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Autore: Red1701    21/11/2020    1 recensioni
Questo capitolo è la mia personale versione del capitolo 41 di Fullmetal Alchemist: Brotherhood.
Ho sperato per gran parte dell'episodio in una scena del genere; sono felicissima del finale, ma io gli avrei dato la possibilità di essere "qualcosa di concreto" un bel pezzo prima della fine.
[EdxWinry]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Elric, Winry Rockbell | Coppie: Edward/Winry
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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  泣かないで。

-Non piangere.
 
 
 
 
Il polverone che si era alzato gli aveva impedito di vedere dove stesse precipitando e cosa stesse cedendo intorno a lui, perciò quelle travi che lo avevano schiacciato non le aveva neppure notate.
«Sono caduto nel pozzo minerario?» si domandò guardandosi attorno dopo del tempo passato svenuto. Cercò di fare leva sugli avambracci, sbilanciando maggiormente il peso su quello destro fatto d’acciaio per cercare di alzarsi ma le forze gli vennero meno e quasi sbatté il volto contro al lastrone di cemento sottostante.
«Cavolo. Dove è andato Kimblee?»
Doveva trovarlo subito e trovare il modo per fermarlo. Aveva già fatto abbastanza danni per i suoi gusti.
Puntellò i gomiti nuovamente per muoversi, ma lo sguardo gli cadde sull’enorme pozza di sangue che si era formata sotto di lui.
Come era possibile visto che non aveva riportato nessuna ferita?
Dopo il primo colpo di tosse capì che no, non stava bene per nulla. Voltò lo sguardo alla sua sinistra e notò che un’enorme trave di ferro gli stava trapassando il petto. Dio, ci mancava solo questa.
Iniziò a tossire sempre più forte, in completo panico, mentre l’adrenalina scemava e il dolore cresceva esponenzialmente.
Gli cedettero definitivamente le braccia e riuscì ad ammortizzare la caduta spostando il peso sul fianco destro.
L’ultima cosa che vide prima di svenire fu il viso dell’unica persona a cui non era ancora riuscito a parlare seriamente.
 
Stavano camminando nella neve da poco tempo.
La città in cui dovevano rifugiarsi non era poi così lontana ma tra la fatica, il freddo e il timore generale, Winry non si sentiva tranquilla.
Stava guardando le bellissime montagne innevate di fronte a lei quando sentì il suo cuore fermarsi per un istante e il respiro mozzarsi.
Non era un bel segno, proprio per nulla, e la brutta sensazione che si insinuò in lei fu confermata quando sentì un rumore metallico che impattava con il terreno ghiacciato esattamente dietro di lei.
«Al!» urlò correndo verso l’amico steso a terra.
«Al, cosa ti sta succedendo?»
Aveva il terrore della possibile risposta del ragazzo perché nel suo cuore sapeva fosse successo qualcosa di brutto ad Ed ma stava cercando in ogni modo di scacciare l’idea dalla sua mente.
«È successo qualcosa a mio fratello» le spiegò con la voce smorzata dalla neve, e Winry ebbe come l’impressione di vedere gli occhi di Al spalancati.
La ragazza si alzò di scatto ed iniziò a correre verso il luogo da cui erano scappati che per fortuna era distante solo una ventina di minuti nella speranza che le sue gambe sapessero davvero dove andare per trovare il suo migliore amico.
Magari si sbagliava, magari quell’idiota aveva spaccato solamente il suo automail come aveva già fatto un milione di volte prima e il suo timore era solo verso la sua creatura, ma la reazione di Alphonse era il chiaro segnale che in pericolo ci fosse la persona a cui erano attaccati.
Sentì qualcuno urlare il suo nome svariate volte, ma il suo cervello non riusciva a concepire nient’altro che non c’entrasse con quei capelli biondi e gli occhi ambrati.
«Hai intenzione di farti uccidere?»
Scar la raggiunse e la bloccò per le spalle. Odiava quell’uomo con tutta sé stessa, e il fatto che ora la stesse bloccando glielo faceva odiare ancora di più.
«Lasciami andare» urlò piena di rabbia.
Sentiva gli occhi pungerle ma non avrebbe pianto. Non più di fronte a quel tizio che le aveva già portato via quasi tutto.
«Ti prenderanno»
«Ed è in pericolo, lo sento» gli urlò nuovamente, poi si liberò dalla sua presa e riprese a correre ignorando persino May.
 
Quando raggiunse l’enorme stanza da cui erano partiti per nascondersi trovò un vero e proprio disastro; più della metà della struttura era crollata e il pavimento era pieno zeppo di detriti e travi che continuavano a scricchiolare.
Ne scavalcò alcune cercando di appoggiarsi il meno possibile e seguì la luce che filtrava attraverso il buco che qualcuno aveva fatto nel soffitto.
«Ed!» urlò a pieni polmoni
Non le interessava molto che qualcuno la potesse scoprire, voleva solo sentire quella voce che le occupava i pensieri sin da quando erano nati.
«Cristo santo Edward!»
Più si avvicinava all’uscita più il cuore le batteva nel petto con la stessa intensità con cui lei batteva il martello sull’acciaio per creare le placche dei suoi automail.
Sentì dei lievi rumori provenire da dietro quell’enorme blocco di cemento che le bloccava la visuale e mettendo da parte tutto il buon senso cercò il modo più veloce per oltrepassarlo.
«Ed!»
Quando finalmente vide il cappotto rosso del ragazzo riverso a terra capì di aver preso la decisione migliore di sempre. Gli si avvicinò di corsa e cadde in ginocchio da parte a lui, con gli occhi puntati sulla trave che gli trapassava il petto e che usciva in un punto che si rifiutava di cercare.
«Ti prego, non puoi farmi questo» sussurrò afferrandogli la mano sinistra, quella vera, e portandosela alla guancia.
Lui continuava a non rispondere e l’espressione dolorante che aveva dipinta in volto era la prova che la situazione faceva schifo.
Sotto tutti i punti di vista.
«Edward» lo chiamò ancora, mentre le lacrime scesero fino ad inzuppargli il guanto bianco.
«Avevo promesso che non ti avrei più fatto piangere» sussurrò l’altro che finalmente si era svegliato.
«Sei vivo!» urlò sempre più in lacrime.
Almeno ora stava piangendo di gioia.
Sfilò la mano tra quelle calde di Winry e le unì per attivare la sua capacità alchemica, poi distrusse la gran parte della barra che gli usciva dalla schiena e crollò di nuovo, sentendo le forze venirgli meno.
La bionda lo guardò nella speranza di capire come poterlo aiutare, ma lei era brava a sistemare le sue parti d’acciaio, non quelle fatte di carne.
Lo vide unire nuovamente le mani e spostò le macerie dai corpi delle due chimere sdraiate a pochi metri di distanza da loro.
Lei non se ne era nemmeno accorta.
«Ehi Acciaio, perché ci hai salvati?» domandò uno dei due mentre si teneva una spalla dolorante.
«Non illudetevi. Mi serve qualcuno che, che mi tiri via questa cosa incastrata...»
«Ma siamo tuoi nemici» obbiettò l’uomo scimmia.
Winry avrebbe voluto avere la forza necessaria per poterlo salvare senza contare su quei due tizi che non le infondevano nemmeno un briciolo di fiducia, e ancora una volta si sentiva impotente davanti alle questioni “da alchimista” che l’avevano tagliata fuori dalla vita dell’amico più volte di quelle che riusciva a ricordarsi.
I due tizi si guardarono e dopo un istante si avvicinarono a lui; il tizio gorilla afferrò Ed da dietro per tenerlo fermo mentre l’uomo leone gli si sedette davanti, pronto a togliere quel pezzo di ferro.
«Appena lo farò perderai comunque un sacco di sangue e morirai» gli ricordò quest’ultimo mandando la ragazza nel panico più totale.
Non c’era un dottore nei paraggi e non potevano uscire in strada in quelle condizioni visto che in giro c’erano fin troppe persone che volevano ucciderlo.
«Userò l’alchimia e scambierò la mia vita al posto della pietra filosofale. Perderò qualche anno, ma sempre meglio che morire qui» rispose tossendo del sangue e incatenando i suoi occhi a quelli lucidi dell’amica.
«Sai quello che stai per fare?» gli chiese stringendo il bordo del cappotto tra le dita.
Ed annuì appena per infondere coraggio a lei, e un po’ a sé stesso.
Sentì le fiamme avvolgerlo nell’esatto momento in cui iniziò a fare pressione sulla barra.
Non si ricordava di aver mai patito un dolore più grande di quello, forse nemmeno quando gli avevano portato via il braccio e la gamba e a metà dell’opera, quando ormai i polmoni non erano più capaci di immagazzinare l’aria per urlare, l’aveva guardata e si era ripromesso che se fosse uscito vivo da quella tortura le avrebbe parlato con il cuore in mano.
Glielo doveva, soprattutto dopo averla costretta a guardare quella scena.
Gli ci volle una forza disumana per alzare le braccia e far combaciare i palmi delle mani e sentì di esserci riuscito per un pelo.
Winry aveva osservato la luce blu avvolgere tutto il corpo del ragazzo fino a quando era svenuto nuovamente interrompendo il flusso alchemico.
Si era avvicinata e gli aveva preso il volto con entrambe le mani.
«Ohi Acciaio, sei vivo?» chiese il gorilla.
«Non pensate di esservi liberati di me così facilmente» rispose flebilmente prima di riaprire gli occhi e ritrovarsi il viso della ragazza ad una manciata di centimetri.
Si sentì avvampare ma non riuscì a distogliere lo sguardo da quelle pozze azzurre ancora troppo lucide per i suoi gusti.
Gli sorrise esausta ma felice di vedere quel testone ancora vivo e gli si gettò addosso dimenticandosi che si era appena chiuso una specie di voragine nel fianco sinistro.
«Stupido, mi hai terrorizzata» gli disse con il volto seppellito nell’incavo della spalla.
Lui ricambiò l’abbraccio ed inspirò il suo profumo a pieni polmoni -a mezzi polmoni, l’alchimia l’aveva salvato ma non aveva fatto miracoli- inebriandosi completamente del calore e del profumo di casa che solo Winry emanava.
«Tu non dovresti essere qui» le disse rimettendo tutti i tasselli al loro posto
«Se non fossi quasi morto io non sarei qui, idiota» borbottò staccandosi offesa.
Non si aspettava chissà cosa, ma almeno un grazie per essere lì pensava di meritarselo.
Gli diede una mano ad alzarsi e lui iniziò a zoppicare verso l’uscita lasciandola di stucco.
«Ti ho anche fatta piangere» si lasciò sfuggire senza smettere di darle le spalle.
Guardarla in faccia aveva iniziato ad essere pesante.
Lo raggiunse di corsa e si passò il braccio metallico sulle spalle per aiutarlo a camminare. Edward si voltò perdendosi ancora una volta in quegli occhioni azzurri.
«Smettila di farti problemi, idiota. Ora andiamo a salvare il mondo» lo incitò con un sorriso enorme ma lui si bloccò e con una fatica madornale la strinse in un abbraccio.
«Winry?»
«Si?»
Si allontanò quel tanto che bastava per dirle quella cosa guardandola in faccia nonostante si sentisse rosso come un peperone.
 
«Sei fantastica»
 
 
   
 
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