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Autore: Dave17    21/11/2020    0 recensioni
Una classe delle superiori riceve uno strano compito dal professore di italiano: scrivere delle lettere anonime ai propri compagni di classe, unica regola essere onesti con se stessi e la persona alla quale si sceglie di scrivere.
Dal testo
< Guardò il plico di lettere come si potrebbe guardare un incubo divenuto realtà incerto su quanto avrebbero potuto produrre quelle contorte menti adolescenziali.>
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il professore entrò in aula zittendo il chiacchiericcio mattutino dei suoi studenti. Poggiò la cartella in cuoio sulla cattedra e poté percepire quindici paia di occhi osservarlo. Come al solito De Gasperi, Matteotti, Luciani e gli altri ragazzi in ultima fila lo incitavano con delle occhiatacce che non avrebbe raccomandato a nessuno di tornarsene da dove fosse venuto fuori, non intenzionati a collaborare. Nanni e le sorelle Corbetta lo guardavano con adorazione dalla prima fila, mentre la fila centrale sonnecchiava. D'altronde non poteva chiedere chissà quale attenzione la prima ora del Lunedì mattina. Si voltò e scrisse un nome alla lavagna, sentì subito un mormorio sommesso levarsi dalla classe, batté le mani per far tornare la calma e si apprestò a parlare: "Luca " disse indicando la scritta alla lavagna "è un ragazzo di diciassette anni, la vostra età, al quale non andava bene la sua scuola. Trovava che la gerarchia sociale nella quale gli studenti erano divisi fosse stupida e superficiale e che troppa gente piena di difetti fosse venerata come una divinità. Quindi cominciò a scrivere lettere anonime a chiunque secondo lui ne meritasse una, scrisse una lettera al bullo facendogli presente di essere un completo imbecille, scrisse alla ragazza considerata secchiona e sfigata dicendole che lui la trovava carina e simpatica, scrisse al fighetto di buona famiglia dicendogli di abbassare la cresta e che c'era molta gente migliore di lui. Ben presto questa iniziativa presa da Luca cominciò a circolare e chiunque scriveva lettere anonime per scusarsi, per dichiararsi, per fare critiche e complimenti. Ora voglio che voi facciate la stessa cosa. Scrivete una lettera anonima a una qualsiasi persona nella classe e siate liberi di esprimervi, tanto non verrete valutati o giudicati perché, a meno che non siate voi che avete scritto la lettera a volerlo, nessuno saprà da chi viene quella missiva." Un mormorio eccitato si levò dagli studenti e il professore li guardò soddisfatto di essere riuscito a catturare l'attenzione di quei ragazzi irrequieti, poi batté le mani invitandoli al silenzio e a cominciare il lavoro.

A fine dell'ora tutti i ragazzi consegnarono le lettere al professore che si apprestò a uscire dall'aula per far entrare la collega salutandola con un cenno del capo.
L'uomo si mise comodo su una poltroncina in aula professori e prese in mano la prima lettera che si apriva senza troppi preamboli. Era diretta a Stefano De Luca in seconda fila, un ragazzo alto con occhi verdi e sopracciglia tanto imbronciate quanto chiare, da quello che aveva avuto modo di capire era molto desiderato dalle ragazze del suo anno. Non gli aveva mai dato particolari problemi, era un ragazzo tranquillo con una media della sufficienza tirata che non si faceva problemi a dire quello che pensava delle idee altrui nelle assemblee di classe.

Caro Stefano,

So che non ci parliamo da quasi un anno e che con te ho sbagliato tutto, mi dispiace di non esserci stato quando avevi bisogno. Quando lui se n'è andato avrei dovuto rimanerti accanto e confortarti invece di tenerti il muso come un poppante. Mi sento una persona orribile e vorrei solo tornare indietro.
Avrei dovuto dare io un passaggio a Cristiano quella sera, ma sapendo che ci saresti stato anche tu ho dato buca a tutti e Cris si è dovuto arrangiare con Riccardo. Se fossi venuto quei pazzi non avrebbero preso il motorino e sarebbero entrambi ancora qui. Non avrei mai fatto guidare Rick ubriaco, se solo fossi venuto, se solo ti avessi chiesto scusa fin da subito... Non me lo ricordo nemmeno perché abbiamo litigato lo sai?

Ma non ha importanza, è solo colpa mia, e ogni giorno me ne pento, mi pento di non esserti stato vicino. Tua madre mi aveva detto in che condizioni fossi dopo i funerali, ma io ero troppo scosso e orgoglioso per venire da te. E mi sentivo uno schifo, perché sapevo di essere l'unico responsabile per quelle morti, e nessuno voleva accettarlo. Nemmeno io, forse per questo non sono venuto da te, perché sapevo che tu avresti riconosciuto le mie colpe e non sarei riuscito a sopportarlo.
E mi manchi, mi manchi da morire ma non posso tornare da te e non posso nemmeno chiederti di perdonarmi perché mi ci è voluto un dannato compito per chiederti perdono.
Anche se mi manca tutto di te: mi manca passare le mani tra i tuoi capelli, mi mancano i tuoi occhi, la tua risata anche se grugnisci come un maialino ogni tanto, le fossette che ti vengono solo quando sorridi davvero, mi manca come tieni la matita tra i denti quando sei concentrato, come corrucci le sopracciglia e gonfi le guance quando faccio qualche battuta stupida, mi mancano le tuo cioccolate calde, mi manca come suoni la chitarra, mi manca sentirti cantare, mi manca perfino il tuo bruttissimo vizio di lasciare la porta semi aperta quando esci dalle stanze.
E lo so che sono solo un coglione e non mi merito niente ma per favore, torna a sorridermi la mattina quando mi vedi perché è da quella notte di merda che non ti vedo un'espressione diversa da quella inesorabilmente triste e sconsolata. 
E lo so che hai capito chi sono, se vuoi parlare sai dove trovarmi.

Anonimo


Il professore chiuse gli occhi e si passò una mano sulle palpebre chiuse scostando i sottili occhiali marroni, si chiese chi potesse aver mai scritto una lettera così carica di dolore e come facesse ad andare avanti a vivere sentendosi così in colpa. Guardò il plico di lettere come si potrebbe guardare un incubo divenuto realtà incerto su quanto avrebbero potuto produrre quelle contorte menti adolescenziali.
L'adolescenza, quel periodo dove nessuno ci capisce e ci sembra che a nessuno importa di noi, il periodo della ribellione e dell'umore più vario dove un attimo prima ci si sente la persona più felice della terra e quello dopo si è devastati dal dolore più profondo. E sempre per qualcosa che gli adulti non potranno mai capire perché loro l'adolescenza non si ricordano più nemmeno come si scrive.

Il professore scosse la testa allontanando quei pensieri e prese in mano la seconda lettera, dedicata a Federica Luciani, ultima fila, capelli neri occhi nerissimi e immancabile cappellino al contrario in capo, non mancava mai di commentare ogni sua lezione con sarcasmo pungente scatenando spesso le risa della classe, per definizione una combina guai temuta da ogni docente. Lui stesso incluso

Cara Fede,

Perché continui a fingere? Perché non la smetti una buona volta di fare la dura? Pensi che io non l'abbia capito? Credevi davvero che non se ne sarebbe accorto nessuno? So che il prof leggerà sicuramente le nostre lettere ma altrimenti tu non ti faresti avvicinare da me...
E anche se fossi stat* un* dei tuoi amici più intimi non avresti mai accettato il mio aiuto, non perché tu abbia qualcosa contro di me, ma perché sei incapace di accettare l'aiuto che ti viene offerto. Credo di conoscerti da abbastanza tempo per poter affermare che tu sia la ragazza più forte che conosca, ti ammiro molto sai? Vorrei tanto che tu riuscissi a vederti con gli occhi degli altri per capirlo, magari quei segni sui polsi sparirebbero, magari riprenderesti a mangiare regolarmente e non avresti più quelle occhiaie da zombie. 
Mi dispiace davvero vederti così, e so di non poter neanche immaginare cosa tu stia passando. Ma ti prego smettila di fare quello che stai facendo, chiedi aiuto a qualcuno oppure accetta il mio ma ti prego non continuare così, per favore Fede non morire.
Mi dispiace che la lettera sia così breve ma armat* solo di un foglio di carta e di una penna non posso aiutarti in altro modo.

Sinceramente,

anonimo 


Il professore dovette rileggere la lettera almeno un paio di volte per essere sicuro di aver capito bene, Federica Luciani stava soffrendo tantissimo e nessuno nel corpo docenti se ne era mai accorto. Si sentì tremendamente in colpa e ringraziò il cielo che qualcuno fosse stato abbastanza attento a lei da notarlo. Sperava soltanto che la ragazza si sarebbe fatta aiutare.
Con riluttanza prese in mano una nuova lettera ma per fortuna era solo una dichiarazione a Lucia Foglia, terza fila, viso proporzionato, statura media, voti nella media, capelli mediamente lunghi castani e occhi color cioccolato. Ne lesse un'altra, dedicata a Gianluca Ferrario: una lunga serie di insulti, i più ricorrenti erano "subdolo, egoista e bastardo". 

Fece per prendere in mano la quinta lettera del plico ma la campanella lo riportò alla realtà annunciandogli la fine della seconda ora, unica buca della giornata, e sospirando mise le lettere nella cartelletta di cuoio avviandosi verso la classe alla quale avrebbe dovuto fare un lungo e noioso tema.

Dettata la traccia si buttò sulla sedia dietro la cattedra riprendendo il plico di lettere, ne pescò una a caso era indirizzata a Federico Palmieri, seconda fila vicino la finestra. Per quanto si sforzasse il professore non riusciva a collegare nessun volto a quel nome o a quel posto, eppure seguiva quella classe da ben due anni. Incuriosito iniziò a leggere.

Bella Palma,

So il tuo segreto. Pensavi di poterlo nascondere eppure ti sbagliavi. Tranquillo non andrò a dirlo in giro puoi smettere di passarti nervosamente la mano tra i capelli mentre ti azzanni il labbro inferiore.
Non ti tradirei mai, perché sono come te. Puoi non credermi se vuoi, d'altro canto non sai chi io sia e non sei nemmeno sicuro di cosa io stia parlando. Chissà quanti segreti sono celati dietro quegli occhi verdi. Posso darti un consiglio da non-amico però, la prossima volta che noi ragazzi ci cambiamo in spogliatoio corri in bagno un po' più in fretta.

Cordialmente, 

anonimo


Il professore, nonostante la sua avanzata età e avendone viste di cotte e di crude nella sua lunga carriera di insegnamento, arrossì come una scolaretta leggendo le ultime parole di quella lettera. Dubitava che il mittente fosse serio riguardo la sua solidarietà, era fortemente convinto che quella intera lettera fosse una presa in giro e si sentì parecchio male per Federico. Nonostante non riuscisse proprio a inquadrare chi fosse.

In seguito il professore lesse ben quattro lettere scritte in maniera molto simile che professavano amore eterno a De Luca e decise che per quel giorno aveva letto abbastanza turbe adolescenziali, si sentiva svuotato. I suoi studenti avevano di certo molte più cose serie da dire di quante ne avesse mai potute sospettare, da quel compito infatti non si aspettava di ricavare chissà cosa, la sua unica intenzione era quella di conoscere un po' meglio una delle classi meno legate dell'intero istituto. E invece aveva scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora.

Il professore prese in mano la decima lettera, indirizzata a Cesare Vitale, ultima fila. Durante le sue lezioni non faceva altro che parlare con il suo inseparabile vicino di banco, Giovanni Sartori. Non pensava di averli mai visti separati quei due, sembravano tremendamente collegati. Riuscivano perfino nell'impresa di avere sempre la stessa media scolastica in qualsiasi materia. Mettevano quasi i brividi quando bastava loro uno sguardo per scoppiare a ridere nel bel mezzo delle lezioni. 
Il professore iniziò a leggere la lettera

Caro Cece,

Matilde ti ha tradito. Mi dispiace non essere riuscito a dirtelo in un altro modo. So quanto lei ti piaccia e so quanto tu piaccia a lei ma non potevo continuare a far finta di nulla, mi sento tremendamente in colpa per averti mentito. E' successo una settimana fa alla festa di Ferra, loro due erano completamente andati e si sono baciati, poi sono andati di sopra ma non so cosa sia successo. Mi dispiace amico,

anonimo


Il professore mise di nuovo il plico di lettere nella cartelletta in cuoio e, finito di ritirare i temi, congedò la classe avviandosi verso casa, era molto curioso di finire di leggere le lettere e riconsegnarle ai suoi studenti. Arrivato nel suo caldo appartamento si accomodò nella poltrona in tweed del salotto e riprese in mano le lettere. Ne lesse una, che a quel punto sospettò essere di Cesare, nella quale Anonimo ricordava a Matilde Gasparin quanto la amasse, lesse una lettera diretta a Giovanni Sartori nella quale una ragazza lo invitava a smetterla di essere così nervoso perché tanto "tra Ferra e quell'isterica della Gasparin" non era successo nulla e il professore sentì un brivido lungo la schiena realizzando che Vitale e Sartori erano riusciti a finire insieme persino nell'ordine nel quale gli erano state consegnate le lettere. Il professore si accorse che rimanevano solo tre lettere e si diede uno schiaffetto sulla faccia preparandosi a leggerle. Delle tre una era una dichiarazione d'amore a Gianluca Ferrario, ultima fila di fianco a Federica Luciani. Anche lui casinista e strafottente e con i capelli nero pece, sarebbero potuti passare tranquillamente per fratelli quei due se non avessero avuto occhi tanto diversi, quelli di Gianluca infatti erano azzurrissimi e freddi, quasi cattivi. Al contrario gli occhi di Federica erano tanto neri quanto dolci, il professore ci aveva messo un po' a notarlo ma quella ragazza per quanti guai combinasse aveva gli occhi buoni. L'altra lettera era indirizzata alle sorelle Corbetta, le bionde gemelle in prima fila. Avevano una media perfetta ed erano molto apprezzate da tutto il corpo docenti ma non esattamente benvolute dai compagni. Il professore all'inizio credette che chiunque avesse scritto quella missiva volesse semplicemente prenderle in giro ma sorprendentemente la lettera, scritta con una grammatica talmente indecente da fargli chiedere come avesse fatto l'autore ad arrivare in terza superiore, era una richiesta d'aiuto nello studio. Il professore sorrise riconoscendo quella calligrafia disordinata, le varie cancellature e gli omini stilizzati scarabocchiati a lato della pagina.

Sospirando prese in mano l'ultima lettera e strabuzzò gli occhi quando vide il proprio nome sopra, aprì la busta aspettandosi una serie di insulti rivolti alla sua persona ma invece trovò dentro un foglio bianco. La cosa lo lasciò così stranito che rimase a fissare la pagina per qualche minuto, talmente assorto da non accorgersi del rumore del chiavistello e dei leggeri e veloci passi di sua moglie che si dirigevano verso il soggiorno. 
   
 
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