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Autore: Artemys22    21/11/2020    0 recensioni
Il viso di Vanya si gelò in un grido senza fiato e sena voce.
(Ricorda-)
Era andato.
E improvvisamente non riusciva più a ricordare per quale motivo si sentisse così sconvolta. Non era del tutto sicura di cosa stesse facendo lì, comunque - seduta in un angolo buio, tutta sola?
Confusa, Vanya si rimise sulle sue gambe tremolanti. Aveva camminato nel sonno?
L'aria sapeva di fulmine. Come di elettricità.
Che strano.
//L'esistenza di Cinque è essa stessa un paradosso; il tempo si deve sistemare in qualche modo.
Solo poche cose sono certe nell'universo, e una di queste è che i frateli Hargreeves non possono prendersi una pausa.
In questa versione gli Hargreeves tornano nel 2019 da Dallas, ma non c'è nessuna Sparrow Academy; trovano le cose esattamente come le hanno lasciate. Beh, più o meno. Si vedrà...
Genere: Angst, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Diego Hargreeves / Kraken / Numero 2, Five, Klaus Hargreeves / Medium / Numero 4, Vanya Hargreeves / Violino Bianco / Numero 7
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Potrei riconoscerlo dal

solo tocco, dall'odore:

Lo riconoscerei ad occhi chiusi,

dal modo in cui veniva il suo respiro

e i suoi piedi colpivano la terra.

Lo riconoscerei nella morte,

e alla fine del mondo.

 

"Saremo proprio qui fuori" mormorò Allison. I suoi occhi scrutavano irrequieti Luther mentre si adagiava all'interno della vasca.

Dire che non era nervoso sarebbe stata una bugia. Non era affatto un uomo piccolo ed entrava a malapena nella vasca.

Luther rabbrividì quando la sua pelle incontrò l'acqua. Sapeva che si sarebbe abituato in fretta. Rivolse un lieve cenno alla dottoressa che chiuse il contenitore.

Luther rimase circondato dalla più totale oscurità.

Quella, e il silenzio tombale.

Grazie a Dio c'era un microfono dentro la vasca, così poteva almeno fare domande e dire di farlo uscire se non ce la faceva.

Non sapeva neanche cosa aspettarsi.

Luther era determinato, però. Non avrebbe mollato finché non avrebbe ricordato di nuovo suo fratello.

"Devo chiudere gli occhi?" chiese. Era strano - non riuscire a sentire la sua stessa voce quando parlava.

"Meglio di no, potresti addormentarti" la voce di Cameron arrivò dalle airpods. "Ho bisogno che ti rilassi, ma che rimani cosciente."

Non sembrava davvero molto - e questo, suppose, probabilmente era il punto. Era piacevolmente caldo dentro la vasca e l'aria aveva un odore molto simile a quello degli ospedali.

Ci volle una vita perché Luther sentisse di nuovo la voce della dottoressa. Si era quasi addormentato, cullato dal gentile letto d'acqua.

"Luther" la voce della Cameron era leggera. Soffice. "Ti aiuterò a ricordare."

(Ricorda quello che hai perso.)

"Pensa a lui."

Luther serrò gli occhi. Il suo battito si fece più veloce.

(Pensa.)

"Luther, devi pensare. Concentrati."

(Ricorda.)

"Calmati."

Luther non si era nemmeno accorto del suo battito alle stelle, del suo respiro affannato.

La sua testa non sembrava a posto.

"Concentrati su Cinque."

(Cinque.)

Un sussulto sbigottito gli uscì dal petto, lasciandolo senza fiato per un momento.

L'oscurità si svelò.

C'era una scalinata davanti a lui. Sentì dei rumori.

Il mondo era giallo di luce e tutti i colori intorno a lui sembravano sbiaditi. Come se la vernice con cui erano stati dipinti fosse troppo diluita.

Luther batté le palpebre, sconcertato.

Quella scalinata lo stava chiamando. Salimi, diceva.

Ma era così stanco.

"Luther, non addormentarti" lo richiamò una voce. "Non chiudere gli occhi."

(Tieni gli occhi aperti.)

Lo fece.

Luther salì le scale, ogni passo più pesante dell'altro. Era fatto di rocce?

Si fermò sulla sommità.

Vide la stanza di Cinque, la porta era aperta ma lui non c'era dentro.

"Egli continua ad ammiccare. Va', ti seguo." Luther si accorse delle piccole, ridacchianti voci che venivano dalla stanza di Ben.

Conosceva quella voce, per quanto il suo proprietario la stesse modulando per farla sembrare più pomposa e bassa di quanto fosse in realtà.

Sentì una risata. "Voi non andrete, signore."

(Ben.)

Luther rimase dietro la porta chiusa contando i suoi respiri.

(Inspira. Espira.)

"Giù le mani."

La sua mano si poggiò sulla maniglia.

"Siate ragionevole; non lo seguite."

(Klaus.)

Altre risate.

(Io.)

"Fa silenzio, canaglia" qualcuno si rivolse alle sue risa, facendo del suo meglio per suonare arrabbiato e serio, ma la leggerezza nel suo tono lo tradì.

Luther aprì la porta. Vide il se stesso più giovane, girato di pancia sul letto di Ben, le lacrime delle risate scintillavano agli angoli degli occhi.

Ben se ne stava sull sua sedia con un fazzoletto e un libro logoro in mano. Klaus si sporgeva sulla sua spalla, molto più alto del loro piccolo Ben, con un ghigno che andava da un orecchio all'altro.

"Il mio destino mi chiama, e irrobustisce ogni fibra del mio corpo, come quelle del leone di Nemea", gli occhi di Luther si voltarono in direzione della persona seduta su una pila di cuscini sul pavimento, un suo libro fra le mani.

Era così piccolo, fragile. A Luther ricordò una bambola di porcellana.

Le ciglia lunghe svolazzavano mentre i suoi occhi seguivano il testo.

(Cinque.)

Così giovane. Così se stesso.

Un sorriso continuava a tirare le labbra del ragazzino, ma era bravo a rimanere nel suo personaggio, diversamente dagli altri. "Ecco, mi chiama ancora. Lasciatemi, gentiluomini."

"Basta, non ce la faccio più", il giovane Luther rotolò sul letto, senza fiato. "La pancia mi fa malissimo."

"Zitto, Luther" sbuffò Klaus. "Stai assistendo all'arte qui."

"Luther?"

Scosse la testa confuso. Il ricordo si dissipò nell'aria, lasciandolo senz'altro che l'oscurità.

Era sbagliato.

"Luther!"

(La dottoressa.)

"Continua così. Trova un altro ricordo."

Luther guardò davanti a sé. Non vide niente.

Era sbagliato.

Il suo corpo non sentiva... niente.

Non riusciva a sentire niente e tutto ciò che sentiva era il sangue scorrergli nelle orecchie, il battito del suo cuore così forte che avrebbe potuto schizzargli fuori dal petto.

"Luther, è tutto okay!"

(Allison.)

"Fai un bel respiro, okay?"

La sua voce era musica per le sue orecchie. Luther forzò i suoi muscoli tesi a rilassarsi.

"È tutto okay. Pensa a Cinque."

(... Cinque.)

"Nessuno se ne va finché non risolviamo la cosa."

(Le sue dita si strinsero intorno al bavero del ragazzo e sollevò il suo peso leggero senza alcuno sforzo fuori dal suo cammino.)

"Luther, mi servirà il tuo aiuto per questa cosa, d'accordo?"

(Il fantasma di un tocco sul suo braccio sinistro.)

"Lo sai, sei un pessimo bugiardo, Luther. Addirittura sei meglio come spotter."

(Cinque.)

"Anche per me è bello rivederti, Luther."

(Cinque.)

"Luther, aspetta! Dobbiamo trovare gli altri, perché il mondo finisce di nuovo fra dieci giorni."

(Cinque!)

"Smettila! Solo... smettila."

(Cinque-)

Luther boccheggiò alla ricerca di aria, la testa gli esplose in colori e suoni e immagini che balenarono davanti ai suoi occhi ciechi, così veloci che a malapena aveva il tempo di vederli, la voce del fratello scomparso riecheggiava nelle orecchie, ripetendo ogni singola parola che Luther gli avesse mai sentito dire.

Si ricordò come ci si sentiva. A dimenticare.

Ricordava il suono della risata di Cinque.

Erano passati quasi due decenni dall'ultima volta, ma la ricordava.

Lui ricordava.

Era troppo.

Non riusciva a respirare.


___________________________

"Trovalo in qualunque ricordo" parlò la voce della dottoressa Cameron. "Bello o brutto, non importa."

Diego trasse un respiro di conforto.

Luther aveva a malapena detto una parola da quando era uscito dall'acqua. Si era chiuso in uno stanzino e si era cambiato, gli occhi perseguitati da qualcosa che non riusciva a capire.

Il buio lo inghiottì.

Tutto ciò che sentiva era la voce della dottoressa che gli sussurrava di tanto in tanto nelle orecchie.

(Bello o brutto.)

Diego pensò a lui. Strinse i pugni sotto l'acqua, gli occhi saettavano alla ricerca di un segno di luce in quella oscurità.

Quanto tempo era passato?

"Diego. Adesso concentrati."

Perché la sua voce suonava come quella di papà?

"Fallo di nuovo, e fallo meglio! Devi essere perfetto!"

(Perfetto.)

Quella parola pesante risuonò nella testa di Diego, e lui si morse il labbro.

"Di nuovo, Numero Due!"

(Numero Due.)

"Potrai riposare quando ci sarai riuscito!"

I suoi occhi bruciavano.

"Basta! Lascialo andare adesso!"

Quella non era la voce di suo padre.

(Cinque.)

Diego poteva vederlo. Quasi. L'ombra del padre si ergeva sul piccolo ragazzino che sapeva essere se stesso, sudato e pallido, stanco di trattenere il fiato, i polsi scricchiolavano dai tanti coltelli che aveva lanciato.

"Numero Cinque, non dovresti essere qui. Non sopporterò-"

"Ora basta! Sei pazzo, guardalo!"

Gli occhi di Diego facevano così dannatamente male.

Il profilo sfocato di Cinque si delineò.

(È così piccolo.)

Così piccolo, le mani ossute si incrociarono sul petto, le gambe sottili ne stabilizzavano la postura.

Stava in piedi davanti all'ammasso tremante che era suo fratello.

L'ombra del padre lo investì, ma la postura di Cinque non cambiò. Non vacillò di fronte all'ira di suo padre.

Lo guardò dritto negli occhi senza batter ciglio.

"Puoi andare, Numero Due."

Diego vide il se stesso più giovane fissare papà incredulo, poi spostò lo sguardo, la bocca aperta, verso suo fratello. Cinque lanciò uno sguardo oltre la spalla e annuì debolmente verso di lui.

"È okay, Diego."

Un singhiozzo gli si strappò dal petto, scuotendogli le costole.

Un peso schiacciante lo spingeva verso il basso.

Era sott'acqua?

"Diego? Cerca di non fare niente di stupido."

Che bastardo compiaciuto.

Cazzo, a Diego mancava.

Gli mancava così tanto che pensò sarebbe potuto scoppiare e morire.

Qualcuno rise.

Diego voltò la testa. Era una donna.

Un flash blu. L'orlo di un vestito.

"Ah, no, tesoro. Sono io l'uomo."

Le stelle fiorivano nei suoi occhi ardenti. Ciuffi di capelli color ebano dondolarono quando piegò il collo all'indietro, sopraffatta dalla loro danza selvaggia.

Ed era semplicemente così, la sala da ballo era vuota di tutti gli altri. Lei guardava dritta verso di lui, e lui era sotto il suo controllo.

Lui e lei, questo era abbastanza.

(Lila.)

Diego bisbigliò il suo nome come una preghiera.

La sua Lila.

Il suo nome sapeva di sale e ferro nella sua bocca.

Il suo mantra divenne febbrile e il suo cranio martellava per il peso di tutto quello che c'era sepolto all'interno.

"Diego!" gridò qualcuno.

"Perché anche io sono un po' un lupo solitario."

Piangeva.

"Ciao! Sono il suo adorabile fratello."

"Va bene se non ti odo come odio quasi tutti gli altri?"

Urlava.

"Oh, grazie al cielo. Mi conoscete. Certo che mi conoscete, sono solo... sono solo ridicolo. Voglio dire, perché tutti all'improvviso dovrebbero dimenticare tutto, eh? Non avrebbe davvero alcun senso, ora potre-"

(No, per favore, mi dispiace-!)

"Sei in qualche guaio?"

"Perché non inizi dicendoci il tuo nome?"

La luce negli occhi di Cinque svanì, come se qualcosa dentro di lui fosse morto con quelle parole.

(MI DISPIACE!)

"Diego, io- Noi dovremmo-"

"Sapevi che la porta era aperta."

"Forse il paparino è finalmente venuto a dirti che ti vuole bene."

"Hey! È 'öga för öga', idioti. Occhio per occhio in svedese."

"Tutti mentono, Diego, e io stavo mentendo solo per proteggerti."

Stava affogando.

Seiquasimortoierinotteprenditiungiornodipausaguardiamiofratellopianificadievaderelesbarredellasuastanzasonostatetagliate-
 


___________________________

Allison rabbrividì pensando a come suonava la voce di Diego. Suo fratello aveva schiantato un pugno contro il coperchio chiuso.

"Fatemi uscire!" aveva implorato con voce rotta.

Lo sguardo nei suoi occhi...

Allison non riusciva a toglierselo dalla testa.

Diego era forte, non molte cose lo turbavano. Aveva visto tanto, e anche se loro padre aveva sempre avuto un modo per entrargli in testa, quello non era lui.

Quello non era Diego. Era emerso dalla vasca, tremando come una foglia, afferrando il suo ciuffo bagnato di capelli, gli occhi vitrei e ciechi.

Diego stava riposando ora. Klaus e Vanya erano con lui.

"Non sta funzionando" Allison scosse la testa.

"È l'unica chance che abbiamo, Allison" disse la dottoressa. "È quello che mi avete detto."

Aveva ragione.

Dannazione, aveva ragione.

"Lila Pitts."

Alison saltò, guardando dietro le sue spalle. Diego era in piedi sulla porta, pallido come un lenzuolo.

"Cinque, Handler e Lila Pitts" disse, più forte. "Sono le persone che abbiamo dimenticato. Le persone che sono state cancellate."

"Mi ricordo" mormorò Luther. Era rimasto a fissare il pavimento nelle ultime ore, ma sembrava essere saltato fuori da qualsiasi pensiero gli stesse passando per la testa. "È la figlia di Handler. Mi ricordo entrambe."

Diego annuì debolmente.

"Allison" disse piano la dottoressa Cameron.

"Lo so."

Era il suo turno.
 

"Cercherò di guidarti attraverso i tuoi ricordi" la voce della Cameron parlava direttamente nelle sue orecchie. "Uno alla volta, ma prima devi rilassarti e lasciare andare ogni pensiero."

Giusto. Sarebbe dovuto essere abbastanza facile.

Come attrice, Allison era abituata agli esercizi di respirazione.

Avrebbe dovuto funzionare.

Espirò finché i polmoni non furono svuotati di tutta l'aria.

Pochi secondi dopo, inspirò di nuovo.

Galleggiando lì, Allison si sentiva assolutamente senza peso.

(Dentro. Fuori.)

Era così che ci si sentiva ad essere ciechi, pensò.

(Dentro. Fuori.)

Francamente, era terrificante.

(Dentro. Fuori.)

"Ascolta la mia voce."

(Dentro. Fuori.)

"Immaginati di nuovo alla scuola di recitazione" la voce della dottoressa bisbigliava nel suo orecchio. "Guarda gli armadietti. C'è un ricordo in ognuno."

Allison vide il famigliare, vecchio corridoio davanti agli occhi. Batté le palpebre.

Era passato tanto tempo da quando camminava in quei corridoi.

Sorrise. Così tanto, davvero.

(Guarda quanto sei andata lontano.)

"Apri il primo armadietto."

Allison voltò la testa e guardò il vecchio disegno scheggiato che copriva gli armadietti. Ricordava ancora quello che una volta era il suo.

La donna prese la maniglia e la ruotò.

Fu avvolta dal buio.

Il cuore di Allison mancò un battito, ma poi il silenzio e l'oscurità furono rotti da una voce sola.

Era la sua.

Stava piangendo.

La stanza di Allison era illuminata di una luce soffusa. Doveva avere appena dodici anni. Forse tredici. Sedeva davanti allo specchio, gli occhi rossi e scintillanti di lacrime.

Sulle sue spalle piccole poggiava un peso invisibile.

Un rumore elettrico, così famigliare eppure così distante nella sua mente, venne da qualche parte dietro di lei.

Allison spalancò gli occhi quando lui le passò accanto e sedette per terra vicino alla ragazzina.

"Hey" la sua voce era soffice. Quasi un sussurro.

(Oh, Cinque.)

La sua versione giovane non rispose, ma diede uno sguardo triste nella sua direzione. Cinque si morse il labbro pensieroso, poi le posò una mano sulla schiena.

"Lo sai che era solo uno stronzo qualunque, vero?" Cinque si schiarì la gola. "Uno stronzo bastardo, che non sa neanche di cosa sta parlando, o non gliene frega un cazzo degli effetti che possono avere le sue parole."

La piccola Allison tirò su col naso pateticamente.

("Ms. Rumor! Hai sentito dei pericoli dell'obesità? Può nuocere specialmente ai bambini -")

"Non sono grassa!" scoppiò in lacrime e Cinque avvolse il suo braccio intorno alle sue spalle scosse dai fremiti.

"Certo che non lo sei" le disse.

Allison deglutì, travolta dal ricordo. Un giornalista aveva notato il fatto che stava attraversando la pubertà e sviluppava le curve, e aveva pensato che fosse suo diritto farla sentire a disagio con se stessa.

L'unica a cui si fosse mai comparata era Vanya, che era sempre stata piccola e magrolina.

Cinque spinse lo specchio lontano da loro quando la vide lanciarci occhiate sfuggenti ogni pochi secondi.

"Guarda, Allison" Cinque le prese una spalla e aspettò finché lei non lo guardò. "Sei bellissima. Non sei grassa. Non sistemerai niente fissando lo specchio e cercando difetti da cambiare."

"Non capisci!" stridette lei all'improvviso. "Tu sei un maschio!"

Cinque non rimase turbato da quel comento, neanche un po'. "Lo sai, qualche settimana fa ho visto Ben quasi strappare uno dei disegni che aveva appena fatto."

La piccola Allison lo guardò attentamente. Stava ascoltando.

"L'ho fermato" continuò Cinque alzando il mento. "Mi ha detto che lo aveva guardato per un po' e gli sembrava tutto fatto male, e pensava che fosse un completo fallimento. A me sembrava splendido."

(Oh, Cinque.)

Il petto di Alliso sbocciò di amore verso quel ragazzino.

Quel ragazzino disinteressato.

"Guardi qalcosa su cui hai lavorato per tanto tempo, inizi a notare dei difetti che non ci sono nemmeno" disse, gli occhi seguivano una lacrima che rotolò lungo la guancia della ragazzina. "Aveva passato troppo tempo a guardare ogni imprecisione che alla fine è diventato tutto quello che riusciva a vedere. Poi sono arrivato io, e ho pensato che fosse brillante."

Cinque sorrise. "Vedi dove voglio arrivare? Sei la nostra stella, Allison. Non lasciare mai che qualcuno ti dica il contrario."

Una risata umida sfuggì al petto della bambina.

"Vuoi venire a vedere un film con me e Ben?"

Il suo volto scattò in alto e si asciugò le lacrime dagli occhi gonfi. "Posso scegliere?"

Passò un istante di indecisione sul viso di Cinque e fece una smorfia per qualche secondo. Allison alzò le sopracciglia.

"...Va bene, puoi scegliere. Andiamo."
 

Allison strinse forte gli occhi. Oh, benedetto lui.

"Mi ricordo" bisbigliò in un respiro.

"Cerca un altro ricordo" rispose la dottoressa. "Apri un altro armadietto."

"Okay" mormorò ritrovandosi nel corridoio buio e solitario.

Così tante memorie. Il corridoio ne era pieno. File infinite di armadietti, momenti imbottigliati, lacrime che non ricordava di aver pianto, parole che non ricordava di aver detto.

Lei, Cinque e Vanya, seduti in camera sua, studiavano per un test che lui sapeva loro padre avrebbe programmato.

È vero, Allison sorrise fra sé e sé, assaporando il sale delle sue lacrime. Loro studiavano sempre insieme, loro tre.

Allison e Cinque erano i migliori quando si parlava di successi scolastici, ed eccellevano entrambi nelle lingue. Ben era subito dietro di loro.

Cinque era il genio, però, alle volte addirittura sfidava il padre con le sue scoperte matematiche.

(Dentro. Fuori.)

Fece un sorriso sbieco e lacrimoso.

(Ti ho trovato, Cinque.)

Lo aveva trovato, sepolto nel suo cuore.

Allison vide loro due e Diego aiutare Grace ad intagliare zucche. Sgattaiolare fuori la notte con Klaus per fumare in segreto dietro l'angolo quando avevano dodici anni.

Vide Cinque salvarle la vita da un uomo armato che si era avvicinato furtivamente dietro di lei, avvolgendo una mano sudicia intorno alla sua gola. Cinque si era materializzato dal nulla, aveva calciato l'uomo su uno stinco e lo aveva prontamente colpito alla spalla con uno dei coltelli di Diego.

Le aveva afferrato una mano e l'aveva spinta via mentre lei annaspava e tossiva, e le lacrime le velavano la vista.

Lo vide prenderle la mano. Lo vide ridere con lei. Lo vide piangere con lei. Lo vide-

"Voglio viaggiare nel tempo!"

Il giorno in cui lo persero.

Allison scosse la testa in diniego e aprì un altro armadietto. Sentì di nuovo la voce di Cameron, ma era incomprensibile.

Non capiva.

Non importava. Non era importante.

No, quello che importava era che aveva visto la faccia di Cinque guardare dritto su di lei.

Il suo volto era chiaro come il sole.

I suoi occhi verdi erano grandi e luminosi e vitrei.

Era agitato. Ma perché?

"Chi sei?"

(Oh, no.)

Allison annaspò in cerca di aria.

"Come sei entrato?"

(No, no, qualsiasi cosa ma non questo. No-)

Quella era la sua voce.

Osservò la confusione e il panico montare dentro suo fratello, tutto così chiaro dallo sguardo nei suoi occhi - come aveva potuto non vederlo prima-?

Tutto il colore svanì dal suo volto lasciandolo pallido come la neve.

La voce di Cinque tremò. "Ragazzi, potete smetterla con questo scherzo, chiaramente non mi diverte."

Perché sembrava che qualcuno stesse stringendo un nodo intorno al suo cuore?

("Hey, ragazzino, stai bene?")

Perché i suoi polmoni non funzionavano?

("Smettila... solo, smettila.")

Perché si sentiva come se stesse urlando, quando tutto era completamente in silenzio?

Ci fu un lampo blu.

(Non andare-)

Troppo tardi.
 

Allison fu accecata dalla luce che irrompeva all'interno, sollevandola dall'oscurità in cui stava fluttuando. Qualcuno prese la mano che non si era neanche accorta di aver allungato.

Aveva provato a prendere Cinque per la spalla, per farlo restare-

Ma non era lì.

Qualcuno le avvolse un telo sulle spalle.
 

Incespicava arrampicandosi per uscire dalla vasca, quando successe.

Le sue orecchie presero a fischiare, una strana pressione estranea nella testa.

C'erano tuoni nell'aria.

Forse... forse era Cinque.

"È più reale che mai" insistette Luther. "Potrebbe essere lui."

Stava discutendo con Herb. Allison non ascoltava.
 

Successe tutto in un battito di ciglia. In un singolo respiro. In un mero battito del cuore.

Cenere e neve caddero dal cielo.

Il mondo fu inghiottito da ghiaccio e fuoco.

   
 
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