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Autore: PrimbloodyBlack    21/11/2020    0 recensioni
(la pubblicazione continuerà su Wattpad) Skye faceva parte di una della famiglie più importanti del regno. Suo padre, braccio destro del re, l'aveva educata ad una vita di sfarzo e lusso. Tutto ciò che voleva era suo, le bastava solo chiedere. Ma l'unica cosa che lei voleva era l'unica che non gli era concessa. Essere libera.
Dopo la morte della madre Margaret, il padre sprofondato nella depressione, aveva riposto tutto il suo amore morboso verso la figlia. La teneva chiusa nell' enorme dimora impedendole di uscire e quindi di cercare marito. Aveva ormai raggiunto i diciassette anni ed ogni donna della sua società aspirava ad uno sfarzoso matrimonio. Ma a lei fu negato anche di amare. Tentò più volte di fuggire ma sempre in vano.
Solo una volta si era avvicinata alla libertà ma un incontro alquanto magico aveva cambiato tutto.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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When there's madness
When there's poison in your head
When the sadness 
Laves you broken in your bed
I will hold you 
In the depths of your despair
And it's all in the name of love
-Bebe Rexha

 

1 anno prima

Erano passati un paio di giorni da quando Emily era chiusa nell'infermeria. Talema le faceva visita ogni volta che ne aveva la possibilità, rinunciando al sua tempo libero per lei. Non le dava una colpa, ne si sentiva in obbligo, voleva solo starle accanto. Era la prima volta che si preoccupava veramente per qualcuno, era quasi un sentimento nuovo per lei. Ogni cosa che aveva fatto nella sua vita era perché gliela avevano imposta, ma nessuno le aveva detto di rimanerle vicino, eppure lei l'aveva fatto, con spontaneità e cura. Era come un impulso, un istinto innato scaturito dall'affetto, un temine che lei non ha mai conosciuto, eppure si ritrovava a provarlo. Ma per quanto ora facesse parte di lei, Talema lo rifiutava, era convinta che l'avrebbe fatta sprofondare, aveva la paura che affezionarsi a qualcuno le avrebbe solo fatto male, perché finché era sola, avrebbe potuto fare ciò che voleva, ma se c'era qualcuno che amava, le conseguenze sarebbero ricadute anche su di loro. L'aveva visto fare tante volte, un padrone che sfruttava le relazioni tra i propri schiavi per trarne dei benefici. Non vuoi che qualcuno si ribelli? Allora ferisci la persona a cui tiene di più, così finalmente ubbidirà. Era una storia vecchia e conosciuta eppure la vedeva ripetuta ogni volta.

Quel giorno era andata a dormire più tardi del previsto per farle compagnia, anzi non dormì affatto per la preoccupazione. La mattina seguente non riusciva a tenere gli occhi aperti e arrivò a sera con un briciolo di forza in corpo, le sue prestazioni ne risentirono notevolmente e fu punita per quello. Ma era abituata al dolore fisico, e gli schiaffi di Madame Stock non le provocavano più così tanto male. Per quanto il suo corpo potesse subire danni, le ferite sarebbero eventualmente guarite, come la cicatrice sulla sua schiena, un marchio inciso a fuoco per dimostrare il suo status sociale. Una prova che lei era una schiava e che lo sarebbe rimasta a vita. Si era sempre chiesta come sarebbe stato vivere da persona libera, o addirittura da puro sangue.

Aveva poca conoscenza della geografia, le nozioni principali le aveva imparate da piccola grazie alla madre, ma quei ricordi erano scemati con il tempo. Sapeva che gli Incubi e le Succubi vivevano in piccole comunità, isolate dai villaggi o dalle grandi città, mentre le Infuocarie e gli Incediari vivevano pressoché al nord, a Yoruba, o sparsi per il regno. Aveva a lungo sognato di visitare quei luoghi, e a volte se aveva fortuna, qualche suo cliente le raccontava di quei posti a lei così lontani. Era forse una o l'unica cosa che le piaceva di quel lavoro. Rimaneva ad ascoltare con il sorriso sul volto, finché il suo cliente non decideva che era abbastanza, e lei ritornava a fronteggiare la realtà che la confinava. Ma in certo senso, sentire quelle storie le faceva ancora più male, ma non poteva smettere, perché la sua curiosità era più grande del dolore che avrebbe provato dopo.

Si ripeteva, "...e poi questo è l'unico modo che posso conoscere il mondo...e se ne convinceva.

Aveva a lungo denigrato Emily per le sue fantasie, quando lei non era poi così diversa. Me era normale desiderare la libertà, esiste nella natura di tutti.

Ma in quei giorni i suoi pensieri erano solamente concentrati su una persona e soltanto lei. E come se quella ragazza fosse un magnete, Talema si ritrovava sempre lì, anche quando Madame Stock la obbligava a rimanere in camera sua. Lei non poteva farci nulla, la paura di perde qualcuno era così forte che a volte non ragionava nemmeno.

"Che ti è successo al volto?" le aveva chiesto Emily, ma Talema non poteva dirle che era stata la padrona a farlo, non voleva che pensasse fosse colpa sua.

"Un cliente, nulla di serio," aveva risposto vagamente, e così continuò per i giorni successivi, finché non dovette fronteggiare le conseguenze.

Madame Stock la fece venire a chiamare. Talema fece ogni passo con il cuore in gola, finché non raggiunse lo studio della donna, davanti la porta fece un profondo respiro, e poi bussò.

"Avanti," sentì dire. E lei con quel permesso entrò.

Non era la prima volta che si ritrovava lì, era già accaduto in precedenza, ma adesso sentiva come se fosse colpevole di qualcosa. Si guardò a torno, era uguale come sempre. Le pareti erano rivestite da un tessuto ruvido al tatto, di un rosso profondo. Lo trovava molto fastidioso alla vista. Era una stanza molto arieggiata con una grande finestra alle spalle delle donna, che sedeva difronte la sua scrivania in legno. Gli scaffali adesso erano pieni di oggetti che prima non c'erano, come vasi in miniatura di coccio con una bella fantasia, ma pressoché inutili. Talema non era esperta in piante ma era certa che qualsiasi cosa avesse tentato di crescere, sarebbe subito morta. Poi c'erano delle statuine in coccio, sempre inutili. Era come se stesse cercando di riempire dei spazzi vuoti con la spazzatura che trovava in giro. Talema lo trovò buffo, quasi rise, ma Madame Stock la fissava con intensità, come se sapesse cosa stesse pensando.

"Accomodati," dissi freddamente, quasi con un accenno di fastidio, notò la Succube. "Allora," disse spostando delle cose dalla sua scrivania, lasciando alle sue braccia lo spazio per poggiarsi. Talema si sedette con evidente disagio e quel giorno Madame Stock sembrava particolarmente irritata. "non voglio perdere troppo tempo, quindi ti dirò cosa devi fare." Prese un foglio che aveva messo in disparte e lo allungò verso la ragazza, "Sono i tuoi nuovi orari, non accetto obbiezioni." si sbrigò a dire.

Talema non fece neanche in tempo a vederlo che la donna voleva già cacciarla dal suo studio, "Aspetti," aggrottò la fronte, "no, non posso." disse ribellandosi, la donna neanche la guardò in volto, la ignorò completamente.

"Vai Talema."

"Non posso fare questi orari!" si alzò in piedi di scatto, si accorse subito dell'errore che aveva appena fatto, "Mi perdoni," chinò il capo e tornò seduta.

"Ho detto vai, non farmi ripetere."

Talema si alzò nuovamente, stavolta non con rabbia, ma con sconfitta. Madame Stock l'aveva costretta a prendere anche i turni dell'Elfa. Non sapeva come fare, non solo perché non avrebbe mai avuto un momento per sé, ma anche il suo stesso corpo non avrebbe retto. Ma non c'era modo di controbattere, Madame Stock era la sua padrona, l'aveva comprata, e lei doveva fare ogni cosa che lei le diceva, anche puntarsi un coltello al collo se lei l'avrebbe ordinato. Finché avrebbe vissuto quelle vita nulla le sarebbe mai appartenuto, nulla era suo, nemmeno la sua stessa esistenza. Lei era solo un prodotto, una merce da dare a qualcuno in cambio di soldi, non una persona. L'aveva capito fin da giovane, e continuava a vederlo negli occhi di ogni padrone che con gli anni aveva servito. Non c'era giustizia in quel mondo e non c'era nessuno che combatteva per persone come lei.

Si domandò se anche i suoi sentimenti un giorno sarebbero stati una merce, tanto ormai si erano comprati il suo corpo, perché non anche ciò che provava?

Tornò nella sua stanza con furia e rabbia, i suoi stessi polmoni stavano bruciando. Quando si sedette sul letto e affondò le sue dita tra i capelli, fece un profondo respiro che si tramutò in fumo. Si tappò subito la bocca presa dalla spavento e della paura, era la prima volta che i suoi poteri si manifestavano in un modo così visibile.

Devo calmarmi... non è da me fare così.

Ha sempre pensato di essere migliore degli altri, più forte. Lo credeva davvero, ma adesso stava cominciando a comprendere che non era poi così diversa da tutti gli altri, era debole, fragile, era stata solamente brava a nasconderlo, soprattutto a se stessa.

Con l'andare dei giorni, la sua mente stava lentamente raggiungendo il limite. Si svegliava ogni mattina con qualcuno vicino, una persona che non conosceva, a cui lei non teneva. La giornata continuava con lei a lavoro, con solo due pause, a pranzo e cena. E poi arrivava la parte che lei più odiava. Per quanto fosse paradossale era come se le stessero letteralmente succhiando via tutta l'energia. Non le piaceva quello che era obbligata a fare, non lo sopportava, lo trovava crudele nei suoi confronti, e più il tempo passava più si ritrovava indebolita e fragile. Non sapeva perché e non lo comprendeva, forse se avesse mai vissuto con qualcuno della sua specie avrebbe avuto modo di sapere molte più cose su se stessa.

Ma ci fu questa notta, quest'unica notte in cui non riuscì più a sopportarlo e abbandonò quella stanza piena di persone addormentate. Camminò, lentamente e silenziosa nei bui corridoi. Poteva ancora sentire ragazze e ragazzi chiacchierare nelle proprie stanze, e poi ancora altri intenti a sperimentare il giorno più bello della loro vita. Prese le scale, ogni scalino diventava sempre più difficile e quando raggiunse la cima respirava affannosamente. Voleva solo dormire in un posto più caldo e con qualcuno di famigliare. Così giunse all'infermeria. Entrò spingendo lentamente la vecchia e cigolante porta, e quando vide la sua amica dormire serenamente, esitò. Si chiese se fosse la cosa giusta. Se Madame Stock avrebbe scoperto che lei non era rimasta con i sui clienti fino al mattino, ne avrebbe pagato le conseguenze. Ma ne valeva la pena? Lei credeva di sì. Quindi prese la coperta e si infilò nel letto. Emily si mosse, dandole più spazio, senza nemmeno interrogare l'amica. Talema fece riposare la testa sulla spalla di Emily, mentre le circondava la vita con il braccio. Inalò fortemente e poi si calmò. Sentì la testa di Emily muoversi leggermente, e anche se era buio, poté poteva sentire l'Elfo fissarla con i suoi piccoli occhi marroni. Così Talema alzò la testa e la guardò con volto stanco e assonnato. Erano così vicine che Talema era quasi imbarazzata. Quasi. Perché non le importava di nulla in quel momento, voleva solo sentirsi al sicuro.

"Stai bene?" la bionda sussurrò. Talema non riusciva a rispondere, si limitò ad abbassare la testa nuovamente e a fissare le profondità oscure di quella stanza. "Rispondimi... per favore." la supplicò.

"Non volevo rimanere lì." disse chiudendo gli occhi.

"Ti puniranno se lo scoprono."

Ma lei non voleva ascoltare, e non ne aveva nemmeno la forza, "Non mi interessa..." mormorò, la sua mente già in un altro posto. Cominciò a respirare più lentamente, perdendo la forte presa sulla maglia dell'Elfa, e si addormentò.

 

   
 
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