio di eleganti pantaloni neri, accompagnati da un paio di decolleté a tacco largo.
Chi diamine si vestiva in quel modo per andare all’Ikea?
<< In realtà non è successo niente di che sa? Ho solo appena scoperto che il mio ragazzo mi tradisce >> singhiozzò lei, asciugandosi in fretta le lacrime. Si fregò il viso con scarsa delicatezza, rigandosi le guance con il nero del mascara.
<< Le cose non andavano bene da un po’ di tempo, però non pensavo sarebbe arrivato a tradirmi! O almeno non con il suo migliore amico! >> Quell’ultima affermazione fu accompagnata da un pugno, al quale seguì quasi immediatamente un lamento.
La ragazza si portò una mano al petto, le lacrime ancora ferme agli angoli degli occhi. Sandor sospirò pesantemente, normalmente se ne sarebbe fregato altamente delle disgrazie di quella donna, o magari l’avrebbe liquidata con un’occhiata di disprezzo.
Qualcosa però, all’altezza del petto, gli impediva di inveirle contro o anche solo di ignorarla. Piegata su sé stessa con gli occhi lucidi gli pareva una bambina, sorrise ricordando come Marianne quando era ancora piccola si comportava a quel modo. Lui le prendeva la mano e l’accompagnava in gelateria, si sedeva a un tavolino e le dava la moneta per prendersi quello che voleva.
<< Poteva andare peggio >> accennò, cercando di consolarla. Non aveva tempo di chiedersi perché volesse farlo, però vedere quella strana ragazza piangere gli faceva quasi…tenerezza? Pena? Non lo sapeva bene neanche lui.
Quella allargò gli occhi, talmente tanto che per un momento pensò le stessero per rotolare fuori dalle orbite, e da triste divenne quasi scocciata.
<< Peggio? Peggio? Come diamine potrebbe andare peggio?! >> Se prima la gente li fissava per la strana posizione in cui si trovavano, ora li guardavano sconvolti dai toni della loro conversazione.
<< Non urlare dannazione! Cosa vuoi che ti dica? Se non sai neanche distinguere le preferenze sessuali di una persona dovresti essere tu quella da biasimare >> rispose brusco, infastidito da quel tono di voce improvvisamente acuto.
Quella lo guardò in silenzio, lo sguardo perso nel vuoto.
No, ti prego una mocciosa che frigna no
Invece, a peggiorare quella maledetta giornata che si era rivelata più inutile che altro, quella si mise a piangere. Non qualche lacrima di tristezza, proprio a singhiozzare. Aveva appoggiato la testa sulle ginocchia, lasciandosi andare a un pianto vergognosamente chiassoso.
Imprecò a denti stretti, evitando di incontrare gli sguardi delle persone-
<< Cazzo non piangere! >> Sebbene la sua intenzione fosse quella di consolarla, la ragazza prese a piangere più forte di prima. Si immerse le mani nei capelli, chiedendosi perché si fosse preso la briga di ascoltarla parlare e di chiederle che avesse.
Dopo qualche minuto di panico, un lasso di tempo che lui percepì come infinito, la ragazza smise. Alzò di nuovo la testa, un’espressione corrucciata, e con un gesto della mano si asciugò i residui di lacrime.
<< Sa una cosa? Forse ha ragione >> borbottò appena, e con qualche movimento goffo riuscì a tornare a distendere le gambe, rimanendo lo stesso accucciata per metà nella credenza.
<< Sua sorella, Margaery, aveva provato a farmi capire che le ragazze non gli interessavano più di tanto >> la ragazza gli rivolse uno sguardo saputo, come se lui sapesse chi fosse la ragazza appena nominata.
<< Però lui è sempre stato tanto carino con me, cioè, in un anno non abbiamo mai fatto sesso e forse quello poteva essere un campanello d’allarme >> Improvvisamente la ragazza parve capire ogni cosa, come se avesse messo assieme i pezzi di un puzzle.
<< Dovevo dare retta a Brienne, quando mi dice che i ragazzi mi vogliono solo per i soldi tendo a bollarla come “acida zittella” >> Si mordicchiò un’unghia, perfettamente laccata e limata, guardandolo negli occhi.
Sandor non sapeva perché, ma era come se quella strana ragazza cercasse delle risposte da lui. Si lasciò andare a un forte sospiro, cercando qualcosa da dirle.
<< Va beh, ora è finita e puoi fare quello che vuoi, no? >> tentò, cercando di non intingere la frase di sarcasmo, cosa piuttosto difficile per uno come lui. Ancora una volta disse qualcosa di sbagliato, apparentemente, perché la rossa indossò nuovamente un’espressione contrariata.
<< Quello che volevo era stare con lui! Siete proprio un cafone, sapete? >> Nonostante apparisse scocciata, con le braccia incrociate e le sopracciglia corrugate, l’ombra di un sorriso le increspava le labbra piene.
La ragazza sbuffò, agitando appena le gambe come una bambina.
<< Immagino che lei abbia ragione, per quanto il suo modo d’esprimersi lasci a desiderare >> Lasciò andare un pesante sospiro, mentre i suoi occhi sembravano ridere. Sandor inclinò appena il capo, perplesso da quell’intera situazione.
Prima era accovacciata su sé stessa a piangere, poi se l’era presa con lui e adesso gli sorrideva. O quella ragazza aveva qualche rotella fuori posto o aveva un umore fin troppo instabile, per non parlare del fatto che gli desse del lei. Però, per gli dèi, era davvero bella.
Scosse la testa, scacciando via dalla mente quel pensiero, cercando di ignorare la sua occhiata perplessa.
<< Comunque io sono Sansa, piacere >> La rossa, Sansa, gli tese la mano. Dubbioso la allungò, ricambiato quella stretta delicata.
<< Sandor >> Cercò di sorridere, per quanto la metà di viso ustionata glielo permettesse. Lei  sorrise di nuovo, e finalmente si mosse dalla credenza.
Sandor si alzò a sua volta, e in maniera inusualmente cavalleresca le tese una mano. Sansa accettò senza tanti problemi l’aiuto, e con un gesto del braccio la tirò in piedi. Una volta che le fu davanti realizzò che fosse alta, più alta di molte delle donne che conosceva, e oltre ciò era estremamente leggera.
Non appena fu in piedi si lisciò la camicia, lievemente stropicciata, rivolgendogli uno sguardo imbarazzato. Era decisamente una ragazza singolare.
<< è stato un piacere Sandor, spero di incontrarla ancora >> Lei si alzò sulla punta, per quanto i tacchi lo permettessero, e gli posò educatamente due baci ai lati delle guance. Rimase imbambolato, guardandole il lieve sorriso che le aveva increspato gli angoli della bocca.
La guardò dileguarsi lungo il vasto corridoio, per poi sparire in mezzo alla folla. Si sfiorò una guancia, come a richiamare il tocco morbido di lei.
<< Ehi! Tutto bene? >> La voce di Marianne lo colse alla sprovvista, facendolo sussultare appena. Si girò verso di lei, rivolgendole uno sguardo seccato.
<< Sì, andiamo? >> chiese, porgendole il braccetto. Lei lo guardò piuttosto confusa, e con un cenno del capo accettò l’invito. Il resto del pomeriggio parve passare velocissimo, quasi non fece caso alla voce squillante di Marianne, perennemente appesa al suo braccio e pronta a trascinarlo davanti a ogni singola cosa.
Ovviamente non comprò nulla, ma Sandor non ebbe la forza di prendersela. Stava ancora pensando alla rossa di prima, le sue lunghe gambe e l’atteggiamento da ragazzina viziata.
<< è stato un bel pomeriggio, non credi anche tu? >> gli chiese Marianne, facendolo riprendere. Lasciò andare la testa contro il poggia testa dell’auto, inspirando a fondo. Poi buttò uno sguardo allo specchietto retrovisore, pronto a uscire dal maledetto parcheggio, e la vide di nuovo.
Stava discutendo in maniera abbastanza animata con una donna, se la si poteva definire tale, con stretta tra le dita una sigaretta mezza consumata. Lasciò andare una risata sincera, la quale si tramutò in sorriso quando la rossa, Sansa, parve cogliere il suo sguardo.
Lo guardò dritto negli occhi, un sorriso a trentadue denti, e agitò la mano in segno di saluto. Sandor si lasciò andare a un sospiro, e senza perdere il suo sguardo alzò appena la mano.
Fece la retro, e senza dare a sua sorella tempo di fare domande mise in moto.
<< Meglio di quanto mi aspettassi >>.
 
 
 
 
Beh sì, una Sansan senza se e senza ma fa sempre ben! Ho voluto scrivere qualcosa di leggero, senza tante pretese, e con una Sansa caratterizzata come non avesse mai subito i traumi veri (quindi un po’ più altezzosa e solare). Nulla di che, ma in questo fandom vedo troppe poche sansan e mi sono sentita in dovere di rimediare :P
Grazie a chi recensirà, metterà in qualsiasi categoria la storia o anche solo si fermerà a leggere! Un abbraccio
  
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