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Autore: Alchimista93    21/11/2020    0 recensioni
[Weathering with you]
«Mi hai ritrovata», mormorò Hina con un filo di voce. Eravamo così vicini che riuscivo a vedere il battito accelerato del suo cuore attraverso la pelle sottile del collo. «Mi hai davvero trovata».
«Non ti ho mai persa»
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non ti ho mai persa

 
«Hina!»
Salii le scale come se fossi inseguito dal diavolo in persona, il cuore in gola e l’angoscia di non essere in tempo, di non poterla salvare. Sentivo il sudore incollarmi gli abiti al corpo e il fiato corto tagliarmi il petto come lame, ma non mi importava. Dovevo arrivare in cima, nonostante i gradini sembrassero infiniti e la meta sempre più lontana. Fu solo quando vidi il Torii che tutta la stanchezza sembrò dissolversi come sabbia nel vento.
Senza pensarci due volte, saltai, il pensiero di Hina che annebbiava ogni cosa.
Fu una sensazione assurda, un momento prima camminavo sul duro cemento del palazzo….
…un minuto dopo ero lì a volteggiare cadere dal cielo, scuro e pesto come in una notte senza stelle. Alcune goccioline di pioggia mi frustavano il viso durante la mia discesa, mescolandosi alle mie lacrime.
Vidi il mondo dall’alto: una distesa di nubi in tempesta che si agitavano come l’oceano, tumultuosi cumulonembi in fili di rafia che rivolvevano l’una sull’altra, fulmini e saette cremisi che si scagliavano al suolo con violenza inaudita.
“Pesci nel cielo?”, pensai stupefatto vedendo alcuni minutissimi pesciolini d’acqua nuotarmi a fianco con un guizzo. Non feci neanche in tempo a concludere il mio pensiero che sentii la forza atavica di uno di questi, molto più grande e maestoso, inghiottirmi e scagliarmi a tutta velocità fuori dalle nuvole superiori.
Per un lungo momento ci fu solo silenzio attorno e dentro di me. Il sole splendeva tra i due banchi di nubi riflettendosi sui pesci d’acqua in tanti meravigliosi arcobaleni. E fu allora che vidi che tutti convergevano verso una piccola isola verdeggiante, sospesa tra cielo e terra, lontana da tutto e da tutti.
E al centro di tutto c’era lei: Hina. Distesa sull’erba e circondata da quelle strane creature di aria e di acqua, sembrava dormire sonni profondissimi.
Sentii il cuore battermi all’impazzata mentre, per qualche assurda legge fisica, invece di scagliarmi al suolo, il vento iniziò a trasportarmi nel cielo come un aquilone. Mi assalì il panico: Hina era così vicina che con un salto l’avrei potuta raggiungere, se non fossi appena diventato un aereoplanino di carta, soggetto ad ogni capriccio e mutevolezza dell’aria.
«Hina! Hina!», urlai disperato. Non potevo perderla, non di nuovo! Non dopo essermi avvicinato così tanto a lei! Qualcosa si ruppe e Hina si svegliò per davvero, di soprassalto, come se la mia voce avesse davvero strappato il velo che la teneva dormiente.
«Hodaka!» gridò di rimando con un’angoscia non dissimile dalla mia. Corse e con un salto riuscì ad afferrare la mia mano tesa. Come per incanto, non appena ebbi sfiorato la sua mano, la gravità tornò tutta di colpo e rovinai al suolo portandomi Hina dietro. Ancora intrecciati l’uno all’altra, le sfiorai il volto con la punta delle dita, timoroso di averle fatto male.
«Stai bene?», le chiesi cercando il suo sguardo con il mio. Lei annuì, accennando un sorriso. Era il nostro primo vero abbraccio da quando avevo capito di amarla e fu sicuramente il nostro momento più dolce. Neanche il bacio che ci sarebbe stato avrebbe mai potuto battere questi istanti. Nonostante fossimo in silenzio, quella stretta parlava per noi: la paura di perdersi e non ritrovarsi mai più, l’amore che piano piano era nato tra di noi, la gioia di riconoscersi l’uno negli occhi dell’altro.
«Mi hai ritrovata», mormorò Hina con un filo di voce. Eravamo così vicini che riuscivo a vedere il battito accelerato del suo cuore attraverso la pelle sottile del collo. «Mi hai davvero trovata».
«Non ti ho mai persa»
 
Passammo su quell’isola un tempo indefinito. Ore, giorni, mesi? Non saprei dirlo, con lei il tempo non era mai stato importante, perché lei era l’incarnazione vivente della teoria della relatività. Tempo liquido, fluido, sempre sfuggente e fuggevole, scorreva tra le dita come acqua e più cercavi di afferrarlo e più ti sfuggiva.
«Potremmo restare così per sempre», disse Hina con voce sognante. Eravamo distesi sull’erba, mano nella mano a contemplare lo spettacolo del cielo in continuo mutamento sopra di noi.
«Si, potremmo», le risposi con il cuore in gola e un peso nel petto. Con delicatezza, le feci segno di alzarsi in piedi e lei mi seguì. Iniziammo a passeggiare lungo il bordo dell’isola, sfidandoci ad indovinare le varie razze di pesci magici che guizzavano sotto di noi. Cercai di imprimermi a fuoco il ricordo di quella risata, di quel sorriso e di quegli occhi così brillanti e luminosi quando parlava con me. Ne avrei avuto bisogno, nell’immensità della mia eterna solitudine.
Ad un certo punto, le cinsi la vita in un impeto di possesso, e le sfiorai le labbra in un bacio delicato e leggero come ali di farfalla. Sentii la sua sorpresa all’inizio, ma presto si sciolse tra le mie braccia, ricambiando con infinita dolcezza la disperazione che iniziava a consumarmi dentro.
E forse Hina lo percepì quel cambiamento, quel guizzo che vide sul mio volto, o forse fu la stranezza di quella passeggiata all’improvviso che le fece venire il dubbio, solo per un attimo. Vidi il panico dei suoi occhi mentre realizzava di essere sul ciglio dell’isola, ma non fece in tempo a cercare di allontanarmi prima che la spingessi con forza oltre il bordo, con il sorriso sulle labbra e la morte nel cuore.
Una lacrima mi sfuggì, rotolando infida sulla guancia e sperai che Hina non la vedesse, mentre cadeva oltre la soffice coltre di nubi, ritornando alla vita.
Senza di me.
  
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